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 A piedi nudi...nel Parco
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Marianna
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Inserito - mag 17 2002 :  21:22:34  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Marianna  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Marianna
’A piedi nudi ...nel Parco’

Il bianco delle sue cime si presenta presto allo sguardo.
Percorrendo la A3 e, lasciata prima Salerno poi Battipaglia alle spalle, lentamente il paesaggio comincia a cambiare: un lussureggiante parallelepipedo si va allungando, sulla destra,dalla valle del Sele all’interno verso il Vallo di Diano.

Ecco là il massiccio, nell’ antichità lambito dai viaggiatori che dovevano attraversare la penisola. Virgilio lo aveva conosciuto, lasciandone una traccia nelle sue Georgiche.
Anche Cicerone, che nel 58 a.C. aveva sostato alle sue ‘Nares Lucanae’ , o ‘ porte della Lucania’ , un’antica stazione di ristoro, ora loc. Scorzo frazione di Sicignano.
Un momento di turbolenza stava vivendo l’oratore latino e, di certo, dovettero addolcirgli la vita le rinomate ‘lucaniche’, le salsicce di maiale cotte alla brace, vanto della gastronomia locale.

Persino un occhio inesperto avrebbe riconosciuto il carattere calcareo - dolomitico del massiccio degli Alburni. La cartina ne indicava i dati e li leggo ad alta voce a Nicola, come una provetta guida turistica.

“Ecco , vedi, a ovest il suo corpo montuoso è delimitato dalla Valle del Calore, mentre a sud incontra colline e valli, come la Valle del Fasanella, che lo separano dal Cervati, luogo sorvegliato dai falchi e dalle aquile. Là trova ancora rifugio il Lupo appenninico .”
Nella mia mente ancora il ricordo del nostro incontro inatteso con un’aquila.

Era stata la prima volta. E quella non si scorda mai.
Maestosa e regale, lei ci aveva osservati, e non avemmo dubbi sulla sua identità quando aprì le ali al volo. E quelle vette screziate di bianco, quelle gole, quelle rocce e quei declivi evocano il volo delle Poiane, dei Corvi imperiali, dei Falchi pellegrini e di altri rapaci.

( ...alla prossima... ...da Marianna-viaggiatrice )


Marianna
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Inserito - mag 20 2002 :  11:19:34  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Marianna  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Marianna

2 Puntata
L’esteso altopiano degli Alburni ha una venerabile età, nonostante il suo aspetto prestante ed ardito.
Nato quando i poderosi e continui movimenti crostali dettero origine all’ Appennino Meridionale, il complesso montuoso sembra ergersi come un dio sul suo trono.
La sua bellezza è mutuata dal ridondante dispiegamento di pianori, grotte, boschi, sorgenti chiacchierine e valli, profonde quanto gole.
Le immagini di una guida turistica ne riproducevano i colori autunnali.
Degne della tavolozza di un grande pittore le sfumature dei suoi carpini, dei lecci, delle distese di castagni e del sottobosco.
Ma l’autostrada non è la maniera migliore per immergersi nella realtà alburnina.
Avremmo approfondito la conoscenza con il massiccio e il suo carsismo, presto, e in modo gradevolissimo.

Superiamo Sicignano, pronti ad inoltrarci nel Vallo di Diano, ampio dai due ai sei chilometri e percorso dalle acque del Tanàgro e del Nero, dove la lontra ancora può vivere indisturbata, e non solo lei.
A vederlo è facile immaginare il suo aspetto originario di lago pleistocenico.

Decidiamo di uscire a Petìna, dove ogni anno a giugno si ripete la sagra delle gustose fragole di bosco.
Seguendo la segnaletica arriviamo alla grotta di Pertosa, che incuriosisce per la sua nascita legata all’intervento dei romani.
Siamo fortunati: un gruppo di studenti sta cominciando la visita. Insieme alla comitiva prendiamo posto nel barcone, che comincia a scivolare sull’ iniziale lago sotterraneo, artisticamente illuminato.
In sottofondo udiamo un brusìo che si va facendo, mano a mano, più consistente, mentre una folla di stalattiti ci da il benvenuto. Avanzando il rumore aumenta.

( ...alla prossima.......)


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Marianna
Cittadino



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Inserito - mag 23 2002 :  18:38:23  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Marianna  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Marianna
Ben presto ci troviamo di fronte ad uno spettacolo spumeggiante: una cascata inonda la caverna di pulviscolo d’acqua.

Prendiamo terra per proseguire a piedi l’ avventura nelle viscere della montagna.
Ha davvero ragione la nostra guida: quei posti regalano emozioni a piene mani, le stesse delle sculture d’autore.
E’ il fenomeno carsico degli Alburni, del quale sono espressione le doline, le caverne, i pozzi, le valli carsiche, le stalattiti e le stalagmiti dalle forme bizzarre e fiabesche.
La guida ci informa che la grotta di Pertosa nacque grazie all’ intervento dei romani, che aprirono la cosiddetta ‘Intagliata’, sfondando la roccia, e deviando il corso del Tanàgro.
E quei gioielli di calcare creati dall’acqua erano stati battezzati con nomi emblematici : il castello, la cascata, la sala delle Spugne e delle Vergini, il Paradiso,S. Gennaro,le Colonne d’ Ercole ,la sala del Trono, dove la volta sembra sfuggire in alto per dare più respiro e solennità al seggio regale.

I quadri che si susseguono nella grotta alternano cortine di stalattiti a candelabri di stalagmiti. Un mondo incantevole e irreale si concede superbo ai nostri occhi.
All’uscita mi affretto a comprare qualche cartolina da mostrare al rientro: c’era il rischio che non avrebbero creduto al mio racconto! Riprendiamo l’A3 diretti, stavolta, diretti a Teggiano, o Tegea, Tegia, Tegira, come i greci la chiamarono quando si insediarono in quelle terre facenti parte della Magna Grecia.
Successivamente la cittadina avrebbe conosciuto il dominio di Roma. La testimonianza più consistente è data dai resti del tempio dedicato ad Esculapio, con il quale abbiamo fatto subito conoscenza.

Seguendo la strada che avvolge la cittadina come un serpente, saliamo in cima , a 637 metri d’altezza. E sul belvedere, uno spettacolo di colori: da lì lo sguardo spazia su buona parte del Vallo di Diano.
I campi coltivati ,l’ orgoglio della piana, dispiegano vanitosamente le loro fantasiose sfumature che dal paglia vanno al verde oliva , passando per il color biscotto.


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