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 20 Sfumature di Vita
 l'Aurelio racconta -
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marcello ravasio
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alla sera, prima di tornare a casa, passo a far 4 chiacchere con il babbo, ed ogni volta escono fuori racconti della sua infanzia.

inizio con questo:

La corrente elettrica
______________________

Nel 19.. a Milano circolavano i tram a cavalli ed il nonno Stefano, era un conducente molto qualificato e rispettato.
Anche in famiglia, moglie ed 11 figli, la sua autorita' e saggezza,
era tenuta molto da conto.
Il progresso tecnologico arrivo' anche a Milano, ed il tram a cavalli , si trasformo' nel tramway elettrico, e naturalmente, l'azienda , fece in modo che uno dei primi conducenti del nuovo mezzo di trasporto, fosse proprio il nonno Stefano.
La gente pero', era terrorizzata dalla novita', e salendo sul tram, aggrappandosi con forza ai mancorrenti, gridava ad ogni momento:
"o Signore, come fara' a fermarsi, va da solo ........(el va de per lu')"
(il milanese non lo so, Elena per favore lo puoi ritradurre??grazie )
Ma il terrore per la corrente elettrica, non era riservato solo al tram, ma anche a casa del nonno Stefano, la moglie e gli 11 figli, non si assumevano la repsonsabilita' di toccare l'interruttore, ed aspettavano al buio il rientro del capofamiglia, perche' la luce, doveva essere accesa solo da lui.

Aurelio


immagini dal sito:
http://www.storiadimilano.it/citta/trasporti_pubblici.htm


Edited by - marcello ravasio on 25/01/2006 09:08:12

Elena Fiorentini
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Complimenti e cari saluti al babbo Aurelio.
Aspettiamo altri tranche de vie straodinari come questo.
Intanto ecco come la pensavano i Milanesi con i tram a cavalli...figuriamoci senza.

Ohi bella se vuoi venire
sull'omnibus, sull'omnibus
Ohi bella se vuoi venire
sull'omnibus con me

Mi nò, ghe vegni nò
mi gh'hoo paura, mi gh'hoo paura
Mi nò, ghe vegni nò
mi gh'hoo paura de borlà giò.

i cavalli in pensione ed ecco i commenti impauriti

"O Signor, come'l farà a fermass..e'l va in de per lu."

La va ben la traduzion, Marcello?

Se vedom
Elena
---------------------------
le "o" si pronunciano "u"
le "u" si pronunciano "u" alla francese

Edited by - Elena Fiorentini on 25/01/2006 10:31:25Vai a Inizio Pagina

marcello ravasio
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la traduzion l'e' minga màl
grassia (??)grazie

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marcello ravasio
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..... in via Rivotana32b
In quella stradina privata, ci conoscevamo tutti, Bertacco e il figlio Coradin, i Piolanti con la figlia Lina pianista, Poldo e Pierina con i figli Mariuccia e Ginetto, finito disperso in Russia, la Peppina dalla quale andavamo a bere per calmare la sete, l’Antonietta lavandera, La Calzetera, il Desio col suo pancione oggetto dei nostri scherni, el “minga mal” che vendeva “cinq limmu una lira”, all’angolo della via e poi con il ricavato si ubriacava all’osteria e, quando gli si chiedeva:
“come va??” rispondeva sempre con un sorrisone: “minga mal”.
La strada era un campo giochi come il “mondo” con in mano la spèrla, e i salti alla cieca dicendo “a-salam” senza calpestare le righe tracciate sul terreno non ancora asfaltato, l’orto con i fiori coltivati e l’uva, le siepi dove si cercavano i “fambros”
Quanta gioia di vivere tutti insieme nella nostra inconsapevolezza dalle verdi intelligenze, con i genitori e la Carolina (la Tata), che ci hanno accompagnato nella crescita.......

Edited by - marcello ravasio on 31/01/2006 13:13:27Vai a Inizio Pagina

marcello ravasio
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(il nonno Stefano e la nonna Maria, sulla sinistra della foto)

La famiglia del Nonno Stefano, da un tema della sorella di Aurelio , Gianna

Il nonno Stefano, essendo nato nel 1860, riuscì a frequentare le prime scuole per la gente comune istituite dal Cavour.
Allora l’analfabetismo era imperante:
i ricchi avevano l’insegnante privato nei loro palazzi, gli altri, ma solo i più dotati, erano accolti presso i preti nelle Parrocchie.
A otto anni, avendo compiuto il ciclo di studi che durava due anni (il primo per imparar a leggere e scrivere, il secondo per saper far di conto), in nonno venne assunto nello studio dell’avvocato Foresti e, munito di una bicicletta dalla grande ruota anteriore e di un mantello nero, portava in giro per Milano le lettere dei clienti.
D’inverno veniva buio presto, ci raccontava, ed andando per vie piuttosto deserte, veniva spesso inseguito dai cani da guardia ed allora.... forza con le gambe.....e che paura!
Cresciuto negli anni, divenne poi impiegato di fiducia, dalla bella calligrafia con cui allora si riempivano la varie pratiche.
Sempre considerato dal nonno con grande stima e quasi con venerazione, questo Avvocato, finito il rapporto di lavoro, gli assegnò vita natural durante un “vitalizio” , cioè una pensione.
La famiglia era “oriunda” di Pioltello , un paese appena fuori Milano.
Un giorno il bisavolo disse al giovane ragazzo:
”Hai vent’anni, è ora che si pensi a darti una moglie”.
Presero il calesse ed insieme al sensale amico del bisavolo, andarono dai cugini di Pioltello dove c’era una ragazza di sedici anni che poteva andar bene.
Si fermarono sull’aia della casa colonica, e il nonno Stefano vide una lunga gonna nera ed una treccia bionda, che uscita da una porta, si era prontamente infilata in un’ altra.
Sempre nonno Stefano racconta:
“mio padre disse: E’Lei, ti piace??”, Io risposi di sì, e fu matrimonio!!”
Allora come oggi, non e’ detto che la riuscita di un matrimonio, dipenda da rapporti prematrimoniali, ci vuole anche tanta fortuna, per il nonno fu come giocare al lotto.
La vita insieme di Stefano e Maria, fu lunga e serena: undici figli furono battezzati di cui sei morirono.
Mia mamma era l’unica femmina rimasta, aveva bei capelli neri e ricci, che doveva fermare con un pettine, per non “apparire” troppo.
Prima di sposarsi , faceva la ricamatrice a macchina: era in un grande salone con altre trenta donne ed altrettante macchine Singer (il cui avvento fu una grande conquista per le donne, come sarà più tardi, la lavatrice).
Un giorno, le ragazze fecero azionare a vuoto le macchine, mentre qualcuna montò sui tavoli a fare “il varietà”, senza accorgersi che il padrone le stava sbirciando dal lucernario !
Dei quattro maschi, il primo era entrato alle poste, smistava la corrispondenza sui treni ed era sempre in viaggio.
Altri due lavoravano alla C.G.E. la più grande fabbrica di motori di allora.
Tutti gli anni, la direzione bandiva un Concorso tra i dipendenti per la migliore novella: mio zio Giovanni ottenne spesse volte il primo premio.
L’ultimo l’Egidio, era impiegato all’Istituto Sieroterapico Milanese, ed avendo solo pochi anni più di noi, fu il nostro grande amico.
Quando cominciarono le prime rivendicazioni operaie ed i primi scioperi, per i miei zii furono tempi assai duri, tra le minacce di licenziamento e le botte dei facinorosi e, seppur con qualche ferita chi ad un braccio, chi alle gambe, riuscirono a sopravvivere tra i due fuochi.
Da bambina mi piaceva tanto mettermi sulle ginocchia del nonno Stefano ed ascoltarlo:
ricordava il dominio degli Austriaci e come nel cuore dlela gente cominciassero a germogliare idee di libertà, di amor di patria.
Una volta al teatro “Dal Verme”, durante uno spettacolo, mentre sul palco si cantava una marcia che infiammava i cuori (La bella Gigognin), la gente sorse tutta in piedi, acclamando, mentre gli sgherri erano lì pronti con i fucili spianati ...
Nonno Stefano aveva una gran bella voce da tenore, sapeva tanti pezzi d’opera e mi aveva insegnato parecchie romanze che cantavo in duetto con Lui.
Egli quando doveva rimproverare un figlio, lo chiamava in camera da letto e, seduti uno di fronte all’altro, gli faceva “capire la ragione. “
La famiglia abitava a Porta Venezia, in una delle grandi case “ a ringhiera” dove io mi recavo con la Mamma sempre con gran piacere e curiosità:
trovavo le vecchie foto, i dipinti delle dive famose copiate da zio Alberto, mentre lo zio Egidio era riuscito a costruire una piccola radio a cuffia: era il 1929, io avevo dodici anni.
Ricordo ancora la somma meraviglia, lo stupore incredibile che mi prese quando nella cuffia udii raccontare la fiaba di “Capuccetto Rosso”!
Il nonno e la Sua famiglia, furono per noi tutti un punto di riferimento: nella sua casa c’era appena il necessario ma c’era ordine, armonia, serenità anche in mezzo alle tribolazioni.
Si accettava la vita per quello che essa è, con la pace di aver compiuto un cammino, di aver fatto il proprio dovere, con la forza che sa dare il volersi bene.

La Zia Ida

Ella era la sorella del nonno: si era sposata con un uomo ricco propietario di un Grand- hotel sul Lago Maggiore, ad Intra, allora luogo molto frequentato dalla “crème” di allora.
Questi parenti , rappresentavano per noi un altro mondo: le due figlie ed il ragazzo, più grandi di noi, studiavano lingue, suonavano il pianoforte, erano sempre molto eleganti e mangiavano in una sala privata dell’albergo,
serviti in tutto dai camerieri.
Nei nostro contatti, (loro erano più grandi di noi), eravamo ammirati ed intimiditi.
Il nonno diceva:” quando vengono a trovarci, sembrano schifati di tutto!”
Delle due ragazze Lola si fidanzò con un conte, mentre Lina s’innamorò “molto osteggiata”, del maitre.
Il cugino era un bel giovane alto e bruno, un tipo fatale alla Rodolfo Valentino.
MA come spesso accade nella vita, la fortuna in breve tempo, mutò:
i clienti vennero a mancare, perchè attirati da mete più esotiche e più alla moda.
Nella rovinosa caduta, dovettero andare in affitto a Milano, in un modesto alloggio.
Lola fu subito abbandonata dal conte e si ammalo di etisia, Lina sposò il suo maitre e si salvò con una famiglia sua,
Il ragazzo, il bel Pino, si diede al gioco e prese a bere “l’assenzio”.
Un giorno rubò i pochi gioielli della zia per pagare i debiti dimgioco, fu processato e condannato.
Sulle vetrine dei Grandi Magazzini Dogana, dipingevano vignette che riproducevano fatti di cronaca.
Che botta la cuore quando mia madre ed io, vedemmo passando il nostro parente in caricatura, con il commento salace del suo misfatto!
Il poveretto dopo anni di buona condotta, fu mandato al manicomio criminale, dove svolgeva un lavoro di segretariato.
Mi faceva pena e, così cominciai a scrivergli in inglese.. ma di questa corrispondenza non ricordo nulla, perchè dopo poco tempo si ammalò e morì.
Ricordi lontanissimi, che poi svaniscono con l’incalzare di altri personaggi, avvenimenti.
Tutto passa , ma nella scuola della vita forse senza rendercene conto restano in noi sentimenti, riflessioni, giudizi che condizionano il nostro modo di essere, di pensare e di agire; che fanno di ognuno di noi ciò che ora siamo.

Gianna Ravasio Turani
25 maggio 2001


Edited by - marcello ravasio on 31/01/2006 13:15:19Vai a Inizio Pagina

marcello ravasio
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Inserito - 03/02/2006 :  11:23:03  Mostra Profilo  Visita la Homepage di marcello ravasio  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a marcello ravasio
da :
“Milanin Milanun”, la vecchia Milano intorno a piazza del Duomo, viene distrutta !

Te scrivi rabbios, Carlin dal mè stanzin depos al campanin de San Vittor di legnamèe.
Che dedreèe l’è tri mes che fan tonina di caà de Milan vècc:
e pichèn, sbàtten giò camin, sorèe, finester, torr e tècc, grondai, fasend on catanai in mezz a on polvereri ch’el par propi sul seri la fin del mond.

Dove el va, el mè car Carlin, quell noster Milanin di noster temp, inscì bell e quiett, coi contrad strett in bissoera (ho dovuto chiedere spiegazioni: come una biscia!), dent e foera, sul gust d’ona
ragnoera?

On poo foera de man, dùu pass a bass di pont, pareva subet on alter paes, con qui sces tiràa tra i mur, con denter qui campagn de ortai, con qui giardinitt inscì fresch, ombros, vestiti de fior, de foeui, de maggiorana, con qui sces de fambros e qui toppiett de ribes e d’uga moscadella.

Se trovava la bella compagnia coi tosann, con la frotta di parent, e se giugava ai bocc sotto a la toppia, el pestonin a moeuj,( – ho dovuto chiedere : in attesa di mangiare lo stoccafisso, a mollo)
infina che in mezz ai bocc se vedeva il balin.

E qui giòrnad del tredesin de Marz? Gh’era la fera, longa longhera, giò finna al dazi, coi banchitt de vioeur, de girani, coi primm roeus; e tra el guardà, l’usamà, el toccà, se vegneva via col coeur come on giardin.........

Sensazioni:
che bella descrizione del borgo di Milano, la vita era una sensazione calda di vita in comune, e tutto dominato dalla poesia, che nasceva dal guardarsi attorno, dalle cose semplici, quel “si veniva via con il cuore come un giardino......”................................
Il progresso ha ovvio il suo prezzo, ma quando e’ il “cuore” a pagarlo, e’ uno strazzo! (sarebbe strazio ma la rima ha il suo prezzo.....)

Imagin:
dal sito
www.sfogliamilano.it


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Elena Fiorentini
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Inserito - 06/02/2006 :  09:41:03  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Elena Fiorentini  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Elena Fiorentini
di
Elena Fiorentini
***
Elio, a cui ho mandato queste belle pagine, mi ha risposto così.
***
Cara Elena grazie per i bei concerti di sogni sui vecchi trasporti
milanesi, ricordo quelle canzoni che si cantavano sui bus quando si
facevano le gite in montagna, anche quella dell'onnibus ...

se fai la gita in Valsusa bello e ti invidio ma io preferisco vedermele in TV, tu però ricorda che devi badare alla salute.

Edited by - Elena Fiorentini on 06/02/2006 10:31:01Vai a Inizio Pagina

marcello ravasio
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quando L'Aurelio ha letto la filastrocca dell'omnibus, si e' messo subito a canticchiarla,
come se il tempo si fosse fermato!
.... continua
marcello
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marcello ravasio
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Dopo 2 giorni di ricerche dell’Aurelio, ecco la traduzione:


Da Milanin Milanun

Ti scrivo arrabbiatissimo, Carlino, dalla mia stanzetta nei pressi del campanile di Sanvittore dei falegnami.
Qui dietro, sono gia’ 3 mesi che stanno radendo al suolo le case della vecchia Milano: picchiano, abbattono comignoli, abbaini, finestre, torri e tetti, grondaie, facendo un gran baccano in mezzo ad un polverone che sembra proprio veramente la fine del mondo.
Dove andra’ a finire, mio caro Carlino, quella Milano dei nostri tempi, cosi’ belli e quieti, con quelle contrate strette come una biscia, dentro e fuori simili a gustose ragnatele??
Un poco fuori mano, a due passi dopo i ponti, sembrava subito un altro paese con quelle siepi a guisa di muretti dietro le quali si scorgeva una campagna di ortaglie, fatte di giardinetti freschi e ombrosi, coperti di fiori di foglie di maggiorana, ancora siepi di Fambros con rampicanti a “berso’” di ribes ed uva moscata.
Si trovava poi bella compagnia con le ragazze e la frotta dei parenti, si giocava a bocce, sotto il ripaio di una stuoia, mentre si andava preparando lo stoccafisso lasciato a mollo, fino a quando era
possibile vedere il pallino in mezzo alle bocce.
Ma chi puo’ dimenticare le giornate del 13 marzo?
C’era la fiera, lunga da non finire che arrivava fino al Dazio, con le bancarelle di viole, di gerani,e le prime rose; fra guardare, odorare e toccare, si andava via con il cuore che era diventato come un giardino.....

Edited by - marcello ravasio on 13/02/2006 15:35:57Vai a Inizio Pagina

   
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