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Roberto Mahlab
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Giorni fa sono stato a Milano alla mostra delle opere sonore di Laurie Anderson, e' una artista di New York, crea insiemi di tecnica, suono e voci ed e' famosa anche perche' ha inciso otto cd con la Warner e ha composto colonne sonore di diversi film.

I suoi violini metallici sono come sculture, gli archetti sono lunghi e collegati a registratori, cuscini sonori, stanze buie dove ad ogni fotografia corrisponde un sogno raccontato e suonato, una forma di arte modernissima. Ci sono le foto del pianoforte che un giorno isso' sulle cascate del Niagara, la melodia risuono' attraverso le gole degli Stati Uniti e del Canada, poi le foto del concerto per clackson di automobili a Rochester. Opere liriche elettroniche le chiamava l'artista. Una carriera lunga e piena di sonorita' inusuali. Molte cose ho fatto fatica a comprendere o non ho compreso, pareva un salto in una specie di Matrix musicale.

La guida ad un certo punto ci ha raccontato una cosa sorprendente riguardo all'ambiente musicale di allora, l'avanguardia degli anni settanta. Un artista di cui non ricordo il nome, un amico di Laurie Anderson, si era sparato alle gambe e si era rotolato sui vetri rotti per una dimostrazione sul collegamento tra dolore e musica. Mi sono lasciato sfuggire un :"ma era matto?" ad alta voce e la guida mi ha fulminato con lo sguardo per l'interruzione.

Mi e' venuto in mente che come supereroe della galassia ho una esperienza in proposito, due anni fa in palestra per sbaglio ho lasciato cadere un manubrio su un piede e non ho sentito dolore, non sentivo piu' niente a dire la verita', credo di essere svenuto pur sembrando sveglio, io mi impressiono per certe cose, mi hanno fatto la radiografia e non c'era nulla di rotto, il giorno dopo un po' di dolore l'ho sentito, ma una borsa per il ghiaccio lo ha lenito, o forse ero ancora privo di sensi, e' una buona cosa in certi casi, perche' significa essere privi di sensazioni.
Pero' mi sento di smentire quell'artista, non c'e' legame tra dolore e musica, non ho sentito nessuna musica e non ho nessuna intenzione di riprovarci, non sono mica matto.

A pensarci bene, il discorso dell'amico di Laurie Anderson puo' essere traslato in modo piu' vicino al senso umano comune. Avere un pianoforte e' sempre stato il mio sogno, ho imparato a suonare l'organo e a scuola ero nella piccola orchestra, poi ho studiato un po' di chitarra. Quattro anni fa, appena comprata la casa, ho subito comprato un pianoforte, sogno esaudito, non suono tanto ne' tanto bene, ma e' bello lo stesso. Mi sono accorto che quando scrivo un racconto mi si forma in testa una colonna sonora e quando lo rileggo la stessa melodia mi torna in mente e la canticchio, cosi' ho iniziato a suonare le melodie dei racconti al piano.
Cosi' mi e' venuto in mente che se le nostre giornate, le nostre azioni, fossero accompagnate da una colonna sonora, ogni momento avrebbe una musica diversa, se ci concentriamo mentalmente a creare la colonna sonora, ci provo talvolta, note tempestose si succedono a note tranquille, un arpeggio in minore, di tipo triste, all'improvviso seguito da un giro di do, pieno e sereno. Camminare sotto la pioggia ha una musica, una foglia che cade un'altra, l'auto che ti annaffia all'incrocio e' lo staccato drammatico, improvviso, a volte vorrei che fosse possibile avere un registratore integrato, mi piacerebbe a sera risentire la colonna sonora della giornata.

Certo che un giorno quando narreranno le mie imprese diranno che quel manubrio sul piede era una forma d'arte e, se voi sarete li' ad ascoltare, vi prego di esclamare :"oh si', io lo conoscevo, era proprio matto".

Roberto

   
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