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luisa camponesco
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Chaco Canyon

Il campus era affollato, gli studenti, a gruppetti discutevano sui prossimi esami della sessione estiva.
- Ciao Betty! Unisciti a noi! – Walter Bennet capitano della squadra di rugby e corteggiato da quasi tutte le ragazze, alzò il braccio per invitarla ad avvicinarsi.
Elisabeth Warryck si aggiustò gli occhiali e finse di non aver sentito. Considerata la secchiona per eccellenza era stata spesso oggetto di scherno fin dalle scuole elementari. Aveva dato, a suo tempo, una mano a Walter per un test di trigonometria e lui gliene era grato, ma si sentiva imbarazzata in sua compagnia e soprattutto quand’ era con i suoi amici.
Allungò il passo non voleva tardare alla lezione d’archeologia, un docente dell’università di Berkeley sarebbe venuto a parlare della civiltà Anasazi, e la cosa la interessava moltissimo.
L’aula era già gremita di studenti, Betty trovò la cosa strana, non erano poi molti quelli interessati all’argomento. Si sedette in prima fila, non voleva perdere nemmeno una parola di quella lezione. Una mano sulla spalla la fece sobbalzare, si girò di scatto, Walter Bennet le fece l’occhiolino e Betty trovò questo fatto ancora più strano dell’aula affollata.
Il mormorio si spense all’apparizione del docente, aspetto allampanato, giacca stazzonata, occhiali con una grossa montatura. Non era proprio come se l’era immaginato, si presentò agli studenti ed introdusse l’argomento.
- Non capisco Walter come ti possa interessare questa lezione. – la ragazza biondo platino seduta accanto a Bennet sbuffava.
- Non preoccuparti restiamo solo per poco poi ti porto a Santa Monica. Ma ho fatto una promessa a mia madre, sai l’archeologo è un suo amico d’infanzia così posso dire di averlo conosciuto.
La ragazza fece un sospiro di sollievo e si aggrappò al braccio di Walter.
Le luci si abbassarono nell’aula mentre alcune diapositive venivano proiettate su di uno schermo. I kiva, ovvero i luoghi sacri apparivano in tutto il loro misterioso fascino, catturando l’attenzione dei presenti. L’abilità oratoria del docente fece il resto. Nessuno fiatava, stregati dal susseguirsi delle immagini dei resti dei villaggi situati sulla Great North Road, la grande strada del nord.
- Bene signori per oggi è tutto, se vi ho annoiato perdonatemi ma se vi ho interessato sappiate che nella prossima lezione vi parlerò delle migrazioni. Vi auguro una buona giornata.
Dopo un attimo di silenzio un fragoroso applauso sottolineò l’apprezzamento per la lezione.
- Incredibile non avrei mai pensato che fossero capaci di simili opere!
- Voglio saperne di più, non mancherò la prossima volta.
Ognuno diceva la sua ma una cosa era certa, l’incontro con George Sutter, il docente, aveva impressionato tutti. Betty era ancora seduta quando Walter Bennet la scosse.
- Betty è finita!
- Oh si certo! – Raccolse i suoi libri e si diresse verso l’uscita ma nei suoi occhi era ancora impressa la visione delle città scavate nella roccia.
- Mi avevi promesso che saremmo usciti prima! – piagnucolò la bionda platinata ma Walter si rivolse verso Betty.
- Senti Betty, mi piacerebbe discutere con te di … - la bionda lo tirò per un braccio
- Ti andrebbe domani a quest’ora in biblioteca ?
Betty fece un cenno d’assenso mentre Walter metteva in moto il fuoristrada.
Quella notte Betty sognò, sognò di percorrere un ripido sentiero che conduceva verso l’alto, a volte era così erto da doversi aiutare anche con le mani. Finiva davanti all’ingresso di una grotta, lei vi entrava, le pareti erano tutte dipinte, il disegno centrale mostrava un arco che congiungeva due punti e nel mezzo era situata una stella. Si svegliò di soprassalto con il fiato corto come se avesse fatto una corsa. Andò in bagno a rinfrescarsi il viso, si guardò nello specchio, aveva gli occhi gonfi. Si preparò una tisana calda, si sdraiò sul divano e attese l’alba come una liberazione.

§§§

Inaspettatamente Walter Bennet la raggiunse in biblioteca come aveva promesso.
- Salve Betty! – teneva fra le mani alcune dispense dattiloscritte. – non credevo che la lezione del prof Sutter fosse così coinvolgente, allora mi sono preso la briga di fare alcune ricerche, volevo appunto mostrartele.
Lessero insieme, discussero, si collegarono con gli archivi di altre università e raccolsero materiale interessante.
- Si è fatto tardi, domani ho un test di chimica organica, vado a ripassare. – disse Walter salutandola - A presto!
Lo guardò mentre saliva sulla sua auto sportiva, ma quante macchine aveva? Si domandò mentre inforcava, con un sospiro, la sua vecchia bicicletta.

Il secondo incontro con il professor Sutter fu ancora più interessante del precedente, ma non venne solo, in sua compagnia c’era un altro uomo dalla pelle scura e i lineamenti amerindi.
- Vi presento Lince Veloce della tribù degli Acoma che con gli Zuni e gli Hopi sono, quasi sicuramente, i discendenti degli Anasazi, Lince Veloce è la mia guida nonché collaboratore nelle ricerche e nello studio dei vari siti. La sua presenza qui oggi è motivata dal fatto che, trattando delle migrazioni, traccerà, basandosi sulla memoria storica del suo popolo, il percorso di 650 chilometri che dal Chaco Canyon, portò gli Anasazi fin nello Stato del Messico.
Non appena le luci si spesero apparve sullo schermo la mappa della zona e, di nuovo la magia colse Betty che, senza accorgersene, spezzò la matita che teneva fra le mani.
Al termine della lezione Walter la raggiunse.
- Sei libera stasera?
- Credo di si – rispose Betty balbettando
- Molto bene sei invitata a cena a casa mia! Indovina? Ci sarà anche George Sutter. Ti ho detto che è amico di mia madre, sarà un incontro interessante non puoi mancare.
La lasciò più stupita che mai, senza che avesse avuto il tempo di rispondere, dava per scontato il suo assenso.
Davanti al suo scarso guardaroba si sentì demoralizzata, cosa avrebbe potuto indossare per una cena così importante? Alla fine optò per un abitino nero molto semplice, un filo di perle sintetiche per dare più luminosità al viso, si specchiò, non era una bellezza, ma più di così non poteva fare.
Fece un rapido calcolo della sua situazione finanziaria, rinunciando a comperarsi le scarpe nuove ed un paio di libri, poteva concedersi un taxi.
Nel distretto di Westwood, uno dei più esclusivi della città, si trovava l’appartamento di Walter Bennet, non immaginava che fosse così facoltoso. Si stirò con le mani l’abitino prima di farsi annunciare. Inaspettatamente trovò l’atmosfera cordiale, la madre di Walter le venne premurosamente incontro.
- Lei deve essere Betty, Walter me ne ha parlato. La presento agli altri. – ma non ce ne fu il tempo.
- Betty! – Walter la raggiunse con gli aperitivi – per un momento ho temuto che non venissi. Vieni, Sutter è in terrazza con mio padre.
L’entusiasmo di Bennet la colpì piacevolmente, forse era meno vanesio di quel che sembrava, l’interesse che li univa era, però, puramente culturale e non faceva presagire alcun cambiamento.

La cena fu simpatica, ma il momento più atteso venne quando Sutter volle parlare ai due giovani.
Seduti sull’ampio divano, mentre il professore caricava la pipa, Magdalen Bennet, la madre di Walter serviva il caffè.
- Adesso vi lascio soli – disse la donna chiudendo la porta scorrevole dietro di sé.
L’odore del tabacco si fuse con quello del caffè
- Il motivo di questo incontro – iniziò Sutter – è una proposta che intendo farvi.
Un paio di boccate alla pipa e riprese.
- Sto organizzando un campo di lavoro estivo nella zona del Chaco Canyon, e ripercorrere, usando gli stessi mezzi degli Anasazi, la strada della loro migrazione, voglio verificare l’ipotesi formulata da un collega. Avrei pensato a voi due come collaboratori, sempre che la cosa vi interessi.
- Caspita!! – sbottò Walter sgranando gli occhi.
- Pensate bene prima di accettare, sarà un lavoro faticoso, nessun confort, dormirete in tenda oppure sotto le stelle, dovrete arrangiarvi a preparare il cibo e cuocerlo alla maniera degli antichi. Percorrete ripidi sentieri sotto un sole cocente. Ma …sarà un’esperienza che non dimenticherete. Non datemi ora una risposta, dormiteci sopra, me lo direte dopo il prossimo incontro all’università. – Si alzò dal divano e, tenendo la pipa fra i denti li salutò con la mano.
I due giovani soppesavano, in silenzio, le parole del professore.
- Allora cosa facciamo? – chiese Walter
- Facciamo come a detto Sutter, dormiamoci sopra – rispose Betty.

Il sentiero era talmente ripido che dovette fermarsi per riprendere fiato. L’ingresso della grotta apparve all’improvviso come una enorme bocca spalancata. L’interno era fresco e le diede un po’ di ristoro. Le pareti era ricoperte di dipinti. Un arco, al centro della parete, congiungeva due punti con una stella nel punto di mezzo. Più in basso la sagoma di un uomo disteso al suolo e un filo appena percettibile lo collegava ad essa.

Di nuovo quel sogno, un sogno ricorrente ma stavolta con un particolare in più. Betty non riusciva a capirne il motivo, probabilmente il suo recente interesse per l’archeologia la stava condizionando, accettare l’invito del professore poteva risolvere il suo problema.

Il corso di archeologia del professor Sutter ebbe termine proprio alla vigilia delle vacanze estive. Betty, Walter e una decina di altri studenti furono convocati nell’ufficio del docente.
- Avete sei giorni per leggere questi appunti e prepararvi a ciò che vi aspetta. La partenza rimane quella fissata in precedenza, ossia alle ore 7 del 26 giugno. Ci troveremo qui nel campus, signori per ora è tutto grazie per la collaborazione.
Gli studenti si salutarono ma tutti erano preda di una strana eccitazione.
Quella sera Betty lesse attentamente le annotazioni del professore sulle migrazioni degli Anasazi. Gli attacchi degli Atapasca e le carestie erano considerate le cause principali che li costrinsero a percorrere la lunga strada verso Casas Grandes, ma il vero motivo di quella spedizione, Sutter lo avrebbe rivelato solo sul posto.

Alle cinque del mattino del 26 giugno Betty era agitata, controllava e ricontrollava il suo bagaglio, non voleva dimenticare nulla. Alla fine esausta si lasciò cadere sul divano. Il cellulare squillò.
- Fatti trovare sulla porta, passo a prenderti. – la voce di Walter la rassicurò
La giornata prometteva bene, cielo sereno e clima piacevole. Erano già arrivati tutti e caricavano borse e valige sull’autobus, mentre Sutter mostrava all’autista il percorso. Finalmente si partiva.
Il sole accecante del deserto californiano conciliava il sonno, Betty appoggiata al finestrino si domandava come si sarebbe presentato quel paesaggio mille anni prima.
Fecero un paio di soste, lungo il percorso, prima di arrivare a Cliff Palace, prima tappa del loro viaggio verso il sud. Quella sera piantarono le tende nella vicina vallata da dove si poteva ammirare il villaggio scavato sotto la roccia. Sutter li radunò attorno al fuoco ed incominciò ad illustrare le ragioni di quella spedizione.
- Quando la cultura Anasazi nel Chaco Canyon finì, iniziò quella di Casas Grandes, questo fa supporre successive migrazioni di questo popolo, ma la cosa sorprendente è, che su questo lungo percorso sono sorti villaggi tutti perfettamente allineati al meridiano 108, poichè questo fatto non può essere casuale. Voglio capire di quali conoscenze astronomiche fossero in possesso. Noi percorreremo gli stessi sentieri cercando di immedesimarci nella specifica situazione. Domande?
Betty alzò timidamente la mano.
- Come ci organizziamo?
- Vi dividerete in gruppi. Ai quali io assegnerò determinati compiti. Un gruppo si occuperà dell’osservazione delle stelle e dovrà usare oggetti che troverà in natura per misurarne la distanza.
- Cosa intende per oggetti che troveremo in natura? – chiese di rimando Walter
- Gli Anasazi non avevano certo né bussola né telescopi, ma, si saranno serviti di rami di alberi, di disegni sul terreno per seguire e segnare il percorso del sole, usate la fantasia e la creatività. In fondo siete avvantaggiati rispetto agli antichi.
- Chi non si occupa di astronomia cosa deve fare?
- L’altro gruppo si occuperà dello studio dei vari siti che visiteremo. Io coordinerò le ricerche dal campo base. Se non c’è altro vi auguro un buon riposo e, credetemi ne avrete bisogno

Il latrato del coyote, il crepitio del fuoco morente e un silenzio carico di mistero, accompagnarono Betty nella sua tenda. Era la prima volta che viveva un simile situazione e, nel tepore del suo sacco a pelo si addormentò. Un sonno tormentato e la visione di quella grotta, ancora quella grotta, il dipinto sulla parete e la sagoma umana stesa al suolo ora aveva il volto di Lince Veloce.

Il sole non era ancora sorto quando suonò la sveglia. Tutti, assonnati, uscirono dalle tende e rabbrividirono all’aria fredda del mattino. Betty si scaldò le mani con la tazza del caffè, Walter la raggiunse dopo aver fatto una breve corsa,Sutter scriveva su di un bloc-notes, poi visto che il gruppo era pronto, si unì a loro.
- Stamattina ho preparato l’elenco dei componenti i due gruppi, ma se qualcuno avesse preferenze è possibile lo scambio.
Lesse i nomi, Walter rimase deluso, lui e Betty non erano insieme.
- Con quale criterio ha stabilito i gruppi - Chiese al professore
- Ho scelto i componenti in base alle inclinazioni personali, ma come ho detto, c’è sempre la possibilità di cambiare, l’importante è che si crei armonia tra voi.
Walter passò nel gruppo di Betty che si occupava di astronomia. Una volta affidati i compiti ognuno si avviò alla sua destinazione.

Betty non si rese subito conto del sentiero che stava percorrendo.
- Stai ansimando! – la scherzò Walter
- E tu stai boccheggiando! Hai notato quanto è ripido.
- Il mondo è fatto a scale….Ma non ricordo dove l’ho letto. – replicò il giovane.
- Meglio risparmiare il fiato, dobbiamo arrampicarci ancora per parecchio! – Betty guardò verso l’alto, il sentiero sempre più ripido.

Walter si fermò a metà strada, sdraiandosi sotto uno spuntone di roccia, Betty non si arrese.
- E poi dicono che le donne sono più deboli. – gli gridò la ragazza

Alzò gli occhi e vide la grotta, le era familiare, si girò per chiamare Walter ma era ancora sdraiato con il berretto calato sul viso. Entrò da sola, sapeva cosa avrebbe trovato. Il dipinto sulla parete ora aveva colori più vivaci, l’arco con la stella nel centro occupava l’intera parete. Si avvicinò e col dito seguì l’arco. Si fermò sulla stella per poi scendere accarezzando la sottile scanalatura che la congiungeva alla sagoma umana e trovò del tutto naturale trovarsi in quella grotta

- Ci sono cose che gli occhi dei bianchi non possono vedere e suoni che non possono udire.
Si girò di scatto, Lince Veloce era apparso all’ingresso della grotta e la luce alle spalle proiettava la sua ombra sulla parete dipinta.
- Lince Veloce, non sapevo fosse qui!
- Seguo sempre Sutter nelle sue ricerche. Interessante vero? – indicò il disegno
- Si! Anche se non ne capisco il significato.
- Perché il tuo spirito è imprigionato in un corpo solido. La mia gente ha imparato a liberarlo e lasciarlo andare lassù, oltre il limite del cielo. – Con il braccio disegnò un arco nell’aria
- Poi com’era venuto, silenziosamente, se ne andò, lasciando Betty colma di stupore.

§§§

- Finalmente un po’ di frescura! Ehi ma come hai trovato questo posto? – Walter l’aveva raggiunta.
- L’ho visto in sogno!
- Ah che burlona, stavo quasi per crederti!
Insieme ammirarono i dipinti commentandoli.
- Hai incontrato Lince Veloce venendo qui?
- Lince Veloce? No, per quanto ne so, siamo soli, perché me lo chiedi?
Betty alzò le spalle senza rispondere, ormai non si meravigliava più di nulla.
Walter volle fare alcune fotografie ai disegni, Betty gli impedì di usare il flash.
- Ma così non si vedrà nulla!
- Forse, ma il flash potrebbe danneggiarli. Li mostreremo a Sutter probabilmente sono la chiave per spiegare la loro conoscenza astronomica…… Polaris …
- Come hai detto scusa?
- Niente di importante, pensavo al nome di una stella. – rispose Betty

§§§

Quella notte Walter e Betty si misero in osservazione della volta celeste, avevano intrecciato dei rami facendone una specie di rete e, attraverso quella osservavano le stelle e la loro posizione.

- Chissà come avranno fatto ad individuare il 108esimo meridiano e poi perchè proprio quello!
- Potrebbero essere arrivati fin lassù! – Betty indicò la stella più luminosa al centro di un arco.
- Si magari con un’astronave – replicò l’amico

§§§

Lo spirito è imprigionato in un corpo solido ma se si impara a liberarlo può andare in qualunque luogo. Gli antichi questo dovevano saperlo e averlo praticato.
Betty guardò la stella luminosa, chiuse lentamente le palpebre e…. si sentì improvvisamente più leggera.



Luisa Camponesco

   
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