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 UN VECCHIO AMICO
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zanin roberto
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Inserito - 08/03/2007 :  22:20:35  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
UN VECCHIO AMICO

Il pomeriggio si stava defilando, tra un tramonto appena primaverile e una sera vagamente autunnale, nell'ingresso dell'azienda si erano illuminate le luci al neon, i telefoni squillavano con una frequenza rarefatta e le tre stampanti si erano sincronizzate in un rauco concerto di fogli sfrigolati.
Mancava ancora un'ora e mezza alla fine della giornata lavorativa, raramente arrivavano clienti o tecnici a quell'ora e l'ambiente si era disteso come al solito in una sorta di riflessiva apnea, ognuno se ne stava con i suoi pensieri, tirava i bilanci giornalieri e valutava cosa andava finito e cosa invece si poteva rimandare all'indomani.
La porta vetrata si spalancò all'improvviso, entrò un uomo di mezza età, con un vago portamento titubante, la barba che virava al grigio, gli occhi curiosi e in qualche modo spaesati, si guardò attorno, fini con l'incrociare quelli dell'impiegato addetto al ricevimento.
Questi lo guardò distrattamente ma fu subito attirato da quella fisionomia, in qualche modo familiare, cercò di fare i dovuti collegamenti ma non riusci a capire chi gli ricordasse.
- " Mi scusi, ho un appuntamento con il vostro formulista, alle 16.30!"
- " Chi devo dire? " - chise interrogativo l'impiegato, non rinunciando a scavare nella sua memoria ma non traducendo in un nome quella figura.
- " Salente...." - disse l'ospite con smorzato tono, tanto da far tirare l'orecchio all'impiegato sempre più curioso.
- " Salente...vediamo...so che il nostro formulista è molto impegnato...ma! " - compose il numero telefonico interno, aspettò una decina di secondi poi rinnovò l'annuncio al collega che blaterò, come un vecchio brontolone, il suo poco tempo a disposizione, la sua scarsa disponibilità, il suo ostico pomeriggio, intervallando santi del calendario e facendo intendere che sarebbe arrivato con studiato ritardo.
- " Un pò di pazienza,...il mio collega si ricordava che l'appuntamento era alle 17.00...! " ribadi l'impiegato con una teatrale mimica facciale, più per provocare reazione che per giustificare lo scontato ritardo che avrebbe fatto l'irascibile collega.
- " Eh, no,ricordo bene, era alle 16.30...si,si! " - ribadi senza alterarsi il nuovo venuto e non concedendo ne inflessioni, ne movenze che potessero servire a identificarlo.
- " Eppure, io quello lo conosco! " si disse tra se. Si concentrò nuovamente sulla tastiera del computer, assemblò nuovi dati, aggiornò le tabelle, rispose al telefono, guardò l'orologio, erano le 16.46, erano già passati venti minuti, alzò lo sguardo oltre il divisorio vetrato, osservò di nuovo quel mistero di uomo. Più si convinceva che poteva essere un suo vecchio amico di studi, più le caratteristiche che si aspettava gli appartenessero, svanivano, come in un gioco surreale, dove la realtà e la fantasia rompono ogni argine e si confondono. Si chiedeva : " ma se è il mio amico, dovrei favorirlo, cercare di rendermi utile" ma se invece era solo uno che gli assomigliava che figura ci faceva? Il tempo passava e ovviamente si stava spazientendo, erano le ore 16.55, comprese che comunque la buona educazione esigeva un intervento. Prese la decisione di telefonare nuovamente al suo collega per sollecitarlo ma non rispose nessuno. Il movimento al telefono non passò inosservato e dicise di spiegargli la situazione.
- " Mi scusi, ho provato a chiamare ma purtroppo non risponde nessuno!" gli confermò con un tono conciliatorio, si vide solo rispondere dall'ospite con un cenno del capo che apprezzava quel tentativo. "Adesso gli chiedo il nome e se è del mio paese" pensò l'impiegato che a folate prima si convinceva del fatto che era il suo amico, poi osservandolo lo escludeva quasi sicuramente.
- " No, no, me lo ricordo più basso, con una carnagione più olivastra, con i capelli più disordinati, eppure gli assomiglia, ma si è lui....no,no, lui si chiamava Salent, lui era tutto dinamico, questo è quasi un damerino ma gli occhi sono i suoi, si ma sono pacificati, no, no, lui Roberto Salent era un vulcano, lo sprannominavamo "catango"!"
Continuava nella sua lunga elucubrazione mentre l'altro se ne stava buono, senza fiatare, senza dare nuovi elementi di giudizio.
Finalmente, alle 17.10 entrò il formulista, gli strinse la mano, lo fece accomodare nella sala riunioni, e l'impiegato incerto e sconcertato non aveva ancora avuto l'occasione di chiedere niente. Il buio si era diffuso all'esterno, era calata la sera con una insolita rapidità, un leggero profumo di mentolo si era diffuso negli uffici, qualcuno stava masticando caramelle ma il mistero non si era sciolto.
Pensò che erano almeno 25 anni che non vedeva Roberto e forse il tempo aveva alterato le loro reciproche sensazioni, si erano lasciati ragazzi ventenni, ora erano uomini adulti, gli anni sicuramente avevano aggiunto pesantezza ai loro tratti, ma non poteva essere lui, altrimenti lo avrebbe riconosciuto, lui l'impiegato era rimasto abbastanza uguale, ma forse si stava facendo un complimento di parte, non stava a lui giudicare e gli occhiali che portava? no, non poteva riconoscerlo con gli occhiali, concluse con amarezza.
La memoria lo condusse al 1975, all'ultima volta che si erano frequentati, poi più indietro al 1971, alla mitica escursione con i motorini "CIAO", fino al lago di Levico, da Cordovado, con le tende, le pentole, con la loro gioventù, con il papà dell'impiegato a fare da animatore, in cinque, Valerio, Fabio, Paolo, Roberto, Roberto e suo padre.
Quei panini con le fette di mortadella divisa in parti uguali, dal sapore eroico, con il caffè alla caw boy che faceva venire la tachicardia a Fabio, con le notti movimentate dai bollori di Valerio, con la inaspettata maturità di servizio di Roberto provetto meccanico a smentire la nomea di ribelle, di "catango", con un grande cuore anche se eternamente Fonzy senza quartiere. Poteva essere lui?
L'impiegato si raccolse gli occhiali, si chiuse gli occhi con le mani e cercò di ricordare.
Si ripromise di domandarglielo quando fosse uscito. Non poteva rimanere con quel dubbio, squillò il telefono, sul digitale comparve il suo nome, era sua moglie da casa che lo chiamava.
- " Va bene, vengo a casa presto, ho capito che hai bisogno della macchina! OK"-
La porta della sala riunioni si apri mentre un autista si era rivolto all'impiegato per consegnarli una busta con dei documenti e per chiedergli di passargli il suo programma di viaggio, quando ritornò con il tabulato intravide oltre la porta vetrata che il signore in questione se ne andava senza aver potuto domandargli niente.
Se ne tornò a casa amareggiato quella sera, senza una luna, senza un cielo, nel grigiore del dubbio.
Il mattino dopo, accompagnato da un sole primaverile, l'impiegato ritornò al lavoro, dimentico di quello strano incontro. Il mattino si era incendiato di numerosi focolai, problemi eterni, fraintendimenti, ignavie come ogni giorno ma il telefono continuava a trillare con alternanza, le carte si alternavano con periodica frequenza, le stampanti rullavano orgogliose le loro copie mentre nel corridoio la macchina del caffè spruzzava aromi esileranti e invitanti.
L'impiegato aveva avuto un'alzata ottima, l'umore era buono, non succedeva spesso, aveva preso una caramella di liquirizia e ora assaporava quel dolcetto come un premio per l'inizio giornata ben avviata.
Squillò il telefono, rispose presentandosi con il solito tono sicuro, mettendosi poi a disposizione per eventuali richieste, restò un attimo riflessivo e disse:
-" Come?... Salent...ieri pomeriggio, si, ricordo, mi dica "
-" Dunque, ho dimenticato il listino, potrebbe inviarlo a questo numero di fax? " disse con felpata educazione il misterioso signore del giorno precedente.
- " Io sono Salent Roberto e il mio numero è...." - quando identificò nome e cognome, il dubbio del giorno prima rimbalzò imponente nella testa dell'impiegato, come un boomerang che lo colpisse al centro dei sensi, ora era quasi una certezza, doveva domandargli una conferma.
- " Ma mi scusi, ma lei di dov'è? " - chiese con una insolita sfrontatezza, scaturita dal tarlo che gli frullava in testa, aspettò con impazienza una risposta.
- " Io sono di Cordovado ! " - confermò con un pizzico di curiosità l'altro.
- " Ma lei conosce un certo Roberto Z. ? " giocando sul sicuro, l'impiegato chiese del suo nome, quasi per provocare una reazione più emotiva, ben sapendo che la risposta poteva essere solo affermativa.
- " Si " - restò neutrale, non mostrò alcuna inflessione, ma qualche cosa si era mosso.
- " Nessuno di noi due ha conosciuto l'altro, che strano! E' vero sono passati 25 anni ma nonostante tutto siamo stati ciechi! Come va, vecchio lupo di mare? Bisogna che ci vediamo! " - esplose l'impiegato, non contenendo la gioia di aver ritrovato un vecchio amico.
Si salutarono con una certa cordialità ma non con quel trasporto che si attendeva. Si disse, che il tempo cancella e deforma ogni cosa, ogni pensiero, in noi rimane la proiezione di un ricordo che sfuma e si imprime deformato dai nostri sentimenti.
Alla sera, rincasato, si mise al computer e cercò l'indirizzo del vecchio amico, e il numero di telefono, lo trovò subito, in base alle informazioni che aveva. Poi apri il cassettone dove aveva riposto le sue vecchie foto, trovò alcune istantanee del suo amico, un paio su quella escursione in motorino, una di un campeggio marino, abbracciato ad una ragazza, conosciuta in quell'estate, sempre donnaiolo, una in cui rincasando dalle lezioni della scuola, scendeva dal treno con i suoi capelli lunghi anni sessanta e schizzava veloce verso la sua moto, un'altra in cui, seduto fuori dal nostro bar ritrovo, si dava da fare per far sorridere una ragazza che si era fermata con la bicicletta.
Era un ragazzo con cui stavi bene, ti dava sicurezza, era alla mano, generoso, dinamico e forse solo per superare un suo disagio, straffottente in certe situazioni. Sorrise l'impiegato, stringendo le foto tra le mani, si assicurò che non ci fosse in casa confusione, quindi chiamò al telefono.
- " Pronto, Salent, sono un vecchio amico di Roberto! "
- " Buona sera, mio marito non è ancora rincasato...."
- " Sono un'amico di Cordovado, mi chiamo Roberto, siamo andati al mare da fidanzati, ti ricordi?...io e Rosanna e tu e Roberto Salent...."
- " si,si...adesso ricordo, io sono Patrizia ! "
- " Ecco si, ma guarda il caso, oggi ho parlato con tuo marito perchè non ci eravamo riconosciuti...."
- " aspetta, te lo passo, è appena arrivato...! "
- " Ciao Roberto!...ma porca miseria...non ci siamo proprio conosciuti ieri? "
- " Già, sai il tempo...! Si, mi ha riferito mio cognato della telefonata di stamattina "
- " Ah...ecco era tuo cognato, mi sembrava! " -
Si scambiarono le loro impressioni, si confermarono che era passata nel frattempo una vita, e mentre parlavano cercavano di ritarare il linguaggio, di ricreare un feeling interrotto, il tono amareggiato dell'impiegato si fondeva con quello appena meno triste del suo vecchio amico,la simpatia e il rispetto fluivano ora come un tempo, vi era un argine alto da scalare.
La società ci denatura, quante barriere alziamo, quante banalità estetiche, quanto lontano ci spingiamo dalla nostra origine, dove erano scomparsi quei ragazzi che avevano nell'amicizia il loro pane quotidiano?
Padri, mariti, responsabili aziendali, membri del Club, ma dove siamo andati ragazzi? ...e mentre continuavano a farsi partecipi delle loro impressioni, sembrò che all'improvviso il vento che all'ora sbatteva loro negli occhi correndo in motorino,fosse tornato improvviso, che il profumo dell'erba dove si sdraiavano, avesse improvvisamente pervaso l'aria, che il loro cantare insieme, avesse rinnovato un coro, era la solidarietà che stava facendo breccia, era la loro simile esperienza, il loro tempo uguale, era un sentimento che non ha confini, ne spazio, ne tempo.
- " Mi ha fatto piacere sentirti Roberto, molto, amico mio ! " disse l'impiegato con l'emozione trattenuta.
- " Stai sicuro che ci vediamo, dobbiamo vederci ! " rispose riflessivo Salient.
Ripose il telefono, alzò lo sguardo al soffitto, era commosso, arrabbiato con se stesso, aveva consentito alla vita di portarlo dove voleva lei.
Rimise giù le foto e si asciugò una lacrima che indisciplinata aveva aperto una via di fuga clandestina, suo figlio lo aspettava e sua moglie lo richiamava ai ritmi del vivere quotidiano.
C'EST LA VIE !

zanin roberto

   
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