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 Volo SQ326 da Singapore
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Roberto Mahlab
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Inserito - 26/09/2004 :  18:01:10  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab

"Benvenuto a bordo mister Roberto Mahlab, l'accompagno al suo posto, ecco, vuole darmi la giacca?", mi accolse la hostess dal dolce viso cinese, adoravo viaggiare con la Singapore Airlines anche perche' avevano la tipica arte orientale di farti sentire a casa, ti si rivolgevano con il tuo nome e ti facevano sentire a tuo agio senza un'esagerata deferenza, ma con la cortesia del cuore di quelle latitudini.

"Grazie, tengo con me la giacca, sa, l'aria condizionata durante il volo...", riposi la borsa da viaggio nello sportello superiore e mi adagiai nella poltrona di business class, larga, comoda, spaziosa, lo schermo personale con gli ultimissimi film, un vero divertimento premere tutti i diversi pulsanti e trasformare, durante le lunghe traversate intercontinentali, la poltrona stessa in un comodissimo letto.

"Un succo d'arancia? champagne? acqua?", sapevo che sarei stato viziato per tutto il volo e, dopo tre settimane spese tra giungle e oceani, non mi dispiaceva, anzi, pensavo, se dovessi scegliere tra rimanere nei luoghi che stavo lasciando e tornare nei luoghi da cui ero partito tanto tempo prima, preferirei rimanere quassu', coccolato dalla Singapore Airlines.

I passeggeri erano tutti saliti e, come al solito, il volo da Singapore a Francoforte sarebbe partito in perfetto orario. Lanciai uno sguardo attorno e notai una donna bionda, che si stava avvolgendo nelle coperte nella fila di poltrone dietro alla mia, sulla sinistra, vicino al finestrino, appena mi accorsi che mi rilanciava lo sguardo, abbassai gli occhi, pensai che comunque ero io ad avere molta piu' ragione a guardare lei che lei a guardare me.

"Singnore e signori, e' il capitano che parla, tra pochi istanti inizieremo l'avvicinamento alla pista di decollo, vi preghiamo di mantenere allacciate le cinture di sicurezza e di spegnere tutti gli apparati elettronici", un lieve ronzio di accensione dei reattori e poi il lento distacco dal ponte aereoportuale. Le hostess avevano preso posto anch'esse sui sedili di sicurezza e non riuscii ad impedirmi di lanciare un nuovo sguardo alla donna bionda che, di nuovo, ricambio' ed insieme distogliemmo gli occhi, imbarazzati.

All'ora fissata per il decollo, l'aereo era ancora fermo, inusuale per un volo della Singapore Airlines. Passarono dieci minuti e la voce del capitano si fece risentire nell'interfono :"Signore e signori, mi dispiace comunicarvi che, a causa di un imprevisto tecnico, subiremo un ritardo di qualche minuto ancora". Iniziai a preoccuparmi, il mio volo di collegamento partiva da Francoforte appena mezz'ora dopo l'atterraggio previsto, ogni ritardo poteva farmelo perdere, ma un sorriso della hostess mi tranquillizzo', di solito i voli transcontinentali recuperano il tempo perduto durante il viaggio, sfruttando i venti favorevoli. Un'altra occhiata alla donna bionda dietro di me, ora profondamente addormentata. Qualcosa mi diceva che anche lei era diretta alla mia stessa destinazione finale, con la stessa ansia per il ritardo.

Passo' mezz'ora, era chiaro che c'era un problema, :"Signore e signori, mi rincresce informarvi che dobbiamo tornare al ponte aereoportuale, uno dei sistemi di ventilazione non funziona e l'aereo deve essere revisionato, prevediamo che ci vogliano circa due ore".
"Mi scusi", chiamai la hostess, "credo che perdero' il volo di connessione e, data l'ora tarda di arrivo a Francoforte, che l'aereoporto stesso sara' chiuso", "e' possibile", mi rispose la ragazza con un sorriso di comprensione, "ma non si preoccupi, il nostro personale di terra trovera' l'accomodamento necessario". E, uno per uno, ando' a tranquillizzare tutti i passeggeri che si erano resi conto che i loro voli di collegamento erano senz'altro perduti.
Tutti i passeggeri meno uno : la donna bionda, notai che non aveva mosso un solo tratto del viso e che non chiedeva nulla agli assistenti di volo. Ammirai la freddezza o forse era un sano fatalismo. E raccolsi l'insegnamento e mi rassegnai anche io e mi rilassai, dopo tutto era un'occasione per avere due ore in piu' su un volo della Singapore Airlines ed avere la possibilita' di vedere un film in piu'. Che strano pero', riflettei, se c'e' un problema di tale importanza la cui riparazione avrebbe necessitato di ben due ore, perche' non cambiavano aereo?

Esattamente due ore dopo il capitano avviso' che il guasto era stato riparato e il velivolo si mosse nuovamente verso la pista di decollo, rullo' e si slancio' nel cielo, come una piuma, guidato con leggerezza da uno dei leggendari piloti della linea aerea della piccola citta' stato dell'Asia meridionale.
Undici ore su un aereo non passano velocemente e il tempo pare allungarsi piu' ci si allontana dal punto di partenza, tra abbondanti pasti e bibite, film e musica, alcune pagine di un giallo e il sonno che non voleva venire, seguii la traiettoria sulla mappa elettronica dello schermo, il golfo del Bengala e poi l'India, il Pakistan, l'Afganistan, la Russia meridionale, i cieli dell'Iran e dell'Iraq parevano accuratamente evitati, la Turchia, il Mediterraneo, poi una virata verso nord, l'Europa orientale, i nomi delle citta' della Storia percorsi in poco meno di mezza giornata, il solito atterraggio degli assi della Singapore Airlines, non si avverti' neppure che i pneumatici toccavano il suolo, l'arresto immediato dell'aereo, come un aliante e non un gigantesco mostro volante di centinaia di tonnellate lanciato a poco meno della velocita' del suono.

Tutti i passeggeri, io compreso, avevamo il biglietto del volo di connessione in mano e tutti chiedevamo un'ennesima volta agli assistenti di volo se erano sicuri che una volta nell'aereoporto di Francoforte qualcuno si sarebbe preso cura di noi, quella sera ventun voli di collegamento erano gia' ripartiti semivuoti per il ritardo del nostro aereo.
Tutti i passeggeri, meno uno : la donna bionda, ogni tanto i nostri sguardi si incrociavano, ero curioso di tanta imperturbabilita', forse, pensai sorridendo, anche lei aveva compreso in qualche modo che la nostra destinazione era la medesima e aveva deciso di appoggiarsi alla sensazione che avrei risolto per tutti e due. Una fiducia che speravo di meritare, e poi mi accorsi che stavo fantasticando e smisi.

Anche con tutta la buona volonta' delle hostess orientali del nostro volo, Francoforte non e' Singapore e di tutt'altro tenore fu l'accoglienza degli assistenti di terra tedeschi, pareva che quasi si offendessero quando i passeggeri del nostro volo chiedevano al tavolino delle emergenze subito dopo lo sbarco che cosa dovevano fare, visto che era ormai notte ed evidentemente non si parlava di voli di collegamento se non per l'indomani. La donna bionda e io fummo travolti dalla confusione e con fatica riuscii a chiedere ad una assistente di terra a che desk dovevo andare, mi rispose nervosamente, dandomi indicazioni vaghissime. "Anche io vado dove va lei", fu la prima volta che la donna bionda mi rivolse la parola e non fui sorpreso della rivelazione. Mentre io insistevo per ottenere informazioni piu' precise, lei si allontano' lungo il corridoio, ma quando ottenni le risposte e mi incamminai a mia volta, mi accorsi che mi stava aspettando. Ci avviammo fianco a fianco e fermavamo ogni impiegato dell'aereoporto :"siamo quelli del volo SQ326...", metro dopo metro mi accorgevo che non c'era neppure bisogno di dire chi eravamo, non c'erano piu' altri voli ne' altri passeggeri nel terminal e fummo indirizzati verso una sala degli arrivi internazionali. Mi accorsi che la donna bionda faceva fatica a barcamenarsi con due pesanti borse che portava e le chiesi se potevo aiutarla e lei disse di si'. La fila per il controllo passaporti era molto lunga e iniziammo a parlare, di Singapore, di quella buffa situazione, di dove ci avrebbero mandati a passare la notte e di quale volo ci avrebbe infine condotto a casa il giorno successivo. "E' come nel film Terminal, con Tom Hanks, siamo qui, bloccati in un aereoporto, senza sapere quando ripartiremo", dissi io e per i molti minuti dei lunghissimi corridoi che percorrevamo parlammo di cinema, di attori, di cibo, la cena forse era saltata, era come se ci conoscessimo da sempre e mi resi conto della sua eleganza e nel contempo della sua semplicita'.

Incontrammo i lavoratori originari di diversi paesi del mondo che avevano l'incarico delle pulizie del terminal durante la notte, quanti suggerimenti ricevemmo sulla direzione da seguire per uscire dal labirinto, parlavano tutti inglese, l'accento dipendeva dal paese di provenienza, si facevano in quattro, ogni gruppetto ci conduceva per un pezzetto del percorso, dei lavoratori turchi ci vennero dietro appena si accorsero che avevamo imboccato la direzione sbagliata e ci rimisero sulla strada giusta. "Le persone dell'oriente, che dolcezza, mi mancano sempre quando sono in Europa", osservai e la donna rispose ;"anche a me" e parlammo delle rispettive origini e dei sogni.

Finalmente eravamo all'uscita, notammo un desk e una fila di persone, riconoscemmo gli altri compagni di avventura del nostro volo, un poliziotto tedesco si ritraeva seccato quando i passeggeri gli chiedevano che cosa dovevamo fare ora, fino a che arrivo' una signora incaricata di gestirci e uno alla volta le porgemmo i passaporti e i biglietti ormai inutili del volo di collegamento. "Le vostre valigie rimangono nel terminal stanotte, avrete diritto ad uno spazzolino e un dentifricio solamente, vi abbiamo prenotato delle stanze nell'hotel dell'aereoporto e domani mattina partite con il volo delle nove", voce infastidita e di comando. Molte persone si trattennero dal chiedere piuttosto un volo per ritornare a Singapore. Su e giu' per le scale, mobili e fisse, "non e' pesante?", mi chiese la donna bionda indicando il suo borsone che stavo sempre portando. "No, e' un piacere", intanto pensavo a che coraggio aveva, affidarsi cosi' ad uno sconosciuto, certo io sapevo che si poteva fidare di me, ma lei, come sapeva che si poteva fidare di me?

"Buona sera, siete del volo SQ326 immagino", erano le undici di sera, ma il sorriso gentile della receptionist dell'albergo era caldo e chiaramente iraniano, "ecco, abbiamo gia' preparato tutto, una stanza per lei, signor Mahlab e una per la signora Penelope" e porse la chiave elettronica alla donna bionda, "ed eccovi un buono pasto per la cena e un altro per la colazione e adesso buona fortuna, dovete andare in cerca dell'ascensore per il vostro piano e, come avrete notato, questo hotel si estende per buona parte del terminal e le distanze sono notevoli", e rise di cuore e anche noi.
"Tom Hanks ci sarebbe riuscito, a trovare l'ascensore e le stanze", rincuorai la donna bionda che pareva stanca e non mi chiedeva neppure piu' se il suo borsone era pesante. "Be', scende a cenare?", le chiesi arrivati di fronte alla sua stanza, "si', ci vediamo qui tra venti minuti", rispose e mi accorsi che era veramente bella.

L'unica comodita' che offriva la stanza era una coperta, per il resto non c'era neppure l'acqua nel frigo bar e dello spazzolino e dentifricio promessi,neppure l'ombra, con le valigie sequestrate nel terminal c'era poco da crogiolarsi nelle comodita', ma quella notte era cosi', un fuori programma inatteso e un incontro inatteso.
Venti mimuti dopo lei non c'era, attesi altri dieci minuti, intanto nel corridoio dell'albergo passavano gli altri passeggeri del nostro volo, ci salutavamo, sorridevo dentro di me, tra poco io sarei stato a cena con una simpatica sconosciuta dello stesso aereo, mentre probabilmente tutti gli altri compagni di avventura non sarebbero neppure scesi al ristorante, seccati del contrattempo.

Comparve, "sono andata a prendere le sigarette", mi dispiacque, avevo sperato che non fumasse, "anche se ho smesso" aggiunse con aria sbarazzina. E poi mi porse una bustina di plastica ;"spazzolino e dentrifricio, ne ho presi due, dall'aereo, immaginavo che sarebbe successo qui, uno anche per lei". Stupefatto, li misi in tasca e scendemmo al ristorante. "I passeggeri del volo SQ326? prego, c'e' il buffet che vi aspetta", il gentilissimo cameriere ci fece strada, tutti i tavoli erano liberi, evidentemente sia i locali che l'albergo quella notte erano a disposizione dei passeggeri dell'unico volo arrivato in ritardo, la grande finestra dava sulle piste di decollo, deserte e avvolte dalla notte. Davvero come i protagonisti del film Terminal. Parlammo e parlammo fino a che temetti che si annoiasse, ma fu lei a dirmi, quando fu il momento, che cascava dal sonno, comprai anche per lei una bottiglia d'acqua "in stanza non c'e' neppure quella", le spiegai.
"Domani bussi alla mia porta alle sei e trenta, bussi forte, non vorrei non svegliarmi, cosi' facciamo colazione insieme".
"E io continuero' a portarle il borsone, buona notte".

Non avevo sonno, pensavo di leggere un po', mi lavai i denti con il regalo di Penelope e mi sentii mancare all'improvviso, be', forse non ero forte come mi vantavo di essere, meglio dormire.
A colazione lei era radiosa e anche io ero piuttosto contento di rivederla ancora. E mi accorgevo degli sguardi divertiti e a volte gelosi degli altri passeggeri del nostro volo, solitari nei tavolini con pane e marmellata e caffe'.
E ripercorremmo a ritroso le scale e i chilometrici corridoi che ci riportarono alla porta di imbarco del nostro volo e ormai sapevamo tutto l'uno dell'altra e pareva che non ci fosse argomento su cui non concordassimo, battuta su cui ridessimo insieme, preoccupazione che non condividessimo, luoghi e viaggi simili a cui non volessimo ritornare. "Proprio come nel film Terminal", era la frase che ogni tanto ci scambiavamo, ridendo.

"Grazie per lo spazzolino e il dentifricio, e' stato un gesto molto gentile", le dissi mentre ci avvicinavamo al controllo del bagaglio a mano, molto stringente dati i tempi di terrorismo. Mi guardo' e non disse niente. Le avevo raccontato che amavo scrivere racconti e all'improvviso mi venne in mente :"magari lei e' un agente segreto, di un complotto per riportare il quarto reich in Europa e in quello spazzolino c'e' un microfilm e lei lo ha dato a me cosi', se le aprono il bagaglio a mano perche' e' stata segnalata dai servizi avversari, non lo trovano perche' ce l'ho io".
Parve sbiancare, si riprese con un sorriso meravigliato :"le piacciono davvero le trame gialle, magari scrivera' un racconto anche su questa nostra incredibile avventura!".
Al nostro passaggio il metal detector non suono', a me fu indicato di andare pure, ma lei fu fermata dai poliziotti e le sue borse perquisite a fondo. "Ho indovinato!", le dissi appena mi raggiunse, "pare proprio di si'", rise lei.

"Mi tolga una curiosita'", mi si rivolse all'improvviso, "sa io mi chiamo Penelope, ma lei non mi ha chiesto nulla al riguardo, eppure non e' un nome comune, lei e' il primo uomo che non abbia fatto battute sul mio nome", "a me piace il suo nome, lo trovo molto originale e mi ricorda gli studi greci che ho tanto amato, altro che battute scontate", e fui felice di vedere che approvava.
Ci accomodammo sui comodi divani della sala d'attesa e all'improvviso la vidi un po' nervosa, :"devo fumare, mi scusi un momento". La guardai interrogativo, "si', e' vero, ho smesso, ma e' l'ultima", ribatte' pronta.

La osservai avvicinarsi all'angolo per fumatori, accese la sigaretta, diede due boccate e la spense nel grande portacenere. Colsi lo sguardo di un uomo, appoggiato ad una colonna, che la osservava e pure lui spense la sua sigaretta. Appena lei ritorno' verso di me, l'uomo si sposto' e inizio' a parlare in un cellulare. "Ho pensato alla fine del racconto", le dissi appena si sedette, "lei ha avvisato i suoi agenti che lo spazzolino ce l'ho io, arrivati a destinazione, mi seguiranno e se lo verranno a prendere".
"Lei ha davvero, davvero, una grande fantasia, spero di poter leggere il suo racconto", sentivo una nota di nostalgia nel suo tono, "e' stato bello incontrarla, ma sul serio". Stranamente mi pareva un addio, ma un addio dispiaciuto e non comprendevo il perche', ma mi rassegnai. Durante il volo avevamo posti separati, all'arrivo mi avviai da solo, forse non ci saremmo neppure salutati, invece me la ritrovai al fianco che, sorridente, mi porgeva il suo borsone e chiacchierammo ancora durante l'attesa per i bagagli. "Mi dia il suo indirizzo di posta elettronica, saro' felice di ricontattarla nei prossimi giorni", glielo scrissi su un foglietto. "Ora ci dobbiamo proprio salutare, sono venuti a prendermi, a prestissimo". Due uomini atletici in completo scuro, con gli occhiali neri e sguardi che guizzavano attenti in tutte le direzioni la accolsero all'uscita, le presero le valigie e le borse e la accompagnarono verso una grossa auto nera, dai finestrini oscurati. Cosi' parti' e io attesi il treno per la citta'. Gli scompartimenti erano tutti vuoti, mi accomodai in uno di essi, tante persone salirono, riempirono del tutto il mio scompartimento, nessuno sali' sugli altri, che stranezza.
Mi appoggiai allo schienale, Penelope, si chiamava, certo che non avevo fatto battute scontate, di dubbio gusto, ma il suo nome mi rimandava alla famosa tela, ad una trama, pazientemente composta.

Ora sono a casa, il fuso orario si fa sentire, apriro' i bagagli domani, mi sono lavato i denti con lo spazzolino e il dentrifricio che mi ha regalato Penelope, mi si chiudono gli occhi, pero' ho voluto scrivere questa lettera, domani la impostero' ad un amico, non si sa mai, sono inquieto, il volo in ritardo, l'incontro, il regalo, il controllo dei bagagli, i segnali di fumo con la sigaretta, so che e' assurdo, ma il mondo e' assurdo ai nostri giorni, la finestra, non mi ricordo di averla lasciata aperta, ho i brividi, che vento freddo, ora vado a chiuderla.

"La missione e' compiuta", penso' la donna con emozione, spezzettando la lettera di Roberto nel posacenere, una bella fantasia, pericolosamente vicina alla realta', aveva avuto quell'uomo, non c'era che dire, accese un fiammifero e guardo' il foglio di carta bruciare .
Poi chiuse una spessa cartelletta nel cassetto della scrivania e spense la luce dell'ufficio, l'azione aveva avuto un brillante sucesso e poteva finalmente riposare. Gli agenti si erano occupati di lui, a nessuno sarebbe venuto in mente di rilevare il letale e sconosciuto sonnifero contenuto nel dentifricio, e avevano recuperato lo spazzolino, i tecnici del laboratorio avrebbero estratto il microfilm dalle setole e l'indomani lei stessa lo avrebbe consegnato al capo dell'organizzazione. Era soddisfatta, tutto era andato secondo i piani, il ritardo dell'aereo per consentire l'incontro, il dono dello spazzolino, il passaggio, indisturbata, al controllo aereoportuale. Certo, peccato, sospiro', era simpatico, ma la causa non conosceva sentimentalismi.

"Sherlock Gardener!", esclamo' il detective Robston, "ispettore, guardi.. e' straordinario come la vittima abbia i denti cosi' bianchi e luminosi, come se utilizzasse spazzolino e dentifricio con cura maniacale!". Il corpo di Roberto era riverso sul divano del salone della casa, il raggio della luce della luna che rimbalzava quasi accecante sui denti lucidi. "Neppure una traccia dei colpevoli, non manca niente, non hanno toccato nulla nelle stanze, nel bagno sono in perfetto ordine i tubetti di dentifricio, doveva essere veramente un fanatico della dentatura sana quest'uomo!... pero'... chissa' dove lo spalmava il dentifricio...", continuo' pensoso.
"Come?", parve risvegliarsi dalle riflessioni Sherlock, "come hai detto Robston? hai trovato tubetti di dentifricio, ma nessuno spazzolino?"
"Credi che sia un indizio Sherlock?"
"Ma certo, elementare Robston! presto, torniamo alla centrale, dobbiamo scoprire tutti gli acquisti o le mancanze di spazzolini registrati dagli archivi dell'Interpol nell'ultima settimana, i killer forse ci hanno fornito una traccia! forse risaliremo alle cause di questo misterioso delitto, provo un senso di inquietudine Robston, c'e' qualcosa di strano, forse scoperchieremo un pentolone ribollente".


L'indomani all'alba, Penelope entro' nell'ufficio del capo dell'organizzazione :"ecco, e' questo", gli disse fieramente consegnandogli il microfilm.
"Sei la nostra migliore agente", si congratulo' l'uomo, "sei sicura di non avere lasciato tracce?".
"Ne sono...", Penelope parve rabbuiarsi per un istante, ma poi con un gesto deciso della mano si tolse dalla mente il pensiero improvviso che l'aveva colta, "...ne sono sicura".
Ma quando usci' dalla stanza, si appoggio' alla parete, uno sconvolgente sospetto iniziava a divorarla..."non abbiamo certo lasciato tracce, come sempre... ma.... se un investigatore si rendera' conto che e' proprio la traccia che manca che potra' condurlo a noi?....no... non e' possibile..."

"Sherlock, ecco la lista, in effetti la scorsa settimana a Francoforte una hostess di un volo da Singapore ha informato la compagnia che due spazzolini erano misteriosamente scomparsi..."
"Robston... hai detto che c'erano diversi tubetti di dentifricio nel bagno della vittima?"
"Si' Sherlock, uno di essi era un tubetto piccolo... come quelli che di solito si trovano nelle confezioni degli spazzolini degli aerei di linea..."
"Torniamo all'appartamento a controllare, presto!"
L'auto degli investigatori fece una veloce inversione di marcia e le gomme stridettero sull'asfalto bagnato dalla pioggia in quella notte oscura.
Sarebbero riusciti a risolvere il caso dello spazzolino mancante ed a risalire alla ragione del delitto? Sherlock Gardener e il suo aiutante Robston non lo sapevano ancora, ma la sorte dell'intero continente era nelle loro mani.

Roberto
(Tratto da :"Volo SQ326 da Singapore - Sherlock Gardener e il caso dello spazzolino da denti scomparso").


   
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