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Roberto Mahlab
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Inserito - 02/09/2012 :  14:49:02  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
"Mi chiamo Joe Bronstein, quella là dietro è la mia acciaieria, l'ho messa su da solo, non ho chiesto nulla e non mi è stato dato nulla, mentre gli altri si divertivano, io lavoravo, non potevo permettermi di divertirmi e adesso ho una acciaieria", il tono di Daniel era cupo, l'impermeabile blu si intonava con la sua pelle bruna e i capelli scuri, negli occhi si leggeva la disperazione del passato e la furia repressa del presente.

"Bravo Daniel, perfetto!", applaudì Sara, l'insegnante del corso di teatro, "avete visto?", proseguì rivolgendosi agli altri tre componenti della classe, un ragazzo e due ragazze, "si è calato nel personaggio e le sue parole, il tono di voce, riportano benissimo che cosa c'è dentro l'animo di quell'uomo, come se quell'uomo fosse Daniel stesso!".

Daniel chinò il capo, ringraziando, ma la sua espressione non mutò e quando si unì agli altri componenti della classe attorno all'insegnante per le analisi e i suggerimenti, il sorriso sulla bocca non nascondeva una lontana sofferenza che si scorgeva in fondo agli occhi.

"Stasera vi ho chiesto di inventarvi un personaggio che poi ci accompagnerà durante tutta la durata del corso, non preoccupatevi se, come prima presentazione, avete dovuto ricorrere alla vostra personale fantasia, con il tempo il vostro personaggio si staccherà da voi e diventerà indipendente e apprenderete ad essere lui, senza che lui sia voi, questo è l'obiettivo di imparare a recitare", spiegò Sara prima di salutarli.

Il corso si svolgeva una sera alla settimana e, nonostante le difficoltà iniziali per ottenere quella sala di una palestra, Sara era riuscita a farsi un nome nel settore ed era diventata una delle insegnanti più apprezzate e ricercate e poteva così permettersi di mantenere un numero limitato di studenti, di modo da seguirli bene. I corsi erano anche la base della sua tesi per l'università, ogni sera descriveva su un diario non quello che lei insegnava ai suoi allievi, ma le capacità e le trovate degli allievi per improvvisare quanto lei chiedeva loro di interpretare. Era convinta di poter trasmettere il loro modo di approcciarsi al teatro ai bambini che necessitavano sostegno psicologico, un'altra occupazione a cui lavorava tre giorni alla settimana. E nel tempo rimanente era anche in grado di fare la sua parte negli affari commerciali paterni. Una donna dei nostri tempi, insomma.

Quella sera canticchiava durante il ritorno a casa e non era per il pensiero della telefonata del fidanzato, ma perché si sentiva entusiasta di quella classe, aveva la fondata speranza che sarebbe stato il gruppo che le avrebbe dato le maggiori soddisfazioni da quando aveva iniziato l'attività di insegnamento teatrale, in particolare quell'uomo, Daniel, la affascinava la profondità dei discorsi che metteva sulla bocca dei personaggi che recitava, quello sguardo fatalista, come se non si attendesse nulla, ma fiero, come se avesse raggiunto tutto quanto lottando solitario contro le avversità. Sapeva che nella vita reale era un uomo d'affari e di vasta cultura e si sentiva piena quando parlavano, le volte che si erano incontrati prima e durante del corso, lei era curiosissima e gli poneva domande su domande a cui lui si mostrava sempre cortesemente lieto di rispondere. Si sentì un poco in colpa, quando il fidanzato la chiamò sul cellulare.

"Siete i migliori allievi che io abbia mai avuto", Sara non mancava di lodare, con sincero e gioioso stupore, i quattro componenti la classe, ma dentro di sé riconosceva che il trascinatore, involontario, era Daniel, la sua serietà nell'immedesimarsi in qualsiasi parte l'insegnante proponeva ed era il suo continuo impegno a spingere gli altri allievi a dare il meglio e a superarsi l'un l'altro, "sarete l'argomento della mia tesi e credo che se ne parlerà parecchio", concluse fiduciosa. "E io credo che nessun corso abbia mai avuto una insegnante così eccezionale e noi dobbiamo impegnarci proprio per il rispetto che meriti", ribatté Daniel e gli altri ragazzi approvarono.

A metà corso, Sara chiese loro di preparare un personaggio tratto da un film che amavano e quella sera fu deliziata nell'ascoltarli e quando toccò a Daniel, il silenzio calò nella sala. L'uomo estrasse un palloncino gonfio a cui aveva attaccato attorno con del nastro adesivo le mappe dei continenti e poi si mise sul labbro un paio di baffi neri. Quando levò lo sguardo, Sara e gli altri trattennero il fiato. Daniel lanciò in aria il palloncino trasformato in mappamondo e recitò la scena tratta dal film di Charlie Chaplin, 'il grande dittatore', l'interpretazione di Adenoid Hynkel che metteva alla berlina hitler, si era preparato per una settimana, riguardando la pellicola che adorava su un sito internet più e più volte, fino a che era divenuto padrone del personaggio e poi si volse verso l'improvvisato pubblico e iniziò a recitare a memoria il discorso finale del piccolo barbiere ebreo che assomigliava tanto al tiranno da aver preso il suo posto e che rese celebre il film nella storia : "... voi soldati, non dovete accettare quello che vi chiedono i tiranni" e il suo sguardo si rivolse lontano, "vi mentono, voi dovete battervi per la libertà e la democrazia", il volto di Daniel era divenuto lo specchio delle espressioni di Charlie Chaplin nel film, la voce all'inizio intimidita, ma poi poco a poco sempre più dura e decisa e alta e Sara notò che si era totalmente identificato, con il cuore e l'animo. Uno dei ragazzi tossicchiò e lei lo rimproverò sottovoce :"sssst, ascoltate, questa è arte pura" e gli occhi le si illuminarono.
Daniel si portò all'improvviso una mano al labbro, rimise al loro posto il baffetti che si erano staccati.

"... e tu Anna", Daniel stava terminando, rivolgendo lo sguardo al cielo, "dovunque tu sia, ascoltami, abbi fiducia..." e la dolcezza del suo tono fece avvampare le guancie di Sara. Quando Daniel si zittì, lei esplose :"ma perché ti sei fermato per tirarti su i baffi?", a Daniel si arrestò il respiro il gola, "è quella la differenza che in teatro ti avrebbe portato gli applausi scroscianti, eri naturale con i baffetti che ti pendevano, non dovevi, non dovevi...", il suo tono era di rabbia delusa e Daniel comprese e annuì, :"grazie, imparo, non succederà più", rispose. Sara sospirò e infine sorrise bisbigliando :"va bene".

All'uscita dalla sala della palestra, Sara doveva prima spegnere la luce interna e poi chiudere a chiave il portone al buio e Daniel si attardava con lei per tenerle acceso lo schermo del cellulare rivolto verso la serratura affinché riuscisse ad infilare la chiave e ogni volta le recitava un personaggio dei film del terrore, :"non voltarti... c'è la luna piena e io sono un lupo mannaro, ma non preoccuparti, ti salverò dai vampiri" e Sara rideva di cuore ad ogni invenzione di quell'uomo misterioso ma così ricco interiormente.

Una sera dopo il corso andarono insieme a cena e fu delizioso, Sara ascoltava tutti i suoi allievi, ma le sue orecchie erano tutte per Daniel, l'uomo appariva aver lasciato cadere la sua maschera di intima tristezza e trascinava la compagnia con il racconto di come aveva utilizzato i film che era andato a vedere di sera dopo l'inizio del corso per comprendere il metodo Stanislavskij, l'impossessarsi di un personaggio da parte di un attore, in modo tale che l'attore non esisteva più, ma si era trasformato in qualcun altro. Sara approvava, meravigliata e si accorse di non riuscire più a staccare i suoi occhi da lui. E non sentì il suono del cellulare, fino a che gli altri glielo fecero notare, era il fidanzato che le chiedeva dov'era e quando tornava.

"Siamo all'ultima lezione, stasera vi chiederò di improvvisare la favola di Cenerentola", disse Sara, "se volete fare gli attori di teatro, dovete essere in grado di recitare senza preavviso qualsiasi tema... ma Daniel, perché tieni le mani dietro la schiena?".
E Daniel portò alla luce quanto nascondeva e le porse una spettacolare pianta di orchidee bianche, "grazie per la tua pazienza", le sussurrò. Gli altri allievi applaudirono e Sara rispose imbarazzata :"non dovevi, sono io che vi ringrazio" e accettò la pianta, "è bellissima", aggiunse.
Gli occhi della donna brillarono per tutta la sera guardando la sceneggiatura della fiaba che i suoi straordinari allievi stavano mettendo in scena e alla fine chiese loro di stringersi a lei e si abbracciarono, commossi.

"Pensa Sara", stavano ancora ridendo dell'ultimo personaggio dell'orrore che Daniel aveva recitato per lei alla solita chiusura del portone al buio, "e se io avessi recitato e non fossi Daniel, fossi capitato qui per caso e ci avessi preso gusto oppure... se avessi voluto apposta imparare a recitare, di modo da diventare capace di immedesimarmi in un particolare personaggio", Daniel le diceva ed erano così vicini quasi da toccarsi, "e se un giorno tu mi ritrovassi, travestito da quel personaggio e mi riconoscessi e io ti chiedessi di non dire nulla...". Sara avvertì la sua mano levarsi quasi non la controllasse e gli accarezzò il viso,:"che bella storia, sei proprio un artista dentro, magari ci si potrebbe scrivere una sceneggiatura, solo ricordati di non rimetterti su i baffi se ti cadono durante la scena" e risero tutti e due e in quell'istante squillò il cellulare di Sara, era il fidanzato e Daniel si allontanò salutandola. "Scusa, come hai detto?", Sara rispose alla voce all'altro capo, la sua attenzione ancora rapita dall'ombra di Daniel che scompariva nel buio della sera.

§§§

Gli impegni per la presentazione della tesi e per la creazione del sistema di educazione teatrale per i bambini impedirono a Sara di riproporre il corso serale come avrebbe desiderato fare, diverse volte parlò al telefono con gli altri tre ragazzi scusandosi, ma Daniel pareva volatilizzato e, per quel poco di tempo che aveva per pensare ad altro, le dispiacque. Pochi mesi dopo la laurea, una importante organizzazione internazionale le propose una allettante collaborazione per applicare gli argomenti che aveva sviluppato presentandoli in conferenze in giro per il mondo. Nacquero i primi corsi per bambini con problemi psicologici sia per ragioni famigliari, che per ragioni di difficoltà sociale, i corsi di teatro vennero riconosciuti come capaci di consolidare nel loro animo una identità e una personalità rivolta alla conoscenza e all'autoanalisi che altrimenti sarebbero state dirottate dalle condizioni in cui erano costretti a vivere.

"E tutto questo anche grazie a te, Daniel, dovunque tu sia", mormorò mentre i finanziatori del progetto internazionale brindavano al suo successo durante un ricevimento organizzato per una raccolta fondi. "Ci è arrivato un sorprendente invito per una tua conferenza Sara", le riferì il direttore dell'organizzazione con un tono che a malapena celava lo stupore e le mostrò una lettera ufficiale con un sigillo diplomatico in alto, era il simbolo nazionale dell'Arpagonia, una piccola nazione balcanica ricca di materie prime e dalla Storia oscura, "l'Arpagonia?", ribattè Sara, "aspetta... ma non è quella finita in prima pagina un paio di mesi fa per un colpo di stato militare?". "Proprio quella", annuì il direttore, "ma il loro leader sostiene di essere un grande democratico e vuole farsi notare sulla scena del pianeta e così avrebbe deciso di contribuire al nostro progetto con un sostanzioso assegno proveniente dal commercio delle materie prime di cui il paese è ricco, 'a nome del popolo', scrive. Dice di essere stato colpito dai tuoi argomenti e che anche l'Arpagonia vorrebbe far sorgere scuole di teatro per i suoi bambini bisognosi di sostegno piscologico".
"E che c'è scritto veramente, sotto quelle parole?", il viso di Sara aveva assunto una espressione scettica. "Non è chiaro Sara", ammise il direttore, "il colpo di stato è recente e i miei referenti al ministero degli esteri propendono per una possibile debolezza del nuovo regime, magari è instabile e magari la loro proposta è per rifarsi un nome oppure è perché l'opposizione interna sta riuscendo a contrastare il potere assoluto".
"Da quando facciamo politica?", domandò Sara. "Sara, se rifiutiamo, temo che partirà una campagna di stampa negativa nei nostri confronti, vedo già i titoli 'non tutti i bambini meritano il sostegno' e potremmo perdere dei finanziatori", spiegò con pacatezza il direttore. "Ci hanno messo in trappola dunque", comprese Sara, "bene, allora andiamo in Arpagonia e spieghiamo ai loro bambini il valore della libertà", concluse decisa.

§§§

Mezzi blindati con alle mitragliatrici uomini in divisa kaki e occhiali neri pattugliavano le strade dall'aereoporto internazionale della capitale dell'Arpagonia fino alla città, i quartieri davano una impressione di abbamdono, i muri delle abitazioni scrostati e colmi di graffiti, i marciapiedi maleodoranti, pochi passanti in giro e tutti a testa china e frettolosi, la maggiorparte delle serrande dei negozi abbassate, un ufficiale che si era presentato come l'addetto stampa della giunta al potere aveva accolto la delegazione di cui faveva parte Sara già dai piedi della scaletta dell'aereo e l'aveva accompagnata al lussuosissimo hotel dove, a sera, si sarebbe svolta la conferenza di presentazione del progetto, di fronte alle autorità al completo. Sara sentì montare la collera e le sue reazioni alle artificiose cortesie dell'addetto stampa furono di aperto scherno, "Attenta Sara, non esagerare, siamo qui per uno scopo", le ricordò il presidente dell'organizzazione, "lo so, ma temo che il mio scopo sia diventato diverso da quello dell'organizzazione", ribatté Sara.

La cena nella pienissima sala dei ricevimenti fu sontuosa, ma Sara non toccò cibo e poco dopo le nove il capo della giunta chiese il silenzio degli ospiti e iniziò a decantare il roseo futuro sociale del paese sotto la sua illuminata guida e poi presentò Sara, assicurando il pubblico che il suo governo si sentiva moralmente impegnato ad investire nei progetti di inserimento dei bambini bisognosi e che il mondo intero riconosceva nell'organizzazione di Sara la massima autorevolezza e capacità.

Sara si ritrovò malvolentieri di fronte al microfono e si rese conto che il suo ardore pareva volatilizzato, si trovava in un paese tirannico e il suo progetto non sarebbe servito ad altro che a fare pubblicità al regime. Ad un tratto sul suo bellissimo volto si dipinse la stupefazione, dietro le spalle del dittatore era comparso un uomo che pareva intento a consigliarlo, i baffetti nascondevano i tratti inconfondibili del viso di Daniel. "Mi hai preso in giro", mormorò mentre le guance le si arrossavano per lo sgomento.

Chiuse gli occhi come per allontanarsi con l'animo e il suo pensiero tornò alla sera in cui Daniel aveva interpretato il piccolo barbiere ebreo che si opponeva alla tirannide e le vennero alla bocca le sue parole e riaprì gli occhi e fissò lo sguardo sull'uomo che rimase rilassato nonostante anch'egli la guardasse e lentamente, attento a non farsi scorgere, si mise un dito sulla bocca, come per chiederle di non svelare la loro conoscenza. E lei si girò di scatto verso gli ospiti e, infervorandosi, li invitò a non cadere nella trappola della dittatura e concluse così, rivolgendosi a qualcuno lontano :"e tu, bimbo intimorito, dovunque tu sia là fuori, abbi fiducia...".

Un mormorio di disappunto si levò dai dignitari e i flash dei fotografi dei media internazionali bersagliarono il viso fiero di Sara. Il dittatore si schiarì la voce, prese con malcelata scortesia il microfono dalle mani di Sara e la ringraziò diplomaticamente e si disse convinto che la collaborazione tra il governo e l'organizzazione avrebbe offerto una nuova grande speranza ai bambini del paese, proprio come aveva affermato la relatrice, a cui si inchinò e Sara sbuffò, incredula di tanta faccia tosta.

Poco dopo si rese conto di essere rimasta isolata, nessuno le parlava o le si avvicinava, scorse il direttore dell'organizzazione confabulare vivacemente con il dittatore e il suo entourage e decise di uscire nel parco della residenza per schiarirsi le idee, il volto di Daniel non cessava di balenarle nella mente, giunse al colonnato che reggeva l'enorme vetrata che dava sul verde, ma si accorse che ai suoi passi se ne erano aggiunti altri, con la coda dell'occhio vide due energumeni con l'abito scuro e un auricolare su un orecchio, si mise a correre, anche i due inseguitori accelerarono, puntò verso gli alberi e all'improvviso una mano la tirò dietro le frasche, nascondendola agli sgherri del tiranno. Si ritrovò di fronte agli occhi il volto di Daniel che le fece cenno di tacere, la prese sotto braccio e la trascinò fino ad una uscita laterale della residenza, li attendeva un auto di tipo ministeriale e Daniel vi spinse dentro Sara e si accomodò vicino a lei, "vai Manuel", ordinò all'autista.

Sara esplose :"Sei al servizio di un tiranno, mi hai attirata tu qui", lo rimproverò seccamente, "lo hai fatto per dare lustro al regime, la tua partecipazione al mio corso serviva a questo, un piano ben congegnato e disgustoso. L'ultima volta che ti ho visto ti avevo accarezzato, così.. " e sollevò la mano sulla guancia di Daniel, ma all'improvviso lo schiaffeggiò e Daniel incassò senza proferire parola. Dopo pochi minuti la macchina si fermò, Daniel scese e si diresse verso una costruzione di pietra chiara che dava sul marciapiede, Sara stupefatta gli gridò ;"ehi, ma dove vai!", balzò giù e lo seguì, superarono un largo cortile e infine si ritrovarono al centro di un quartiere che appariva ben diverso dall'immagine luccicante della città che il regime propinava ai media internazionali.

Sara rimane esterrefatta, mille occhi disperati la osservavano. Volti e corpi magri di donne che tenevano stretti i loro piccoli, uomini emaciati e dagli evidenti segni di violenze, in un angolo una cucina improvvisata che distribuiva una zuppa calda.
Spaventata, cercò Daniel e infine lo scorse appoggiato ad un terrazzo, era una zona collinare e lo sguardo si perdeva sulle luci della città.

Sara gli si avvicinò senza toccarlo, si portò le mani alle tempie e poi gli disse :"Sono confusa Daniel, o chiunque tu sia, spiegami, sei al servizio del tiranno, oppure stai cospirando contro di lui dopo aver recitato per essere ammesso alla sua corte...", la voce le morì in gola osservando lo sguardo di Daniel con in fondo ai suoi occhi quella disperazione, proprio come al corso di teatro.

"Joe", chiamò una delicata voce di bimba, l'uomo si voltò e sul suo volto apparve una dolcezza infinita, corse verso la piccola e la sollevò in aria e poi la abbracciò stretta, si mise a farle il solletico, lei rise fino alle lacrime, poi la coccolò e iniziò a raccontarle una favola, fino a che la bambina si addormentò. Daniel fece qualche passo e la consegnò ad una donna che gli sorrise con gratitudine prima di rientrare in un portone affacciato al cortile.

"I tuoi occhi", gli sussurrò Sara, "quando hai notato la bambina, la solita profonda disperazione è scomparsa, il velo di tristezza lontana si è sollevato e si sono riempiti... chiunque tu sia, tu sei questo...".

"Te lo avevo detto, ricordi? che un giorno forse ci saremmo incontrati e avresti dovuto scoprire se ero Daniel oppure il barbiere oppure Joe oppure, oppure...", le rispose l'uomo. Poco dopo parlavano fittamente, come non si fossero mai allontanati, la curiosità di Sara era insistente e lui la soddisfò solo parzialmente :"l'invito alla tua organizzazione era partito dal governo democratico precedente al colpo di stato, il tiranno lo ha semplicemente cavalcato per ragioni propagandistiche, per sviare eventuali sospetti dei media su quanto sta avvenendo nel paese, le scuole sono divenute dei centri di indottrinamento, i figli vengono istruiti a disobbedire alla famiglia e a essere leali solo con l'ideologia di regime, le squadracce sono state scatenate contro chiunque si opponga, il popolo è sempre stato mite e non è in grado di porre resistenza, i leaders democratici sono stati imprigionati o peggio, spariti nel nulla. E intanto gli introiti delle risorse naturali vendute all'estero servono unicamente per ricoprire di agi la tirannia e i suoi scherani, con i soldi il dittatore crea il consenso da quella parte della società che non ha scrupoli morali".

"Ma allora perché non hai cercato di sabotare l'arrivo della nostra delegazione, di avvisarci per inventarci una scusa per non venire?, domandà Sara.

Daniel la guardò con tenerezza :" Il direttore della tua organizzazione appartiene ad un servizio di un paese che non è d'accordo con il colpo di stato della giunta, il tiranno è un vanesio e il direttore lo sta riempiendo di complimenti e di lodi e di... microfoni...".

"State preparando una trappola per il regime?", si incuriosì Sara.
"Abbiamo poco tempo prima che il paese divenga assuefatto alla tirannia e il fatalismo distrugga la volontà del popolo di tornare ad essere libero, non ti nascondo che non ci va bene neppure la via che le materie prime stanno prendendo, verso paesi del tutto non raccomandabili", le spiegò l'uomo. "E dobbiamo salvare tutti quei bambini", aggiunse con decisione.

"Che incredibile gioco di specchi, di misteri, che sceneggiatura", il tono di Sara era ammirato e sorpreso, "la nostra organizzazione e il tuo comparire al mio corso, era voluto per il piano, oppure... è tutto così intricato eppure tutto si incastra perfettamente sia che fosse legato ad un progetto, sia che fosse spontaneo, qual è la verità, chi sei tu?".

"E tu Anna... Sara... dovunque tu sia, ascoltami, abbi fiducia", recitò improvvisamente l'uomo e il cuore di Sara si accorse che era sincero.

"Capo... gli sgherri, saranno qui a minuti...", Manuel aveva il fiatone per la corsa dall'auto al cortile.
"Devi andare subito all'aereoporto Sara, ti accompagna Manuel, ci penserà lui a farti salire sull'aereo, abbiamo dei simpatizzanti, ecco il tuo passaporto", e l'uomo estrasse un documento dalla tasca della giacca, "il bagaglio è già a bordo, qui sei in pericolo, evidentemente il tiranno vuole farti avere un incidente per poi darne la colpa ai ribelli e completare la presa del potere, dobbiamo essere più veloci di lui". Per l'agitazione gli caddero i baffetti da sopra la bocca e Daniel alzò una mano per rimetterli in posizione come fosse un riflesso condizionato ma la sua volontà fu più rapida e si fermò in tempo e i baffetti finti rimasero a penzoloni, :"hai visto, ho imparato..." e Sara allungò una mano, glieli riappiccicò, poi gli si avvicinò e gli diede un lungo bacio sulla bocca.

Manuel, imbarazzato, ma spaventato, quasi urlò :"signore, gli sgherri...". Un motore di autoblindo era in avvicinamento, Daniel si scosse e sorrise :"un altro avvenimento inatteso maestra mia, un coup de teatre, un colpo di teatro dopo l'altro in questa vicenda", "uhm... io lo chiamerei piuttosto 'coup de foudre', colpo di fulmine", ribattè Sara, mentre un esasperato Manuel la tirava per il vestito fino a trascinarla via.

Due ore dopo, mentre l'aereo si levava in volo per riportarla in patria, a Sara il cuore batteva all'impazzata in petto, "che mi sta capitando?", si preoccupò. Era il pensiero del fidanzato, si sentiva in colpa.

§§§

Nelle settimane seguenti tentò di tenersi impegnata con il lavoro, ma approfittava di ogni momento libero per cercare su internet o sui media le notizie dall'Arpagonia, fino a che una mattina quasi si rovesciò il caffè addosso per un titolo a metà pagina sul quotidiano locale :"Restaurata la democrazia in Arpagonia, il popolo festante", nel corpo dell'articolo si riportavano le voci su una presunta sottrazione delle casse dello stato, forse preda della fuga di un importante esponente del regime e giravano altre voci su una donazione ad una scuola di teatro per bambini. A fianco dell'articolo una fotografia e tra la folla un uomo con i baffetti e una sorridente bambina sulle spalle e negli occhi dell'uomo una gioia profonda. "Ma chi sei?" mormorò Sara, "un avventuriero o un mercenario delle buone cause?".

Quella sera tornò a casa stanca dal lavoro, il successo delle sue tesi si era trasformato in impegni sempre più pressanti con i centri di ricerca e di studio e le università di tutto il mondo, il suo metodo di sostegno teatrale ai bambini bisognosi l'aveva resa celebre, erano più le volte che era costretta ad avvisare il fidanzato che non avrebbe potuto rispettare gli appuntamenti delle poche occasioni in cui riuscivano a vedersi, ma Sara si rese conto di non dispiacersene troppo.

Appoggiato alla porta dell'appartamento c'era un pacco avvolto in una plastica trasparente, si stupì e lo portò dentro, lo aprì e quasi gridò per l'eccitazione, era una bellissima orchidea bianca. C'era una bigliettino sul vaso, lo lesse, :"allora, vuoi proprio sapere chi sono? Joe, Daniel, il piccolo barbiere..." e, subito sotto, il nome e l'indirizzo di un locale e l'indicazione di un orario, di lì a poco.

La meraviglia di Sara fu interrotta dallo squillo del suo cellulare, guardò il display, era il numero del suo fidanzato. Premette il tasto di spegnimento senza rispondere e sospirò :"non posso passare la vita a sentirmi in colpa", raccolse il bigliettino con l'indicazione del locale e corse fuori.

Roberto Mahlab


   
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