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saphir
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Inserito - mag 11 2002 :  16:36:17  Mostra Profilo  Visita la Homepage di saphir  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a saphir
Io sono convinta che per fare medicina ci voglia passione e comprensione...tutto il resto lo impari, ma se consideri il tuo lavoro alla stregua di un qualsiasi altro lavoro ti mancherà qualcosa e acquisterai solo esperienza, ma niente di più.
La mia passione era già in me senza che ne fossi cosciente fin da quando ero bambina...non c'erano medici nella mia famiglia ...io sono stata la prima e sarò anche l'ultima...l'ultima della mia famiglia, ma, forse, non l'ultima in assoluto.
La comprensione, invece, me l'ha insegnata la vita...me l'hanno insegnata le persone di cui vi parlo...le cose che ho visto...le lotte che ho fatto e il dolore, sempre accanto e intorno a me.
Professionalità, ma non coinvolgimento...certo più semplice... molto meno faticoso e con minore perdita di tempo...certo più facile per i rapporti interpersonali coi colleghi e con le amministrazioni...
certo non provocano quelle ferite che io non riesco e non voglio curare ...però manca qualcosa.
Non so se io sono nel giusto o no e non me lo domando, perchè quello che so è che in questo modo di praticare la medicina io ho avuto tanto e provo riconoscenza per tutti i pazienti che mi hanno aperto un mondo quasi sconosciuto...verso quei colleghi, specialmente gli anestesisti, che hanno lottato con me...che hanno "vissuto" con me e che spesso hanno corso grossi rischi personali e professionali per un credo ormai in estinzione... per tutti coloro che hanno capito cosa si prova a riportare indietro anche solo una di queste Anime..oppure, se ciò non è possibile, stare loro accanto per fornire quella speranza e quella comunione a cui tutti anelano, e ricevere in cambio un tesoro prezioso...e anche verso tutti quei famigliari che mi hanno fatto sentire quell'amore così esclusivo per i loro cari che è, in fondo, il senso della vita e della immortalità dell'anima.
Queste storie sono per tutti voi.
E' la mia riconoscenza per coloro che mi hanno insegnato tanto.
Erano le guardie, soprattutto, la fonte delle mie esperienze più drammatiche e più umane...e, ovviamente, per quei legami così stretti che si creano fra persone simili che affrontano emergenze gravi, i miei amici anestesisti, che non si facevano mai negare quando avevo bisogno di loro, gli infermieri che, di notte, pur essendo solo in due sembravano moltiplicarsi in caso di necessità, che sebbene stanchissimi non si tiravano mai indietro e con la loro efficenza mi semplificavano le cose e... loro, i Pazienti... che mi hanno sempre dimostrato una pazienza infinita, una comprensione, un coraggio e una collaborazione che spesso lasciava tutti supiti...a tutti loro vanno i miei pensieri e i miei ringraziamenti..siete tutti voi che mi fate amare il mio lavoro... siete tutti voi che avete forgiato la mia anima.

C'era un ragazzo di 18 anni...ero appena laureata e, anche se gratis, lavoravo con gli stessi orari degli assistenti.
C'era la sua ragazza...il suo primo amore.
Lo veniva a trovare ogni giorno...i genitori di lui li lasciavano un po' soli perchè potessero parlarsi senza imbarazzo, tenersi per mano, scambiarsi qualche bacio, come se vivessero una normale storia di amore...come tutti gli altri ragazzi della loro età.
Lui aveva un linfoma, un tumore del sangue che oggi si cura con buone speranze di remissione. Ma allora no.
Erano così dolci!
Gli occhi di quel ragazzo si illuminavano quando la vedeva...lei piangeva solo quando percorreva quel lungo corridoio che la riportava verso l'uscita.
Tutti noi ci eravamo affezionati a lui..era sempre allegro..sempre fiducioso.
Era un radioamatore,ma non possedeva l'apparecchiatura perchè costava troppo e occorrevano permessi speciali.
Il suo desiderio più grande era poterne comprare una e poter parlare con altri appassionati come lui e con la sua ragazza...di notte, come fanno di solito. Oggi c'è internet ad annullare le distanze e il tempo..allora c'era solo quello.
Ne parlava sempre...diceva: "quando uscirò di qui andrò a lavorare e ne comprerò una".
Ma non sarebbe mai uscito.
Quanti sogni faceva!
Nei ritagli di tempo, dopo la visita, andavo da lui...lo facevamo tutti, ma io in particolare perchè ero la più giovane e fra i suoi 18 e i miei 25 non c'era poi tanta differenza.
I suoi sogni erano affascinanti pur essendo possibili...ne parlavamo insieme...ogni volta che era solo gli facevo compagnia e rimanevo incantata dalla sua forza d'animo e dal suo coraggio...da quella voglia di credere al di là del dolore e della paura.
Sapeva che era stato mandato un campione del suo sangue in America per degli studi, (stavano facendo ricerche sugli antigeni della malattia e sulla possibilità di stimolare anticorpi del soggetto verso di loro.) ed era certo che là avrebbero risolto ogni cosa.
Lui non contava i giorni...aspettava con pazienza e fiducia.
Io, invece, ad ogni giorno trascorso senza notizie diventavo sempre
più triste.
"Farò il medico", diceva, "come te...andrò in America a studiare e voglio fare ricerca... sposerò la mia ragazza e resterò sempre in contatto con voi (io e gli altri assistenti più giovani)... faremo degli studi congiunti, di qua e di là dall'oceano, annulleremo le distanze, le differenze, gli ostacoli."
Ascoltarlo era credergli.
Faceva mille domande su ogni cosa. Quando stava meglio apriva i libri di studio per non restare indietro rispetto ai compagni..lo aiutavamo tutti in ciò che non capiva subito, ma era molto intelligente e non si arrendeva mai.
I suoi genitori volevano che non si stancasse, ma lui aveva fretta..
fretta di imparare, di sapere, di approfondire..così negli orari non di visita, la sua stanza era il punto di ritrovo e, a turno o insieme facevamo a gara per studiare con lui...chi era più esperto in matematica, chi in fisica, chi in letteratura o scienze ...tutti noi diventavamo i suoi insegnanti e i suoi compagni di studio allo stesso tempo.
In dicembre facemmo una colletta e un'altro paziente, che era in polizia, ottenne velocemente i permessi necessari.
Era la vigiglia di Natale...lui stava sempre peggio, ma trovava il coraggio di sorridere e scherzare.
Quella sera sotto l'albero di Natale, che ogni reparto prepara, c'era un pacco col suo nome...quella sera tornai in ospedale, anche se non avevo nulla da fare perchè c'era il medico di guardia.
Lo aiutammo a mettersi sulla carozzella e con la scusa di mostrargli l'albero lo portammo in corridoio.
Il pacco era grande e il suo nome era scritto dentro a un grosso cuore rosso di cartone...sul cuore c'erano tutte le nostre firme, quelle dei suoi genitori, della sua ragazza, e di altri pazienti che avevano sentito il piacere di collaborare.
Non dimenticherò mai la sua espressione quando lo vide e la felicità che lessi sul suo viso quando lo aprì.
La notte..ogni notte, lui si "collegava" col mondo e col suo amore..
il primo, ma anche l'ultimo della sua breve vita.
Ogni giorno non mancava mai di ringraziarci e ci raccontava dei suoi
"incontri" notturni e dei tanti amici che, in quel modo, aveva trovato...non perse mai il sorriso e la speranza...nemmeno all'alba di quel suo ultimo mattino.
I suoi genitori li ho visti per anni dopo la sua morte..ci invitavano a pranzo o a cena...la sua apparecchiatura era conservata con amore nella sua stanza... accanto una sua fotografia.
"F... qui ospedale...chi è in ascolto?... passo...."
Ciao "F...",spero che tu continui a mandare i tuoi messaggi e che tu abbia conservato il tuo sorriso anche se non hai potuto realizzare i tuoi sogni. O in qualche altro modo ci sei riuscito?
C'è forse la tua grinta e il tuo coraggio dietro a quei ricercatori che fra mille difficoltà, opposizioni e scarsità di fondi sono finalmente riusciti a tracciare la nostra mappa genetica e che hanno aperto la via per la sconfitta futura dei tumori e di tante altre
malattie?
Cosa mi hai insegnato?
La speranza, che deve sempre esistere..il coraggio con cui affrontare i problemi..la serenità per vivere ogni giorno al meglio e trovarci sempre qualcosa di buono perchè ogni giorno, bello o brutto che sia, ti insegna qualcosa, anche solo che hai vissuto e fatto..la fiducia verso gli altri e in me stessa..l'importanza degli amici e il saperli ascoltare...mi hai insegnato a lottare, sempre.
Mi hai insegnato a dare, perchè chi riesce a farlo riceve a sua volta molto più di quanto ha donato.
Ti sentivo bisbigliare quando passavo davanti alla tua stanza, una camera a due letti che eravamo riusciti a destinarti...la tua voce flebile volava nell'etere e ricevevi sempre risposte.
I tuoi genitori e la tua ragazza hanno acceso la radio la notte della tua morte...e sono state tante le chiamate per te...spero che tu le abbia sentite.
A me sei mancato tanto, ma il tuo sorriso, la tua voce e il tuo calore sono ancora qui...nel mio cuore.
Quanto vorrei averti incontrarto venti anni dopo, quando la tua malattia avrebbe potuto venire sconfitta!

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Getto ancora una volta la rete
nella fonte della mia vita
rete fatta di fili di speranza
nodi di poesia...

Ohara
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Inserito - mag 12 2002 :  01:21:28  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Ohara  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Ohara
....sono le 1.15 ed ho appena letto il tuo scritto...l'ora é quella delle riflessioni...con il sottofondo di una musica soul soffice e dolce...e sto piangendo...non dico altro..solo la sofferenza di sapere quanto abbiamo vivendo..quando altri..giovani.. non ce la fanno..e sovviene anche l esperienza di perdere persone care...cosi' come quel ragazzo era forse la vita per i suoi genitori...non saprei fare un lavoro come il tuo..sempre vicino alle persone che soffrono...ma ti ammiro..si forse sono una codarda ed una paurosa ma non potrei....


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Simo
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Inserito - mag 12 2002 :  15:17:37  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Simo
Saphir,
che dire? Di fronte alle tue esperienze di vita professionale mi resta solo un grande mutismo e un silenzioso ringraziamento. Come già ti ho accennato, quando mi è capitato di vivere dei periodi accanto a persone malate ricoverate in ospedale, ho sempre trovato determinante incontrare dei medici sensibili. Anni fa, dopo aver trascorso qui in un ospedale di Milano un periodo accanto ad un mio caro malato, e avendo incontrato dei medici e degli infermieri davvero eccezionali che ancora oggi in famiglia ricordiamo con tanto affetto, avevo pensato di dedicarmi al volontariato; non l'avevo detto a nessuno, ma quello che era stato fatto da queste persone verso questo mio parente stretto, mi sembrava qualcosa di immenso...qualcosa che mi faceva pensare...."Ma come faccio io a dire soltanto grazie? Come faccio a limitarmi a lasciare anche una lauta mancia a questi angeli?"...sarò sempre in debito...
poi venne la fine, e io mi presi, insieme ai miei, un periodo di riposo...e dimenticai alla fine il mio buon proposito!
Non ce l'ho fatta... ammetto la mia debolezza. Era troppo per me. Dover vivere tutti i giorni con la realtà del dolore, senza poterlo mai spegnere: perchè non è un film, quella è realtà vera!
Come dice Ohara, forse sono codarda e paurosa anch'io...forse non ho la passione... vivo sulle onde delle emozioni, ma sappi che l'ammirazione e il ringraziamento per te e per tutte le persone come te che ho avuto modo di incontrare nella mia vita sono indelebilmente vivi.

SimoVai a Inizio Pagina

saphir
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Italy
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Inserito - mag 13 2002 :  16:36:17  Mostra Profilo  Visita la Homepage di saphir  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a saphir
Una risposta che vale per entrambe.
Non credete che ci voglia un coraggio particolare o che io sia diversa da voi.
Ogni giorno anche in mezzo a tanta sofferenza è un bel giorno perchè non solo mi permette di aiutare qualcuno, ma soprattutto perchè mi regala qualcosa...qualcosa di così prezioso che ho dovuto scriverlo.
Quel regalo, quell'umanità che mi è stata donata da loro e dagli eventi non era mia...lo è diventata per merito di tutte quelle persone e delle loro vicende.
Quello che mi hanno insegnato, se andate oltre la tristezza della storia in sè ed entrate, invece, in quella parte dell'essere che è l'animo e come si esprime, è per tutti ed è chiaramente sottolineato.
E' stato il loro comportamento, le loro parole, il loro atteggiamento nei miei confronti, la loro vulnerabilità e la loro forza insieme, tutto l'amore che sentivo da loro e intorno a loro quello che mi ha fatto scrivere ciò che ci insegnano le persone che soffrono. Ciascuno di loro e tutti loro hanno fatto di me una persona diversa. Non migliore di voi, solo diversa da quella che ero.
Mi hanno aperto orizzonti sconosciuti e permesso di affrontare la vita in modo migliore, anche e soprattutto nel mio lavoro e nei rapporti con gli altri. Come diceva Beppe nel post sulla tristezza e la poesia, senza di loro ora io mi affannerei inutilmente a cercare chissà cosa senza uno scopo o non potrei godere di un cielo stellato oppure tutti gli eventi difficili della vita, che capitano a me come a voi, mi avrebbero travolto e, probabilmente, non sarei riuscita ad uscirne. Nei momenti più tristi, invece di disperarmi mi trovo a pensare a loro..a piangere, anche, come tutti, ma poi ricordo e rivivo quelle storie e mi sento meno sola e più serena.
Nella loro morte mi hanno insegnato a vivere e spero che possa trasmettervi, così, i loro insegnamenti e che possano aiutare voi come hanno aiutato me.


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