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 La signora Paura
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emofione
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Inserito - 07/10/2003 :  17:24:16  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a emofione
Vi narro la storia di un uomo che non aveva paura di nulla, un tale di nome Ossessione.
Ossessione viveva un po’ di quà un po’ di là, era una specie di nobile nomade, o forse solo un borghesotto votato al proletariato e interessato al sociale, alle pari opportunità, all’eguaglianza.
Ossessione si mostrava orgoglioso e impavido agli occhi dei più, solo il suo cane e qualche vecchio amico borghesotto e proletario quanto lui avrebbero potuto immaginare la sua vera identità.
Ossessione lottava, nel quotidiano, per sé e chi gli stava a cuore, ma non erano guerre di classe né giochi di potere. Lottava nelle piccole cose, cercando sempre di dire la sua, tentando di far capire quali a suo avviso erano i valori da abbracciare, quali le strade comuni da percorrere mano nella mano. Col mondo.
La realtà, di certo, strideva con questo suo coraggio, con la passione e la decisone con i quali Ossessione si mostrava al mondo. Egli, infatti, viveva tante delle sue esperienze come sconfitte, nel momento in cui si rendeva conto di non avere poi tutto quel fegato, di non possedere poi tutto quel sangue caldo e pronto alla reazione, di essere purtroppo tempestato da una serie di talloni d’Achille, opportunamente nascosti, celati, ma pur sempre pronti ad esser trafitti.
E aveva paura, una paura intangibile, a volte incalcolabile. Aveva paura di morire, aveva paura di vivere. Aveva paura di amare e di non essere abbastanza amato. E allora sì che si arrabbiava, perché non sopportava di sentire cose di questo genere. E diventava aggressivo, e scostante, e ancora più fintamente impavido (non nel senso che fingeva con gli altri, ma in quanto lo faceva inconsciamente con se stesso), e mostrava di nuovo i muscoli, e dimostrava ai suoi ma in primis alla sua persona di potercela fare, sempre, comunque, dovunque. Voleva far capire a se stesso di non avere paura di se stesso. E si faceva fotografare, si faceva dipingere, cercava di essere ricordato. Perché in questo modo fermava il tempo, in un’immagine, in uno scatto, in una serata. E otteneva l’attenzione, Ossessione. E scriveva versi per suggellare il suo ricordo, per sentirsi parte attiva del mondo, per non essere solo un passaggio, una risata, un fugace sorriso.
E si tormentava di nuovo, e si incavolava ancora di più e diventava un toro scatenato dal cuore di mostro e dal fegato d’oca. E poi invertiva le cose, e il fegato gli diventava d’acciaio, lo voleva così, ma il cuore di burro.
Un giorno, però, dopo essere rimasto sveglio forse per 24 ore, capì che si stava sbagliando:
si, perché l’impavidità totale non era dei grandi, non era dei forti.
Era degli stolti, dei poco acuti, dei caproni.
L’intelligenza è paura, e la paura è intelligente.
Basta volgere lo sguardo al fuori, è evidente.
E allora fu felice di farsela sotto spesse volte, ma fu ancora più felice di aver nel frattempo costruito intorno a sé una specie di corazza con la quale, dapprima fittiziamente e per orrore di sé, adesso consapevolmente e con rispetto della sua persona, riusciva comunque a lottare per le cose giuste, senza pretendere di vincere o di esser capito,ma senza neanche rimanere paralizzato, inerme, e si teneva la paura accanto, mai sconfiggendola, bensì domandola e talvolta servendosene come campanello d’allarme, addirittura come compagna.
La storia, in realtà, non si sa come va a finire. Quell’uomo, narrano le leggende, continua tutt'oggi ad esistere e ad affrontare le varie vicissitudini della vita nello stesso modo, senza che niente esteriormente sia cambiato. Ecco che nessuno lo nota, ecco che nessuno lo vede.
Ma Ossessione è passato all’anagrafe. Adesso si chiama Pace.
Alé.
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