Come gli esseri umani, anch'io soffro della nota patologia da weekend. Sapeste quanto è diffusa. Arriva il fine settimana e c'è l'onere di doversi gestire il tempo libero. Fortuna che la nostra psiche ci viene in soccorso e ci riempie di malanni e di pensieri tristi. Fortunato e' chi ha potuto godersi la giornataccia in santa pace.
Io invece sono stato scelto come volontario per sradicare un'ortensia. Ho cercato, come appreso da qualche film di argomento sentimentale, di far valere la mia "debolezza dei momenti del bisogno". Devo ammettere che una pacca sulle spalle di circostanza l'ho ricevuta, insieme ad una serie di attrezzi da giardino. Dovete sapere che sradicare un'ortensia non è facile come buttar giu' una quercia e nemmeno come abbattere un pino o un castagno. A differenza di questi apparentemente massicci alberelli infatti, l'ortensia ha delle radici verticali che partono dal centro della pianta e mirano inesorabili verso il centro della Terra. Il bello è questo: per sradicare l'ortensia dovete riuscire a togliere la radice che è invisibile ed irraggiungibile, ma per arrivare alla radice, dovete prima tagliare l'ortensia.
Ho pensato al problema per un paio d'ore ed ecco la soluzione che ho adottato: bisogna prendere un'ascia affilatissima e dare per alcune ore colpi poderosi al centro della pianta per spaccarla in due. Le due metà vanno piegate una a destra e una a sinistra finchè in mezzo si intravede la radice. A questo punto un altro milione di colpi d'ascia e all'ora di cena la radice va in frantumi. Io ho l'impressione che voi vi stiate chiedendo cosa c'entri questa esperienza con le osservazioni sulla apparente malinconia che si legge in alcuni scritti, pur conditi da una sana ironia sulla vita.
Non potete nemmeno immaginarvi cosa viene in mente quando si sta ore e ore a buttare giu' un'ortensia mentre la Terra ruota indifferente.
Buttare giu' una pianta presenta dei problemi: ci si confronta con delle cose da fare e, prima o poi, la soluzione la si trova. E' un approccio diretto problema-soluzione.
Per rispondere alle questioni di malessere interiore invece bisogna prima fare un passo indietro, anzi in dentro.
Scoprire di pensare le stesse cose di tutti, non rimuovere il problema ma porselo, accettare di aprirsi al confronto con gli altri e considerare superata la precedente vergogna di farlo, rendersi conto che un problema generale non è proprio un problema, ma uno stato comune. Dopotutto vivere non è mica una malattia, altrimenti mi sa che saremmo tutti in quarantena.
Insomma le riflessioni che vengono poste richiedono risposte non banali e coraggio da cercare ben oltre i muscoli.
Se becco quello che ha inventato il proverbio: se vuoi essere felice due ore, bevi una bottiglia di vino; se vuoi essere felice due anni, sposati; se vuoi essere felice tutta la vita, coltiva un giardino, gli metto in mano gli attrezzi e la prossima volta la faccio sradicare a lui l'ortensia.
Rob Gardener