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 Il punto sull'atomica iraniana
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Roberto Mahlab
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Inserito - 18/02/2010 :  21:33:23  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Emanuele Ottolenghi, direttore del Transatlantic Institute di Bruxelles e autore del libro "La bomba iraniana" (Lindau, 2008), ci ha intrattenuti con un aggiornamento della situazione della questione dell'atomica iraniana e della situazione all'interno del paese.

Sulle prime pagine dei media campeggia l'interrogativo su un eventuale attacco preventivo israeliano contro i siti nucleari iraniani, la prima riflessione del relatore è su quali sarebbero le reazioni nel mondo a tale avvenimento che avrebbe come conseguenza sicura la condanna da parte dei paesi europei, della Russia e dei paesi arabi. Condanne solo a parole, perchè i paesi arabi del golfo sono terrorizzati da un Iran atomico che li minaccerebbe e soggiogherebbe, mentre la Russia non esiterebbe a raccogliere l'opportunità della ricostruzione dei centri distrutti e di una più incisiva presenza nel paese e l'Europa, oltre a nuove opportunità come quelle russe, comunque sarebbe sollevata da un pericolo che giudica in ogni caso pressante. La questione è che, anche se si parla diffusamente di un possibile attacco di Israele, non ci sono simulazioni precise e attendibili sulle ricadute.
Le simulazioni ci sono invece su un eventuale attacco atomico iraniano a Israele che, se fosse colpito soprattutto nella zona centrale e più abitata, si stima subirebbe perdite fino a un milione di vittime, con la distruzione delle infrastrutture, ma comunque il paese non verrebbe cancellato dalla carta geografica. La reazione atomica israeliana invece riporterebbe l'Iran all'età della pietra, con perdite stimate di trenta milioni di vittime. Ovviamente questi scenari da apocalisse non tengono conto di una realtà assai più complessa che si sviluppa sia in campo politico, che economico, che di guerra segreta.

Da diversi anni Israele lancia l'allarme sugli avanzamenti dell'Iran verso l'atomica, ma le date stimate per il raggiungimento di tale obiettivo, nonostante i proclami trionfalistici e bellicosi provenienti dai folli tiranni di Teheran che a parole si dicono convinti di poter e dover distruggere Israele, vengono di volta in volta spostate nel tempo. La ragione è la guerra segreta che Israele, e probabilmente non solo Israele, sta conducendo contro gli scienziati e gli addetti al programma nucleare iraniano, sono innumerevoli le notizie di scienziati che scompaiono misteriosamente, di aerei carici di guardiani della rivoluzione iraniani che cadono senza apparente ragione, di esplosioni che danneggiano strutture di cui non è nota la rilevanza, di carichi di pezzi di missili su navi che vengono raggiunte e catturate dalle marine della Nato e di Israele. Mentre gli analisti russi deridono la tesi del raggiungimento da parte dell'Iran del traguardo dell'arma atomica, definendo gli scienziati iraniani tecnologicamente incapaci, gli analisti della Francia e di Israele sono assai meno ottimisti.

Come si modificherebbe la situazione strategica nell'area e nel mondo una volta che l'Iran diventasse una potenza nucleare? Scatterebbe l'intimidazione dei paesi arabi del golfo, con la probabile prima vittima nel Bahrein a cui verrebbe richiesto l'allontanamento delle basi americane, lo stretto di Hormuz, vitale arteria per il passaggio del petrolio, cadrebbe sotto l'influenza iraniana, l'Europa verrebbe ricattata con il prezzo del petrolio che salirebbe a meno che essa non allentasse i rapporti con Israele, Israele verrebbe isolato. Paesi dubbiosi quali la Russia verrebbero invitati a collaborare e a saltare sul carro dell'apparente vittoria del regime e la comunnanza di vedute tra Russia e occidente verrebbe annullata. Questi sono gli obiettivi primari dei tiranni di Teheran una volta raggiunta l'arma atomica.

E' evidente di conseguenza che i paesi occidentali e Israele stiano tentando di fermare la deriva proponendo sanzioni via via più dure verso l'Iran di modo da isolarlo e da bloccare i canali di finanziamento e i legami diplomatici con il resto del mondo.

Un ulteriore difficoltè per i tiranni di Teheran proviene dal popolo iraniano che da mesi, dopo aver subito per anni una dittatura durissima, ha iniziato ad organizzarsi per la ribellione, i moti di piazza sedati dalle milizie del regime e dalle forche sono ormai all'ordine del giorno e non solo nelle città maggiori, ma anche nei centri minori, a riprova che il malcontento non è limitato agli studenti o agli intellettuali.

Dunque la strategia per fermare il regime di Teheran dall'ottenere l'arma nucleare si compone all'apparenza di tre vie : guerra segreta per rallentare lo sforzo tecnologico iraniano, sanzioni sempre più rigide da parte della comunità internazionale e appoggio all'opposizione per giungere ad un cambio di regime. Pare evidente che il successo della rivolta che scaccerebbe dal potere gli ayatollah fondamentalisti e Ahmadinejad e i guardiani della rivoluzione, avrebbe come sbocco la modifica totale delle priorità per un nuovo governo che desiderebbe riallacciare i rapporti con il mondo, utilizzare l'avanzamento tecnologico in campo nucleare per produrre elettricità, sogno già dello Shà ma mai realizzato e rinnovare la capacità di raffinazione petrolifera, infatti l'Iran, esportatore di petrolio, è obbligato ad importare il 40 percento della benzina consumata a causa della insufficienza di raffinerie.

Qual è la probabilità che la triplice strategia possa avere successo?
Per quanto riguarda le sanzioni dirette sia al trasferimento di tecnologia che all'isolamento della giunta tirrannica iraniana, appare che ancora il mondo agisca in ordine sparso, l'Europa è riluttante per ragioni di opportunità economica, la Cina e la Russia hanno mire differenti da quelle occidentali, gli Stati Uniti stanno lentamente modificanmdo l'approccio iniziale del presidente Obama che aveva teso la mano al governo iraniano credendo che fosse possibile un accordo e aveva addirittura sospeso le erogazioni di fondi alle associazioni di protezione dei diritti umani, tanto che i manifestanti stessi nelle vie di Teheran si sono chiesti perplessi da che parte stava l'America e come mai non ci fosse stato un appoggio immediato alla loro lotta per la conquista della democrazia. Le azioni segrete di Israele potrebbero non essere risolutive se l'Europa e gli Stati Uniti non intraprenderanno al più presto misure che puniscano il regime e apportino sostegno al popolo che non si deve sentire abbandonato per poter continuare la battaglia per la libertà. La nomenclatura di potere iraniana è composta da diverse entità che non sono necessariamente legate al fondamentalismo, diversi settori sono alquanto opportunisti e potrebbero, in caso di plateale rafforzamento dell'opposizione, decidere di saltare sul carro del vincitore per poter mantenere i loro privilegi. Seppur si possa affermare che il regime abbia perduto legittimità popolare e che possa quindi avere i giorni contati, l'opposizione non ha ancora un leader carismatico e questo gioca in favore del potere che ha scatenato le diverse forze dell'ordine contro i manifestanti, se l'opposizione riesce a diffondersi, esiste la probabilità che la polizia, chiamata a sparare sulla folla, decida di non farlo. Le radio degli iraniani in esilio ricevono settimanalmente centinaia di messaggi dall'interno dell'Iran di cittadini che si dicono esasperati per la politica del loro regime, che si dicono increduli per l'appoggio che il regime concede a movimenti arabi quali hezbollah e hamas, c'è da considerare che gli iraniani, o per meglio dire i persiani, sono consci di essere discendenti e portatori di una delle più antiche civiltà in tutti i campi, compreso quello letterario, quanto di più lontano dall'attuale regime che si richiama al fondamentalismo islamico. L'Iran non è un paese arabo e nella Storia è stato alleato dell'occidente e di Israele e nella natura iraniana non è mai esistita simpatia per le cause del mondo arabo.

Intanto Israele muove la sua diplomazia per convincere gli alleati occidentali a farsi paladini della protezione dei diritti umani del popolo iraniano e tenta di convincere scettici e riluttanti a non nascondere la testa sotto la sabbia. E la ragione è che il punto di non ritorno non sarà quando l'Iran avrà costruito la prima bomba atomica o compiuto il primo test atomico, ma sarà quando avrà dispiegato difese efficaci per poter proseguire nell'obiettivo senza più dover rischiare di essere fermato da un eventuale attacco militare internazionale. Ecco la ragione per la quale il primo ministro di Israele si è recato a Mosca nei giorni scorsi per convincere il governo russo a sospendere la consegna all'Iran dei missili in grado di rendere impossibile un attacco di successo ai siti nucleari del paese. Non solo, un altro punto di non ritorno sarebbe la notizia verificata che l'Iran sia riuscito ad arricchire l'uranio al 20 percento, sarebbe un messaggio politico equivalente ad un test nucleare e la conseguenza sarebbe la probabile richiesta dell'Arabia Saudita al Pakistan di protezione nucleare e una corsa alle armi atomiche da parte di tutti i paesi del medio e vicino oriente.

Da quanto esposto, ne deriva che non appare esistere alternativa all'appoggio deciso ad un cambio di regime per evitare sia il ricatto al mondo, sia un possibile conflitto regionale.

In cascata sorgono una serie di osservazioni sul regime iraniano. Si potrebbe non comprendere come un regime sciita nato per essere "la guida dei credenti" dell'islam, si possa alleare, a parte le marionette di hezbollah, con gli storici nemici sunniti di hamas e dei "fratelli musulmani", con i regimi del Sudan e dell'Eritrea, o addirittura con il dittatore venezuelamo Chavez e non si comprende neppure quale sia la ragione dell'odio della tirannia verso Israele, minacciato giornalmente di distruzione e sterminio, insieme all'appoggio operativo verso i più vari movimenti antisemiti del mondo.
La risposta a tali quesiti è : l'ideologia. Ci troviamo di fronte alla fusione dell'elemento sovversivo con l'elemento fondamentalista autodefinitosi "divino", una ideologia antimoderna che nega i valori e i traguardi occidentali, democratici e liberali e dunque trova i suoi collegamenti con tutti i movimenti antioccidentali e tutti i regimi tirannici e antiamericani del pianeta, una riedizione dell'esportazione della "rivoluzione mondiale a nome degli oppressi", tale e quale alla strategia marxista-leninista diffusa negli anni sessanta del secolo scorso dall'Unione Sovietica.

L'ultima parola sugli sviluppi della situazione arriverà probabilmente da Washington, le altenative per gli Stati Uniti sono la prevenzione o la deterrenza. La prevenzione comporta intraprendere qualsiasi sforzo per evitare che l'Iran superi il punto di non ritorno e l'appoggio incondizionato al cambiamento di regime, la deterrenza consiste nell'accettazione di un Iran nucleare con le relative capacità di ricatto e di espansione, ma con contromisure da guerra fredda, come avvenne nel caso del contenimento dell'Unione Sovietica.

Eppure le condizioni non sono per nulla simili, infatti la guerra tra l'occidente e il patto di Varsavia e la mutua distruzione nucleare fu evitata più volte grazie all'esistenza di comprensione e di dialogo con l'avversario, esempio tra tutti il "telefono rosso" tra Washington e Mosca e i vari incontri bilaterali per mantenere sotto controllo la tensione. Invece nel caso di una corsa all'armamento nucleare diffuso a tutti i paesi del vicini e medio oriente, non esistendo canali di comunicazione o di contatto culturale, religioso e umano tra i paesi che lo compongono, non sarebbe possibile evitare equivoci o interpretazioni errate oppure valutazioni fanatiche da parte dei vari detentori dell'arma atomica.

Emanuele Ottolenghi è riuscito a presentarci in dettaglio in modo avvincente e approfondito uno scenario colmo di incognite e che condizionerà la nostra vita nei prossimi mesi o forse anni.

Forse, credo, la soluzione all'equazione si trova rispondendo alla domanda posta dagli occhi di Neda, la studentessa di Teheran caduta sotto il piombo degli sgherri del regime, la domanda di libertà del popolo iraniano.

Roberto Mahlab

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