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Roberto Mahlab
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Inserito - 31/10/2006 :  22:17:14  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab

"Soldi, biglietto e passaporto, quando viaggiavo erano queste tre le cose che tenevo sempre a mente...", si ergeva ancora possente, così io lo vedevo, pur con i capelli candidi, e nei suoi occhi leggevo i ricordi che mi aveva trasmesso insieme alle lezioni di vita che avevo così care, stavo digitando gli orari di arrivo in una e mail, mi aspettavano, alzai appena lo sguardo e lui credette di aver interrotto la mia concentrazione e uscì dalla stanza, non riuscii a dirgli che avevo imparato anche quello, che erano sempre quelle tre cose che tenevo a mente prima e durante ogni viaggio, ci fu appena il tempo dei saluti l'alba successiva, comunque non avrei trovato le parole per spiegare, ma mi ripromisi che non sarebbe accaduto mai più che mostrassi di non avere tempo, che non lasciassi subito qualunque cosa stessi facendo per stare ad ascoltarlo con attenzione, non importava quante volte mi ripetesse quanto era anche mio.

°°°°°°°°°°

Non fu un buon volo, solitamente non facevo alcuna fatica ad attaccare discorso con chiunque mi sedesse accanto, ma questa volta mi raggomitolai in me stesso, non vedevo l'ora di arrivare. Sorrisi dentro di me all'assurdità di pretendere che il tempo passasse, anzichè considerare che ogni istante veniva sottratto dal futuro. Scacciai l'impressione della ventata che mi era parso mi avesse sfiorato e spinto la settimana prima, un misterioso spavento, coincidenze, timore scambiato per presentimento per il lungo viaggio che stavo per intraprendere, sensazione di responsabilità, di essere contemporaneamente solo eppure in mezzo a tanti che mi attendevano, all'andata come al ritorno. Non era necessario che mi sentissi controllato, non era per quello che mi parlavano delle loro esperienze, quasi senza lasciarmi raccontare le mie. Non volevano che volassi via, come io desideravo condividere i loro istanti, neppure io volevo che volassero via, comprendevo che vedessero in me una parte di sè stessi.

Maestro Ho mi aspettava a migliaia di chilometri di distanza, la penisola sull'oceano battuta dal monsone, trassi un sospiro di sollievo, ci eravamo incontrati l'ultima volta l'anno prima, mi aveva stretto la mano con forza, quasi non volesse staccarla dalla sua, gli dissi che ci saremmo rivisti presto, mi rispose che ne sarebbe stato felice, avrebbe voluto dire che ci sarebbe stato ancora. Il paziente amico cinese mi aveva regalato tanto del suo tempo, tante delle sue esperienze, volevo farle mie nel profondo, mi aveva insegnato le fredde orientali mosse del vento, del silenzio e dell'ombra. Avevo appreso che ogni errore doveva essere accettato come una benedizione, per non commetterlo la volta successiva, in momenti analoghi, era la legge, per proseguire, per non perdere la proprietà dei propri istanti verso chi voleva del male.
Pranzavamo con le bacchette che veloci portavano alla bocca il cibo locale, nella versione quasi buddista e vegetariana, Maestro Ho dava luce e significato a quanto avevo vissuto nella prima parte del viaggio, nel misterioso nord del continente, il perchè dei colori, delle attese, dei piatti, dei silenzi e delle domande, ogni vicenda doveva essere compresa dal punto di vista di chi chiedeva e non da quello di chi rispondeva. Per capire che ogni mondo umano è distinto e nessuno è sè stessi, per non cadere nella trappola di pensare che altre ragioni seguano la strada della propria, per non essere così o sorpresi, o evitati.
Il locale era semibuio, inserito in un antico veliero che chissà quando aveva fatto su quella spiaggia naufragio, la sabbia chiara, a pochi metri la giungla, le cicale assordanti un attimo e poi assordante il loro silenzio l'attimo dopo. Un cielo immenso ora cancellato dalle grigie nubi monsoniche e dai rovesci violenti e improvvisi e ora di un azzurro intenso e i raggi del sole diretti e accecanti.
"Maestro Ho, ho visto tutto questo riprodotto su un quadro, la giungla e il mare, un cielo di luna che brillava, una giunca al largo, pareva vivo", gli dicevo entusiasta.
"Questa è una terra benedetta, getti un nocciolo di frutto nella sabbia e dopo poco cresce un albero con altri frutti, c'è il tempo per l'arte dei pescatori, un pennello e una tela di tessuto, il batik, orchidee e ibischi, villaggi, farfalle, carpe e pesci marini prendono vita, se posi uno di quei quadri tra la giungla e il mare, ecco che non ti accorgi di quale è il vero e di quale è il disegnato, le linee si immergono e si continuano, in fondo il tempo del tratto coincide con il tempo della vita del pittore", Maestro Ho mi spiegava che cosa davvero dovessi osservare al di là della vista del momento e perchè ero rimasto talmente colpito e la ragione per la quale non mi sarei dato pace fino a che non fossi ritornato sotto la tenda nella quale Tan Teik Seong metteva in mostra e in vendita i suoi quadri.

"Ieri sera ho visto un turista tedesco insieme alla fidanzata, si era avvicinato ad uno dei dipinti più belli di Seong, con altezzosità si rivolgeva all'artista, proponeva un decimo del prezzo, non dissi nulla, sapevo che stava commettendo due errori, umiliava il pittore e non dava il giusto valore alla sua arte, tentava di imporre il suo mondo e di cancellare il mondo che aveva dipinto Seong. Mi sopresi a pensare che, una volta tornati in patria, la sua donna lo avrebbe lasciato, l'uomo era convinto di dimostrarle le sua capacità di trattare affari, lei si sarebbe chiesta se quello stesso uomo sarebbe stato in grado di comprendere quanto valore avesse una futura famiglia", raccontavo a Maestro Ho e lui attese qualche secondo, un guizzo beffardo negli occhi e poi un riconoscimento :"mi hai reso curioso, come è finita?".
"Seong era sbiancato al gesticolare violento del turista e ha staccato il dipinto dalla parete del tendone e ha fatto dei segni all'acquirente indicandogli che mai glielo avrebbe venduto e che non gli permetteva neppure di continuare ad osservarlo, il tedesco cominciò a borbottare alla volta della donna e, con apparente indignazione, la trascinò via. Intanto era accaduta una stranezza, appena il dipinto fu staccato, fu come se una luce si fosse spenta, come se la continuità del creato fosse stata turbata", risposi, "dopo che i turisti si erano allontanati, mi avvicinai e chiesi solo se avrebbero esposto anche questa sera. Seong stranamente non mi rispose e mi indicò una giovane molto bella, posi la stessa domanda a lei, ma per tutta risposta mi mise in mano un foglietto di carta e una penna e mi fece segno di scrivere, portando le mani alle orecchie e alla bocca, non poteva nè sentire nè parlare, lei come il pittore, suo marito, scrissi la questione e la ragazza, con una calligrafia chiara, mi diede la risposta, salutai e tornai in albergo".
"Non riuscirai a ripartire da questa terra se quel dipinto non diventerà tuo, vero?", riprese Maestro Ho, "e come intendi operare per entrarne in possesso?, qui siamo in oriente, su tutto si tratta, come farai a non pagarlo più di quanto vale e meno di quanto ti chiederà, come farai a mostrare a Seong che non sei disposto a tutto pur di averlo, eppure non sei pronto ad andartene senza?", la domanda era differente rispetto alle parole usate per porla, Maestro Ho attaccava, come quando mi insegnava altre arti, dovevo concentrarmi e parare.
"Gli dirò che la sua arte mi piace, solo dopo troveremo l'incontro sul prezzo, così non me lo venderà soltanto, non se ne separerà mai davvero, si sentirà sempre parte di ciò che ha creato, dovunque vada a finire".
"Assaggia questo pesce", cambiò discorso Maestro Ho, ma in verità era importante quello che non mi aveva risposto, non mi aveva detto che sarebbe stato meglio che venisse con me come le prime volte, ero in grado di cavarmela da solo.

Mi accolsero con un sorriso radioso, il loro tendone si ergeva in mezzo ad un caratteristico mercato, banconi di articoli in pelle e di collanine di corallo, i venditori cinesi che tessevano le lodi dei loro articoli, unguenti e incensi offerti da mercanti indù, lezioni di Corano e consigli sulla virtù della donna musulmana proposti con inquietante insistenza da uomini dallo sguardo fanatico. Tra la folla burqa e turbanti, pelli pallide e gialle, sgangherati motorini che emettevano insopportabili effluvi di benzina e carretti sui quali arrostivano cibi e spezie di ogni tradizione culinaria, profumi intensi, gradevoli e sgradevoli, si mescolavano a seconda della direzione del soffio della leggera brezza proveniente dal mare.
Non finsi e mi avvicinai subito al dipinto della giunca, della giungla e della luna, mi scrissero il prezzo sul solito foglietto, era tanto, allontanai lo sguardo e lo posi sulle altre tele, la loro bellezza mi era sfuggita la sera prima, proposi di comprarne altre tre diverse, Seong fu lusingato, eravamo pronti tutti e due a riconoscere il rispetto dell'altro, ci vollero dieci minuti e il foglietto si riempì di cifre e di barrette, arrivammo al punto di equilibrio e quattro preziose tele furono arrotolate e avvolte in un sacchetto di plastica nera.
Era strano, ma pur se parole non erano state formulate dalle voci o avevano raggiunto gli uditi, era come se i nostri discorsi aleggiassero nell'aria, chiari e precisi, ci eravamo ritagliati il tempo necessario, senza fretta e con mutuo piacere. Non mi lasciarono andare via subito, si chinarono sotto un tavolo ed estrassero una serie di pergamene, i riconoscimenti, i primi premi vinti a concorsi d'arte dell'Asia sudorientale, fui lieto di avere visto giusto.

°°°°°°°°°°

Il pomeriggio seguente Maestro Ho ed io eravamo seduti per il tè nei giardini di ibisco di fronte all'oceano, fusti di bianchi cannoni sparsi nell'erba puntavano verso il largo, pochi decenni orsono non erano meri monumenti al passato, ma armi incaricate di tenere sotto controllo l'imbocco dello stretto braccio di mare tra la penisola malese e l'Indonesia, una delle rotte più strategiche e più affollate del pianeta. Il mio amico stava ammirando le tele che avevo acquistato la sera prima da Tan Teik Seong, la sua mano accarezzava particolari che non avevo colto, le colline che racchiudevano il piccolo golfo e le costruzioni in pietra bianca che vi sorgevano, :"Cogliendo un momento sulla tela, Seong ha disegnato l'eternità, la giungla e il mare, è un po' il destino di chiunque calpesti questa terra, saper cogliere un momento nel tempo, mi torna in mente Samuel Strauss, una mia grande conoscenza di quando ero molto, ma molto più giovane di adesso ed avevo più tempo davanti che alle spalle, trattavamo d'affari ancor prima che la guerra scoppiasse e, subito dopo, riprendemmo, appena l'ultimo soldato giapponese scomparve e l'Union Jack riprese a sventolare, seppur per ancora poco, Samuel, con qualsiasi mezzo, piombava qui, molti dei suoi contatti erano scomparsi, molti avevano nascosto le loro abilità, ma se c'era un uomo per il quale le avrebbero fatte ricomparire, quello era Samuel, comprava ogni tela di batik che si producesse in questa parte del mondo e mai ci fu un venditore insoddisfatto. E pure il suo cuore ebbe la fortuna di cogliere un momento dell'eternità, un'eternità che portava il nome di una bellissima euroasiatica di nome Lee Yee Sei Kei...", Maestro Ho chiuse gli occhi e iniziò a raccontare...


L'anno era il 1946, il bimotore della Katai Pacific sobbalzava alle scosse degli scrosci d'acqua del monsone, il pilota bravamente cercava di rendere meno penoso possibile il volo per i passeggeri imbarcati a Singapore, Samuel era pallido, nonostante fosse abituato, in verità detestava volare, aveva trascorso la seconda guerra mondiale nella marina britannica e non era per niente tranquillo al pensiero di correre il rischio di finire tra i flutti tempestosi dell'oceano. Le mani strette sui braccioli della poltroncina di prima classe e un sorriso tirato, nel sedile di fianco al suo uno sguardo impavido e quasi di sfida di una donna dalla pelle chiara e dai tratti orientali, appariva infastidita per il comportamento di Samuel, era convinta che fosse un atteggiamento per cercare di abbordarla, era stanca delle avances non richieste degli occidentali, che fossero turisti o militari, il suo unico desiderio era riprendere in mano quel poco che era rimasto degli affari di famiglia, devastati da cinque anni di spietata occupazione giapponese, non le erano rimasti molti parenti, diversi erano caduti nelle azioni della resistenza, altri erano riusciti a partire in tempo per l'America. Lei si era mescolata al popolo e nascosta nei villaggi, aveva cucinato il pane ed era andata in giro a venderlo per sopravvivere, più volte era sfuggita alle retate delle pattuglie dei soldati, sarebbe stata una preda ambita, da scambiare con prigionieri di guerra ad alto livello.
Samuel si accorse dell'occhiata stizzita della donna e, notando la sua bellezza, si vergognò e stabilì di controllarsi e lui e lei furono gli unici passeggeri che non si scossero neppure, o fecero finta, quando un vuoto d'aria avvicinò il velivolo pericolosamente alla superficie del mare. E la donna non riuscì a trattenere una risata :"lei mi fa ridere, davvero, il suo improvviso e sovraumano autocontrollo", Samuel si sentì subito risollevare e iniziarono a parlarsi. Pareva che si conoscessero da sempre quando si ritrovarono ad attendere i bagagli dopo l'atterraggio, Sei Kei aveva prenotato per l'indomani un posto su un traghetto verso un'isola del nord, non molto distante. "E' un bel posto da vedere la tua isola?", azzardò Samuel.
"Oh sì", rispose la donna, "ci sono spiagge bianche e giungle oscure, le colline sono ricoperte dalle foreste e le acque della barriera corallina sono talmente chiare che si riescono a scorgere le meraviglie colorate dei fondali".
"E ci si può nuotare e poi sdraiarsi al sole?".
"Sì, certamente".
"Okay, idea accolta", osò Samuel con un tuffo al cuore.
"Bene", disse lei beffarda, "allora buon divertimento".
L'uomo riuscì a malapena a nascondere la delusione e farfugliò un ringraziamento, lei scoppiò a ridere e riprese :"comunque anche io ci voglio andare da sola sull'isola, che ne dici se ci andiamo tutti e due da soli... insieme?. Sai com'è, non mi va di affrontare proprio tutta da sola il mitico squalo bianco che si narra si mangi chi osa avventurarsi tra i coralli al largo della scogliera".
Si diedero la buona notte nel salone dell'hotel dalle bianche colonne in stile coloniale affacciato sull'oceano, la promessa per l'indomani appesa nell'aria.

Quella notte Lee Yee Sei Kei non riusciva dormire, il fruscìo della risacca si sovrapponeva ai versi delle cicale della giungla, si sentiva irrequieta, di fronte ad una scelta che la intimoriva, si alzò e uscì sulla spiaggia, avanzò a piedi nudi sulla sabbia fino a raggiungere una linea più scura, il segno dell'ultima marea. Il cielo era nero con puntini di stelle che parevano disegnare una volta che partiva dall'orizzonte e proseguiva fino a sopra la giungla. Il bianco delle creste delle onde dava luce all'acqua, onda dopo onda il mare avanzava, fino a raggiungere la linea scura e a lambire i piedi della donna, attorcigliandosi attorno alle sue caviglie e lei si sentì risucchiare. Le onde che si infrangevano sulla riva rimbalzavano indietro e cozzavano contro le compagne che le seguivano e le respingevano in un ribollire di schiuma. Vide la sua ombra sparire a poco a poco, ingoiata dall'alzarsi della marea.

"Non ti arrabbi se non vengo?", Sei Kei disse a Samuel a colazione l'indomani. L'uomo assorbì il colpo con gentilezza e rispetto e lei continuò :"tu vai lo stesso, vero?". "Sì", si sentì rispondere Samuel, neppure per un attimo l'amore per la vita avrebbe vacillato in lui, "anche se spero di rivederti al mio ritorno, per salutarti un'ultima volta, domani riparto per i miei affari", si sorrisero l'un l'altro, imbarazzati.
Samuel prese il traghetto e andò sull'isola, si immerse tra i coralli, incontrò mondi che non aveva mai sognato, i colori dei pesci risplendevano nell'acqua, si accompagnò a branchi, si impaurì di fronte ad una medusa, rimase senza fiato quando un piccolo di squalo si avvicinò e poi, come fosse dotato di un sesto senso, guizzò via di modo da passargli di fianco. Nuotò a riva esultante, poi lo sguardo fu attirato da una conchiglia, se la mise all'orecchio, ascoltò il mare, la ripose nello zainetto.

A sera, abbronzato e stanco, tornò all'albergo, la speranza assurda di rivederla e di donarle il suono del mare, ma lei non c'era.
Comparve il mattino dopo, mentre Samuel chiedeva al bancone se potessero procurargli uno sgangherato taxi per condurlo ai suoi appuntamenti d'affari in giro per il paese, la conchiglia, riposta dentro la tasca dell'abito, gli parve reclamare un raggio di sole.
"Samuel", Sei Kei gli si fece accanto, "mi piaci". L'uomo abbassò gli occhi, colpito dalla sincerità della donna, e bisbigliò : "volevi comprendere se ti mancavo? per questo non sei venuta sull'isola?" e poi le porse la conchiglia, :"ti ho portato un pezzetto di quel mare".
Lei apparve all'improvviso pensierosa e grata :"E se questo istante insieme non ci fosse stato, quella conchiglia, il tuo pensiero per me, sarebbe rimasto solo dentro di te, per sempre"...

Un soffio di vento fresco fece rabbrividire Maestro Ho che si riscosse dal racconto, il cielo si era rannuvolato velocemente, il monsone inesorabile di lì a pochi istanti avrebbe scatenato la pioggia, gli occhi del cinese parvero tentare di penetrare le ombre che sostituivano i caldi raggi del sole dell'equatore, la sua mano si levò lenta in segno di saluto, ma poi si riabbassò, era l'abitudine di tempi che non c'erano più e, come per giustificarsi, concluse, :"quell'attimo donò loro una vita felice insieme, per molti anni ci rivedemmo a prendere un tè proprio qui, su un tavolino di questo giardino di ibischi".

°°°°°°°°°°

"Mi ricordo quando andavo in oriente, ti portavo con me e ti insegnavo il lavoro, quei piatti di pesce e il mare", ero tornato a casa in Europa, ma come al solito non ero io a raccontare il mio viaggio, ma era il mio Maestro dai candidi capelli che mi parlava dei suoi, poi si accorse che mi ero seduto di fronte al computer e si scusò :"bè, sei impegnato adesso" e fece per uscire dall'ufficio. Mi alzai subito e gli dissi :"oh no! certo che non sono impegnato, anzi, dimmi, ascolto con piacere".

Roberto Mahlab

   
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