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Mercedes
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Inserito - 16/06/2003 :  21:57:39  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Mercedes Invia un Messaggio Privato a Mercedes

Il periodo che seguì agli eventi fin qui narrati, non fu molto tranquillo. La spietata risposta dell’esercito servi a soffocare la rivolta, ma non risolse le profonde cause della protesta. La tassa che gravava sulla popolazione rurale che consumava più pane approfondì il solco tra classe dirigente e popolo. Un altro problema molto grave era l’analfabetismo che aumentava man mano che si andava verso il sud. Coloro che sapevano leggere e scrivere erano molto pochi e spesso era necessario ricorrere ad uno scrivano pubblico per inviare missive.
Ma tutto ciò a Roma si avvertiva ben poco. Il mondo che ruotava intorno a Via dei Condotti era di letterati, musicisti, storici. E Matilde continuava a vivere nel suo ambiente che si faceva di giorno in giorno più raffinato. Le toilette che indossava riscuotevano un grande successo, e questo aveva, in parte, anestetizzato la sua sensibilità verso i grandi problemi che gravavano intorno a lei. Non si rese conto nemmeno che nonna Ida non era più la stessa, che deperiva, che la sua mente era spesso assente. Forse perché tanto amata e tanto cara per lei non sarebbe mai invecchiata. Un giorno, entrò come una ventata d’aria pura, euforica e felice. “Babbo, mamma, indovinate un po’? La direttrice mi ha regalato un abito di sfilata!!!! E potrò andare alla festa della primavera con lei!!” Il silenzio che l’accolse la stupì, ma ancora non capì, non fece caso al volto grave del babbo e agli occhi rossi della mamma.
-“Che c’è – disse – non siete contenti? E nonna Ida? Vado a dirlo a lei, lei si che sarà contenta!” – fece per andare nella stanza della nonna, ma il signor Pietro la bloccò.
-“No cara – disse a voce bassa – non puoi andare dalla nonna.”
-“Perché ? – un moto di paura la fece sobbalzare – Perché? Dov’è la nonna? Nonna
nonna…..” – proruppe angosciata. Ma solo i singhiozzi della mamma le risposero. Nonna Ida se ne era andata nel sonno. Aveva raggiunto un mondo in cui i problemi non esistevano più, Era andata a raggiungere la sua famiglia.
I giorni che seguirono furono tristi, nel suo abitino nero la povera Matilde era pallida e smunta. Il bel vestito per la festa della primavera, appeso ad una stampella era li, a ricordarle qualcosa che per lei non sarebbe mai avvenuto. Singhiozzava sul letto quando il babbo entrò. La prese tra le braccia e cercò di consolarla.
-“Bimba mia – disse – oggi tutto ti sembra nero, ma vedrai che le cose andranno meglio. Tu sei giovane, sei bella, avrai una vita felice. Hai vicino a te Silvio che ti ama”. I singhiozzi della giovane si fecero più forti.
-“Che c’è, perché piangi così – chiese disperato il babbo – cosa ho detto che non va?”
Fu allora che disperata Matilde confidò al genitore la sua profonda pena. Parlò di “occhi neri”, di quel giovane che andando a combattere aveva portato via con se il suo cuore. Dinanzi agli occhi sbarrati di Pietro espose tutta la sua angoscia per non aver avuto più notizie di Fabrizio.
-“Babbo – disse piangendo – se non lo rivedrò, se non saprò che è vivo io ne morirò”
-“E la mamma lo sa? –chiese Pietro – No, naturalmente no, altrimenti lo avrei capito. Ma chi è? Non lo sai. – pensieroso annui – Ma come posso fare per aiutarti? Come lo ricerco questo benedetto giovane? Come faccio a sapere dove è finito?” Sembrava parlare tra se, ed era preoccupato. Voleva aiutare Matilde, non solo perché era la figlia, ma anche perché quel giovane era partito per combattere con le camicie rosse, per aiutare a cambiare volto a quell’Italia oppressa. Per la libertà che quella spavalda gioventù aveva pagato col sangue. E lui era li, nascosto in quella trincea sconosciuta, a combattere i soprusi col solo mezzo che poteva. Con la penna, con la stampa di opuscoli che ogni giorno diffondeva, rischiando la galera. Una galera dura, una reclusione che molti patrioti avevano affrontato con torture e morte. Una sola persona poteva aiutarlo, e decise di rivolgersi al padre di Silvio. Era ufficiale delle guardie papaline, non l’avrebbe tradito……lo sperava.
Quella sera chiese di parlare con Giacomo e l’invitò a casa sua, sperando che tutto potesse filare liscio. Dopo la cena, e in un clima di semi allegria (il lutto recente impediva ogni manifestazione felice) Pietro chiese alla moglie di servire loro il rosolio in salotto. Mentre le due signore conversavano con i ragazzi Pietro, chiudendosi la porta alle spalle, invitò Giacomo a sedersi.
-“Prima che tu parli – disse Giacomo ridendo – ti dico di si, sono felice di poter dire che il mio ragazzo chiede la mano di Matilde. Ha una carriera avanti a se, è un avvocato molto quotato e, lo so, è innamorato pazzo di tua figlia. Io e mia moglie ne siamo felicissimi, e diamo la nostra benedizione.” Aveva un sorriso soddisfatto sulle labbra. Pietro si sentì morire, si girò e prese tempo, poi iniziò a parlare. Espose lentamente, ma chiaramente quanto chiedeva all’amico fraterno. Via via che parlava il volto di Giacomo s’incupiva, e scoloriva. Quando Pietro finì il volto del suo amico era una maschera di gesso.
-“Tu ti rendi conto di che cosa mi stai dicendo – proruppe – Ti rendi conto che sei un traditore, che potrei farti finire sulla forca?” Era fuori disse, non riusciva neanche a parlare, balbettava.
-“Ti prego .- interloquiva debolmente Pietro – rifletti. Tutto sta cambiando e se poi la destra storica sarà battuta? Se questo governo cadràed io avrò avuto ragione di combattere a modo mio? Non dire di no, ciò che sta’accadendo lo sai anche tu. Ti chiedo solo di aiutarmi a sapere notizie di un giovane. No, non mi interrompere – frenò con la mano il gesto di Giacomo – sei padre anche tu, ma non hai capito che questi ragazzi si vogliono bene come fratelli. Mia figlia non ama tuo figlio, ama quel garibaldino, ed io voglio aiutarla.”
Ma Giacomo, al colmo dell’indignazione, presa per una mano la moglie si accomiatò senza saluti e senza sorrisi. Se ne andò con la stupita consorte. Naturalmente Pietro spiegò alla moglie quanto era successo e li giù rimproveri da non dire..
-“Ti rendi conto – disse Federica spaurita – che siamo nelle mani di Giacomo? Che se vuole può farci finire tutti in falera?” A Castel Sant’Angelo c’erano delle segrete…..si vociferava che contenessero scheletri di gente sepolta viva in quei piccoli pozzi, dove non c’era neanche lo spazio per allungare le gambe!
I giorni che seguirono furono di angoscia, ma anche di sollievo perché le notizie che giungevano parlavano di un popolo che si stava ribellando…e questo significava che l’Italia stava assumendo un’altra fisionomia.
E poi, era il 1866, iniziò la guerra austro-prussiana. Era la terza guerra d’indipendenza italiana, in quanto l’Italia era alleata della Prussica. Fu conquistato il Veneto all’Austria e qualche anno dopo la vittoria prussiana rese possibile l’annessione del Lazio e di Roma, ai danni di Napoleone III che difendeva lo Stato Pontificio. Non più difeso dai francesi il Lazio fu invaso dall’esercito italiano che penetrò in Roma da Porta Pia. In quel periodo Matilde, che lavorava ancora alla sartoria, cominciò a scrivere un diario,
-“Babbo - disse – tu lo pubblicherai. Io non diventerò una grande scrittrice, ma voglio che di questi anni, quando tornerà, Fabrizio possa leggere tutto quello che è accaduto.”
-“Figliola – rispose stancamente il padre – Tu ancora lo aspetti?” – “Si babbo – rispose seria Matilde – Si, lui tornerà da me, e noi saremo uniti per sempre” Tanta fede incrollabile non stupiva più i genitori della giovane. Lei era convinta che sarebbe venuto e…un giorno….
Uscì di casa, e la portiera le si fece incontro, sorridente e quasi correndo:”Signorina, signorina un giovane ha portato una lettera per lei!” Era raggiante, e le porse una busta bianca con su scritto solo un nome: Matilde. Afferrò quella busta e la lacerò con impazienza. C’erano scritte poche parole “Se alzi gli occhi da questo foglio mi vedrai, perché io sono tornato da te. Per rimanere sempre con te” Sollevò la testa di scatto. Occhi neri era li, oltre la strada e la fissava . Smagrito, spallidito ma era li, sano e salvo. Aveva sulla testa il copricapo dei bersaglieri, dalle fruscianti piume, aveva la divisa grigioverde, e negli occhi tutto l’amore di questo mondo. Corse verso di lui e finalmente, stretta nel cerchio di quelle braccia sentì che era giunta nel suo porto sereno. Cessato il dominio dello Stato Pontificio, l’anno seguente Roma veniva proclamata capitale d’Italia.

Mercedesmarconi

   
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