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 L'uomo giusto
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Gabriella Cuscinà
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Inserito - 03/02/2003 :  09:30:53  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà
L’ uomo giusto


Una delle cose più difficili nella nostra vita, è quella di trovare la persona giusta con cui condividere e trascorrere l’intera esistenza.
Oggi vanno tanto di moda i singles, ma davvero costoro possono dire di essere perfettamente felici e di avere realizzato tutti i loro desideri? Vivono tranquilli, beati, sereni, pensano solo a se stessi. Ma il non doversi occupare di nessuno, è esattamente ciò cui ognuno è chiamato?
Ci si potrebbe occupare di volontariato, il che è nobilissimo ed assai gratificante.
Si potrebbe fruire della compagnia di un cagnolino o di un micino, ma poi a conti fatti, per noi stessi quale felicità ne ricaveremmo?
Questi erano i pensieri d’Arianna mentre si stava recando a Roma per l’ennesima volta. Era appunto una ragazza single ed ormai aveva superato da qualche anno la trentina. Quel tragitto, in treno o in aereo, l’aveva fatto negli ultimi anni un’infinità di volte. Le piaceva però, era un’occasione di svago, un modo di movimentare il trascorrere monotono dei suoi giorni.
Andava a stare presso una cara amica ed aveva la possibilità così di recarsi all’università per terminare la sua tesi di laurea.
Arianna era una ragazza in miniatura, bellissima, ma appunto di una bellezza tascabile.
Possedeva un viso da bambola, con due occhi vellutati ed una bocca piccolina e incantevole. Poteva permettersi d’incorniciare quel volto con dei capelli cortissimi, che erano di colore nero lucido.
Si trovava in treno e in quel momento, i suoi pensieri erano interamente occupati da dissertazioni filosofiche sulla condizione di ragazza libera da impegni sentimentali.
Erano pensieri gravi, impegnativi, tortuosi, pieni d’enigmi ed interrogativi.
Solitamente, mostrava molta verve e uno spiccato spirito umoristico, era pronta a ridere e a scherzare, tranne quando attraversava uno dei suoi momenti bui di malinconia ed abbattimento. E quello era uno dei suddetti momenti.
Da circa dieci ore era in treno ed ancora non si era alzata. Era rimasta seduta a leggere e a riflettere sul romanzo di una donna votata alla solitudine.
La protagonista della storia si era trovata in un vortice d’avventure tragiche, e sempre la sfortuna l’aveva accompagnata, per cui o le era morto il fidanzato, o il marito s’era ammalato di tumore, o l’amante era morto in un incidente d’auto. Insomma era sempre rimasta sola.
Arianna leggeva e si sentiva il morale sotto i calcagni.
Lei era una persona un po’ lunatica, tutto sommato, e questo era il vero motivo per cui ancora non era riuscita a trovare l’uomo giusto, un compagno ideale.
Aveva avuto più di un fidanzato e innumerevoli pretendenti, ma alla fine si era sempre stancata di tutti.
Questo era troppo arrendevole e noioso, quello era assillante e iperprotettivo, quell’altro non aveva un comportamento abbastanza corretto, quell’altro ancora non aveva una valida cultura. Tutti avevano qualche difetto che li condannava, dopo qualche tempo, all’insuccesso nel suo cuore.
Improvvisamente si alzò ed uscì dal suo scompartimento, poiché il famoso bisogno di ricambio idrico si faceva pressante e s’avviò al bagno.
La toilet in cui entrò era in quel momento sprovvista di serratura, data l’inefficienza delle nostre ferrovie. Ne cercò un’altra, ma erano tutte occupate. Decise che si
sarebbe servita di quella senza chiusura, tanto era riservata alle sole donne.
Aveva appena abbassato lo slip e si stava chinando sul water, quando un violento scossone del treno fece improvvisamente aprire la porta. In quel momento un giovane altissimo si trovava erroneamente dinanzi a quella toilet.
Arianna rimase bloccata a guardarlo a bocca aperta. Piegata in avanti, sembrava una statua di stile futurista.
Il ragazzo invece, con lo sguardo da beota esterrefatto, continuava a ripetere:
“Oh scusi, oh scusi!” Poi, con un lampo di genio, richiuse la porta.
Dentro il bagno, la poveretta aveva il viso in fiamme e si sentiva in imbarazzo. Rifletté d’altro canto che non conosceva quel tale e che era stato un incidente banale. Si tranquillizzò e ricomponendosi, abbandonò il luogo incriminato!
Nel corridoio dello scompartimento rincontrò il giovane, ma non riuscì a guardarlo negli occhi. Si accorse solo che era una specie di pertica, aitante, bruno e con pochi capelli.
Arrivata a Roma, si fece subito portare da un taxi a casa della sua amica Giulia.
Era attesa e fu accolta come al solito, con grand’affettuosità.
“Arianna! Che bello, sei qui! Vieni, la tua stanza ti aspetta sempre.”
Lei, di quella casa, aveva pure le chiavi poiché l’aveva condivisa con Giulia per due anni di seguito, pagandone anche l’affitto.
Erano presenti altri amici: Alfredo l’intellettuale, Tiziana l’artista, Benedetta la chiaroveggente, Enrico il filosofo. Tutti quanti le furono addosso baciandola e dandole il benvenuto.
Cenarono insieme e poi gli amici andarono via, permettendo ad Arianna d’andare a dormire, poiché dopo il viaggio, era un po’ stanca.
L’indomani mattina, quando si destò, si accorsa che l’amica era già uscita.
Forse s’era recata di buon ora all’università.
Si accinse a fare colazione e inaspettatamente udì degli strani rumori, come dei fruscii intermittenti. Arianna era sicura di essere sola in casa e allora, cos’erano mai quegli strani rumori? Tese meglio l’orecchio e dopo un po’, riudì il fruscio. Cominciò a pensare che somigliavano a dei rumori soprannaturali. Vuoi vedere che gli amici,
a forza di fare sedute spiritiche, avevano fatto installare in casa uno spiritello?
Sorrise di tale pensiero, ma subito dopo, ecco di nuovo il fruscio.
Per un po’, vi era una pausa, come se lo spirito ci stesse pensando sopra e interrompesse d’aggirarsi per la casa. Poi rinvigorito, riprendeva le sue peregrinazioni e ricominciava a frusciare.
Un brivido percorse la schiena della povera Arianna!
Doveva cercare! Doveva capire di cosa si trattasse. Nella stanza di soggiorno i rumori erano più forti. Però non vedeva nulla, non c’era niente.
Lei non aveva mai creduto minimamente ai fantasmi, ma quel rumore era stranissimo e prodotto da un essere invisibile!
Sentì aprire la porta. Era Giulia che era tornata con i cornetti per la colazione.
“Giulia! Giulia! Sapessi! Si sentono dei fruscii qui in casa! Tu li hai sentiti mai?”
“Fruscii? Quando dici fruscii, intendi dire fruscii?”
“Sì, insomma, rumorini come qualcosa che fruscia.”
“Parli di rumori che sembrano fruscii?”
“Sei diventata un pappagallo, scusa? Quante volte lo devo ripetere! Fruscii, proprio fruscii.”
“So di cosa si tratta!”
“Ah! E me lo dici così! Dopo mezz’ora!”
“Mi hanno regalato un furetto!”
“Un furetto? E dov’è? Io non l’ho visto!”
“Non si fa vedere mai da nessuno, neppure da me. Sta sempre nascosto ed esce solo per mangiare quello che gli lascio in cucina in un cantuccio.”
“Ah, ah, ah, ed io che già pensavo ad uno spiritello!”
“Ah, ah, ah. Mi spiace non averti avvisata della sua presenza. Comunque, senti Ari, io sto andando all’università. Ci vediamo stasera.”
“Okay, io resterò qua tutto il giorno per rivedere ciò che ho scritto della tesi di laurea, e che voglio far vedere domani alla mia relatrice.”
Arianna restò sola e si dispose, dopo avere trangugiato tè e cornetto, a studiare e a rileggere la propria tesi.
Suonarono però ben presto alla porta. Era Tiziana che riportava le sigarette che aveva preso erroneamente a Giulia. S’intrattenne poco, poi salutò e andò via.
Riprese la sua postazione per studiare, ma poco dopo bussarono nuovamente.
Con tanta pazienza, la nostra Arianna andò ancora una volta ad aprire.
Si trattava d’Enrico. Era venuto per proporre a Giulia d’andare quella sera al cinema.
“Non c’è, mi spiace, è andata all’università.”
“Pazienza, sarà per un’altra volta. Ciao Ari.”
Si sedette, forse questa era la volta buona per cominciare a studiare.
Macché! Suonarono di nuovo alla porta!
A questo punto, ebbe l’impressione che, da quanto era arrivata a Roma, non aveva fatto altro che ascoltare quel dannato campanello di quella dannatissima casa suonare.
Appena qualcuno smetteva di bussare, attaccava a suonare qualcun altro. In tutta la sua vita non si era mai imbattuta in una folla tanto socievole quanto gli amici di Giulia! Non appena avevano un minuto libero, era come se levassero un grido unanime: “Andiamo da Giulia!”
Questa volta era Alfredo che riportava all’amica un libro ricevuto in prestito.
“Non c’è Giulia? Va bene, daglielo tu e ringraziala, ciao.”
Ora Basta! Non ne poteva più! Non avrebbe richiuso la porta, l’avrebbe lasciata socchiusa, così i prossimi amici sarebbero entrati a loro piacimento evitandole questo continuo alzarsi.
Stava ormai studiando da due ore ed aveva dimenticato completamente la porta non chiusa. Improvvisamente ebbe la misteriosa percezione di non essere sola. Poi alle sue spalle risuonò un colpo di tosse ed Arianna, girandosi costatò che la sua intimità era stata violata da un altissimo giovanotto.
Restò allibita. Sentendo quel colpo di tosse là dove non ci sarebbe dovuto essere nessun colpo di tosse, per un istante aveva pensato che si trattasse veramente, stavolta, di qualche spiritello.
“Chi diavolo è lei?” Il suono le era scaturito come una specie di grido gorgogliante.
“Mi scusi, signorina, la porta era aperta e allora sono entrato.”
“Bel maleducato! Entrare senza suonare! Mi ha fatto venire un accidente!”
“Ha ragione, le chiedo sinceramente scusa, non dovevo farlo, sono stato affrettato.”
Lo aveva già visto però! Accidenti! Era lui! Era il ragazzo che l’aveva sorpresa con gli slip a mezz’aria!
Sentì ritornare l’imbarazzo, ma fece finta di niente. Il giovane dal canto suo, dava perfettamente a vedere d’averla riconosciuta.
“Se non sbaglio ci siamo già visti, credo” fece con noncuranza.
“No, non credo. Io non l’ho mai vista!”
Che bel ragazzo però! Aveva gli occhi grandi e sfumati di verde. Altissimo, tanto che doveva stare con la testa piegata all’indietro per guardarlo.
“Mi scusi sa, io ho invece l’impressione d’averla già vista come in sogno. Lei è pronta a spiccare il volo, è piegata in avanti, non so perché, ed io vedo solo un visetto d’incanto. Ma forse è stato proprio tutto un sogno.”
Pure intelligente! Aveva la risposta pronta, voleva sdrammatizzare l’accaduto e la loro insolita conoscenza.
“Non m’interessa, dica piuttosto perché è qui e cosa vuole.”
“Sono un corrispondente di Giulia Benigni, ci siamo conosciuti via e-mail
e trovandomi qui a Roma, sono venuto a conoscerla personalmente. Non mi dica adesso che Giulia è lei!”
“No, non sono io. Giulia in questo momento è all’università e tornerà verso le diciannove. Le dirò che è venuto……?”
“Mauro! Mauro Infante. E, per curiosità, potrei permettermi di chiederle il suo nome?”
“Mi chiamo Arianna e puoi darmi del tu. Devo dire a Giulia che tornerai?”
“Arianna! Che bel nome! Però il viso è ancora più bello! Certo! Tornerò! Non fosse altro per rivedere la tua faccetta da angioletto.”
“Ma finiscila! D’accordo, tornerai, lo dirò a Giulia.”
Mauro se n’andò e lei restò in un atteggiamento tale da far pensare più ad un punto interrogativo che ad un essere umano.
Era reale o anche lui faceva parte della serie dei fantasmi?
Un ragazzo splendido! Di una bellezza normale, ma accattivante, molto macho, di quelli che purtroppo, non si vedono più tanto in giro.
Tra l’altro, con poche, lusinghiere parole, era subito stato in grado di corteggiarla e farla sentire miss Italia.
Aveva sfoderato un sorriso da mozzafiato nell’andar via! Mah! Da dove era uscito?
Doveva rimettersi a studiare, ma tutti i suoi pensieri erano assorbiti da Mauro.
Riuscì tuttavia ad immergersi fra le varie dissertazioni della sua tesi di laurea sino alle diciassette; poi si sentì esausta, ed andò a prepararsi un panino.
A questo punto, tornò Giulia.
“Lo sai? E’ venuto a trovarti Mauro.”
“Chi?”
“Mauro, il tuo corrispondente telematico.”
“Io ho un corrispondente che si chiama Mauro? Ah, sì forse!”
“Come forse! Se è venuto apposta per conoscerti di persona!”
“Senti Ari, ne ho diecimila corrispondenti, non posso ricordarmi di tutti!”
“Questo è un tipo interessantissimo, sagace, simpatico, come fai a non ricordarlo!”
“Boh! Sì, il nominativo fa parte dei miei contatti di posta elettronica, ma non ricordo nulla di particolare su di lui.”
“Peccato perché è un tipo fighissimo!”
“A quanto capisco ti ha colpito, cosa aveva di speciale, scusa?”
“Era alto circa due metri, con capelli rasati, occhi bellissimi, robusto al punto giusto e un sorriso fascinoso.”
“Per la miseria! Avrei voluto esserci!”
Il famoso campanello suonò. Quasi quasi, Arianna sentiva la nostalgia del suo squillo.
Andò ad aprire ed eccolo lì.
Mauro sorrideva e stava dicendo: “Non m’importa se Giulia ancora non c’è, io sono venuto per te, per invitarti ad uscire.”
“Ah bene! Vieni a casa mia e neppure vuoi più vedermi!” Giulia, che era comparsa dietro ad Arianna, si mostrava scherzosamente indignata.
“Scommetto che tu sei Giulia, ciao piacere, io sono Mauro, quello di Torino, architetto come te.”
“Oh sì! Ora ricordo, l’architetto che sta facendo la tesi di laurea. Vieni accomodati.”
“Senti Giulia, ho avuto piacere di conoscerti, ma se non ti dispiace vorrei invitare Arianna ad uscire, andremo a cena fuori.”
Le due ragazze si guardarono, poi: “Vai Arianna, cosa aspetti, preparati.”
Uscirono, si conobbero meglio, parlarono entrambi irrefrenabilmente, scoprendo d’avere tante cose in comune. Quella fu la prima di centinaia di volte che si rividero.
Mauro si rivelava di un’intelligenza fuori del comune, simpaticissimo, scherzoso, allegro, capace d’affascinarla con le sue continue trovate salaci. Inoltre, cosa che non guastava proprio, era molto colto, sapeva tutto d’informatica.
Aveva le idee sempre chiare, sapeva consigliarla e, nello stesso tempo, essere deciso e con il polso fermo.
Che fosse l’uomo giusto? Ai posteri l’ardua sentenza!
Nel frattempo Arianna aveva trovato un fidanzato cui sentiva di volere bene e che la ricambiava nel modo più totale.

Gabriella Cuscinà

   
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