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 Una pietosa follia
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Mile
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Inserito - 22/11/2004 :  18:02:23  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a Mile
23 marzo 1992

L’impotenza era ciò che mi caratterizzava.
Presi poche iniziative nella mia vita; tutto mi sembrava irraggiungibile, inarrivabile, inaccessibile per le mie capacità. Stavo lì a guardare la vita scorrere, senza oppormi o acconsentire, senza piangere o gioire.
Tutto era, a prescindere da me.

Per quanto spesso mi chiedessi che senso avesse tutto quello che ero o che facevo, visto che ciò non aveva la minima importanza ai fini del Creato, non osavo spingermi, con il pensiero, al di là dei limiti da me stesso impostimi.

Oramai non riuscivo nemmeno a seguire i fili della mia mente. I pensieri scorrevano senza che io li capissi e fu per questo che cessai di pormi domande, cessai di osservare la mia esistenza, cessai di prestarmi attenzione, e resi la mia vita un vegetare.

Non sapevo più cos'ero, perchè facessi quel mestiere...non ricordo quale.
Come avessi fatto a vivere fino ad allora, per me era un quesito senza possibilità di risposta. Ero qualcosa... costretta a vivere... perchè era nata. Questo ero io.

Ricordo di avere avuto dei bambini... e forse una moglie che mi accudiva. Ricordo degli esili momenti di sorpresa contentezza. Ricordo la casa, la camera da letto, il legno impolverato, i graffi sulla scrivania... Ricordo il gatto.

Ma è così difficile ricordare qualcosa che risale a prima della mia nascita, una vita d'automa che non mi appartiene più!
A volte un forte profumo acido-dolciastro, che sa di rossi grumi nauseabondi, inonda la mia mente e turba la mia beata esistenza di oggi. Non riesco a capire da dove provenga ma è così pungente, così soffocante... che, sopraffatti, i miei sensi si arrendono.

Mi ritrovo nel buio e ancora una volta sento l'odore nell'aria. Un'aria densa, palpabile, nera. Mi sembra tutto così uguale a qualcosa che ho già visto o percepito...
Ma forse appartiene a quel passato lontano da cui un giorno benedetto sono fuggito, non ricordo nemmeno come e quando, e che forse ancora tenta di raggiungermi.

Adesso, ogni mattina, la serenità mi accoglie al mio risveglio; ho una gioia nel cuore che mi rende esultante per ogni singolo momento di vita che sento in me e attorno respirare. Ogno oggetto o volto o parola o suono o tocco o palpito concorre affinchè io venga rapito da un'estasi sublime che m'induce persino a leccare sui muri quei quadratini di luce...

Ma ritorna. Ritorna quella puzza terribile, quel senso di orrore angosciante e il buio, il buio color rosso. Mi sento ancora svenire, sento che nuovamente tutto mi sfugge di mano. Mi aggrappo disperato al camice bianco che passa al di là della grata ma tutto è inutile.

"La mente urla nella mia testa mentre infilo la chiave in una porta socchiusa. Le cellule stordite al primo inspirare in quel nero da ingresso impaurito. Le mie gambe procedono senza neanche avvertirmi, dei gemiti in cucina. Destra, puzza: una piccola mano inerte e rossa mi saluta dal pavimento di una cameretta in penombra. Un urlo mi schiaccia il cuore e i polmoni, ma non un soffio nella mia gola. Tento di respirare attraverso gli occhi sbarrati. Rosso - rosso sui muri, per terra, su una grafia da bambino.

Un ritmo monotono e crescente mi batte la testa; uno strano strumento, la voce di un uomo... La debole luce di luna mi invita a guardare tra legno e lenzuola.
Il ritmo batteva sulla schiena di lei, pallida e inerte, e l'uomo dal lungo coltello mi guardava assente.

Fu allora che la vita irruppe impetuosa nella mia anima. Le mie grida riecheggiarono in tutto il Creato. Mi gettai in avanti per strappare dalla morte quel rivoletto di sangue nella bocca socchiusa... Ma lo feci con tanta veemenza che, troppo in alto, il vento stupito si accorse di me e con sè mi portò.”

Tanti occhi su di me mi accolgono al mio rinvenire. Quando mi sveglio ogni mattina ringrazio Dio per quello che sono e che sento. Tutto ciò che è stato è solo nebbia e foschia...nel vento io pulso, insieme al mondo...

   
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