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July
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Inserito - 19/09/2006 :  18:42:57  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a July
Qualunque cosa

Attraverso il vetro dell’enorme finestrone a forma di quadrilatero, Jordan osservava, col cuore ridotto a un ammasso di cimeli, la figura di Chrissie curva sopra il tavolo dell’enorme e vuota stanza in cui stava per fare ingresso Samuel Sallivan. I capelli castani le cascavano, come una tenda dispiegata a nascondere qualcosa, sul volto di cui non s’intravedeva l’espressione. Jordan si chiese se questo fosse un bene, visto che almeno non ne percepiva le note che dovevano essere senz’altro tristi; ma d’altro canto, dava modo di spaziare alla sua pessimistica fantasia, che non poteva non capitolare sulle immagini di una Chrissie dilaniata dai timori e dall’amarezza. E forse chissà cos’altro.
Quanto avrebbe dato perché tutto fosse tornato com’era prima che Andrew morisse!! Era un pensiero banale e patetico, ma Dio solo sapeva quanto in lui assumesse una consistenza di verità assoluta e indiscutibile.
Almeno non l’avrebbe vista mentre entrava in trance prima di scoprire che orribili nefandezze erano state compiute durante le proprie provvisorie assenze, e che tali nefandezze conducevano a lei. Sempre.
Almeno non avrebbe visto i suoi occhi spauriti e sbarrati assieme, mentre diceva di aver visto scene di indicibile crudeltà.
Almeno non l’avrebbe vista assumere quell’orrenda espressione da lobotomizzata che – lo sapeva – le faceva compiere cose orribili.
Con la giacca appesa ad una spalla, adesso Jordan non vedeva niente di tutto ciò. Non vedeva neppure
l’orrendo fuoco il mare in tempesta il vulcano la notte il più temibile dei terremoti
gli occhi di Chrissie.
Samuel sedeva di fronte a lei, che teneva il capo chino sulle proprie unghie laccate di rosa salmone.
“Allora?”
Attendeva una risposta. Si sarebbe detto che ci stava gironzolando attorno da qualche minuto. E Christina aveva appena preso a tormentarsi l’anellino in oro bianco, recante un ametista, che portava sull’anulare destro.
Con cautela, la ragazza sollevò il viso su quello del suo interlocutore, il quale ebbe una visione fugace, molto parziale del verde dei suoi occhi, che quasi subito finì coperto dalle lunghe ciglia scure.
“E’ che….” Proruppe Chrissie.
“…che?” la incoraggiò Samuel.
“…che vivo dei momenti…in cui non sono più qui.” Concluse la ragazza.
Samuel nascose la miriade di interrogativi che emergevano nella sua mente, e si limitò ad annuire.
“E…in questi momenti – incalzò – dove sei?”
“Io…non lo so. So solo che all’improvviso non sono più in casa con i miei genitori, o a scuola con i compagni…e finisco lì.”
“Lì dove?” ripetè Samuel.
“Cambia a seconda delle occasioni. L’altro giorno, ad esempio, ero…ero nel giardino del mio vicino di casa. Qualcuno stava sgozzando il suo gatto Arthur.”
“E…hai visto chi era?”
Chrissie scosse il capo in segno di diniego.
“E’ successo anche quando ha preso fuoco la casa dell’amica di Andrew…Io c’ero, capisci Samuel?”
La voce di Christina aveva assunto un tono grave, che sembrava quasi fendere l’atmosfera circostante.
“Ed è successo anche quando – ammise a malincuore – Beatrice Shirley si è tolta la vita.”
Beatrice Shirley. Christina in quel momento non focalizzava l’attenzione sulla sua compagna di classe, forse perché non ricordava. Il male che lei le aveva fatto era finito accatastato nella pila di ricordi dimessi che ogni giorno raggiungevano una statura più alta.
Batrice Shirley era colei che per prima aveva puntato il dito sulla popolarità, l’infelice popolarità che Chrissie aveva conquistato da quando Andrew era morto. Da allora, da quando le frasi di quella ragazza pettegola ed invidiosa si erano sparse ad intridere tutta l’atmosfera della scuola, ella aveva cominciato ad essere esclusa dalle feste, e dalle uscite collettive dei compagni.
“La cosa più strana, però è che in quei momenti, io… - Chrissie guardò per un istante Samuel, come per sincerarsi della sua complicità - …non provo niente.”
“Che significa?”
“Non inorridisco. Non provo emozioni. Sono spettatrice asettica.”
Era una situazione difficile da immaginare. Samuel pensò che buona parte delle cose che Chrissie aveva appena raccontato fossero in realtà frutto di qualche sua inconsapevole fantasia, ma poi ricordò alla serie di sciagurati eventi che avevano costellato la sua vita dopo l’incidente. Gli venne in mente che se una settimana prima avesse sentito lei che stabiliva una relazione fra sé stessa e tali eventi l’avrebbe considerata pazza.
Adesso non era così.
Non lo era affatto.
“Sembra quasi che una mente superiore ordisca questi orribili avvenimenti – riprese Chrissie – che poi succedono in maniera ineluttabile.”
Hai detto bene, pensò fra sé e sé Samuel, c’è una mente superiore che ordisce questi avvenimenti, c’è un qualcosa di diabolico in tutto ciò, e tu sei solo una vittima
Chrissie scoppiò in lacrime.
Samuel la abbracciò per consolarla; fu un abbraccio caldo e rassicurante, e per qualche istante Chrissie si cullò fra le sue braccia.
Da fuori, Jordan osservava, spettatore impassibile e dal cervello pieno di perché.
Osservò i due ragazzi che si staccavano, e poi Samuel che usciva attraversando la porta.
Lo osservò venirgli incontro, e quando gli chiese come avesse trovato la figlia, non ottenne un quarto di ciò che avrebbe voluto udire.
“Sua figlia sta bene, ha solo bisogno di riposare.” Rispose infatti Samuel, che col tempo aveva maturato la sua personale concezione di “segreto professionale”.
Gli occhi di Jordan non si staccavano un attimo dalla persona di Samuel. Parevano volergli porre un’infinità di domande, ma Samuel era abbastanza refrattario ad incoraggiarlo nel suo intento. Tuttavia non potè non notare il suo sguardo amareggiato.
“Io…non so perché questa cosa strana, orribile, sia capitata proprio a mia figlia.” Jordan scuoteva il capo “Come non so perché mi abbiano portato via proprio Andrew…il mio Andrew…Lei ha figli?”
“Oh, no…” replicò Samuel, rapito dalle parole di Jordan.
“Chrissie è l’unica figlia che mi è rimasta, e io farei qualunque cosa per lei.”
Il viso di Jordan si era appena contratto in una smorfia che fece rabbrividire Samuel. Chinando il capo, Samuel si rese conto che Jordan stava stringendo i pugni. Anche lungo le braccia, i muscoli si rassodavano divenendo simili a tubi arcuati cresciuti sottopelle.
“Se qualcuno osasse anche solo avvicinarsi a lei, e minacciare di farle del male io…potrei fare di tutto.”
Sollevò il capo, ed i suoi occhi divenuti gelidi presero a fissare un punto aldilà del giorno. Samuel deglutì, avvertendo quanto l’aria si stesse facendo pesante.
“Qualunque cosa – riprese Jordan con gli occhi che brillavano per l’emozione – pur di non far soffrire la mia Chrissie.”

July

   
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