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 una mattina di lunedì
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Inserito - apr 28 2002 :  15:58:59  Mostra Profilo  Visita la Homepage di palsai.  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a palsai.
UNA MATTINA DI LUNEDI

Omar Fantoni era un impiegato come tanti prima che... : “DRINN, DRIIIINNN” squillò la sveglia segnando le sette.
Il sapore amaro in bocca ed il vuoto allo stomaco, convinsero l’uomo ad alzarsi.
“Forza” biascicò ancora con gli occhi pesti: “Prima un piede e poi l’altro”, ma le pantofole, disposte sul freddo pavimento, non ne volevano sapere di accomodarsi nel modo giusto.
Soppesando attentamente la situazione, si convinse che un mattino così non poteva che essere quello del Lunedì ed aprì gli occhi, sconfitto.
La mediocre colazione a base di caffellatte e croissant preconfezionati era già terminata da tre quarti di sigaretta, quando l’uomo decise, non senza sforzo, di avviarsi al bagno.
Omar non si guardò allo specchio, non gli andava di vedere il suo volto, ormai quarantenne, segnato da anni di vita monotona ma tuffò immediatamente la faccia nell’acqua tiepida che aveva ormai colmato il lavabo.
Seguì poi il rito tri-quotidiano della pulizia orale: svitare il tappo dal tubetto di pasta dentifricia, facendo attenzione a non farlo cadere nello scarico, dosare la pasta sul consunto spazzolino e quindi inumidirlo, portarlo alla bocca... In quest’ultima operazione alcuni frammenti caddero giù nella corrente del rubinetto, simile ad una impetuosa cascata.
L’uomo diede una distratta quanto rapida occhiata, ma qualcosa, forse delle curiose contrazioni, o lo strano, sottilissimo suono che ne accompagnava la caduta, lo spinsero a prestare maggior attenzione.
Egli raccolse maldestramente, con il manico dello spazzolino, i minuscoli frammenti e con tremante delicatezza se li portò vicino agli occhi.
Due particelle si dibattevano violentemente, emettendo suoni dotati di una qualche inquietante musicalità.
La sua mente intorpidita dai fumi del sonno che ancora l’avvolgevano, faticava ad accogliere un evento così fuori dall’ordinario.
Lentamente, fastidiosamente, un vago e contrariato senso di meraviglia si fece strada nella sua coscienza.
Più di ogni altra cosa, lo colpì il fatto che la forma delle macchiette bianche si presentava vagamente umana.
La curiosità alle volte é dannosa ma evidentemente Fantoni, nonostante l’insegnamento di quindici anni di esercizio della propria professione, non fece questa sacrosanta considerazione e decise di venire a capo di quel bizzarro fenomeno.

Non andò a lavorare quel Lunedì, neanche il lunedì successivo.
Trascorse ogni secondo del suo tempo ad osservare le caratteristiche ed il comportamento delle sorprendenti creature.
“ Vivono…” si era sorpreso a bisbigliare profondamente meravigliato.
Gli esseri, di circa due millimetri di altezza, camminavano eretti e comunicavano con gesti e suoni fra loro.
Omar li aveva forniti, speranzoso, di un piccolo quantitativo di dentifricio come possibile nutrimento: aveva funzionato.
L’uomo non si recò per molti altri giorni ancora al lavoro, invece continuò a dedicarsi anima e corpo alla sistemazione e allo studio delle creature.
Allo scopo aveva allestito un habitat con terriccio ed erba, piante e sassi, vasche per l’acqua e quant’altro pareva utile a simulare un paesaggio “naturale”.
Altri giorni passarono prima che si verificasse un evento decisivo. Una nuova creaturina, dalle stesse caratteristiche dei loro genitori ma molto più piccola, uscì correndo dal rudimentale riparo costruito nel frattempo dalla fantastica coppia.
“E’ un bambino! ” gridò Omar sopraffatto dall’emozione: “O qualcosa del genere…”-
Il nuovo venuto però, doveva essere in uno stato avanzato di sviluppo poiché camminava già e aveva tutta l’aria di essere sicuro di sé.
Il trascorrere del tempo, per l’uomo, perse la solita dimensione immutabile.
Non fluiva più uguale e monotono, bensì, a tratti, veloce e confuso, tanto che Fantoni viveva senza la minima cognizione del giorno e della notte, non aveva più fame né sonno, né alcun desiderio al di là di quello di occuparsi dei piccoli uomini e non si sorprese più di tanto, quando un quarto essere fece capolino dalla costruzione di più recente fabbricazione, vicino ad un fiume simulato.
“Una nuova possibilità… ” pensò commosso: “Una nuova razza…”
Fu così: tre mesi dopo, al posto della isolata costruzione, nel centro del piccolo mondo sorgeva un vasto villaggio affollato.
Fantoni da qualche tempo aveva ripreso a lavorare, aveva spiegato di essere stato malato, presentando, per conferma, dei certificati falsi ottenuti da un medico suo buon amico, cui però non aveva fornito spiegazioni in merito alla lunga assenza dall’ufficio.
Quel giorno era già ora di dormire ma a causa del diverso e velocissimo ritmo biologico degli abitanti del mondo di Omar, per questi era pieno periodo di veglia.
Gli abitanti del villaggio principale, infatti, stavano svolgendo una febbrile attività agli ordini di chi aveva l’aria di essere il capo.
Un nutrito gruppo di uomini stava ergendo una rozza scultura scolpita nel legno, incontrando notevoli difficoltà.
Senza pensare, istintivamente, Omar si mise ad aiutarli con un dito e piantò la scultura al centro della piazza.
Subito la folla si gettò a terra all’unisono, prostrandosi ed intonando una nenia dai toni bassi e da un ritmo lento e monotono.
Di botto Omar ritrasse il dito, un pensiero lo aveva folgorato:
“Mi credono loro Dio, il loro creatore!”.
Passò tutto il resto della notte a meditare sulla nuova incredibile prospettiva.
Gli era parsa si, strana e meravigliosa quella nuova forma di vita sorta sotto i suoi occhi ma non aveva mai pensato di esserne stato lui la causa.
Il problema ora aveva assunto un nuovo aspetto, una nuova dimensione.
Le creature lo credevano il loro Signore, e cosa era altrimenti?
Egli in qualche modo gli aveva dato una vita, un mondo, un futuro: era il loro creatore dunque!
Nei giorni successivi visse felicemente la sua condizione divina, ma un’ombra stava calando sul rapporto tra lui e la sua gente anche se non poteva immaginarlo ancora.
Chiunque può constatare la periodicità inevitabile di cicli validi per tutto l’esistente nell’universo: le stelle nascono, sussistono a lungo e poi muoiono, così le piante germogliano, fruttificano e avvizziscono.
Lo stesso discorso si può fare per qualunque etnia che popoli un mondo: ciò che viene dal nulla non può che ritornare al nulla.
Con il tempo i villaggi si trasformarono in cittadine, le tradizioni in culture, poi finalmente fu scoperta la scrittura a rivoluzionare una civiltà ancora pacifica.
Per Omar, tale introduzione aprì nuove e più profonde possibilità per soddisfare la sete di curiosità e conoscenza per la nuova specie.
Egli imparò presto il semplice linguaggio scritto degli “homariti”, questo era, infatti, il nome di quel popolo fantastico.
Apprese di essere un dio benevolo ma poco manifesto venerato attraverso il nome “Ho-mar”.
Fantoni si stava stancando della sua condizione divina, aveva l'impressione che la situazione gli stesse sfuggendo di mano.
La cultura homarita progrediva vertiginosamente mentre le sue risorse di essere trascendente stavano esaurendosi.
Già da tempo i teologi homariti avevano superato le sue fumose cognizioni in materia.
Accadde l’inevitabile per una giovane razza.
Era un sabato mattina per Fantoni o se preferite homardì , il giorno tradizionalmente dedicato al riposo settimanale dagli homariti. Omar si era appena svegliato, quando i microfoni posti sopra il suo mondo amplificarono una insolita cacofonia.
Si trascinò ancora con gli occhi arrossati verso il plastico, ma la scena che gli si presentò davanti servì a svegliarlo all’istante.
Centinaia di homariti stavano distesi scompostamente lungo il fiume e nelle città limitrofe, mentre altri si aggiravano fra i corpi cercando di soccorrerli.
“Morti!” pensò: “Tutti morti!” Scoppiando in un pianto di rabbia impotente.
All’isteria del primo momento seguì un’atona depressione.
Accomodatosi su di una poltrona lo avvolse un turbinio di pensieri.
Perché non si era accorto che i rapporti intersociali delle diverse fazioni che dividevano quel piccolo mondo, erano deteriorati al punto di sfociare in guerre sanguinose e violentissime?
Lui era il loro Dio, doveva prevedere, prevenire, trovare delle soluzioni.
“Basta!” urlò, la sua mente sopraffatta: “Basta, non ce la faccio più! Basta, basta, basta!”.
Dopo un pianto sommesso, quasi da bambino, si addormentò su caldi cuscini con il volto ancora umido di quelle lacrime di impotente disperazione.
La mattina telefonò all’ufficio dove lavorava, spiegando che non sarebbe potuto andare perché aveva un fortissimo mal di denti, poi si vesti frettolosamente ed usci.
Doveva trovare una soluzione al più presto, la biblioteca comunale non era mai affollata, neanche quel giorno lo era.
Omar chiese, con voce bassa ma impaziente alla bibliotecaria stranamente giovane e bella, dove si trovasse la sezione di teologia. Lei, senza parlare, indicò una zona in ombra con l’indice adornato da un bell’ anello d’argento e pietre nere.
Vi si diresse immediatamente, dopo alcune ore era ancora dentro a sfogliare vecchi libri, dispense su riviste, giornali, testi su ogni religione esistente, dalla cattolica alla musulmana a quella indiana, il buddismo, lo zen fino alle più moderne religioni come la comunità mormone, i testimoni di Geova e perfino gli hare crysna, poi ancora indietro, alle concezioni politeistiche o totemiche delle religioni tribali.
Tutto ciò che riuscì ad appurare, era che gli uomini avevano un disperato bisogno di un dio con il quale addomesticare la natura ed il proprio animo.
Niente aveva fornito un elemento per risolvere il suo impellente problema.
Doveva ad ogni modo bloccare il processo di autodistruzione che si era innescato fra la sua gente.
Quel tipo di ricerca non aveva dato alcun frutto, così decise di recarsi dal vecchio parroco della sua infanzia.
Sembrava una persona capace ed intelligente nel suo campo.
Giunse il fine settimana, tra un tormentoso pensiero e l’altro, la snervante attesa era finalmente terminata.
Di buon mattino si alzò e senza fare nemmeno colazione, scappò in garage e mise in moto l’auto.
In un balzo raggiunse la strada principale che si snodava fino alla non lontana campagna, fino al suo paese natale.
L’aria delle cose era tale e quale a come l’aveva lasciata ventotto anni prima.
I campi erano bellamente arati, emanavano il profumo intenso del concime naturale, cosi familiare e rassicurante ed in lontananza, lo scampanio festoso della chiesetta in pietra di origine medievale, avvolgeva il paesaggio in una atmosfera di tranquilla festosità.
Là, lui poneva la sua ultima speranza.
Erano le undici di un mattino luminoso, quando si tuffò nel gomitolo di graziose casette impreziosite da fanciulli allegri e da vecchi alberi odorosi.
La chiesa, come a lui pareva di ricordare, si trovava sulla destra del municipio ai margini della piazza principale.
Donne vestite a festa, accompagnate dai rispettivi mariti impacciati, si apprestavano ad uscire dal piccolo portone in legno della sacra costruzione, seguivano poi arzille vecchiette che recitavano tra sé preghiere incomprensibili.
Ad Omar sembrò di riconoscerne qualcuna che un tempo, molti anni prima, aveva tormentato i suoi giochi urlando e minacciando terribili rappresaglie.
Poi il pensiero incombente della distruzione degli homariti riprese a turbarlo.
Scese di macchina e si mosse senza indugio verso la sacrestia, seguito dagli occhi un poco sospettosi di qualche paesano.
La porta era aperta, il prete dai capelli grigi si stava togliendo i paramenti con mosse esperte, segno di una lunga pratica:
“salve” disse Fantoni: “Mi scusi parroco” il vecchio si voltò lentamente verso la voce che lo aveva chiamato.
“Dite pure” rispose: “Padre si ricorda di me? Sono...”
“Aspetti, non me lo dica, lei é... si! Tu sei Omar... ma sì Omar Fantoni, eri così piccolo quando te né andasti… come vedi, grazie al cielo ho ancora buona memoria.
Come dimenticare le tue celebri monellate! Ma dimmi, cosa ti porta in questo luogo del passato?”
“Padre, ho un problema... le sembrerò pazzo, vede… non so come spiegarle, è tutto così fuori dalla realtà…” “Niente è strano se si crede in Dio figliolo”- incalzò il parroco.
“Allora ecco: ho assistito al nascere di una nuova razza, ne ho seguito l’evoluzione e adesso questo popolo è in grave pericolo ma non mi interrompa, posso sembrarle fuori di testa ma non è così”.
Detto questo, tirò fuori una piccola scatoletta bucherellata e mostrò lo stupefacente contenuto allo scettico interlocutore. Passarono lunghi momenti prima che il parroco si rendesse ben conto della fantastica realtà.
Gli homariti urlavano, si disperavano, chi tentava di arrampicarsi inutilmente per i lisci bordi interni della scatola, chi, senza niente di meglio da fare si azzuffava selvaggiamente.
L’uomo di chiesa sbiancò in volto, guardò incredulo negli occhi di Omar cercando disperatamente i segni di una burla ma quegli occhi erano serissimi ed altrettanto disperati, quasi in lacrime, allora si mise in ginocchio di fronte all’antico Cristo ligneo e pregò brevemente in silenzio, Poi si rialzò ed in perfetta calma disse: “Credo a ciò che ho visto, non può essere che un segno della divina volontà, un segno di ammonizione: cambiamo strada o Lui ci sostituirà con una nuova razza migliore e più saggia”.
Sempre più infervorato proseguì: “Dobbiamo rendere noto questo miracolo a tutti i governi del mondo, occorre che tutti sappiano il pericolo che corriamo e che Dio, nella sua infinita bontà e saggezza, ci ha prima voluto avvertire, perciò noi tutti bisogna seguirlo in assoluta umiltà, biso...”
“Padre!” Lo interruppe Omar: “Padre mi ascolti! Non è come pensa lei, questa razza è già sulla via della propria distruzione, le guerre si susseguono alle guerre e la violenza dilaga ovunque nel loro piccolo mondo, io voglio salvarli! L’umanità forse è condannata come dice lei ma loro ancora no!
Lei mi deve aiutare a fermarli, loro mi credono Dio, un uomo di religione come lei può certo suggerirmi qualcosa!”
Ma il vecchio uomo non lo ascoltava più, borbottava frammenti di preghiere tormentando con le mani un piccolo crocifisso d’argento con il Cristo scolpito nell’ossidiana, poi partì di slancio verso l’uscita, verso la piazza, gridando confusamente : “Il sindaco! E’ l'armageddon!” Per un attimo Omar vide l’uomo stagliato nell’abbagliante luce del mezzogiorno, poi il botto.
Anche lui si precipitò verso la porta e da lì vide un auto ed una massa contorta vestita di scuro distesa sull’asfalto, la gente era accorsa dagli angoli della piazza e presto si era formato un capannello attorno al prete agonizzante.
Un paesano si chinò per soccorrerlo ma il parroco aveva gli occhi vacui, ormai spenti, spirò sussurrando:”l'alfa… l'omega…”
Fantoni era sconvolto e deluso, si sentiva colpevole di quella disgrazia, voleva andar via.
Si mescolò alla folla anonima sperando di non essere coinvolto in qualche discussione sull’incidente, cercando di
raggiungere la macchina non molto distante.
Finalmente arrivò alla vettura ma nel fermarsi per estrarre le chiavi dalla tasca dei pantaloni, infilò per disattenzione una scarpa nella pozza d’acqua grigia a ridosso del marciapiede.
un piccolo oggetto emerse tra i sudici flutti: era la croce del parroco imbrattata di melma. Omar la raccolse asciugandola e ripulendola con delicatezza ed entrò nell’auto.
“Speravo che il sacerdote mi desse una soluzione, una traccia, invece niente… l’unica cosa che ho ottenuto è stata quella di farlo morire…”
L’uomo guidò nervosamente fino a casa, avvilito salì di corsa le scale ma al momento di infilare la chiave nella serratura, dei piccoli botti si fecero sentire al di là del portoncino di ingresso.
Aprì precipitosamente la porta e corse subito nella stanza che ospitava gli homariti, si rese subito conto dell’origine di quei suoni secchi e strepitanti: la sua gente aveva imparato ad usare la polvere nera.
Ogni speranza era perduta, il suo piccolo universo aveva preso una strada senza via d’uscita.
Nei giorni successivi ci furono continue distruzioni e massacri, i morti erano disseminati ovunque.
Fantoni era più che disperato, non poteva permettere tanto scempio, il dolore della rabbia impotente lo accecò.
Con un pannello di compensato cominciò a raschiare la tenera superficie del terreno, finché di tutta la civiltà degli homariti non restò che un cumulo al centro del plastico.
Furente, reso irragionevole dal dolore, raccolse il mucchio di terriccio, erba e creature vive e morte e lo gettò nella vasca.
L’acqua fluiva potentemente dal capace rubinetto ed in pochi minuti sciolse la materia deposta sul fondo.
Quando fu certo che tutto fosse stato trasportato via, ingoiato dallo scarico, si distese sul tappeto umido del bagno e prostrato e sfinito dallo schock, infine svenne.

Non si accorse perciò di quella strana sostanza che stava invadendo la casa poco a poco, se fosse stato sveglio avrebbe potuto accorgersi che il fenomeno si stava verificando in ogni luogo chiuso od aperto che fosse, se per caso avesse acceso la radio o il televisore, avrebbe potuto ascoltare perplessi cronisti da tutto il mondo che avrebbero descritto esattamente ciò che stava accadendo proprio sotto i suoi sensi ignari.

Il pianeta si era dissolto come tutto quello che ospitava ed era defluito, come avevano registrato le delicate apparecchiature di alcuni satelliti, in un mostruoso gorgo apertosi nel cosmo.

Beppe
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Inserito - apr 28 2002 :  23:03:20  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Beppe  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Beppe
Di solito non commento mai un racconto..
Lo ritengo un atto quasi invasivo dell'opera creativa stessa.. ma non potevo non mandarti i miei complimenti per quanto hai scritto.
Mi e' piaciuto molto.. e cosa divertente.. mentre io finivo di leggerti mi e' arrivato il tuo messaggio su ICQ che mi avvisava del fatto che avevi inviato quello che avevo appena finito di leggere.. mi viene un sospetto.. non e' che per caso sei tu quel grande occhio che mi guarda da fuori della finestra.. e cosa e' questo odore di Mentadent???
Bravissimo.

Beppe AndrianòVai a Inizio Pagina

   
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