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 IO, CHE IL 1° MAGGIO NON ME LO MERITO
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rosvita
Villeggiante


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Inserito - 01/05/2009 :  23:14:08  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a rosvita
Oggi, 1° maggio, festa dei lavoratori. Quindi festa mia non è. Precaria per qualche tempo, disoccupata da due mesi. Oggi per me dovrebbe essere un giorno come un altro. Da due mesi ingolfo le mie giornate di sporadici colloqui, lezioni di psicologia all’università in banchi con ragazzi che potrebbero essere i miei figli, e concorsi pubblici. Tanti concorsi. Uno dietro l’altro, per tutte le categorie B C D, non so neanche a cosa corrispondano, l’importante è andare.
L’importante, adesso, è non perdere “il senso delle giornate”, continuare a fare qualcosa di costruttivo. O almeno qualcosa che a me sembri costruttivo.
Diritto Pubblico. Ordinamento della Costituzione. Legge sulla Privacy. Legge sulla Trasparenza. Pagine e pagine scaricate da internet o dai manuali prestati dagli amici. Ne so più adesso dei miei diritti che in tutta la mia vita.

1° maggio, giornata di sole. A me queste giornate mettono addosso una angoscia tattile. Sono in “ferie obbligate” da 2 mesi, un giorno di festa in più o in meno, cosa vuoi che mi cambi? Eppure date come questa mi generano uno sconforto specifico. Il 26 dicembre, il 25 aprile, Pasquetta, il 1° maggio: sono date che hanno un valore diverso, dentro di me. Sono date sociali. Sono date in cui bisognerebbe stare con gli altri, date in cui sento un bisogno spasmodico di vivere la vita in mezzo alle persone, di stare in mezzo ai miei simili, ai loro problemi, alle loro risate, alle loro vite.
Forse memore degli anni dell’infanzia, quando papà ci caricava, mamma e noi tre fratelli, su una lancia Fulvia grigio topo, e io che ero la più piccola stavo sempre in mezzo. E si partiva. Non si andava lontano, no. Si andava dai nostri amici che vivevano al mare, al confine con l’Abruzzo, oppure dai nostri amici in campagna sulle colline marchigiane, o ancora dai nostri amici nel paesino dei miei nonni. Non avevamo zii, noi tre fratelli, ma da quelle giornate ho ereditato una marea di cugini “honoris causa”. E allora, adesso, raffrontando quei giorni a questi, mi invade tanta malinconia.

1° maggio, pochi giorni al mio compleanno. Da questo appartamento grande che divido con due coetanei quasi sconosciuti, che per me rappresenta casa e per loro solo un appoggio temporaneo, la vista si apre su un parco rigoglioso e rumoroso di natura. Edilizia popolare. Si, certo, ma l’edilizia popolare negli anni ’60 era meglio delle “finiture di pregio” odierne. Solo che da questo balcone il sole invade ancora più sfrontatamente la mia camera. Per ignorarlo mi sposto in soggiorno, ma il sole è anche lì: dovrò rassegnarmi a considerarlo.
Mi avessero raccontato, un tempo, che a 37 anni sarei stata così, senza un lavoro, senza una casa, senza un compagno, probabilmente mi sarei tirata un colpo. Forse è per questo che il futuro resta nascosto: da lontano sembra inverosimilmente brutto, invece in fondo ci si arriva quasi senza strattoni. In fondo sono qui, senzalavoro senzacasa sola, ma non è stato poi così insopportabile arrivarci. Perché in fondo ogni caso della vita ti predispone a qualcos’altro.
Penso, ho 37 anni, ho appena perso il lavoro, la Titti ha i freni da rifare, ma se non fosse accaduto io non avrei mai messo mano ad un libro di diritto. E, pagina dopo pagina, non avrei mai capito che oggi essere cittadini responsabili è un dovere. O almeno un MIO dovere.

1° maggio, festa dei lavoratori. Non solo: festa di tutti quelli che hanno creduto per un lavoro, di quelli che hanno lottato per le pari dignità, per il diritto alla formazione. Ma io, finora, dov’ero?
Lavoravo nella comunicazione. Poi nell’industria leggera dove vince il clientelismo. Poi nelle finanziarie dei debiti. Davvero un bel cammino…
Ho accettato tutto quanto in nome del lavoro, anzi no, in nome di un posto di lavoro. Ho accettato di essere sottopagata con contratti capestro. Ho chinato la testa di fronte al mobbing per andarmene con il minore danno possibile. Poi ho accettato un lavoro contravvenendo ogni mio scrupolo morale, dove se mi andava bene avevo a che fare con speculatori, e se mi andava male con gente normale strozzata dai debiti.
Io, a 37 anni, cosa ho fatto per il Lavoro, in questa mia Nazione? Che contributo ho dato, io, alle riforme, alle lotte, alle semplici discussioni?

E come persone cosa ho fatto io per il mio paese?
Nessuno dei lavori che ho intrapreso aveva il benché minimo valore sociale. Io non ho fatto niente per gli altri cittadini, io ho fatto niente per il sistema, io non fatto niente di “civico”.
E adesso faccio concorsi praticamente ogni settimana. Giro le campagne dei dintorni fino a sperduti paesini padani per tentare di inserirmi in una qualunque graduatoria, in un qualunque incarico a tempo determinato. Purché sia pubblico. Ma non per avere un posto fisso, come tutti credono. Lo faccio per fare qualcosa di pubblico. Per essere direttamente coinvolta nell’apparato amministrativo, al servizio del cittadino.
Io, oggi, a quasi 37 anni, voglio fare qualcosa per il mio paese. Voglio metterci la faccia. Vorrei poter dire: sono una statale, se le cose non vanno è colpa anche mia, e se vanno bene è merito anche mio.
Voglio avere a che fare con i reclami della gente, o risolvere piccole problematiche con la stessa disponibilità che è stata dimostrata a me.

Negli ultimi 2 mesi ho vagato burocraticamente tra uffici, centri per l’impiego, caaf, dove ho sempre incontrato persone che lavoravano PER me. Per me come cittadina, per me come persona lì allo sportello. Persone che avevano in mano gli strumenti per essermi d’aiuto, e l’hanno fatto. Persone normali, normalissime. Non sono medici che salvano la vita delle persone. Non sono vigili del fuoco che si arrampicano ovunque. Sono persone come me. Persone che con il loro lavoro fanno funzionare la macchina statale. Persone che, senza saperlo, fanno qualcosa per me.
E io invece, fino ad ora, cosa ho fatto per i miei concittadini? Ho pagato le tasse, va bene, ho rispettato (quasi sempre) le norme del codice stradale, d’accordo, ma cosa altro ho fatto? Conoscevo le leggi quando sono entrata in cabina elettorale? E conoscevo i miei diritti quando ho firmato contratti? E conoscevo i servizi che mi venivano messi a disposizione quando seduta in birreria mi lamentavo della burocrazia?
No, niente di tutto questo.
Sono stata una cittadina abulica, un lavoratore codardo, una opinione qualunquista.

Guardo fuori, questo sole splendente sta tramontando, e io ho trafficato tutto il giorno tra Normative e appunti, perché a 37 anni ho avuto la fortuna di sentirmi ancora coinvolta verso uno scopo.
Per recuperare tutto quello che non sono stata finora.

1° maggio, festa dei lavoratori, e io chiusa in casa.
Questo sole fuori, oggi, bisogna meritarselo.


rosvita
Villeggiante


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Inserito - 14/05/2009 :  19:18:44  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a rosvita
e comunque...
martedì ho avuto un concorso. Dopo una buona prova didattica c'è stato il colloquio psico attitudinale con lo psicologo.
Gli ho raccontato tutte queste cose.

Mi hanno bocciato
'_'

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