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 Il giorno del giudizio
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Roberto Mahlab
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Inserito - 24/06/2007 :  18:40:09  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
All'improvviso finalmente fui avvolto dalla salutare freddezza dei momenti vicini agli eventi particolari, nelle settimane precedenti mi sentivo confuso, avevo reazioni influenzate dal nervosismo, dormivo male, correvo come se ogni passo fosse l'ultimo, ma poi, due giorni prima, una calma glaciale mi occupò la mente, dormivo benissimo, i gesti e le azioni precise e attente. La sera precedente la vigilia ero in palestra, esercizi su esercizi con una volontà metallica più dello spesso materiale che componeva i bilanceri, la sera della vigilia al cinema, un thriller in cui mi identificavo con il protagonista in lotta contro le forze del male, uscii fischiettando il motivo della colonna sonora, lanciavo occhiate di fuoco ai passanti che incrociavo, esattamente come l'attore che impersonava l'eroe del bene alle prese con gli invasori galattici.
Entrai in casa, mi misi a letto e dormii come un sasso.
La sveglia suonò alle cinque, era il giorno del giudizio.

La sequenza degli avvenimenti cominciò un paio di settimane prima in ufficio, era un venerdì, un corriere scese da un furgone nero come la pece, dai caratteri d'oro sulla fiancata, aveva una divisa tutta nera e, senza una parola, mi porse una busta di documenti, lo ringraziai e mi apprestai a firmare la bolletta di consegna, non trovavo la penna e l'uomo mi allungò la sua, una Parker fiammante, la soppesai e affermai, ammirato :"questa sì che è una penna, molto meglio della mia!". Mi accorsi che mi lanciò uno sguardo gelido, poi indagatore. Me ne sorpresi, ma nei giorni che seguirono non ci pensai più.
"Questo campionario è più bello di quello dell'anno scorso", mi rivolsi ai miei collaboratori, "e oggi fà più caldo di ieri", aggiunsi, mi osservarono, stupiti.

"Ottimo questo suo gelato, migliore di quello del suo concorrente all'altro capo della via", "ehi, ma che bel bambino, è più carino di quello che ha avuto l'anno scorso!", "mi dia un etto di salmone, quello norvegese è migliore di quello scozzese". Ad ogni innocente giudizio che emettevo in giro per la città, mi rendevo conto di ricevere in cambio occhiate perplesse.
Il furgone nero era fermo all'angolo della strada in cui abitavo, probabilmente avevano consegne in zona, una antenna sottile e rotante era attaccata al tetto della vettura. Un fascio di luce parve uscire dalla cima dell'antenna e, del tutto casualmente, mi illuminò la parte destra in basso del viso. Cascavo dal sonno, ma il rito dello spazzolino tre volte al giorno era per me un precetto, appena passai le setole sui denti in fondo a destra, avvertii un dolorino, troppa cioccolata, immaginai, forse dovrei contenermi, da domani magari.

Il giorno successivo mi risvegliai con la gengiva leggermente gonfia e, con il passare delle ore, il dolore divenne lancinante, ad ondate partiva dall'ultimo dente in basso e si irradiava per metà della guancia. Trovare una farmacia aperta di sabato non fu una passeggiata, ma il gestore mi rassicurò che sarebbero bastate un paio di pastiglie e tutto si sarebbe rimesso a posto. Il lunedì successivo ero seduto sotto un apparecchio per radiografie e, dopo qualche scatto, il tecnico mi informò che avrei dovuto recarmi d'urgenza da un dentista di eccelsa bravura per farmi togliere il dente del giudizio, ne esisteva solo uno all'altezza e fu il tecnico stesso a fissarmi l'appuntamento, addirittura in un'altra città, in una località montana sperduta e raggiungibile con un treno locale. Mi fidai, dopo tutto era solo una infiammazione al dente del giudizio e, come si dice, tolto il dente, tolto il dolore, non vedevo l'ora, le fitte si acuivano.

"Come faranno a toglierti quello che non hai", divenne la frase che chiunque mi conoscesse mi disse nei giorni successivi, pareva che tutti avessero tolto i denti del giudizio e che io fossi una eccezione ad averli mantenuti, ci fu chi mi tranquillizzò con gentilezza :"vedrai, non sentirai nulla, sarà come se ti scuoiassero vivo", e subito dopo, dato che mi appoggiavo alla parete semisvenuto, mi rinfrancavano :"ma dai, è solo uno scherzo, ti fanno l'anestesia, non sentirai proprio nulla!".

Senza che i miei collaboratori se ne accorgessero, iniziai a prendere appuntamenti con i clienti proprio per il giorno fissato per l'estrazione, ma chissà come mai parevano essere stati tutti preavvertiti e mi rispondevano di non barare e che dovevo andare dal dentista quel giorno, : "non avrai fifa, vero? lo abbiamo fatto tutti!", mi interrogavano sdegnati. Mi sentivo incompreso, come avevano potuto solo immaginare che io avessi fifa. Tentai con un fornitore in Estremo Oriente, gli proposi una visita lampo per un affare d'oro, non funzionò, mi rispose telegrafico con tipico accento cinese :"affale, ma quale affale, tu dal dentista devi andale!".

E fu così che infine mi ritrovai all'alba sul treno per il paese di montagna, a quell'ora i vagoni erano colmi, ragazzi che andavano a scuola salivano e scendevano alle fermate dei diversi paesi, assonnati stranieri con sacche cariche di mercanzia di dubbia provenienza e di dubbio contenuto si trascinavano alle uscite alle stazioni delle località più grosse, fino a che rimasi solo, non un'anima era diretta alla mia località. Mi tormentavo chiedendomi continuamente che cosa ci facevo lì, perchè era toccato a me, come avrei superato quella divisione temporale che si frapponeva tra l'intervento e la ripresa della vita normale.

Il medico mi aprì la porta dello studio personalmente, mi disse che l'infermiera quel giorno si era presa una giornata di ferie, mi condusse sulla sedia snodabile e io, per rompere il ghiaccio e per darmi un contegno, gli dissi :"... se proprio vuole farmi l'anestesia!".
Pensai che avrebbe riso, invece mi squadrò come se fossi pazzo, come se non capissi che cosa c'era in gioco, mi spinse per farmi appoggiare bene e mi chiese di aprire la bocca. Poi, per un'ora e venti minuti, con una anestesia potentissima, lavorò e io non avvertii nulla. "Eccoti, eccoti", esplose con rabbia, sulla pinzetta il mio dente del giudizio, lo sbattè con violenza in un bicchierino e prese a maledirlo, ne fui sorpreso e mi volsi verso di lui e fu solo allora che mi accorsi che pareva avere dei fili grigi al posto dei capelli che si aprivano a raggiera attorno ad un viso dalle fattezze inusuali, non avrei saputo descriverlo, non ne avevo mai visto uno simile, come se fosse un personaggio di un film di fantascienza.

"Mi dispiace, il tuo dente mi è caduto sul pavimento, non te lo posso lasciare per ricordo", ascoltai confuso quella spiegazione, mi era parso che avesse riposto il bicchiere che lo conteneva in un armadietto, ma alzai le spalle, che mi importava di un dente tolto.
"Grazie dottore, è stato bravissimo, non ho sentito nulla", gli feci i complimenti, :"sei tu che sei stato bravo, non sai quanto", mi fece piacere sentire quelle parole che riconoscevano il mio coraggio e che avrei riportato a tutti quelli che conoscevo e che lo avevano messo in dubbio. "Quanto le devo dottore?", "Devi...?", appariva confuso, :"ma nulla, figuriamoci, devi tornare tra una settimana perchè ti devo togliere i punti, a proposito, per un paio di giorni ti si gonfierà un poco la guancia, non farci caso, mettici una borsa da ghiaccio".

Finito, era tutto finito, corsi fuori verso la stazione per prendere il treno del ritorno, giunsi al bancone della bigliettaia e mi accorsi di non riuscire ad articolare bene le parole, finalmente riuscii a bofonchiare :"dentista". Lo sguardo della donna era inorridito, tanto che mi spaventò, mi voltai ma non c'era nessuno dietro di me. Poi iniziò a parlarmi nervosamente del più e del meno, dando di tanto in tanto una occhiata al grande orologio del salone e al portone, come se sperasse che entrasse qualcuno, a soccorrerla. Fui io ad allontanarmi perchè il mio treno stava arrivando al binario e lei mi salutò cordialmente, come fosse sollevata. Come all'andata, non c'era nessuno sul treno e mi sedetti comodamente in un vagone. Nelle stazioni successive il convoglio si riempì, ma nessuno si sedeva vicino a me, ogni tanto coglievo sguardi che venivano subito spostati, un bambino gridò :"mamma, mamma!", e la madre lo trascinò via.
Il controllore dei biglietti mi arrivò alle spalle e io gli porsi il tagliando, lo osservò e mi disse :"è un biglietto di seconda classe, questa è la prima, mi dispiace, si deve spostare", avvampai, non me ne ero accorto e iniziai a scusarmi e ad alzarmi, ma appena mi vide in volto, il controllore impallidì :"no, rimanga qui, per carità, non importa, il viaggio le è offerto dalle ferrovie" e se ne andò quasi correndo.

Mi sentivo bene, non avevo più alcun dolore, era anche ovvio, pensai ridendo di me, era il dente che mi faceva male, visto che non c'era più, non poteva farmi più male. Decisi di tornare in ufficio, i miei collaboratori sollevarono la testa al mio ingresso, diventarono pallidi e, dopo aver inghiottito più volte la saliva, si alzarono e mi circondarono con affetto :"stai bene", "si vede", "perfetto", "non un graffio". Entrò in quel momento un fattorino, mi lanciò uno sguardo e chiese, rivolto agli altri :"ehi, ma cosa si sta mangiando quello, un pallone da basket della lega professional americana?".
"Ahia", esclamò la mia segretaria coprendosi il viso con le mani, il mio magazziniere alzò le mani al cielo e poi le pose gentilmente sulle spalle del fattorino accompagnandolo fuori, :"ma che ho detto?", insisteva quest'ultimo.

Levai la mano destra verso la guancia, essa toccò una gigantesca protuberanza dura alla distanza di dieci centimetri oltre le mie fattezze originali. Il mio sguardo fu di rimprovero verso i miei collaboratori, :"prima mi raccontate che l'avete tolto tutti e che non succede nulla, adesso viene fuori che sono deformato e poi tentate anche di nascondermelo!". Era il crollo psicofisico, dopo due settimane di passione e adesso la delusione. Corsi fuori, fuggii, non volevo mai più tornare, attraversai molti quartieri, agli incroci pedonali fissavo apposta gli altri passanti che si ritraevano inorriditi, entrai in una farmacia e comprai del ghiaccio sintetico, il farmacista mi porse il pacchetto tenendosi distante, tremando e quando fui uscito si sedette su uno sgabello per riprendere la respirazione regolare.

Mi avevano mentito, tutti quanti, tutti ad incitarmi che togliere il dente del giudizio era comune, che non esisteva più nessuno al mondo che quei denti li avesse, il dentista che non mi faceva pagare nulla, poi il mio volto trasformato e il mondo intero che mi allontanava con spavento. Mi rintanai in casa, mi addormentai come un sasso, spossato, la mattina dopo mi guardai allo specchio e compresi la reazione di chi mi aveva guardato. Scesi le scale con disperazione, fino al garage, saltai in macchina e mi diressi alla volta del nord, verso le vette più alte, mi sarei nascosto lassù, nei boschi, fino al ritorno alla normalità del mio viso.
Nello specchietto retrovisore, per un attimo, mi parve di aver notato un furgone nero che seguiva la mia stessa direzione.

"Era l'ultimo, ma qualcosa non è andato per il verso giusto", il palmo della mano del dentista era esangue tanto premeva sulla cornetta, il tono disperato, la voce rispettosa come parlasse con una persona importante all'altro capo.
"Non possiamo permettere che la situazione sfugga al nostro controllo, la sua fuga indica che è ancora in grado di giudicare, lei sa, dottore, che questo non è possibile, non dopo il suo intervento, non dopo che gli ha tolto il dente che conteneva il giudizio...".
L'essere che aveva appena pronunciato quelle parole si appoggiò alla poltrona, qualcosa di simile ad un volto venne illuminato da un raggio di luce proveniente da un pertugio della tapparella socchiusa alla finestra, la sua mente tornò per pochi istanti al giorno dell'invasione, le astronavi erano atterrate protette da uno schermo che le rendeva invisibili ai radar della Terra, in pochi mesi si infiltrarono tra i dentisti, un solo obiettivo, togliere i denti del giudizio agli esseri umani, un genere buffo, i cui scienziati erano veramente convinti che la sede del ragionamento fosse il cervello, a nessuno era mai venuto in mente che la sede del giudizio invece si trovava all'interno dei denti omonimi, inutili, secondo la medioevale scienza dei terrestri.
"Si rende conto dottore", riprese l'essere, "che se un solo filo di giudizio rimane in un solo umano, c'è il rischio che prima o poi si accorga di quanto sta accadendo e ci denunci alle generazioni future, in quel preciso momento saremo obbligati a distruggere il loro pianeta, prima di aver portato a termine la missione per la quale lo abbiamo occupato".
"Avrebbe dovuto tornare da me la prossima settimana, era una scusa per controllare che i punti che gli ho inserito facessero il loro dovere, in realtà sono uno schermo che poco a poco spegne il passaggio delle informazioni residue dal dente ai recettori neuronali, ne abbiamo discusso ultimamente con i nostri esperti, la corteccia del tessuto del giudizio si riforma rapidamente se lo schermo non distrugge definitivamente i canali di trasmissione. L'unica spiegazione di quanto sta accadendo è che il nostro paziente abbia subito uno schock a livello psicologico e questo ha rallentato i processi usuali, forse si è spaventato del gonfiore, forse le persone che aveva attorno lo hanno fatto sentire escluso, evidentemente ha avuto una reazione di rigetto che ha mantenuto parzialmente attivo il suo senso del giudizio, pur ormai evanescente".

L'essere premette un tasto dell'apparecchio di trasmissione, il collegamento venne esteso al furgone nero e la voce metallica non ebbe alcuna inflessione di pietà :"prendetelo e riprogrammatelo".

Avevo abbandonato l'auto vicino ad un torrente, mi misi a scalarne il corso saltando da un masso all'altro, più volte persi l'equilibrio, i piedi sempre più gelati al contatto delle scarpe di città con l'acqua fredda, raggiunsi un sentiero in altitudine, sbucai su un altipiano che dava sulla vallata, una vista da togliere il fiato, iniziò a piovere, le gocce mi sferzavano il viso, colavano sulla parte gonfia, la toccai e spinsi con un dito, alzai gli occhi al cielo e all'improvviso compresi.

Il suono del rotore dell'elicottero si avvicinava, lo vidi che abbassava il muso diretto verso di me, era di colore nero, come il furgone, ascoltai un abbaiare di cani che proveniva dal folto degli alberi, respirai a fondo e mi misi a correre nella direzione opposta, una luce di una torcia mi colpì gli occhi, un ordine gridato con tono gutturale :"prendetelo", tante divise nere, tante braccia mi avvilluparono, un pizzico alla schiena, poi più nulla.

"Ed ecco qui, che fortuna, i punti sono stati assorbiti dalla gengiva, non devo neppure toccarla", la voce del dentista aveva un tono di stupore ma nello stesso tempo si sentiva che era sollevato, mi disse di richiudere pure la bocca, che tutto era andato alla perfezione e anche il gonfiore alla guancia era scomparso, potevo tornare alla vita di sempre. Mi sentivo confuso, come se avessi dormito per giorni, mi toccai il viso e constatai che non c'era davvero alcun gonfiore. "Bene allora, arrivederci e al massimo ci vediamo tra un anno per una pulizia completa dei denti", il sorriso del medico era sgargiante, la felicità in persona. Lo ringraziai, anche se per la verità non mi ricordavo di come ero tornato là, un vuoto di memoria, mi incamminai verso la stazione per prendere il treno del ritorno, misi la mano nella tasca dove di solito tenevo i biglietti usati, ma non c'era il biglietto che avrei dovuto aver utilizzato all'andata, strano, ma erano così tante le cose misteriose, che inviai il particolare in un angolo remoto della mia mente. Riconobbi la signora che alla stazione vendeva i biglietti e la salutai, mi sorrise, stavolta non mi aveva guardato inorridita. Salii sul treno, le persone non mi evitavano, feci il solito errore di carrozza e il controllore mi chiese gentilmente di alzarmi e scegliere un vagone di seconda classe.

Il dentista osservava al microscopio il dente del giudizio che mi aveva tolto, non riusciva a capacitarsi di come i punti di materia schermante che mi aveva inserito nella gengiva fossero stati assorbiti, eppure all'interno del dente si notava chiaramente la conformazione dei tessuti del giudizio, ormai scollegati dal resto del sistema neurovegetativo. A meno che... sudò freddo... a meno che il materiale dei punti schermanti fosse stato di quel nuovo tipo ancora non testato contro la conduzione, a meno che un filamento del giudizio si fosse avvolto attorno ad uno dei punti e non avesse subito il rigetto e ora si trovasse, minuscolo, all'interno del dente vicino, nel giro di pochi mesi si sarebbe messo a ricrescere e...

... il telefono squillò, all'altro capo la voce metallica dell'essere che comandava la spedizione :"dunque dottore, tutto a posto?",
Il medico si rese conto dal tono inquisitore che il suo interlocutore non avrebbe desiderato una risposta dubbiosa e non voleva certo diventare il bersaglio della sua mitica rabbia e rispose :"devo dire che è stato un bel pasticcio, ma siamo riusciti a rimediare", sperò di aver usato un tono convincente.
"Ma ci pensa dottore", la voce aveva assunto un tono sarcastico :"se non gli avessimo tolto quel dente del giudizio, per il pianeta Terra sarebbe scoccato il giorno del giudizio!", la risata aggghiacciante, la cornetta riposta, il cuore del dentista che faticava a tornare a battere regolarmente, il cocktail di emozione e di spavento pretendevano uno scotto.

Avevo il capo chino su due pagine di catalogo sulla mia scrivania in ufficio, la concentrazione passava dall'una all'altra, i miei collaboratori mi osservavano incuriositi, iniziai a dire :"il secondo è...", un lieve capogiro, mi toccai la guancia, non era più gonfia, non ricordai più che cosa avevo iniziato a dire, lo accantonai, per il momento.

Roberto Mahlab

(I racconti dell'ufficio)

   
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