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 La guerra al terrorismo - anno terzo
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Roberto Mahlab
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Milano, 9 maggio 2004 - dai corrispondenti della Cns, Concerto News System

Si e' svolta al circolo della stampa la seconda tavola rotonda organizzata dall'Istituto di Ricerca per il Dialogo Interculturale (I.R.D.I.) sul tema :"La guerra al terrorismo nel suo terzo anno".
Gli editori della Cns sono stati invitati all'evento che ha visto riuniti prestigiosi esponenti del mondo della stampa, della magistratura e della cittadinanza.

I relatori sono stati : Stefano Dambruoso, PM di Milano per le indagini sul terrorismo e rappresentante permanente dell'Italia presso l'Onu a Vienna, Ely Karmon, direttore dell'ufficio di studi strategici di Herzlya in Israele, Emanuele Ottolenghi, professore all'universita' di Oxford. Ha condotto l'occasione Daniele Moro, capo redattore del TG5.

La prima questione posta ha riguardato una panoramica in profondita' di quanto sta accadendo sui fronti di guerra e del terrorismo.

Ely Karmon ha esordito valutando l'esistenza di una strategia globale e considerandone gli obiettivi. Ha ricordato che i talebani non si accontentarono della sconfitta dell'Urss in Afganistan, distrussero i simboli delle statue di Budda, imposero la stella gialla ai sikh. In Indonesia i fondamentalisti hanno attaccato i cristiani cinesi, il terrore ha aggredito la Russia, gli Usa, l'India, la Cina in cui sono avvenuti cinquecento attentati negli ultimi dieci anni, Israele e' divenuto un obiettivo e l'intifada e' portatrice di slogan importanti, dunque non c'e' una fede e non c'e' un paese che non siano sotto attacco, inclusi i paesi arabi che anzi vengono considerati dai gruppi terroristici come il nemico principale. La Turchia, il Marocco, l'Egitto, la Giordania e l'Arabia Saudita sono stati e sono nel mirino, l'obiettivo e' destabilizzarne i governi, sogno di Bin Laden, e successivamente esportare la jihad, la guerra santa, nel mondo intero, le stragi di Djerba, di Casablanca, di Bali, di Mombasa, di Istanbul, di Riad, e' stato sapientemente colpito il turismo per provocare la destabilizzazione economica.
Nell'ultimo anno il fronte principale si e' spostato in Iraq, considerato il punto piu' debole, migliaia di volontari sono entrati da Siria e Iran e si sono aggregati alle forze che combattono gli occidentali e la speranza irachena, ma gia' prima della guerra Bin Laden aveva nel mirino tutti i paesi arabi.
La strage di Madrid e' collegata alla guerra in Iraq, il terrore adotta la "strategia del domino" nei paesi alleati per indurli a lasciare gli Stati Uniti da soli.
Nel comunicato del 29 marzo scorso venivano espressamente e chiaramente indicati come obiettivi gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, il Canada, l'Italia e il Giappone.
Molti fronti per una grande battaglia, quella tra l'Islam radicale e l'Islam moderato, era naturale che dopo la guerra contro l'Urss, sarebbe toccato agli Stati Uniti.

Il procuratore Dambruoso ha sottolineato il ruolo dell'Italia, nel rapporto americano sulle operazioni antiterrorismo il nostro paese ha ricevuto un riconoscimento lusinghiero.
Grazie alle indagini della polizia italiana sono state sgominate le cellule terroristiche che avevano collegamenti e ramificazioni esterne. Anche in Italia del resto gia' dal 12 settembre 2001 l'attenzione verso Al Qaida condiziona la nostra sicurezza nazionale.
Le difficolta' non vengono sottostimate, l'organizzazione terorristica viene assimilata alla mafia, un conto sono le indagini, un altro conto e' produrre prove che il processo giudiziario italiano possa ammettere come conferma dell'esistenza della struttura terroristica, i fatti storici vengono filtrati dall'aula del tribunale, il momento giudiziario e' diverso da quello indiziario e le garanzie difensive sono estese acnhe ai soggetti sospettati di terrorismo che hanno la garanzia della facolta' di non rispondere.
Ma se consideriamo i successi in materia di prevenzione, perche' non e' stata prevista la strage di Madrid? Stefano Dambruoso introduce il concetto che non e' facile selezionare le innumerevoli informazioni di cui le forze dell'ordine vengono in possesso, e' difficile valutare quando la volonta' di compiere un reato si trasforma a livello di atto effettivo.
In Italia e' allo studio da diverso tempo una riforma delle prerogative dei servizi segreti a questo proposito, in Francia sono state effettuate espulsioni mirate di alcuni imam che incitavano alla violenza ed e' stata proposta l'apertura di scuole per la formazione di guide religiose, gestite dalla comunita' musulmana moderata e che dovranno produrre figure riconosciute ufficialmente, si e' scelta la strategia della prevenzione affiancata a quella della costruzione.
E' risultato che il terrorismo cerca di incidere sulle scelte nella vita politica dell'occidente, con l'utilizzo delle dinamiche interne nei nostri paesi, l'attentato diviene uno strumento per condizionarle, l'impressione e' di una capacita' di comprensione della politica internazionale da parte di chi ci porta il conflitto in casa.

Il professor Ottolenghi si collega allo spunto per rilevare che, per sconfiggere il terrorismo, bisogna conoscerlo, negli Stati Uniti sono stati fatti enormi investimenti dopo l'11 settembre per finanziare le universita' che approfondiscono gli studi islamici, Francia e Gran Bretagna sono favorite perche' da sempre centri di integrazione di comunita' islamiche, in Italia tali investimenti sono ancora carenti. Il punto e' che dall'altra parte c'e' comprensione di come in occidente si pensa, l'occidente deve usare lo stesso spirito per comprendere l'altra parte.
E' necessario essere consapevoli che il terrorismo non e' una guerra convenzionale, e' una scelta di per se' manipolativa per far desistere l'avversario, la conoscenza delle societa' dei nostri paesi e' necessaria ai terroristi per poterne influenzare l'opinione pubblica.
Nessuna arma e' sottovalutata, compreso l'utilizzo mediatico deliberato di cui i fondamentalisti fanno largo uso.
Constatato dunque che il terrorismo non e' causato ne' da stati di poverta' o di disperazione, la risposta delle societa' libere potra' essere efficace quando useremo lo stesso mezzo che usano i terroristi verso di noi, dobbiamo conoscerli, ascoltare i loro scopi e il modo di ragionare, le loro differenti aspirazioni, comprendere che essi hanno la volonta' di intervenire sulle nostre scelte politiche e di modificarle con azioni spettacolari.

Il secondo grande tema della tavola rotonda ha affrontato la questione di chi sono i terroristi e di quali appoggi potrebbero avvalersi.

Il procuratore Dambruoso si e' ricollegato alla questione in discussione riguardo ad eventuali leggi speciali ed ha osservato che il Diritto di ogni paese e' diverso, peculiare, le nazioni hanno una Storia diversa, leggi quali il Patriot Act degli Stati Uniti e i provvedimenti antiterrorismo della Gran Bretagna non appartengono alla tradizione legale italiana. Al nostro paese del resto sono arrivati i riconoscimenti di successi notevoli, l'esperienza italiana nella lotta alla mafia e ai traffici di droga e' di esempio al mondo intero e anche le nostre leggi riguardo al terrorismo risultano adeguate.
Due osservazioni a questo punto : subito dopo l'undici settembre, la Nato intera si schiero' al fianco degli Stati Uniti grazie all'articolo cinque del trattato dell'alleanza che invoca la difesa comune, in seguito la Turchia fu sanguinosamente attaccata nell'autunno 2003, nel marzo di quest'anno e' toccato alla Spagna, ma nessuno ha invocato l'articolo cinque e non e' stata richiesta ne' appare esserci stata la solidarieta' militare tra gli alleati.
Il secondo rilievo e' sulla questione se i terroristi utilizzano suggeritori locali nei paesi europei che colpiscono: non ne hanno bisogno, molti tra di essi hanno vissuto e studiato in occidente, diversi sono i convertiti, noto e' il terrorista di Casablanca, un francese poi denominato :"lo sceicco dagli occhi blu" e anche nella strage di Madrid ci sono sospetti su un fondamentalista che viene dall'occidente.

Il professor Ottolenghi conferma che l'obiettivo principale degli eventi iniziati l'undici settembre sono i regimi arabi visti come collaboratori degli Stati Uniti.
Un rinnovamento democratico sollecitato dagli americani puo' certamente influire in maniera favorevole per l'Islam, anche perche', a differenza di quanto sperava Bib Laden, a seguito del crollo delle torri gemelle non c'e' stata una rivolta contro i governi arabi da parte delle popolazioni, e' esploso solo il fenomeno del terrorismo, la risposta degli Stati Uniti e' stata sottovalutata e i fondamentalisti non avevano immaginato che i marines sarebbero arrivati in due mesi a Kabul.
La galassia del terrorismo non puo' inoltre essere considerata uniforme, ad esempio la saldatura tra Hamas e Al Qaida non e' assoluta, infatti Hamas non si identifica con un movimento di filone wahabita, quale quello di Bin Laden, e' importante ricordare le lotte tra le diverse componenti sciite e sunnite che vedono piuttosto un fronte unito tra l'Iran e l'Hezbollah libanese.
Certo ormai appare che dall'Arabia Saudita arrivano i finanziamenti sia alll'infrastruttra del terrorismo che alla sua struttura operativa, nel regno del petrolio la lotta e' feroce.
All'interno della nostra societa' appare che la saldatura tra la sinistra radicale e no global e i gruppi fondamentalisti sia un fatto acquisito, a causa della prossimita' ideologica.
Per quanto riguarda l'Iraq, va considerato che non siamo nel marzo 2003, la guerra comunque c'e' stata, siamo nel maggio del 2004 e la realta' mostra che se gli Stati Uniti perdono, non si perdera' solo in Iraq, ma si rafforzera' il terrorismo dato che l'Iraq e' divenuto un campo di battaglia contro di esso, i terroristi non possono godere di incolumita' e una sconfitta della coalizione diventa impensabile di fronte alla voragine che si aprirebbe.

Anche il professor Ely Karmon sottolinea le differenze tra i vari movimenti terroristici internazionali e riprende l'argomento della lotta interna tra sciiti e sunniti e del cruento confronto tra Al Quaida da un lato e gli Hezbollah, l'Iran e il regime alawita siriano dall'altro.
Per quanto riguarda il paventanto incontro tra terrorismo di estrema sinistra e fondamentalisti, il relatore ricorda il documento delle brigate rosse di tre anni fa che sottolineava la lotta in Iraq contro l'imperialismo, un antico amore tra i terroristi che porto' ancora prima ad uno scambio di armi palestinesi contro denaro, ma non risulta altro agli atti, anche i gruppi terroristici giapponesi e tedeschi vantarono del resto legami con il terrorismo mediorentale.
Una aspirazione ideologica non e' necessariamente una unita' operativa.
Con attenzione andrebbe seguita l'evoluzione dei movimenti no global: sono ormai circa settecento organizzazioni, la discussione al loro interno e' in corso su quale strategia perseguire, la lotta legittima o i mezzi radicali.

Il terzo tema all'attenzione dei relatori verte sulle prospettive future del conflitto e sulla ricerca di una risposta che non sia solo militare.

Il professor Karmon espone una carrellata su diverse situazioni internazionali e propone che il terrorismo e' una strategia, sia per condizionare una societa', sia per raggiungere propri scopi, i tamil nello Sri Lana sono considerati i padri degli attentati kamikaze e negli stessi Stati Uniti si ricorda il gruppo che ha causato il massacro a Oklahoma City.
Il procuratore Dambruoso si interroga sul terrorismo come sintomo oppure come malattia e propone l'approfondimento del dialogo con l'Islam moderato cosi' da aiutarlo ad isolare le frange terroristiche, se lo scopo del fondamentalismo e' quello di islamizzare la modernita', dovremmo essere al fianco dei moderati che puntano a modernizzare l'Islam.
Il procuratore di Milano esprime poi una riflessione sui valori di tolleranza che regolano la nostra societa', valori conquistati con lo scorrere del tempo e si chiede se abbia senso abrogarli per privilegiare il rapporto con altri, un valore per noi inconfutabile e' la parificazione tra uomo e donna, accettare che le donne portino il velo significherebbe accettare la possibilita' di un rapporto subordinato, Stefano Dambruoso dice di essere perplesso sul fatto che sia possibile accettare un ritorno all'antico dei nostri valori in nome dell'integrazione.
Il professor Ottolenghi sfata a questo punto un mito, di Bin Laden finanziato dagli Stati Uniti quando faceva comodo nella guerra contro l'Unione Sovietica, in realta' gli occidentali, data la situazione di allora, finanziarono tutti i movimenti di resistenza antisovietici, spesso attraverso il Pakistan, dunque la leggenda non risponde a verita'.
L'organizzazione di Al Qaida oggi e' un movimento globale che trasmette messaggi subliminali, spirituali, di massima, questi messaggi vengono interpretati dall'ideologia del singolo gruppo terrorista nella singola parte del pianeta, i gruppi che si confrontano alle forze della coalizione in Iraq, ad esempio, hanno mille motivi non collegati, ma incanalati da un obiettivo tattico, si tratta di aderenti al partito Baath, di fondamentalisti sciiti, di infiltrati dai paesi vicini.
Dunque Al Qaida non ha i limiti delle singole comunita' di riferimento, come possono essere Hamas o l'Eta, Hamas per lungo tempo non volle utilizzare le donne come kamikaze e l'Eta, dopo la strage di Madrid, fece subito sapere che non erano metodi suoi.
Tutto questo significa anche che singoli individui sparsi per il mondo si possono ritrovare nell'ideologia terroristica e potranno colpire, ma non potranno mai formare singola forza militare.
Del resto pure nel mondo islamico il tempo e' in marcia, diversi segnali indicano una prossima rivoluzione popolare antifondamentalista in Iran. Se da un lato c'e' da notare la paura dei liberali arabi di parlare, dall'altro si puo' comprendere come essi possano paradossalmente guardare alle democrazia con angoscia, nulla esclude che alle elezioni possano vincere gli islamici fondamentalisti.
L'Iraq di Saddam Hussein era una base operativa dei gruppi terroristici, quale quello di Abu Nidal, la astuta recente apertura del leader libico Gheddafi all'occidente non si sarebbe verificata se il dittatore non avesse visto che cosa e' capitato a Saddam.
Qundi l'undici settembre si e' rivelato come il punto di svolta delle relazioni internazionali, si e' definitivamente infranta l'idea che la stabilita' si possa poggiare sulle dittature piu' o meno gradite, l'occidente non e' piu' disposto ad ammetterlo, lo considera ormai l'errore storico che ha prodotto la deriva fondamentalista.
Pessimista l'oratore sui tempi della trasformazione delle societa' islamiche in democrazie: in occidente la societa' civile si e' sviluppata in decenni e decenni, i poteri statali separati, le regole del mercato e del lavoro, la legge uguale per tutti, nel mondo arabo mancano questi elementi perche' la Storia non li ha ancora resi valori indiscutibili, ci vorranno probabilmente delle generazioni.

In generale i relatori hanno risposto alla questione se esiste una risposta pacifica al terrore e la risposta e' stata no, ma con la consapevolezza che non esiste solo la risposta militare.
E' come la lotta alla droga: e' necessario stanare i mercanti di morte, ma non e' suffciente se non si attua una strategia di informazione ai giovani e se non si organizzano sbocchi alternativi per i paesi produttori.
La paura di esporsi di chi nel mondo arabo riconosce i valori democratici occidentali e' evidente, ma se siamo consapevoli che non ci puo' essere un dialogo con gli estremisti perche' essi non saranno mai soddisfatti, dobbiamo convincerci che i nostri sforzi devono soddisfare i moderati, essi saranno l'argine delle nuove societa' integrate tra i popoli del mondo.

Bob Porter - Cns - Concerto News System - @2004

Dove c'e' la notizia, concerto c'e'

Il servizio sulla prima tavola rotonda del 29 settembre 2003 dedicata alla "guerra al terrore" si puo' leggere al seguente link :
http://www.concertodisogni.com/mp/link.asp?TOPIC_ID=5515


   
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