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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 Leonardo
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Gabriella Cuscinà
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Inserito - 28/01/2006 :  17:42:33  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà
Leonardo
Leonardo si laureò e tornò dalla città dove aveva frequentato l’università e dove aveva conosciuto la fidanzata Rita, la quale aveva promesso che l’avrebbe raggiunto qualche mese dopo. Il ragazzo riprese la sua vita di sempre, ma ogni tanto veniva assalito dalla noia. Trascorreva le giornate bighellonando, si coricava tardi dopo aver gironzolato per la casa. Si svegliava con la convinzione di dover andare all’università e provava una profonda amarezza rendendosi conto di esserne molto lontano. Il padre gli disse che la nostalgia è un male curabile solo con una vita attiva e che perciò doveva iniziare a lavorare. Così Leonardo affiancò il padre nella conduzione dell’azienda di famiglia. Intanto sentiva sempre al telefono Rita e le ricordava la sua promessa. Una volta, la ragazza gli disse: “Leonardo, temo purtroppo di dover ancora rimandare, non posso raggiungerti.”
“Ma perché Rita? Che c’è?”
“C’è che mio padre e mia madre non vogliono rassegnarsi al fatto di vedermi partire. Si disperano al pensiero che vada lontana.”
“Va bene, ma prima o poi dovranno rassegnarsi. Perché tu vuoi stare con me? Non è così Rita?”
“Sì, sì certo. Speriamo che si rassegnino. Intanto dobbiamo aspettare.”
Il tempo passava e lei non arrivava. Ripeteva sempre la medesima scusa.
Trascorrevano i mesi e si sentivano al cellulare, ma alla fine il risultato era sempre lo stesso: “Non posso lasciare i miei genitori. No. Ancora non posso venire.”
E allora Leonardo sentiva un sapore amaro in bocca e provava fastidio per tutto. Non aveva più desideri, alcun interesse; veniva colto dall’abbattimento e aveva il viso triste. Cominciò a chiedersi se fosse vero che non lo raggiungesse a causa dei genitori. Il sospetto iniziò a serpeggiare nella sua anima. Che c’era di nuovo nella vita di Rita che lui non capiva? Perché la sua ragazza dal viso ingenuo e dall’aspetto sincero, non voleva ancora raggiungerlo? Perché si comportava in quel modo?
Trascorreva il tempo e Rita non arrivava. Un giorno le disse al telefono:
“Se hai qualcun altro, dimmelo. Mi parrebbe più onesto.”
“Cosa! Un altro? Ma che ti salta in mente! Leonardo, se ci fosse qualcun alto, te l’avrei già detto. Non c’è nessuno e ho solo te, ma i miei fanno come i pazzi se parlo di andare via.”
“Ma tu sei maggiorenne e puoi fare ciò che vuoi. Loro strepitino pure, ma tu vieni qua amore!”
Questi discorsi fra i due, erano continui e purtroppo sempre gli stessi.
Un giorno il padre lo apostrofò dicendo: “Ragazzo, devi reagire! Mi sembri uno scemo. Non puoi stare a piangerti addosso tutto il tempo. La vita non va affrontata così. Rita non vuol venire? Bene. Dalle l’ultimatum: o ti raggiunge o la pianti.”
“Ma non viene per non separarsi dai genitori!”
“Se ti vuole veramente bene, vedrai che correrà. Qui da noi può avere tutto. E poi i genitori capiranno che si devono sacrificare per lei. I figli non sono di nostra proprietà. Ci sono stati affidati dal Padre Eterno e dobbiamo agire per il loro bene.”
Al solito, le parole del saggio genitore ebbero effetto su Leonardo e la volta successiva disse al telefono a Rita: “Amore, non ce la faccio più a stare senza te. Soffro e ti voglio qui. Se non vuoi venire, vuol dire che non mi ami veramente, e allora è meglio che ci lasciamo.”
“Leonardo! Ma cosa dici? Lasciarci? No!”
“Allora vieni. Prendi l’aereo e vieni.”
“Vorrei tanto! Ma lo sai che non posso.”
“Bene, allora ci lasciamo.” E la sua voce era roca e strozzata.
“No! Leonardo no! Parlerò con i miei genitori, ma non possiamo lasciarci. Ti voglio troppo bene!”
Quelle ultime parole erano state un toccasana per le orecchie di Leonardo.
“Rita, fammi sapere al più presto quando arriverai.”
Aveva continuato ad aspettarla. Invece la ragazza tergiversava sempre e non si decideva a raggiungerlo. A nulla era valso l’ultimatum: o vieni o ci lasciamo. Lei non voleva lasciarlo, ma non voleva neppure raggiungerlo.
Un mattino, Leonardo si svegliò deciso a risolvere quel problema. Sarebbe andato nella città di Rita per scoprire quale fosse la verità o cosa realmente la tenesse legata. Il suo animo era esacerbato, non ne poteva più di ascoltare sempre le medesime parole: “Sì verrò. Tra qualche tempo verrò.” E poi invece non arrivava.
Disse al padre che partiva e prenotò i biglietti dell’aereo.
Quando arrivò, prese alloggio in un albergo fuori mano. Nessuno doveva sapere che era lì. Noleggiò una autovettura e cominciò a seguire i movimenti di Rita. Ben presto si rese conto che la ragazza si recava in una casa di cura per malati mentali. Questo lo lasciò perplesso; s’intrufolò tra la folla dei visitatori e, di nascosto, pedinò Rita nei giardini della clinica per vedere chi andasse a trovare. Con sua enorme sorpresa, si accorse che si sedeva accanto a una ragazza del tutto identica a lei. Una copia conforme, assolutamente uguale, stesso sembiante e stesso fisico, solo che aveva l’aria assente e l’espressione vuota; teneva le mani abbandonate in grembo e muoveva la testa lentamente come una povera demente.
Il respiro di Leonardo ebbe un moto di arresto. Sentì stringersi il cuore. La pena e la pietà lo immobilizzarono. Poi facendosi forza, si avvicinò a quelle due creature che si guardavano tristemente.
Rita balzò in piedi appena lo vide e arrossì violentemente. L’altra ragazza restando seduta e inerte, lo guardò come se non lo vedesse.
Con aria mesta e afflitta, la prima disse: “Leonardo, questa è mia sorella gemella, si chiama Clelia ed è affetta da una forma di schizofrenia grave.”
“Non me ne avevi mai parlato,” fu la risposta. Ma il pallore gli rendeva il volto livido.
Il profumo del giardino riempiva l’aria; si udiva il rumore placido dell’acqua zampillante in una fontana e il vento frusciava lieve tra gli alberi. Rita e Leonardo non si accorgevano di nulla. Si guardarono negli occhi, poi lasciando la povera ammalata, presero a passeggiare per i viali.
“Siamo state adottate. I nostri genitori ci presero da un orfanotrofio appena nate. Per questo non voglio abbandonarli, dopo quello che hanno fatto per noi. Non te l’ho mai detto perché altrimenti avrei dovuto parlarti pure di Clelia.”
“Sarebbe stato meglio. Dovevi parlarmene.” Il dolore di Leonardo era palpabile.
“Allora avrei dovuto dirti che per noi non ci sarà futuro, perché io non voglio figli per non generare una creatura malata come lei.”
“Ma è nata così tua sorella? Non è detto che abbia una malattia genetica.”
“Gli specialisti affermano che non sia un male ereditario, ma io ho paura lo stesso. Clelia cominciò a manifestare la malattia verso i dieci anni e da allora si è aggravata sino a divenire pericolosa per sé e per gli altri.” Lacrime silenziose rigavano il viso scarno di Rita.
“Ma sembra così calma e priva di reazioni!”
“E’ l’effetto degli psicofarmaci e dei sedativi.”
“Rita, speravi di tenermi per sempre all’oscuro di tutto? ” Leonardo era molto amareggiato.
“Sì, forse sì. Ma è meglio che tu l’abbia scoperto. Adesso ci diremo addio e non ci vedremo mai più.”
La ragazza guardò Leonardo e s’abbracciarono disperatamente, si tennero stretti piangendo. Il loro affetto era grande; adesso avrebbero dovuto decidere se continuare a vivere lontani da fidanzati, oppure lasciarsi definitivamente per pensare ognuno a un diverso avvenire. In ogni modo, vissero i giorni seguenti tubando come due colombe. Scoprirono che l’amore non può coesistere con il timore, perché ciò che si fa per amore, è sempre al di là del bene e del male. E quando Leonardo ripartì, avevano deciso di restare insieme rinviando al futuro ogni ulteriore decisione.
Poi qualche tempo dopo Leonardo si trovava a casa, sulla terrazza insieme ad Agnese, un’amica d’infanzia; scherzavano contemplando le stelle. Quando era piccola, lei era stata innamorata segretamente di lui e ora ricordava quei tempi ridendo di se stessa. Però continuava a essere attratta da quel ragazzo muscoloso e aitante. Agnese somigliava molto a Rita e questo lo aveva colpito. La ricordava giovanissima e diversa da ora. Era divenuta una bella ragazza, non molto alta, ma aggraziata e armoniosa nelle forme. Bruna, con i capelli appena ondulati. Non si truccava e risultava molto semplice anche nell’abbigliamento, che era comunque sobrio e di gusto.
“Sei fidanzata Agnese?” aveva chiesto.
“No perché sono stata sempre innamorata di te e quindi non ho trovato nessuno che potesse sostituirti ah ah ah ah. Aveva riso allegramente, ma come accade di solito, ridendo, aveva quasi detto la verità. Naturalmente in quegli anni aveva avuto varie storie e vari fidanzati, ma nessuno mai era durato a lungo.
“Tu sei legato a una ragazza, vero Leonardo?”
“Sì, la mia ragazza abita in un’altra città e l’ho conosciuta mentre studiavo là. Non ci crederai, ma ti somiglia moltissimo.”
“Ma va’! Davvero? Dunque ti piaccio pure io ah ah ah ah.”
Lui stava pensando intanto a Rita. Alla sua poca sincerità verso di lui e si accorgeva che il ricordo di lei andava sfumando nella mente. Come se qualcosa, nel frattempo, gli avesse suggerito che Rita doveva essere più onesta. Adesso aveva davanti Agnese che gli ricordava la fidanzata lontana, ma nel contempo destava maggiore fiducia, faceva sperare orizzonti migliori e insomma, lo metteva di buon umore.
“Dai su Leonardo, parliamo d’altro. Tanto al solo pensiero della tua amata ti sei intristito.”
“No però vedi, secondo me, non tutto succede per caso. Ora sembrerebbe che noi ci siamo rivisti casualmente dopo tanto tempo. Invece tutto potrebbe essere preordinato.
I due presero a frequentarsi spesso. Avevano pensato di poter essere solo amici, escludendo ogni coinvolgimento sentimentale. Ma l’amicizia tra uomo e donna è una cosa difficile da realizzare. Una realtà bellissima se davvero si concretizza, però ardua da portare avanti. Le amicizie più salde sono quelle tra persone dello stesso sesso e raramente si formano tra sessi diversi. Tra l’altro, bisognerebbe tenere le amicizie in continuo restauro, quindi a quelle tra uomo e donna bisognerebbe fare un perenne lifting.
In poche parole, il sodalizio amichevole tra Leonardo ed Agnese fu di breve durata. Ben presto l’antico amore della ragazza si riaccese e non poteva fare a meno di dimostrarglielo, pur non volendo. Arrossiva se lui le faceva qualche complimento scherzoso, si ritraeva se le prendeva la mano. Ma che amica era? Era innamorata e Leonardo lo capiva e lo sapeva perfettamente. Ora, siccome il richiamo dei sensi e ogni femminile propensione amorosa non lasciano gli uomini indifferenti, anche il ragazzo aveva iniziato a subire il fascino di Agnese e del suo amore. Tra l’altro gli ricordava la sua fidanzata lontana, la sua semplicità e modestia che l’avevano sempre coinvolto. Agnese era più sincera, più spontanea, forse più graziosa. Lo amava da sempre e non gli aveva mai mentito. Rideva spesso e lo faceva divertire con il suo umorismo innato. Come resisterle? Allora anche Leonardo aveva cominciato a fare il cascamorto, sin tanto che non erano caduti l’uno nella braccia dell’altro. Aveva inviato diverse e- mail a Rita e le aveva fatto capire che le cose, tra loro, non potevano più durare, che s’era innamorato di un’altra. Dunque l’aveva lasciata.
Un giorno, assaporando una nuova serenità da quando nella sua vita era arrivata Agnese, Leonardo ricordò che il padre gli aveva raccontato una vecchia leggenda pellerossa della tribù dei Kiowa, secondo cui gli spiriti protettori di alcune tribù separate da montagne, per aiutarle, utilizzavano le forze della natura affinché arrivassero presso loro quelle migrazioni che avrebbero poi generato conoscenza, mutuo soccorso e amore.


Gabriella Cuscinà

   
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