Milano, 6 luglio - dal vostro corrispondenteDieci Euro in tasca all'ora di pranzo adocchiando i menu dei succulenti piatti proposti dai locali nei pressi di piazza del Duomo a Milano, sotto un cielo plumbeo che attende pazientemente le mie mosse all'aperto prima di scaricare su di me il contenuto delle nere nubi temporalesche.
Dieci Euro e' anche il costo del biglietto d'ingresso al Palazzo Reale li' appresso dove si tiene la mostra delle collezioni dei quadri dei pittori fiamminghi e olandesi prestati per l'occasione dalle collezioni private italiane.
Il pensiero dei rimproveri del redattore capo se avessi scelto il cibo anziche' la ghiotta opportunita' di un servizio per la Concerto News System, mi hanno fatto inghiottire la fame e sospirare alla cassiera un biglietto e un depliant su cui ho scritto le note che vi sto riportando.
La mostra copre il periodo dal '500 al '600 e non capita tutti i giorni di trovarsi di fronte a capolavori di pittori i cui nomi sono leggenda.
La prima impressione per la "Natura Morta" dipinta nel 1615 da Pieter De Ring, dettagli chiari come trovarsi di fronte ad un tavolo reale, la tovaglia bianca, il bicchiere, il pane, la brocca, riflessi luminosi del pennello sullo sfondo di tendaggi violetti e neri, una pittura ricca che colpisce per l'abbondanza. Sensazione confermata poi dalla "Natura morta con pesci" e dalla "Natura morta con vegetali".
La grande scuola dei "panoramisti", "La veduta della citta' di Rhenen" dipinta su legno di quercia da Van Goyen nel 1650, sapiente uso delle nervature del legno, il deciso tratto del cielo, delle nuvole, del porto, le abitazioni dorate. Il grandioso "La scena del mercato" di Simon Van Douw e i paesaggi montani di Joos De Momper.
Lo stile comune e' quello dei tre colori di base, marrone in primo piano, verde nel medio e grigio azzurro lo sfondo, terra e persone, ampie vallate con castello e poi il cielo.
Pieter Mulier ci accompagna in "Un paesaggio con pastori" al collegamento con l'Italia dell'epoca, i grandi artisti fiamminghi di Anversa, Utrecht e Amsterdam infatti dipingevano spesso su commissione di grandi signori feudali della penisola, questa e' la ragione per cui un discreta parte della loro produzione si trova attualmente nelle collezioni del nostro paese.
Il filone arcadico dei maestri fiamminghi si nutre di reminiscenze di Caravaggio, Michelangelo, Bernini a riprova dello scambio continuo tra nord e sud Europa, "Cimone e Ifigenia" di Van Mieris della rinomata scuola di Leiden, i "Paesaggi paradisiaci" di Jan Stellinck con un dettaglio che permette quasi di toccare come fossero viventi le decine di specie animali rappresentate, in una chiara esplosione di colore.
Il filone biblico religioso, "Il sacrificio di Isacco" di Jacob Jordaens, i contrasti luminosi disegnano in dettaglio i contorni dei personaggi, chiara la pelle, scuro lo sfondo, il trittico "L'adorazione dei Magi" di Jan De Beer, dipinti che intendevano sbalordire con la loro ricchezza di tratti i ricchissimi acquirenti europei, in molte tele si nota il desiderio di stupire con colore e abbondanza e sfarzo di tratto.
Il ritratto della vita di ogni giorno, la "La rappresentazione di teatri di piazza" di Anton Goubau e' una vera "tranche de vie", carica di immediatezza. Nelle tele si risente la "moralita'" della scuola umanista nordica del tempo, primo tra tutti Brueghel, che fustiga la corsa ai piaceri che distacca il popolo dalle preghiere.
Infine i ritratti, Jacob Cuyp mette in posa uomini e donne, negli abiti seri delle grandi occasioni, volti e costumi che paiono nati per essere messi in serena e intenta posa, il "Ritratto di Francesco di Gonzaga" di Rubens, un condottiero dipinto in maniera aulica e il sorprendente "Ritratto di Lady Dygby" di Anton Van Dyck, una donna dallo sguardo e il corpo angelico con attorno schiere di angioletti, come da richiesta del committente, Lord Dygby, che con quel dipinto voleva cancellare la passata fama assai poco angelica della sua nuova sposa.
Ho notato che la staticita' dei volti sempre uguali e lieti come maschere nelle varie tele, e' in contrasto con l'intensita' e la profondita' delle tele paesaggistiche e marine. Mi e' venuta in mente la cosiderazione che gli artisti dell'epoca, frenati nel disegno di esseri umani dalla morale del tempo e dai desideri dei committenti, abbiamo in cambio sfogato quella complessita' e quel dramma che il loro spirito artistico non poteva caratterizzare nei volti, riversandolo sulla natura, dai vasti panorami alle nature morte.
Secoli ancora separano gli anni dei pittori fiamminghi e olandesi dalla trasformazione di ogni arte in conseguenza dell'avvento della scienza della psicologia, il cambiamento radicale da pennelli che tratteggiavano una realta' umana esteriore e sfarzosa, a pennelli che si avventuravano a disegnare l'interiorita', con le sue gioie e sofferenze finalmente affidate ai volti e non solo ai panorami.
Bob Porter - Cns - Concerto Arts and Leisure Review - @2002
P.S.: a proposito, redattore capo...quando e' che mi assegni ad incarichi sul campo, tipo Kashmir, perche' sempre pacifiche mostre di quadri? Come faccio cosi' a dimostrare che sono un vero reporter? ...e con questo sfogo mi sa che ho perso il posto e ho saltato il pranzo e poi si e' anche messo a piovere mentre portavo il servizio in redazione ed ero senza ombrello, che giornata.