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 LA STAZIONE
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zanin roberto
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Inserito - 04/07/2007 :  22:00:32  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
LA STAZIONE


Una vecchia locomotiva a vapore si ferma possente sul primo dei due binari che attraversano la stazioncina di Cordovado, divisi da un marciapiede stretto che funge da isola per i passeggeri. E' nera, tutta ferro e bulloni, con quei spruzzi di vapore a uscire come sudore per la corsa appena conclusa. L'odore di naftolo e di carbone combusto impregna l'aria, il fumo denso uscito dal fumaiolo si disperde lento nella campagna mentre le valigie di cartone vengono sbattute a terra e il carretto di legno stridendo nel ghiaino viene caricato con le merci arrivate. Il capostazione sonnolento si mette il cappello e preso il fischietto aspetta che tutto l'iter si sia esaurito per congedare il treno.
I viaggiatori si guardano con simpatia ed educazione, alzano gli occhi all'orologio centrale esterno per controllare il tempo e si avviano verso il cancello d'uscita con premura. Quando finalmente si aziona il rumoroso abbassa-sbarre, tutto è pronto per la partenza, un ultimo sguardo al convoglio poi il fischio e le ruote della locomotiva iniziano a girare, prima quasi impercettibilmente poi sempre più veloci e sbuffando vapore grigio il treno se ne va, non senza attirare l'attenzione di quanti erano scesi, lo seguono per un pò finchè l'incanto della macchina non si spegne oltre l'orizzonte.
La stazione che si chiama CORDOVADO-SESTO è il risultato della somma dei nomi dei due comuni che se la contendono, il primo è il comune geograficamente vicino, il secondo è quello che ha i confini fin sotto il municipio del primo, retaggio medioevale di abati e vassalli che si spartivano il territorio con arroganza, e in stazione ti sembra di stare nella terra di nessuno, in quei primi anni sessanta.
Il luogo è affascinante, ha le caratteristiche delle grandi stazioni ma ha gli spazi della stazioncina casello, ci sono tutti gli elementi ferroviari classici ma sono appena utilizzati, eppure in quegli anni, in cui ci sono una decina di automobili in paese, quello è il grande porto per il mondo, da li puoi segliere di andare a Roma o anche a Istambul, o a Mosca o a Lisbona, li puoi prendere un treno che ti collega con il mondo.
I miei occhi di bambino sono affascinati dalla precisa organizzazione delle ferrovie, il poderoso avanzare della locomotiva, il grande mistero degli scambi, le luci dei semafori, gli scali merci, con i grandi magazzini sempre ricolmi di merci. Guardo il cartoncino bianco, il biglietto acquistato a Trento, quando sono partito dagli zii che mi avevano ospitato per le vacanze estive e mi incuriosisco nell'osservare i fori che il controllore ha praticato nell'obliterarlo, mi siedo nella panchina color verde e scarto una caramella alla frutta mentre continuo a sognare un modellino di stazione con i binari e una locomotiva giocattolo da far correre.
Sono proprio contento di non aver fretta, me ne sto contento a gustarmi la caramella e guardo i binari, i sassi sempre uguali, le traverse di legno catramato, poi il capostazione si avvicina e mi chiede se mi sono perso, allora mi alzo e con educazione imbocco il viale che mi riconduce a casa.
C'è un gran silenzio in quella stazione, anche quando apri il rubinetto della fontanella che fa uscire l'acqua con parsimonia e i servizi sono una gabina in mattoni rossi, piccola e intima che rimane discreta in parte solo alla bisogna. Le poche aiuole hanno sempre roselline rosse o viole che ti mettono allegria, e il campanello che ti avvisa l'imminente arrivo del treno è una musica ritmata che in ultimo si fonde con il rumore dei freni del treno e...il tutto è stazione !
Forse non considero il mio passato, quando la mamma a tre anni andò in Svizzera per lavoro e io passai un anno con la nonna che esortavo insistentemente a portarmi in stazione, da dove, mi prometteva, sarebbe tornata mamma, forse la mia stazione è molto di più che la amena casetta di Lego, forse non c'è solo un ricordo di gioventù spensierata, forse li c'è rimasto un rammarico di un bambino che voleva la sua mamma e che solo la stazione poteva restituirgliela, forse la locomotiva era tutta la mia speranza.
Oggi in ogni stazione trovo un pò di quella speranza e il treno continua a consolarmi, non senza il rimpianto di quel fumo grigio che mi riempiva gli occhi di illusioni o senza l'odore aromatico di naftolo che mi ricorda gli anni in cui aspettavo che un treno si fermasse e scendesse l'amore.

zanin roberto

   
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