Concerto di Sogni
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 I brividi di concerto/"Ultime notizie"
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Roberto Mahlab
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Inserito - 29/05/2006 :  15:23:12  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab

Può apparire paradossale, ma a volte non riusciamo a scorgere una realtà non perchè troppo oscura, ma perchè troppo illuminata.
I telescopi che dal pianeta Terra scrutano l'universo per scoprire forme di vita su altri pianeti, ci trasmettono immagini di costellazioni talmente luminose da non permetterci neppure di distinguere quanti sono i corpi celesti che le compongono. E pensate che lo stesso problema si pone, forse, a osservatori extraterrestri che sondano la via lattea alla ricerca di un pianeta abitato : la nostra Terra non risalterebbe perchè circondata da miriadi di altri corpi luminosi. E' il caso di osservare che gli scienziati di ogni parte del Creato brancolano nel buio per via della troppa luce.

Così come se vi trovaste in una buia notte nuvolosa di fronte ad uno sconosciuto che vi accendesse una torcia in faccia, non riuscireste a scorgerne il volto, se si tratta di amico o di nemico.
Se però il misterioso personaggio spegnesse la torcia e il suo volto venisse illuminato da un raggio di luna apparso all'improvviso da dietro le nuvole, lo vedreste in viso.

Siete davvero sicuri di volerlo fare?

Se sì, siete coraggiosi e potete proseguire nella lettura del nuovo "brivido di concerto", fino alla fine.

Io, più che suggerirvi di non mettere a dura prova il vostro sistema nervoso, non posso fare...

Roberto Mahlab
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Inserito - 29/05/2006 :  17:45:51  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab

I

I freddi ultimi raggi di sole di quel pomeriggio di una estate inusualmente gelida non erano certo la calda tisana di cui avrei avuto bisogno per concludere in serenità una giornata che tutto era stata, fuorchè rasserenante.
Era dall'alba che ero fuori città, la soluzione del treno non era stata un'iniziativa brillante, la sede dell'azienda del cliente a cui dovevo consegnare la relazione sui macchinari dell'ultima generazione si era dimostrata essere ben più lontana dalla stazione dei pochi centimetri che apparivano dalla cartina e non avevo la minima idea di quale mezzo pubblico giungesse all'indirizzo che cercavo.
In qualche modo, ansante e con il completo principe di Galles assai più spiegazzato di quanto fosse al mattino, ero arrivato, avevo tenuto il rapporto e poi mi ero precipitato di nuovo in strada per correre in stazione e non perdere il treno di ritorno. Per un soffio e solo perchè era in ritardo, altrimenti avrei dovuto passare la notte chissà dove. Neppure il tempo per comprarmi un giornale, passai le due ore di viaggio appisolandomi e annoiandomi, un bambino nello scompartimento non faceva che gridare capriccioso e la madre non si staccava dal cellulare. "Non perderti l'articolo sulle nanotecnologie", mi aveva raccomandato un collega dello studio. Nervosamente osservavo l'orologio, come se potessi spingere con la forza del pensiero il treno ad accelerare. Un taxi, a quell'ora figurarsi, un autobus, il biglietto, cercai disperato in tutte le tasche, eccolo, lo timbro e mi siedo con il respiro corto su un sedile scomodissimo.

"Ehi, aspetti, un momento solo, eccomi", il mio edicolante di fiducia stava chiudendo le serrande e si arrestò di colpo vedendomi avvicinare di corsa, "mi scusi, stamane sono uscito prestissimo e mi sono perso il mio quotidiano, c'è un articolo importante, non è che gliene è rimasta una copia?". Mi squadrò da capo a piedi, come per chiedersi da dove mai fossi sbucato a quell'ora, erano quasi le undici di sera, rientrò nel gabbiotto e si mise a rovistare tra le copie già legate con lo spago per la resa del giorno dopo. "Bè, non importa", mi rassegnai, "lasci stare, anzi mi scusi per il disturbo, provai vergogna per averlo costretto a quel prolungamento d'orario, ma il suo volto sbucò da sotto il bancone sventolando il giornale. "Era l'ultimo, è un giorno fortunato per lei", aggiunse sbuffando.
"Grazie, davvero", rovistai nel portafoglio e gli porsi due monete, "però vede che cliente fedele sono, non compro giornali se non da lei, lei ha sempre tutto a qualsiasi ora, non mi sorprenderei se avesse anche il giornale di domani!". Una raffica di parole gentili per sottrarmi all'imbarazzo e poi i complimenti sono sempre ben accetti, pensai.
"Ci tiene?", l'edicolante sollevò di nuovo lo sguardo verso di me, gli occhi indagatori, notai una scintilla luciferina nei suoi occhi, i capelli irsuti e diritti e il viso dalle gote rubizze, dove avevo già visto quei tratti, un hobbit, ecco, assomigliava ad un hobbit di qualche film fantasy. "Il giornale di domani, dice?", risposi per stare allo scherzo, "ma certo, chi non lo vorrebbe?, ci pensa? potrei sapere oggi che avrà fatto la mia squadra domani, non che faccia differenza, tanto perde sempre e mi immagino gli articoli dei prossimi cento anni, sempre tutti uguali!", accennai ad una risata, ma l'edicolante non rise.
"Lo vuole oppure no?", disse con tono serio e deciso.
"Bè, se insiste, immagino che sia uno di quei giornali finti che distribuiscono per pubblicità, me lo dia, così avrà carta in meno da gettar via domani".
Scomparve di nuovo nel gabbiotto, avvertii una serie di suoni sordi, come se avesse spostato dei pacchi che ricoprivano altri pacchi, ma era sempre più buio, mi accorsi che era quasi mezzanotte e mi sentii stanco morto, "senta, lasci stare, non fà niente".
"No, eccolo, tutto per lei, il giornale di domani" e mi porse un quotidiano, il mio solito quotidiano. "Grazie, quanto le devo?", era buffo quanto stavo chiedendo, mi stava dando il giornale dell'indomani e io gli chiedevo quanto gli dovevo. "Il solito, dopotutto non è una copia arretrata", non sapevo perchè, ma il suo umorismo mi pareva sinistro.
Ma era tardi, troppo tardi per continuare il discorso, pagai, ringraziai, salutai e corsi a casa, mai sonno fu più agognato e misericordioso.

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Roberto Mahlab
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Inserito - 03/06/2006 :  23:11:35  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
II

“… e se un buongiorno si vede dal mattino, un buon mattino si vede dalla colazione con i corn flakes Browson, corn flakes Browson, il meglio, ma proprio il meglio, per te..”, l’implacabile radiosveglia mi riportò nel mondo dei viventi, tentai di soffocarla con il cuscino, mentre affondavo il viso nelle coperte, gli occhi ancora sbarrati, ma non ci fu nulla da fare, il coretto della canzoncina dei corn flakes Browson si levò talmente alto che dovetti cedere e mettermi seduto sul letto, fino a che la mente mi si schiarì e sospirai passandomi la mano sulla barba, ok, una bella doccia, una soffice rasatura, una sana colazione senza quei corn flakes che non mi lasciavano dormire e poi con calma in ufficio, niente impegni di viaggio per oggi, avrò persino il tempo di comprare il giornale giusto poche ore dopo la stampa e poi leggermelo in santa pace con le scarpe sopra la scrivania, almeno fino a che la mia segretaria non mi getta nel cestino insieme al giornale, rimproverandomi.
“Giornale radio, stamane, poco dopo le quattro del mattino, gli abitanti del quartiere nord sono stati svegliati dal crepitare di un furioso incendio, gli stabilimenti della zona industriale erano avvolti dalle fiamme, i vigili del fuoco sono intervenuti, ma le prime stime parlano di gravi danni alle strutture, si ipotizza…”, rimasi paralizzato, sulla poltrona c’era un giornale, riportava a caratteri di scatola :”Grosso incendio stamane nella zona industriale”. Era quel giornale che l’edicolante mi aveva rifilato la notte prima. Mi rasai stordito, preparai il tè con un senso di oppressione, evitai di guardare la poltrona. Uscii di casa, volevo evitarlo, ma non ci fu verso, l’edicolante mi vide passare e mi fece un cenno di saluto, mi avvicinai senza dire una parola, parlò lui :”qualcosa mi dice che non comprerà il giornale di oggi”. Scossi il capo, dovevo svegliarmi, era certo tutto uno scherzo, un caso, “ma cos’è? Una nuova collezione di quotidiani che si inventano le notizie? Ma sa che è strano, quel giornale che mi ha dato ieri sera, ha azzeccato l’incendio, scommetto che ne ha cento copie tutte diverse lì dentro, con cento disastri diversi!”.
Alzò le mani, come per arrendersi, “Ok, allora vada all’edicola della via vicina e compri là il giornale di oggi, poi lo porti a casa e controlli che sia esattamente uguale, pagina per pagina, riga per riga, parola per parola, a quello che le ho venduto ieri notte”.
Squillò il mio cellulare, era Molly, un affare urgente richiedeva la mia presenza in ufficio, feci un cenno di saluto superficiale all’edicolante e mi concentrai sul problema Ferguson, la mia segretaria mi stava spiegando per telefono i guai e la mia mente si concentrò mentre camminavo veloce verso l’ufficio, uno sguardo distratto al bancone dei quotidiani delle edicole che incontravo sul mio cammino, un gesto involontario, ne acquistai una copia e la riposi nella valigetta e me ne dimenticai per il resto di quella giornata piena di incontri, di telefonate, di decisioni innovative sul caso Ferguson, una miniera d’oro per il mio studio, da tenerselo stretto.


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Roberto Mahlab
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Inserito - 04/06/2006 :  14:39:33  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
III

“Vieni all’aperitivo da Sara?”, rintoccavano le diciotto all’orologio a cucù vanto dello studio, nonostante ogni tanto venisse voglia di tirargli una scarpa dato il non certamente silenzioso ritmo dei continui tichettii che rendeva nevrastenici, specialmente se era una giornata difficile per gli affari, ma le istituzioni sono istituzioni e non si toccano. Mi infilai al volo la giacca e anuii, :”volentieri, passo un attimo a casa a rinfrescarmi e arrivo anche io”.
Ci tenevo a fare colpo su Sara, una biondina niente male, ricordavo, del resto Liv era ormai il passato ed era ora di rimettersi in gioco, mi sovvenni che alla ragazza piacevano le cravatte sgargianti e ne cercai una particolare nell’armadio di casa, dove era finita, eppure l’avevo vista ieri sotto la camicia… l’avevo vista, mi fermai, come avevo visto un quotidiano del giorno dopo.
Meglio togliersi il pensiero, mi dissi e cercai la copia sulla poltrona e poi la affiancai alla copia comprata quel mattino : identiche, pagina dopo pagina, riga dopo riga, parola dopo parola, era lo stesso quotidiano. Solo che il primo era divenuto di mia proprietà prima che i redattori lo ideassero, prima che l’editore lo stampasse, prima che le notizie riportate avvenissero.
L’inquietudine mi prese lo stomaco, come quando il normale corso della vita, le aspirazioni, gli incontri, paiono divenire meno importanti. Dovevo sapere se era stato un caso. La festa di Sara mi parve un luogo e un tempo lontano, forse avrei telefonato per scusarmi, per inventarmi un imprevisto. L’ascensore non era al piano, corsi giù dalle scale, quasi travolsi la signora Stone con i suoi pacchi del supermercato al portone, sussurrai delle scuse che si persero nell’aria, mi ritrovai di fronte all’edicola. Il giornalaio non parve stupito e mi salutò con voce grave, triste, ma non disse nulla e io ne fui sorpreso.
“Buona sera…bè, non è che avrebbe… il giornale di domani?”, ecco, l’avevo detto, sibilato fuori in un soffio solo. L’uomo dagli occhi luciferini si abbassò e dopo pochi istanti il suo volto ricomparve da sotto il bancone con una copia di giornale in mano :”ecco, appena arrivato, di domani e…”, il suo sguardo si aggrottò, “fanno dieci centesimi in più, c’è stato… ci sarà, insomma c’è scritto che costa dieci centesimi in più!”. “Lei sa che non le credo vero? E’ uno scherzo, una casualità, e poi perché lo vende solo a me, perché non a tutti i clienti della sua edicola?”. Mi parve di aver detto una cosa particolarmente intelligente e ne fui fiero, forse mi avvicinavo alla scoperta del trucco.
“Perché nessuno me lo chiede, io sono un giornalaio, vendo quello che mi viene chiesto, lei è stato il primo e l’unico a chiedermi il giornale dell’indomani e io ho eseguito, lei deve proprio essere un uomo curioso, sa, un uomo che non ha paura di guardare avanti”.
Lo fulminai con lo sguardo, mi sentivo arrabbiato con lui, per qualcosa che non riuscivo a chiarire con me stesso, raccolsi il quotidiano e me ne andai borbottando.
Rimasi in casa quella sera, non telefonai neppure a casa di Sara, mi lessi parola per parola quel quotidiano dell’indomani, lo strano, mi accorsi, era che si trattava di articoli del tutto verosimili, del tutto probabilisticamente conseguenti agli avvenimenti odierni, l’unico mistero è che coprivano anche la notte successiva, io ero il primo a conoscere quanto sarebbe accaduto da quel momento fino alle tre o quattro del mattino seguente, quando il quotidiano reale sarebbe stato dato in pasto alle rotative. In pratica non mi serviva a nulla quanto stavo leggendo, le borse internazionali forse, ecco, Hong Kong avrebbe magari perso una frazione di punto nel paio d'ore dopo la nostra mezzanotte.
Risi di me stesso all’idea, non poteva essere, ma poi decisi che valeva la pena fare un tentativo solo per scoprire se c’era qualche cosa di vero, presi il telefono e feci il numero di cellulare di Jeremy, l’associato allo studio, mi ricordai che probabilmente si trovava alla festa di Sara. “Ehi, ma dove sei? Mia moglie ha organizzato tutto per farvi stare un po’ da soli, tu e Sara, e tu mi scompari così?”.
“Senti Jeremy, non posso spiegarti adesso, è una lunga storia, si tratta di lavoro, non sono riuscito a sganciarmi, Ferguson mi ha perseguitato per tutta la sera con le sue richieste di aumentare il rendimento del fondo, volevo pregarti di usare un secondo per chiamare Hsao Li a Hong Kong, digli di comprare un migliaio di azioni tecnologiche, ti prego, fammi questo favore, così lo dico a Ferguson e lo faccio contento, magari non riesco a raggiungervi alla festa, ma almeno quel rompiscatole non mi tempesta di telefonate anche durante la notte!”.


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Inserito - 04/06/2006 :  15:18:49  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
IV

Nel giro di un paio di settimane, giocando sul breve periodo di luce finanziaria che, grazie al giornale dell’indomani, avevo in più rispetto agli studi concorrenti, raddoppiai la clientela, la cosa non fece troppo scalpore, come era nei miei desideri, le fluttuazioni nelle poche ore notturne non erano tali da creare grandi fortune e neppure accadevano avvenimenti particolari, tali da perturbare i mercati o, peggio, le sorti del mondo, avevo solamente scovato un angolino misterioso e poco appariscente, facevo passi piccoli, non forzavo mai gli acquisti e le vendite, nessuno avrebbe potuto neppure pensare che non si trattasse di pura fortunata logica speculativa.
Ogni tardo pomeriggio passavo all’edicola e chiedevo il giornale del giorno dopo, sapevo che dovevo proprio chiedere esplicitamente, altrimenti l’edicolante non mi avrebbe offerto che un sorriso di circostanza. Con il senno di poi mi rendo conto che avrei dovuto pormi degli interrogativi, da dove provenivano quei giornali, chi li stampava e chi li consegnava, ma non potevo pretendere che il mio quotidiano del giorno dopo avesse anche una pagina che riportasse il mio senno di poi. Vivevo quell’insolita funzione come se fosse divenuta normale, mi concedevo al massimo qualche risata tra me e me quando ai party serali i miei amici scommettevano su chi avrebbe vinto la partita di calcio in corso, una volta addirittura partecipai e devo ammettere che mi vergognai a far finta di aver indovinato un risultato talmente improbabile che nei giorni successivi la commissione sportiva aprì un’inchiesta per frode sportiva.
E poi c’era la parte migliore, forse fu per questo che non mi facevo troppe domande, ero impegnato a fare la corte a Sara : sapendo in anticipo dell’acquazzone sulla costiera, l’avevo convinta a rinunciare alla gita serale e, da allora, mi chiamava affettuosamente “mister tempo”.
La lotta tra i suoi aspiranti era tale, che non mi facevo certo scrupoli ad utilizzare le previsioni del giorno dopo rispetto al giorno prima. Insomma, tutto sommato, non era male, mi ero adagiato in una condizione del tutto soddisfacente, c’erano solo vantaggi e non facevo male a nessuno.

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Inserito - 04/06/2006 :  17:02:17  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
V

Pioveva da un po’ di giorni, quel pomeriggio con molta insistenza, iniziava a far fresco, ero fradicio fin nella punta delle scarpe, un vero miracolo trovare un taxi per tornare a casa dall’ufficio, si muovevano a passo d’uomo le auto e gli esseri umani ancora più lentamente, i mezzi pubblici intasati si riempivano alle fermate di persone su persone, era tutto grigio, le case, le strade, la gente, il cielo, le piante, giunsi infine nel calore della mia casa e il solo pensiero di uscire di nuovo per comprare il solito quotidiano mi fece star male, ma mi fece star male ancora di più la consapevolezza che non riuscivo a farne a meno, come fosse divenuta una droga, eppure non sarebbe successo nulla di particolare se per un giorno non avessi saputo che sarebbe successo di lì a poche ore, il mio lavoro procedeva con successo, la clientela era stabile, l’indice di Wall Street poteva fare a meno di me e per un giorno potevo rimanere con me stesso, con le conoscenze di tutti gli altri esseri umani sul futuro, come avveniva prima quando ugualmente vivevo. Ma niente da fare, la mia mente iniziò a tormentarsi fino a che cedetti, raccolsi sospirando l’impermeabile e mi gettai rabbrividendo nel temporale.
Il semaforo all’incrocio era rotto e attraversare la strada fu un’impresa, non si fermava nessuno da tutte e quattro le direzioni e l’ingorgo che si formò tra auto e pedoni avrebbe richiesto una pazienza immane da parte del dipartimento della polizia del traffico. Finalmente giunsi di fronte all’edicola, era semichiusa, avvertii un formicolio sotto lo sterno, ma come si poteva finire dipendenti da un giornale? Scorsi il giornalaio che stava legando con uno spago delle copie e gli feci cenno della mia presenza, :”che succede? Perché sta chiudendo prima del solito?”. “Con questo tempaccio i clienti non arrivano, se vendessi ombrelli e stivali oggi farei i soldi, ma i giornali, quelli non servono a proteggersi la testa dall’acqua!”. Non faceva una grinza, una rivista galleggiava a fianco del marciapiede come fosse una nave in avaria trascinata dalle onde tempestose.
“Faccio in tempo a comprare il giornale di domani?, ce l’ha lì sotto mano? Altrimenti non importa, non cascherà il mondo se per un giorno non lo compro!”, cercai di farmi udire mentre un automobilista dava corpo alle sue frustrazioni tempestando un assordante clakson.
“Aspetti, dovrei averlo messo da queste parti” e si immerse, al solito, sotto il bancone. Ne emerse trionfante dopo pochi secondi, pagai con un paio di monete rimastemi fortunosamente in una tasca dei pantaloni e corsi verso casa sotto uno scroscio d’acqua che non faceva presagire niente di buono per quella fine anticipata dell’estate, lo potevo scrivere io un editoriale sull'argomento, senza attendere che cosa avrebbe riportato la cronaca cittadina del giornale dell’indomani che avevo nell’impermeabile.


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Inserito - 04/06/2006 :  17:39:16  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
VI

Quel giornale che mi faceva sentire rilassato, ero totalmente dipendente, mi resi conto, per fortuna non come Jeffrey Wilson, il figlio della signora Wilson del secondo piano del mio stabile, lui l’avevano trovato esanime nel parco con ben altro che la pagina economica, nel braccio.
Avevo fame e il locale del Desmond Night Party era dietro l’angolo, c’era sempre bella gente tra gli avventori e quando dico bella gente, intendo la morettina che ormai aveva preso nel mio cuore il posto di Sara, troppe settimane per strapparle un invito al cinema e troppi corteggiatori in fila e lei giocava con tutti. LeeAnn era accompagnata dal solito gruppo di colleghi di lavoro della sede del notaio più famoso della città, si fermavano per l’aperitivo e poco a poco anche io ero stato risucchiato dalle loro risate e dalla voglia di vivere che emanavano, dalla prima sera i miei occhi non si staccavano dalla figura della ragazza, lei invece faceva di tutto per evitare di guardarmi. Una sera con la musica avvolgente delle Rocky Cheeks le portai e le offrii, senza chiederle il permesso, un bicchiere di misto di frutta analcolico con scorza di lime, lei mi chiese come facevo a sapere che era il suo drink preferito e io non le dissi che mi era costato dieci bigliettoni farmelo rivelare dall’esoso e simpatico barista.
LeeAnn mi fece cenno di raggiungerla al tavolo, mi precipitai e lei si mise a ridere quando, abbracciandola, le strizzai l’impermeabile bagnato addosso, mi scusai e tornai verso l’ingresso per appenderlo al vestiaire. Non feci caso al giornale, non che fossi guarito dalla dipendenza all’improvviso, ma gli occhi di LeeAnn avevano la magia di portarmi in un mondo diverso. Bevemmo, ridemmo, ci raccontammo aneddoti infiniti. Chiedemmo il conto e io mi portai la mano alla tasca, vuota, mi sovvenni di essere uscito di corsa per passare dal giornalaio, forse avevo riposto il portafoglio nella tasca dell’impermeabile? Mi scusai con il gruppo di amici e tornai a prenderlo, frugai, ma evidentemente avevo lasciato il denaro a casa, spostai il giornale, poi mi fermai all’improvviso, un sudore freddo mi imperlò la fronte, lo ripresi nelle mani, aperto, un titolo a caratteri cubitali, nero, minaccioso, come le parole del testo :” L’ultimatum scade alle sedici”, e sotto una descrizione dell’impresa terroristica che teneva sotto scacco la diga a nord della città con un'arma nucleare. Titoli più piccoli annunciavano l’uscita dai silos di missili atomici da parte dei paesi di mezzo mondo e un trafiletto riportava una notizia di agenzia non confermata su un’intervista ad un luminare della scienza che avvertiva che il pianeta rischiava una reazione a catena nel suo nocciolo.


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Inserito - 04/06/2006 :  18:04:10  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
VII

Mi sostenni alla parete, il respiro mi mancò, svenni per qualche secondo, dovevo essere davvero pallido se, quando riaprii gli occhi, LeeAnn con tono preoccupato mi stava facendo aria con un tovagliolo e mi sorreggeva.
Mi chiese che cosa mi fosse successo e ovviamente non potei fare altro che balbettare parole sconnesse, altrimenti mi avrebbe preso per pazzo e sarei finito nel reparto psichiatria del General Hospital. Feci quello che mi riusciva meglio, buttarla sullo spirito e le raccontai che mi succedeva sempre al momento di pagare il conto, ma lei non rise e mi pregò di tornare a casa e riposarmi, mi avrebbe richiamato l’indomani per sapere come stavo.
Non pioveva più, il traffico era ormai terminato, tutti erano nelle loro case pronti ad andare a dormire, mi trascinai per la via e poi in ascensore fino a casa. Non ci pensavo neppure di rimettere le mani nella tasca dell’impermeabile per tastare quel giornale, era stato tutto un incubo, presi una pastiglia di Dormiflen e mi gettai sul letto, mi raggomitolai in posizione fetale, tremavo, avevo la febbre, poi balzai nella lenitiva incoscienza del sonno.
Il mattino dopo ero di fronte all’edicola alle sei precise, :”un fantasma che cammina”, mi salutò il giornalaio, :”una così brutta nottata?”. Mentre mi parlava, riponeva una pila di quotidiani sul bancone, :”lei fa una strana impressione, bianco come un cencio con adosso un impermeabile che pare aver sopportato una battaglia in trincea e intanto oggi è una delle giornate più belle e soleggiate della stagione, guardi, il cielo limpido, non una nube, il profumo del pulito avvolge la natura intera”. Ma io non smettevo di fissarlo, :”il giornale che mi ha dato ieri, diceva che stava arrivando la fine del mondo…”. “Caro ragazzo”, rispose a disagio, :”io non sono responsabile di quello che scrivono i giornali che vendo”. “Ma…”, ripresi, per arrestarmi di colpo, gli occhi mi erano caduti sulla prima pagina dello stesso quotidiano, :”come sarebbe? La prima pagina è completamente diversa, non è successo proprio nulla, ma allora che cosa mi ha dato ieri? Mi ha fatto stare così male e LeeAnn, devo telefonare a LeeAnn, che figura ho fatto!, mi ha imbrogliato in tutte queste settimane, era uno scherzo, lei è parte di uno sketch televisivo, ho capito!”
L’edicolante mi osservava perplesso, :”Io non imbroglio nessuno, io vendo solo giornali, non li scrivo, mi faccia vedere quello che ha comprato ieri”, mi chiese. Le mie mani frugarono con ansia le tasche dell’impermeabile fino a che sventolai il quotidiano in faccia al giornalaio, egli lo seguì con lo sguardo, poi mi serrò la mano per poterlo leggere e riprese :”è una edizione straordinaria del mezzogiorno di oggi, il quotidiano regolare è stato stampato alle quattro del mattino e, come vede, è del tutto normale”, disse indicando le copie distese sul bancone, “quello che è in suo possesso è una copia che verrà stampata tra circa sei ore, lei ieri mi ha chiesto solo di comprare il quotidiano dell’indomani, cioè oggi, le ho dato il primo che mi è capitato tra le mani, non potevo sapere che ce ne sarebbero state più edizioni”, la sua voce snocciolava con calma una logica che mi fece accapponare la pelle e mi suscitò un rancore che non riuscii a contenere :”la smetta, per favore, è chiaro che sono stato un fesso, ma non capisco perché insiste con la sceneggiata, mi ha fatto quasi venire il crepacuore con la sua trovata di ieri, dovrebbe capire quando è il momento di smetterla”. Gli gettai addosso il quotidiano che mi aveva venduto il giorno precedente e, furente e incapace di farmene una ragione, me ne andai, fumando di livore.


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VIII

Camminavo senza una direzione precisa, mi sentivo come un pugile che, suonato dall’avversario, all’improvviso ritorna alla realtà di persona di tutti i giorni, mi ero lasciato influenzare da una serie di coincidenze, avevo creduto alle mie stesse fantasie, ero cascato in una presa in giro di chissà quale emittente e probabilmente presto sarei finito sullo schermo di qualche ripresa di candid camera, milioni di spettatori avrebbero riso di me, lo meritavo, e il peggio era che non avevo avuto fiducia in me stesso, il successo dei consigli d’affari era dipeso dalla mia esperienza, non da quelle pagine finanziare fasulle, anzi, a pensarci bene, avevo sempre dato loro una occhiata distratta, avevo voluto credere di leggere quanto volevo leggere, quanto sapevo sarebbe accaduto con elevata probabilità, che ingenuo, davvero che ingenuo, mi osservavo specchiandomi in una vetrina di abiti alla moda, guardatemi, il lettore del futuro, con la barba lunga, le guance scavate, un impermeabile che si vedeva non mi toglievo da ore, quelle erano le scosse della vita, quelli erano i momenti in cui ci si osserva dentro amaramente e si decide di cambiare, di farsi furbi, altro che Sara e LeeAnn, che se ne facevano di un uomo che credeva al primo furbo che passava per la strada. Basta, come mi avevano insegnato in famiglia, c’era un tempo per piangersi addosso e c’era un tempo per ricostruire la propria autostima. Avvertii i morsi della fame, non mi ricordavo neppure più da quanto non mettevo sotto i denti un pasto decente.
Un profumino di uova al tegamino e toast proveniva da un locale all’angolo, ci entrai, e ordinai una colazione pantagruelica. Il televisore in alto sopra il banco del bar era sintonizzato su una stazione di musica country, al tavolo vicino un avventore beveva caffè leggendo un giornale,la prima pagina era del tutto anonima, non era accaduto proprio nulla di importante, il titolo più grosso era dedicato ad una inchiesta della polizia su un omicidio avvenuto tre anni prima, erano sulle tracce del colpevole a quanto pareva. Divorai avidamente il piatto che mi aveva servito l’avvenente cameriera, il suo nome era Natasha, così era scritto sulla targhetta sulla pettorina, un’altra profuga da qualche parte che aveva trovato il nuovo mondo in cui entrare, anche se dalla porta di servizio, riflettei. Speravo che dalla porta di servizio non avrebbero cacciato a pedate me, mi sovvenni che il mio portafoglio era rimasto a casa, avrei lasciato in deposito l’orologio e avrei rassicurato Natasha che sarei tornato nel pomeriggio con il denaro. Mi tolsi il pregiato Rolex d’oro, un regalo dei miei genitori alla laurea, e mi apprestai a tenere il discorsetto che speravo convincente. Ma non feci in tempo, fui preceduto da uno speaker comparso sullo schermo, il programma musicale era stato interroto da una edizione straordinaria, un titolo alle spalle del giornalista che pareva preso dal panico, “ultimatum al mondo”, diceva. Il proprietario del locale alzò il volume al massimo, da tutti i tavoli i volti si levarono dai piatti verso lo schermo, il mio vicino lasciò cadere a terra il quotidiano, con espressione esterrefatta.
“Il gruppo terrorista afferma di avere minato con una carica nucleare la diga a nord della città, ma continuano ad arrivare notizie drammatiche da ogni angolo del pianeta, cariche atomiche sarebbero state disposte attorno a numerosi siti, la mostruosa sfida appare essere comandata da un fanatico gruppo che chiede atti impossibili entro le sedici di questo pomeriggio, altrimenti distruggerà la Terra in un atto di suicidio di entità globale. I maggiori paesi hanno dichiarato la mobilitazione generale, fonti di agenzia non filtrate parlano di missili intercontinentali che stanno uscendo dai silos, le contrattazioni nelle Borse sono state sospese, scontri in molte città per accapparramento di cibo e di medicinali, tra poco ci collegheremo in diretta per ascoltare un discorso alla nazione da parte del presidente, vi trasmettiamo un appello alla calma, ripetiamo, si richiede alla popolazione di rimanere calma, le massime autorità stanno facendo del loro meglio per risolvere la situazione che si è venuta a creare….”

Mi rimisi l’orologio, anche se avessi voluto, Natasha non mi avrebbe ascoltato, era sdraiata a terra, si teneva lo stomaco e piangeva senza requie, alcuni commensali gridavano, altri erano al cellulare con le loro famiglie, i loro amici, urlavano tutti.
Mi accorsi di essere in stato di shock, bofonchiai che uno scienziato aveva previsto che il pianeta non avrebbe retto alle esplosioni, vidi che il proprietario mi ascoltava, mi spaventai, mi alzai rovesciando la sedia e mi precipitai fuori.
L’uomo corse al telefono, chiamava la polizia per denunciare il mio strano comportamento e le mie sospette parole.


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Roberto Mahlab
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Inserito - 04/06/2006 :  21:47:48  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
IX

In strada la situazione era come dentro il locale, moltiplicata per un milione. L’intasamento del traffico era fuori di controllo, molte auto giacevano abbandonate, la gente correva a casa, spintonandosi, i mezzi pubblici erano presi d’assalto e molti di essi erano fermi in mezzo alla strada, non era possibile superare i blocchi di macchine, non era possibile far salire tutte le persone che volevano salire.
Mi diressi verso l’ufficio, volevo sapere che fine avevano fatto Jeremy, Molly, volevo cercare di telefonare ai miei genitori in campagna, a LeeAnn, volevo portare conforto ed essere confortato, volevo raccontare che io sapevo e che non avevo detto nulla, forse avrei potuto evitare quanto stava accadendo? Assurdo, mi ripetevo, mi avrebbero ricoverato in manicomio, altro che starmi a sentire. Uno strillone gridava :”Ultime notizie”, brandendo copie di quotidiano, gliene chiesi una, era il mio quotidiano, in prima pagina il titolo a caratteri cubitali, quel titolo a caratteri cubitali. Era l’edizione straordinaria di mezzogiorno.

L’auto della polizia, a sirene spiegate, sgommò fino ad arrestarsi di fronte al locale all’angolo, due agenti scesero e si presentarono al proprietario, su un taccuino prendevano freneticamente appunti, dalla centrale era partito l’ordine di seguire qualsiasi traccia, la speranza era di trovare un indizio che portasse ai terroristi, una corsa contro il tempo. Il proprietario era un emigrato dall’oriente mediterraneo, faceva ampi gesti con le mani per dare enfasi al suo discorso, l’ispettore Roland Norton cercava invano di riportarlo alla calma e di farsi dare una descrizione quanto più precisa possibile del sospetto. Pur tentando di concentrarsi, il poliziotto era angosciato, sua moglie era in ospedale, da un minuto all’altro sarebbe nato il loro primo figlio.
Infine l’identikit fu completato e Norton fece un numero sul cellulare, rispose direttamente il capo della squadra speciale antiterrorismo, l’agente iniziò a fare il suo rapporto ottenendo dall’altro capo degli assensi e l’incoraggiamento a continuare, fino a che l’altra voce tacque, Norton si accorse che qualcosa non andava e chiese che fosse successo e, alla risposta disperata, ammutolì.

Sto sognando, non è possibile, ero appena uscito dall’incubo ed eccolo di ritorno, vagavo senza meta, il mal di testa mi tormentava, cosa potevo fare, come potevo aiutare a risolvere la tragedia, il giornalaio! Mi doveva quanto meno delle spiegazioni e, se non le avesse date a me, avrei chiamato le forze dell’ordine. Non potevo sapere che ormai nessuno mi avrebbe risposto, erano impegnate in ben altro che stare ad ascoltare un folle che denunciava un edicolante per avergli venduto il quotidiano del giorno successivo. Mi trascinai fino al chiosco, il volto solitamente rubizzo era pallido, gli occhi luciferini erano venati di profonda tristezza, le parole furiose che avevo sulla punta della lingua non uscirono, rimasi scosso dallo stato sconvolto del giornalaio, la mia domanda inespressa, ma la sua risposta arrivò :”io vendo solo giornali, lei mi ha chiesto, io le ho dato quanto desiderava, non sono io il responsabile di quello che fanno gli esseri umani, io vendo solo giornali, è il mio mestiere, solo il mio mestiere, è chi li legge che dovrebbe comprendere, non chi li stampa”.
Sono i momenti peggiori che danno la forza più grande, che chiariscono le idee e io gli balzai così vicino che si spaventò e si ritrasse :”no, stia tranquillo, non le voglio fare del male, ho un’idea, i suoi giornali scrivono quello che avverrà il giorno dopo, se lei adesso mi vende il giornale di domani, ecco che sapremo come sarà andata a finire e potrò raccontarlo al mondo, non so se mi crederanno, ma ne vale la pena, la prego, mi venda il giornale di domani!”.
L’edicolante sparì sotto il bancone, il mio cuore batteva all’impazzata, la mia fantasia cominciò a galoppare, mi immaginavo i titoli a caratteri di scatola, :”le forze delle nazioni unite sbaragliano i terroristi”, “gli eroi che hanno salvato la Terra”, oppure no, sarebbe bastato un :”l’ultimatum prorogato, trattative in corso”, oppure nemmeno, sarebbe stato sufficiente :”non si hanno ulteriori notizie dei terroristi, la calma ritorna”. Insomma, qualcosa, qualunque cosa, per tornare da LeeAnn, per riassaggiare quelle uova strapazzate del locale, per riascoltare la voce di quel noioso di Ferguson anche in piena notte.

Il volto dell’edicolante riemerse, scuoteva il capo :”non c’è, non ho il giornale di domani”.
“D’accordo”, mi concentrai, “non perdiamoci d’animo, ragioniamo, è evidente che ci sarà uno sciopero o che domani è una festività o che semplicemente i redattori sono rimasti a casa a tranquillizzare le loro famglie”, sentivo che una buona parte delle giustificazioni che avevo espresso non avevano senso, ma non mi scoraggiai, :”senta, facciamo così, ok, non ha il giornale di domani, mi venda quello di dopodomani, quello della prossima settimana, quello del mese prossimo, mi venda un qualsiasi giornale dell’anno prossimo, non è necessario che sia il mio solito!”.
L’edicolante non rispose, pareva afflosciarsi su se stesso, insistetti, lo scossi per le spalle.
“Mi dispiace, non c’è nessun giornale, né di domani, né della settimana prossima, né del mese prossimo, né dell’anno prossimo, quelle che le ho dato ieri erano le ultime notizie”. Chinò il capo, raccolse una valigetta lisa, uscì dal chiosco e iniziò ad allontanarsi.
“Ehi! Ehi! Si fermi, dove sta andando?”, lo chiamai.
“Io sono solo un giornalaio, se non ci sono giornali da vendere, non ho più il mestiere”, riprese a camminare, mentre calava una nebbiolina e scomparve alla vista.
Erano nuvole basse e io ero rimasto lì, paralizzato, l’impermeabile aperto, le prime gocce di pioggia mi scorsero sulla testa, mi calarono sul viso, in pochi istanti fui completamente fradicio.
Poi un ombrello sul mio capo, una fragile vocina a fianco, era la signora Wilson, la madre del povero drogato defunto, non era più uscita da casa da dopo il funerale, ora era lì a coprirmi, “deve stare attento, si riguardi, altrimenti domani le verrà un raffreddore”.

Mi volsi, sorpreso, :”domani?”

Roberto Mahlab - I brividi di Concerto


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