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 La palestra del diavolo
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Roberto Mahlab
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Inserito - 17/04/2006 :  09:12:23  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Nei giorni di festa vado in palestra al mattino e sovente arrivo in anticipo insieme ad altri soci e amici, mesi di sollevamenti di impressionanti manubri e bilanceri cementano i rapporti più curiosi e interessanti, presto la passione per una muscolatura alla Schwarzenegger spinge ad aprire il proprio animo e a condividere le riflessioni più ampie, dalle ricette della torta al cioccolato alle profonde considerazioni sugli avvincenti argomenti che condizionano la vita umana.

Seduti sui divani dell’ingresso in attesa dell’apertura del centro sportivo, il mio amico mi raccontava con tono appassionato delle conferenze sulla religione cattolica che frequentava regolarmente, mi spiegava come fosse necessario per un essere umano chiedersi la ragione dell’esistenza e come fosse inevitabile giungere alla consapevolezza del divino.

Risposi elaborando il concetto della Caballah, interpretazione mistica della Bibbia descritta dai religiosi sia cristiani che ebrei, una lettura delle Sacre Scritture non letterale, ma al di là della parola scritta. “Nel momento in cui non leggiamo la Bibbia come una telenovela, in cui tizio colpisce caio e in cui pare che anche la divinità si allei ora a tizio ora a caio in atti piuttosto bellicosi, ci distacchiamo da un sigificato che non ci permetteva di comprenderne il valore di insegnamento morale, infatti la parola ebraica ‘Torah’, con la quale si indica il Vecchio Testamento, ha proprio in sé la radice del termine ‘insegnamento'”.

“Certo”, rispose il mio amico, “lo stesso Gesù volle essere un Maestro di comportamento e un portatore di valori morali”.

“Ho letto”, ripresi io, “nel nuovo volume di Giorgio Israel sull’introduzione alla Caballah, che se leggiamo le parole scritte con l’attenzione al loro significato morale, ecco che ogni avvenimento all’apparenza violento descritto assume la caratteristica di un esempio di lotta interiore nell’animo umano, ecco che possiamo rilevare che si tratta forse di una lista di Qualcuno che tutto ha vissuto e che ci vuole mostrare tutte le possibili combinazioni di comportamento umano e tutte le possibili conseguenze, mantenendo così per noi esseri viventi il libero arbitrio, ma contemporaneamente la capacità di scegliere la nostra strada e di seguire la via del bene”.

“Così come quella del male”, intervenne il mio amico, “quella del diavolo”.
Rimasi senza fiato, la voce mi si arrestò nella laringe, mi parve di impallidire, valutai infine che non c’era sottinteso in quanto aveva appena pronunciato e mi sentii sollevato.
Intanto si erano fatte le dieci e il centro sportivo apriva i battenti, il mio interlocutore si alzò con un sospiro, raccolse il borsone che aveva posato sul pavimento e si avviò per le scale, non prendeva l’ascensore, era uno dei più atletici della mia palestra.

Decisi di non seguirlo subito e mi misi a leggere un articolo di fondo che mi era parso interessante su un quotidiano economico, non era semplice voltare le pagine di un giornale seduto su un divanetto, la porta d’ingresso si apriva e regolarmente le pagine si accavallavano per lo spostamento d’aria e mi impedivano di leggere con tranquillità e concentrazione, ma insistetti.

Un fragrante profumo si intrufolò nella saletta, trasportato dall’aria della primavera, un sorriso radioso sul viso della giovane donna, la più bella nuotatrice della piscina collegata alla palestra del centro sportivo, con una occhiata preoccupata all’orologio, forse il corso era già iniziato, camminava veloce verso l’ascensore, premette il pulsante di chiamata e dopo pochi istanti esso arrivò al piano, ella entrò e si volse verso di me con già un dito sul tasto di discesa :”Dai, coraggio, non starai tutto il giorno lì a leggere anziché fare sport?”.
Stupito e confuso da quel sorriso inaspettato, balbettai :”arrivo, però non stare ad aspettarmi, devo ripiegare il giornale e temo che ci vorrà qualche tempo, guarda come si è ingarbugliato”, e alla meglio spostai la pagina tre che mi si era attorcigliata attorno al viso e la otto che si era impigliata nei lacci delle scarpe.

“Scendiamo?”, uno spazientito socio sopraggiunto nel frattempo e entrato nell’ascensore si rivolgeva nervoso verso la ragazza. Ma lei non si scompose e continuò :”non preoccuparti, fai con calma, ti aspettiamo… vero?”. L’ultima parola era rivolta con uno sguardo di fuoco verso l’uomo impaziente nell’ascensore che fece buon viso a cattiva sorte, del resto rimase anch’egli senza voce di fronte all’avvenenza della donna.

Feci del mio meglio per non deluderla, piegai il quotidiano in qualche modo, perlomeno triplicandone il volume, raccolsi la sacca ed entrai nell’ascensore. Mentre lei premeva il tasto di discesa verso il centro sportivo, non potei trattenermi dal dirle :”grazie, davvero mi hai mostrato che esiste del bene nel genere umano, anche nei piccoli gesti”.
Lei apprezzò e la sua risata fresca fu come un raggio di sole a confronto dell’aria tempestosa e corrucciata dell’altro ospite dell’ascensore, ormai preda di incontrollabile gelosia. “Dopotutto è anche Pasqua," proseguì, "un momento in cui dobbiamo riscoprire la nostra umanità e metterla in pratica e a disposizione di chi cammina insieme a noi nel sentiero della vita”.

Giungemmo al piano del centro sportivo, l’uomo dallo sguardo rabbuiato uscì per primo alzando le spalle in segno di esasperazione e di rabbia, io feci segno alla ragazza di accomodarsi per prima, :”grazie e buona palestra”, mi disse. “Grazie a te e buona nuotata”, le risposi. Non ci dicemmo altro e ci separammo, ciascuno verso la propria attività sportiva prescelta per quel giorno. Un silenzio carico di promesse di rivedersi e di approfondire.

Mi allenai duramente, come al solito, l’esistenza è carica di pericoli, è necessario tenersi sempre pronti ai rivolgimenti, alle sorprese, addominali feroci, flessioni fino a non poterne più, corsa sullo step con velocità tale da terminare accasciati, guadagnare in resistenza e in velocità, non sappiamo quando e se avremo bisogno di ogni singolo tessuto muscolare del nostro corpo, meglio prevenire che dover poi curare, l'eterna lotta tra il male e il bene.

Poi una tonica doccia e finalmente, due ore dopo, ricompaio nell’ingresso del centro e mi avvicino all’ascensore che porta all’uscita, premo il tasto di chiamata, entro nella cabina e mi volto, con già il sorriso di aspettativa, non avrebbe potuto essere altrimenti, la giovane donna dal profumo inebriante e dalla bellezza così allegra e viva, dagli occhi angelici e gioiosi, si sta avvicinando, consapevole che la stavo aspettando, che il caso non ci ha traditi, che ora tocca a me ricambiare la sua gentilezza del primo mattino.

Quando giunge a cinque centimetri dalla porta dell’ascensore e il raggio di luce del suo volto ne illumina l’interno, io premo il tasto e la porta si chiude di fronte al suo viso, ho compiuto una azione intenzionale, l’ho lasciata fuori apposta, immagino di avere spento all’improvviso il suo sorriso e la sua convinzione di un mondo equilibrato nel dare e nel ricevere. Mentre mi avvio verso il mezzo pubblico per tornare a casa e durante il viaggio, non posso non chiedermi la ragione di tanta sicurezza, di tanta fiducia, di tanta certezza che una sequenza di avvenimenti debba per forza condurre all’epilogo previsto, nessun essere vivente è in grado di manipolare tale finale, semplicemente perché nessun essere vivente ha nelle sue mani la possibilità di padroneggiare le azioni altrui, ecco la debolezza pratica dell’essere umano, ecco dove intervengo io a colpire.

Raggiungo l’ingresso del condominio dove ho preso dimora, attraverso il portone e mi imbarco nell’ascensore, i tasti vanno dal piano terra all’ottavo, così appare almeno, ma c’è un altro tasto che solo io posso vedere, sotto tutti gli altri, e sopra tale tasto è indicata, anziché un numero, una scritta in caratteri gotici :”più giù, molto, ma molto, molto più giù”. Premo quel pulsante e per lunghi minuti la cabina scende, aumenta di velocità, si arroventa all’esterno, mi sento rinascere a quella temperatura alla quale sono abituato, la cabina si arresta, esco in un antro incandescente, appoggio la mano su una maniglia di fuoco ed entro nel mio appartamento, ampie vetrate su un paesaggio che per un essere umano sarebbe considerato da incubo, lo specchio del soggiorno mi rimanda l’immagine del mio vero volto, strano che in superficie non riescano a vederlo per quello che è davvero, con quel ghigno che abilmente nascondo sotto un aspetto apparentemente angelico. Sono soddisfatto della mia giornata, un nuovo successo nel mio lavoro, schiocco le dita e si accende un focherello sul fornello della cucina, ci appoggio sopra una pentola in cui verso un liquido vischioso che presto inizia a ribollire e a schiumare e a scorrere fuori, una risata agghiacciante, è il mio modo di festeggiare un’impresa riuscita, in fondo sono gli esseri umani ad essere convinti che io faccio le pentole, ma non ci metto i coperchi…

La giovane donna era rimasta di sasso, incredula quando la porta dell’ascensore si era richiusa quasi a sfiorarle il volto, la comprensione si fece strada dopo qualche secondo, le sue gote avvamparono, l’umiliazione si fece avvertire come una coltellata nelle viscere, faticò ad impedire alle lacrime di dispiacere di sgorgare dai bellissimi occhi, ma fu un attimo, si riprese, si ricompose come nulla fosse accaduto, respirò a fondo, premette il tasto di richiamo ed entrò nell’ascensore, da sola. Giunta sulla strada si guardò attorno, non c’era traccia di quell’uomo in apparenza così gentile. Aveva fallito, alcune volte capitava, altre volte andava meglio, non se la prese particolarmente, il genere umano era numeroso, poteva rifarsi. Durante il viaggio di ritorno a casa riflettè su come talvolta non fosse possibile prevedere la fine di una sequenza che con tutta probabilità avrebbe dovuto manifestarsi, l’ultimo atto rimaneva al libero arbitrio dell’altro essere umano, un libero arbitrio che era la scelta di una strada, seppur malvagia. Il suo compito era quantificare e, nei limiti del possibile e dell’esistente, seminare i germogli di fiducia e di umanità.

Giunse all’ingresso del condominio in cui aveva preso dimora, attraversò il portone e si imbarcò nell’ascensore, i tasti andavano dal piano terra al decimo, così appariva almeno, ma c’era un altro tasto che solo lei poteva vedere, sopra tutti gli altri, e sopra tale tasto era indicata, anziché un numero, una scritta in caratteri soffusi e svolazzanti :”più su, molto, ma molto, molto più su”. Premette quel pulsante e per lunghi minuti la cabina salì, aumentò di velocità, parve tuffarsi in un ovattato oceano, si sentì rinascere a quella meravigliosa sensazione di serenità alla quale era abituata, la cabina si arrestò, lei uscì in un immenso spiazzo di un azzurro abbagliante, appoggiò la mano su una maniglia dorata sopra la quale scorreva un ruscello di fresca acqua di sorgente ed entrò nel suo appartamento, ampie vetrate su un paesaggio che per un essere umano sarebbe considerato da paradiso, lo specchio del soggiorno le rimandò l’immagine del suo dolce volto, non era strano che in superficie ne fossero ammaliati, quella profondità dello sguardo, quegli occhi che parevano condurre nel cielo stellato, quel sorriso che scioglieva, si poteva davvero supporre che il suo aspetto nascondesse null’altro che un angelo.
Non era stata una gran giornata, non era soddisfatta, un piccolo insuccesso nel suo lavoro che comunque non l’avrebbe scoraggiata, schioccò le dita e si accese un allegro focherello sul fornello della cucina, ci appoggiò sopra una pentola in cui versò dell’acqua del colore dell’argento che presto iniziò a riscaldarsi e a gettar in aria bollicine trasparenti, una risata allegra, era il suo modo di celebrare una trasmissione di dolcezza, una ricerca delle anime, ricoprì prudentemente la pentola prima che le bolle invadessero l’intera stanza, in fondo, se gli esseri umani erano convinti che il diavolo facesse le pentole, lei invece ci metteva i coperchi…

I racconti della palestra
di Roberto Mahlab


Con la partecipazione e lo spunto degli allegri amici della palestra, un ringraziamento particolare alla ditta Otis per gli speciali ascensori che vanno molto, ma molto più giù e per quelli che vanno molto, ma molto più su.

   
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