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Roberto Mahlab
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Monaco di Baviera, 28 luglio 2001

Chu Fen Nian, titolare di una piccola azienda privata nel nord della Cina, sono da poco ammesse, mi guardava perplesso quando gli raccontavo di Genova, del G8 e dei gruppi che contestavano la cosiddetta "globalizzazione". Mi diceva che considerava strano che fossero gli occidentali a discutere tra loro, da una parte e dall'altra, di che cosa dovessero pensare e come dovessero comportarsi gli altri quattro quinti degli abitanti del pianeta.

A Monaco di Baviera la scorsa settimana, come ormai dappertutto nel mondo per tali occasioni, erano presenti operatori di Cina, Taiwan, Corea, Indonesia, India, Americhe e Europa, visitati da clienti occidentali e mediorientali. Come al solito era rappresentato tutto il mondo, esclusa l'Africa, l'angoscioso e terribile problema da affrontare, l'unico insieme di popoli che da solo non riesce ad aggregarsi al mutamento che sta modificando l'aspetto del pianeta.

La Cina, mi spiegava Chu, ha ottenuto nei giorni scorsi un risultato storico, e' entrata a far parte del WTO, l'organizzazione mondiale del commercio, le sue aziende potranno esportare a dazi preferenziali e importare per riempire i vuoti enormi delle necessita' di un paese di oltre un miliardo di abitanti. Le aziende di stato chiudono e sorgono come fiori migliaia di piccole aziende locali private, le fabbriche cominciano a produrre per il consumo interno.
Tra macerie e fatalismo, seguono la stessa spinosa via Indonesia, India, Pakistan e Corea.

Un timore, osservava Chu, su un mercato globale non governato tenendo conto delle peculiarita' di ogni singolo paese, quale futuro si prospetta per le piccole aziende di esportazione, presto non piu' necessarie perche' le fabbriche si affacceranno direttamente sui mercati? Problema che dovrebbe equilibrarsi da solo nei prossimi pochi anni, gli esportatori trasformati in importatori e distributori, proprio come avvenuto da decenni in occidente.

Le multinazionali potranno in qualche modo porre la loro ipoteca sul mercato divenuto globale? La fetta di mercato cala paradossalmente all'ingrandirsi del mercato e in piu' nessuna azienda di nessun paese e' in grado di produrre per molto di piu' del mercato del proprio paese e non potrebbe certo pensare di aumentare la produzione per coprire un mercato globale. Accadra' che i bisogni di centinaia di milioni di nuovi consumatori porteranno alla creazione di una moltitudine di altre aziende localmente, queste creeranno lavoro e le fette di mercato delle multinazionali si abbasseranno perche' proprio il mercato globale si presentera' con una miriade di altre offerte che si contenderanno il consumatore.
La cosiddetta "marca" diventera' solo una goccia del mare.

Gli otto riuniti a Genova e i loro contestatori. Secondo i miei interlocutori gli otto premier dei paesi piu' industrializzati, pur dovendo rispondere ai loro elettori per le decisioni che riguardano l'economia, sanno ormai bene di non poter piu' rappresentare che i loro paesi e che i prossimi vertici, nel caso dovessero confrontarsi con questioni globali, dovranno risentire della presenza dei rappresentanti degli altri quattro quinti della popolazione mondiale, che in questi ultimi anni e questi ultimi mesi stanno correndo per prendere finalmente il posto che a loro compete, alla ricerca delle cesoie per spezzare le catene della poverta'.

Neppure i contestatori della cosiddetta globalizzazione si sono accorti di essere stati gia' superati dagli avvenimenti e che il loro ruolo deve essere di supporto critico e propositivo e di pungolo e non etichettato politicamente e soprattutto devono comprendere che non hanno alcun diritto di essere i portavoce degli altri quattro quinti della popolazione mondiale, quattro quinti che hanno la loro miriade di tradizioni e costumi che la globalizzazione permette di trasmettere nei loro valori e che non ha certo il ruolo di annullare, quattro quinti che hanno le loro voci e che vorrebbero essere ascoltati sia da chi prende decisioni in loro vece, sia da chi pretende di rappresentare il loro pensiero, i loro bisogni.

Il grande problema che molti in Europa non vogliono vedere, una societa' che diventa multietnica e che non consente piu' di giudicarne i problemi e le soluzioni con il solo punto di vista del vecchio occidente. Un problema non politico o di parte, ma fondamentalmente culturale e la comprensione del pensiero totalmente differente degli altri popoli. Per poter convivere, non possiamo togliere loro voce impondendo quello che devono pensare, dobbiamo ascoltare.

Tonni e delfini. La rivista Time in un articolo dello scorso maggio ricordava come lo sviluppo umano non abbia un colore particolare, che non esistono bianco o nero, che le sfumature sono tante quante i colori dell'arcobaleno. Il "governo" della globalizzazione affidato a tutti i protagonisti per vincere la poverta' e nello stesso tempo all'attenzione critica e consapevole di chi, per esempio, ha ottenuto risultati dal rispetto dell'ambiente al rispetto dei popoli, che nelle confezioni di tonno non venisse piu' mescolata la carne dei delfini e che il debito dei paesi poveri venisse riconsiderato, interessi globali di tutte le nazioni, alla ricerca dell'equilibrio.

Chiedere scuole, offrire scuole, dice Anny Lee, dalla Malesia.

Un saluto

Roberto Mahlab (Bob Porter)
Chu Fen Nian
Anny Lee

@Concerto News System International - 2001



   
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