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Title: L incontro

Stasera, malgrado la pioggia m’impedisse di vedere la strada e il vetro dell’auto si ostinava a rendere nebbioso ciò che in realtà era nitido e preciso, ti ho intravista.

Camminavi di passo svelto, cercando di evitare i fastidiosi schizzi d’acqua che conducenti maleducati si ostinavano a riversare sui marciapiedi; il tuo sguardo era di volta in volta rivolto all’ombrello o ai piedi o a quel pacco che portavi: non si faceva fatica a comprendere il tuo disagio per il tempo avverso, per il poco tempo che avevi per guardare una vetrina, per il tempo che rimpiangevi (forse) di essere ancora nel caldo dell’ufficio.

L’attenzione che stavo dedicando alla strada non mi consentiva di fermarmi o di rallentare, per chiamarti o per farti un cenno sulla mia presenza; forse ti avrei potuto aiutare, portare a casa sulla mia auto, forse ti avrei solo salutato.

Ti ho perso di vista al semaforo; in quel punto la strada si restringe, bisogna stare su una fila e il semaforo è inspiegabilmente lento. Sono rimasto fermo cinque minuti e quando ho imboccato la via a destra, tu eri già lontana, sotto il portico intenta a scrollare l’ombrello e nello stesso tempo a ravvivarti con la mano i capelli. Nel fare questo gesto, come fai sempre, ti volti verso un immaginario specchio, giri la testa e guardi di sottecchi. Sei bellissima in quel momento, e i tuoi occhi, le pieghe delle tue labbra, i tuo viso, tutto parla il più sensuale dei linguaggi: è molto difficile dimenticarli.

Non so dire se in quel brevissimo istante in cui il tuo sguardo incrociava il fondo del portico, hai visto la mia auto (sai quante ce ne sono di uguali!) o se, addirittura, il mio profilo.

So solo che ho istantaneamente frenato creando non poco pericolo a chi seguiva: pensa cosa produce la distorsione visiva!

Sì perché probabilmente non eri tu: in quei momenti forse eri in treno o sulla metro o chissà dove in auto, a casa, ed è difficile che potessi essere lì a quell’ora, conoscendo i tuoi meticolosi orari e le tue altrettanto meticolose abitudini.
Ma è tanta la distorsione visiva o cognitiva, come la chiamano.
Credi di aver visto una persona ed invece era un'altra, peraltro differente, nemmeno somigliante.

Perché? Mi sono chiesto. Per quale motivo ti avevo visto lì, camminare e a fare quel gesto.
Forse, perché sono le cose che più mi piacciono di te o forse perché oggi ti ho sentito parlare di un pacco che dovevi portare a casa?

Non ricordi quella volta che mi raccontasti di aver visto sulla nave che ti portava in Sicilia, un signore, che poteva avere la mia età, con i capelli già bianchi, che aveva scritto (chissà cosa) per tutto il viaggio? E che, successivamente, dopo che mi avevi conosciuto, ti sembrava che forse ero io quel signore sulla nave?
Scambi di persona, scambi di situazioni. Anche allora ridendoci sopra, venimmo alla conclusione che noi non vediamo ciò che è, ma ciò che ci sembra che sia o che vogliamo che sia.

Tutto ciò che ci circonda per noi ha una dimensione reale e una dimensione fantastica, spesso è quest’ultima quella che prevale sull’altra e viene memorizzata dentro di noi.
Non è forse per questo che quel palazzo, quella piazza, quella chiesa, quel giardino è ogni volta diversa: non tanto o solo per i colori, le sfumature che il sole o la luce della notte trasferisce a loro.

Creando immagini sempre diverse come un quadro di Monet (ricordi la Cattedrale di Reims dipinta sa Monet nelle diverse ore del giorno?).
Sono diversi perché sono differenti i nostri stati d’animo, il nostro modo di osservarli.
La lente attraverso cui noi guardiamo le cose è la nostra anima: è lei il caleidoscopio attraverso cui, come da piccoli, guardiamo il mondo. Ora, sfaccettato di rosso, ora con i coriandoli rosa, ora in un susseguirsi di dorati, aranci e violetti, ora blu come il profondo del mare.

E’ così come quella piazza che abbiamo visto questa estate, inondata del sole del tramonto, con i vetri dei palazzi che si tingevano di rosso, ci appariva come incantata, sospesa in un tempo e in uno spazio lontano dal nostro; ecco che la mattina seguente, per il grigio del cielo o forse per il grigio entrato dentro di noi ci è apparsa come l’icona del noioso quotidiano metropolitano.

Cambiano le prospettive, cambiano le situazioni, ma le cose sono sempre lì, ad aspettarci, sempre uguali per apparirci sempre diverse.
Anche tu sei sempre lì ad aspettarmi, sempre diversa, mentre io non so, se sono, sempre quello che tu vuoi aspettare.


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Inserito: 10/11/2003
autore/Fonte: Alessandro Pizzirani
email/sito web autore: pizzirani@virgilio.it
Inserito da: Anonymous
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