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 Altair - L'uomo venuto dalle stelle
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Mercedes
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Inserito - 22/07/2003 :  19:20:51  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Mercedes Invia un Messaggio Privato a Mercedes

La piccola navicella spaziale dopo un ultimo sobbalzo si posò, anzi si abbattè con un certo rumore al limitare del piccolo spazio. L'essere che era ai comandi, dopo una iniziale spinta all'indietro, andò a cozzare con la testa contro l'ampio finestrino panoramico che era al di sopra del quadro con pulsanti di direzione. Il fatto che non fosse di semplice vetro lo salvò da maggiori conseguenze. Scosse due o tre volte il capo, poi si tolse la cintura di sicurezza, provò a pigiare dei bottoni e fece un gesto con aria afflitta. La piccola astronave era seriamente danneggiata, ma la radio di bordo trasmetteva. Sul monitor alla sua destra apparve una figura ed egli trasmise un messaggio in un idioma strano.Una breve risposta e poi lo schermo si oscurò di nuovo. Si alzò. D'alta statura, inguainato in una tuta grigio-argento, era atletico e nello stesso tempo mostruoso. La figura allungata ed agile si tolse con movimenti lenti un casco trasparente, sembrò esitare un attimo, poi con decisione spinse un pulsante sulla parete interna e un uscio si apri silenziosamente. Uscì fuori nell'aria terrestre.
Così gli apparve. Era andata a passare qualche giorno nella sua villetta sul litorale laziale e molto spesso si inoltrava nel cuore della pineta per cercare con la calma e la quiete settembrina l'ispirazione per nuove novelle. Camminava assorta e calpestava con un leggero fruscio gli aghi di pino sparsi a terra quando, ad un tratto, sentendosi osservata, sollevò di scatto la testa, e lui era li, vicino ad un veicolo spaziale. Ebbe un sobbalzo violento, misto a paura e a sorpresa. L'essere che le stava dinanzi era orribile e affascinante al tempo stesso. Lo fissò a lungo e se ne impresse bene nella mente tutti i particolari. Quando l'avesse raccontato non sarebbe stata creduta. Alto forse due metri, sottile e atletico, e fin qui nulla di strano, ma dalla tuta spaziale usciva una testa ben formata, priva di capelli e ricoperta da una pelle, o sarebbe meglio dire, da scaglie verdi. L'alta fronte preludeva ad un naso dalle narici sottili e terminava in una bocca a fessura, senza labbra. Un mento aguzzo delimitava l'ovale allungato. Il tutto rischiarato da due occhi del colore dell'argento lucidato, coperti a tratti, da palpebre retrattili come quelle degli uccelli. Lo strano essere, che sembrava respirare senza difficoltà l'aria terrestre, si tolse lentamente un guanto della tuta e portò la mano, o appendice che dir si voglia, al petto.Una breve pausa poi stese il braccio in posizione orizzontale, per riportarlo poi di nuovo al petto. Un saluto. Quello era un saluto. Meccanicamente ripetè anche lei il gesto e vide, sul volto della curiosa creatura spaziale spuntare una fattispecie di sorriso di sollievo. Gli andò incontro e tendendo la mano con cautela e lentezza, ma anche con decisione, prese l'estremità di quel braccio. Insomma voleva far capire che il saluto dei terrestri è stringersi la mano. Mano...ma quella non era altro che una delle tante forme di mano appena abbozzata, o peggio ancora, deforme. Senza palmo, anzi era un polso prolungato terminante in tre dita della stessa lunghezza e un pollice più breve, senza unghie. Emise dei suoni gutturali e incomprensibili e quando lei rispose "buongiorno" rimase a fissarla affascinato. Poi con un gesto ampio l'invitò ad entrare nel piccolo abitacolo della navicella. Esitò un secondo, ma solo un secondo perchè un'avventura così non le sarebbe mai più capitata. Nell'interno lui le mostrò dei comandi danneggiati, indicava tutto, ansioso di spiegarsi, e infine accese uno schermo sul quale apparve una costellazione. Faceva dei gesti strani con le dita, che non riuscì li per li a capire. Indicava la costellazione , ne seguiva i contorni.....Ma sicuro! Veniva da quella costellazione! Rispolverando le sue pallide cognizioni di astronomia ripescò nella memoria un nome. La costellazione dell'Aquila. Veniva dalla costellazione dell'Aquila? Ma distava dalla terra milioni di anni luce!! E se veniva da così lontano allora su nello spazio orbitava una grande nave base, con numeroso equipaggio, e la piccola navicella spaziale da ricognizione aveva avuto un'avaria nel corso di una ispezione sulla terra. Chissà dove erano diretti? O volevano scendere proprio sul nostro pianeta? Mentre pensava a ciò vide che l'uomo faceva dei gesti con le dita. Stavano forse a significare il numero degli anni impiegati per arrivare sin qui. Ma allora erano sicuramente esseri che vivevano più a lungo dei terrestri. Scosse il capo stordita e lui la fissò incerto. Ma poi gli sorrise e lui rispose al sorriso con un cenno del capo. - "Ti chiamerò Altair " gli disse. Gli occhi di lui seguivano il movimento delle sue labbra. Sembrava bere avidamente le parole nello sforzo di poterle capire. Le sembrò che sorridesse. Poi scosse il capo, si appoggiò alla parete della navicella e le fece cenno di sedere sull'unico sedile che era dinanzi ai comandi. Siccome era mobile lei lo girò e si sedette quasi difronte a lui. Lo fissò, cercò di imprimersi nella mente ogni particolare, cercò qualcosa da dire. Ma che cosa? Non c'era possibilità di conversazione e tutte le domande che avrebbe voluto formulare sarebbero rimaste senza risposta. Era stupefacente come tutto quel che le stava capitando la lasciasse così calma, così priva di paura, così freddamente ragionante, così pronta a vivere un'avventura ai limiti della realtà. I gesti di quell'dessere strano erano gentili, quasi affettuosi, e così quando le prese la mano, lo lasciò fare. La stava studiando con interesse. Con suoni gutturali le stava dicendo qualcosa, ma non lo capiva. Indicava il cielo, poi la navicella, e faceva gesti circolari. Florse voleva dire che stava arrivando un secondo veicolo. Fece cenno d'aver capito. Sempre a gesti l'uomo stellare la invitò ad uscire. Benchè fosse tutta un tremore per l'eccitazione e l'interesse che l'avvenimento le suscitava, il suo aspetto calmo e tranquillo rese il gigantesco Altair quasi ilare. Il suo mostruoso sorriso la raggelava ma, mostrandosi serena e sorridente in volto, uscì fjuori con lui. L'aria limpida e tersa era turbata appena dal leggero vento settembrino che le scompigliò la folta chioma bruna. La mano dello strano essere stellare salì a toccarle i capelli, un tocco leggero e delicato, incerto e curioso. Dal cielo stava arrivando un secondo piccolo veicolo che frenò il suo volo quasi di colpo, restò un attimo immobile, poi cominciò a scendere sollevando polvere e aghi di pino sotto di se. Nel suo strano idioma Altair le stava spiegando qualcosa e con gesti delle mani indicava se, la navicella e contava tante volte le dita, poi tornava a indicare lei e la terra. Cercò di capire e lo sforzo le fece dolere il capo, e mentre lo fissava sconcertata notò nei suoi occhi e nel suo viso un disperato bisogno di essere capito. Sorrise per tranquillizzarlo....Dunque, indicava se stesso e il veicolo...voleva dire io parto. Fin qui era chiaro, ma poi contava tante volte dieci, no, forse non erano dieci, forse....ma certo erano cento! Ma no, ma no, forse....Poi indicava lei, po la terra. Sollevò di nuovo lo sguardo su di lui e lo vide triste e dolente. Capì, capì tutto. Certo partiva e chiedeva di essere aspettato li, in quel posto, quando sarebbe tornato tra....chissà quanto tempo, forse cento anni, forse di più. E voleva che lei rispondesse, voleva la sua promessa e la voleva subito. Fece cenno di si con la testa e subito l'espressione del volto di Altair cambiò. Sorrise aprendo la larga bocca a fessura e come per gioco annui copiando il suo gesto, poi le prese la mano, la tenne per un istante. Infine si allontanò e salì sul piccolo veicolo spaziale. Sulla porta si girò, la guardò, poi scomparve mentre lo sportello si richiudeva silenziosamente. Dopo qualche istante il veicolo si staccò da terra con un balzo, salì nel cielo e si allontanò nel sole. Lo seguì fin che potè con lo sguardo e con la mano alzato in un gesto di saluto. - "Addio Altair, addio uomo venuto dalle stelle - bisbigliò appena - tu tornerai, lo so, lo hai promesso, ma io non sarò qui ad attenderti, non potrò, perchè tu non sai, e io non te l'ho detto, che la vita di noi terrestri ha la durata di un sogno".

Mercedesmarconi

   
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