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R A S S E G N A     A R G O M E N T I
Renato Attolini Pasqua è alle porte e quale occasione migliore per gustarsi questa pellicola del 1973 di Norman Jewison che molto probabilmente la Rai o Mediaset riproporranno, com’è loro consuetudine da qualche anno in qua, in questo periodo. Girato in Israele narra la vicenda della rappresentazione degli ultimi giorni di Gesù per opera di alcuni hippies che arrivano a bordo di un malandato camion in una zona desertica dove poi impianteranno la scenografia necessaria. Stroncato ed osannato alla sua uscita questo film poneva delle tematiche che conservano a distanza di più di 30 anni tutta la loro attualità, complici le “revisioni storiche” che alcuni autori, Dan Brown in testa col suo “Il Codice da Vinci”, stanno operando sulla figura di Cristo. Già allora suscitarono emozioni e anche qualche polemica l’interpretazione di Giuda da parte di un fantastico Carl Anderson. Nel film appare non un vile traditore quale la storia ci ha consegnato ma un amico sincero e devoto, costretto a tradire da un preciso disegno. “Ti meriteresti che restassi qui a rovinare i tuoi piani” grida, infatti, a Gesù nel drammatico confronto nell’orto di Getsemani. Indimenticabile il monologo iniziale nel quale ricorda come egli sia sempre stato il “braccio destro” e di come la sua ammirazione per lui non sia mai morta ma che “We are occupied… noi siamo occupati dai Romani e ogni parola che tu dici viene in qualche modo fraintesa e fuorviata. Ho paura, ho paura della folla, ho paura che prima o poi a causa tua ci schiacceranno”. La visione che ha il Giuda di Jewinson degli apostoli è di un movimento politico che deve battersi per i diritti delle popolazioni oppresse. Queste “chiacchiere su Dio” (“No talk of God and we called you a man”) che Gesù ora propugna sono pericolose. I Romani non aspettano altro. Siamo agli inizi degli anni ’70 e le tematiche sociali e politiche, retaggio del’68, nel bene e nel male sono ancora forti e molto sentite in tutto il mondo. Qualche incursione “moderna” nell’ambientazione storica di allora da parte di carri armati, mitragliatrici e superjet ce lo ricorda. La figura di Cristo, come anche da commenti del tempo, appare quasi secondaria in questo film a parte la scena-cult prima di essere arrestato, quando in un immaginario colloquio col Padre gli confida tutta la sua amarezza per dover essere sacrificato secondo un disegno prestabilito del quale ignora il motivo. “Why I should die? Perché devo morire?” è il suo grido di dolore “Sei molto preciso” lo accusa “circa il come e il quando ma non sul perché!” Un Cristo uomo e come tale pieno di dubbi, incertezze e paure. Un uomo che non desidera morire, forse anche innamorato di una donna, Maddalena, che sicuramente lo è invece. (“I don’t known how to love him. Non so come amarlo, ma lo amo tantissimo” recita in una stupenda canzone.) Un uomo che alla fine accetta, sia pur riluttante, il suo ruolo quello di figlio di Dio e il suo destino. “Ma se tu hai deciso che io debba morire, va bene io morirò, ma uccidimi adesso prima che io cambi idea.”). Da questo momento riassume le vesti “divine” e va incontro alla sua sorte. Le figure che primeggiano in questo film sono quelle che la Storia ci ha sempre presentato in un’ottica negativa come quella, già detto, di Giuda e Maddalena ma anche di Ponzio Pilato. Questi è un uomo tormentato, ancora prima di conoscere Cristo. “Ho sognato un uomo stupefacente, gli facevo delle domande, ma non mi rispondeva. Ho sognato una folla immensa che dava la colpa a me della sua morte.”. Quando lo incontra, fa di tutto per salvarlo, ma nulla può contro il disegno che sta per compiersi. E il gesto di lavarsi le mani dal sangue di Gesù, è un atto d’impotente rabbia e di dolore e non d’indifferenza per il quale è diventato famoso. Non per niente, terminata la rappresentazione, mentre tutti gli attori ritornano allegramente al camion, gli unici che si fermano in atteggiamento raccolto e riflessivo guardando la scena che hanno appena interpretato sono appunto quelli che hanno interpretato questi tre personaggi. E’ un musical che non mi stanco mai di vedere e personalmente non capisco le stroncature, anche su internet, che ha ricevuto. Si è detto che al botteghino ha fatto fiasco. Niente di più falso: all’epoca avevo ventuno anni e mi ricordo la televisione che intervistava gli spettatori fuori dei cinema. Erano tutti commenti entusiasti e tutti negarono che fosse un film blasfemo, tutt’altro. Per chi non ha il dono della fede o quantomeno non ci trova spunti di riflessione, può comunque sempre ascoltarsi le stupende musiche “evergreen” di Tim Rice e Andrew LLoyd Webber.


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