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 La biblioteca
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luisa camponesco
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Inserito - 02/06/2004 :  13:01:58  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco
La biblioteca

Giuseppe guardò l’orologio era ormai prossima la chiusura, qualche studente si attardava ancora, chino su grossi volumi. Era ormai vicino alla pensione e i capelli erano tutti grigi, aveva passato tutta la vita fra quegli scaffali.
Nessuno conosceva meglio di lui la collocazione tematica delle varie aree del sapere, ma c’era un orticello che lo attendeva e una bella poltrona vicino al camino. Di sera, poi, avrebbe potuto starsene in veranda, con Veronica sua moglie ad ammirare il cielo col piccolo telescopio, regalo del figlio nel giorno del loro 40 esimo anniversario di matrimonio.
Che bella festa era stata, tutti nel giardino i figli, i nipoti e lui e Veronica a guardarsi negli occhi come il primo giorno di nozze. I suoi pensieri furono interrotti…
- Questo lo restituisco e questo lo prendo in prestito – un giovane si era appoggiato al banco e attendeva.
- Aspetti prendo nota – Giuseppe prese il registro e con la sua bella calligrafia annotò e la restituzione e il nuovo prestito.
- Perché non si aggiorna e si prende un bel computer? Farebbe prima e anche meglio – la battuta infastidì il bibliotecario che non diede alcuna risposta.
- Ecco fatto prenda il suo libro, ora devo chiudere - senza attendere gli girò le spalle.
Chiuse la porta controllò le finestre e fece il solito giro, cosa che ormai faceva da anni, quando…
- Ei tu! Vecchio barbagianni, cosa aspetti a spolverarmi? In questo stato nessuno vorrà leggermi! – nello scaffale di sinistra “Il Capitale” di Marx incominciò ad agitarsi e a tossicchiare.
- Smettila! – gli rispose di rimando Giuseppe – tutte le sere la stessa storia, se non la smetti ti metto vicino al “Mein kamph”- a questa battuta “Il capitale” sobbalzò e cadde a terra sollevando polvere.
- Ben ti stà - dalla sezione “Storia americana” Thomas Jefferson sbottò - Quante arie ti dai signor Marx, io ho costruito una nazione sulla quale poggia una grande democrazia, e non mi lamento se la gente mi legge o meno - ed incominciò a recitare: “ Ogni uomo, ed ogni gruppo di uomini sulla terra, possiede il diritto all’autogoverno”
- Per carità signor Jefferson la smetta, conosciamo tutti a memoria questa frase – Giuseppe si tappò le orecchie, eppure doveva essere abituato ormai tutte le sere era la stessa storia.
- Bello sforzo che quel fa quel Jefferson, anche se non lo leggono sono tutti costretti a ricordarsi di lui – ridacchiò il conte di Cavour – basta che gli americani vadano a fare la spesa…
La discussione incominciava ad animarsi…
- Zitto tu! Noi non siamo nemmeno contemporanei – così Garibaldi si rivolgeva a Luigi XVI
- Anche se ho perso la testa non sono uno stupido – rispose quello inviperito
- Io sono l’eroe dei due mondi – replicò
- E sul mio regno non calava mai il sole, anche se non sono il re Sole, sono comunque della famiglia.
Il litigio continuò, mentre Giuseppe continuava il suo lavoro di controllo e di sistemazione di alcuni scaffali.
- Hai visto cosa mi ha fatto quello sciagurato ragazzino?- Adam Smith era proprio arrabbiato
Cosa è successo?- Chiese Giuseppe
- Guarda un po’ tu! Ha sottolineato tutta una pagina,
- Porta pazienza doveva fare un esame importante, quello di Economia e tu sai bene cosa significhi.
- Non m’importa cosa doveva fare, cerca di rimediare – Giuseppe sospirò ed apri la pagina incriminata. Infatti a pagina 392 “dell’ Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni”, c’era una vistosa e a dire il vero anche decorativa evidenziatura.
- Nessuno sottolinea me – piagnucolò Malthus
- Questi uomini non fanno che lamentarsi cosa dovremmo dire noi! – la dolcissima Elisabeth Barrett Browning dai “Sonetti del portoghese” si rivolse a Grazia Deledda dello scaffale vicino che dall’alto della copertina del libro ammirava il suo “Portolu”
Un tremolio da una vetrinetta del soppalco richiamò l’attenzione di Giuseppe.
- Che succede? – chiese allarmato
- È la solita lite fra Kant e Liebniz, sai per quella questione della “monadologia” – a parlare era Albert Eintein.
- – e se fossi in te - continuò Einstein - andrei a separarli, ogni sera disturbano le mie riflessioni
Per tutta risposta Giuseppe salì sulla scaletta e prese il libretto di Leibniz.
- Dove mi stai portando? – chiese
- In un bel posto – rispose
Nella sezione letteratura spagnola sarebbe stato perfetto. Ed ecco
- Alle cinque della sera non c’è il toro nell’arena….
- Fate tacere questo fanaticoooo
Il bibliotecario finse di non sentire e si diresse in un altro settore a sistemare alcuni faldoni. Una musichetta si diffuse nell’aria
- Ma qui si fa ancora festa?? – esclamò Hemingway con il suo immancabile sigaro.
- Si, è il Grande Gasby – rispose John Steinbeck mentre era in “Viaggio con Charley
- Allora io me ne torno a Key West, a godermi i miei tramonti in santa pace – e si eclissò con un “Addio alle armi”
-Manchi di spirito – arguto come sempre Mark Twain si affacciò dal quarto ripiano della LETTERATURA AMERICANA – Lo sapete qual è stato il mio inverno più freddo? – nessuno rispose – Un’estate a San Francisco! – nessuno rise – Mancate tutti di spirito – e così dicendo diede una sistematina ai suoi “racconti.”
Mentre tutti i libri erano in pieno fermento, Giuseppe prese il registro e incominciò a controllare il numeri dei libri prestati e quelli restituiti. Sorrise pensando a quello che gli aveva detto quel giovane “perché non si prende un bel computer…”. Lui il computer ce l’aveva in testa e funzionava benissimo, sapeva esattamente dove trovare cercare qualsiasi volume, conosceva ogni angolo di quella grande biblioteca. Ma c’era una parte che gli era particolarmente cara, era al lato sud, ben esposta ed areata, l’aveva scelta lui quella posizione, lì aveva messo in bell’ordine tutti i volumi della Storia di’Italia. Li accarezzò con lo sguardo poi si avvicinò, prese un piumino ed incominciò a spolverarli.
- INGIUSTIZIA, INGIUSTIZIA – gridarono tutti – Siamo tutti importanti – Era proprio vero tutti erano importanti, un vero patrimonio, ma la storia d’Italia lo riguardava, era anche la sua storia.
Eccola, dalle origini. Etruschi, Romani, l’influenza greca. E via via dal Medio Evo al Rinascimento, che meraviglia… Capire chi siamo stati per sapere chi saremo, questo era importante, scoprire le proprie radici per conoscersi…
- C’è una piccola piega nella pagina che illustra il mio Davide – Michelangelo era sempre pignolo e Giuseppe diligentemente la stirò con la mano.
- Eiii, vieni un po’ qua tu!! C’è una macchia d’inchiostro proprio sulla mia dichiarazione di guerra! – Benito Mussolini tuonava dal 1940
- Spiacente signor Duce ma credo dovrà tenersela, l’inchiostro è difficile da togliere.
- Si era fatto tardi, Veronica si sarebbe preoccupata non vedendolo arrivare alla solita ora, ma più passava il tempo, per Giuseppe era sempre più difficile staccarsi dai suoi libri.
Giunto sulla porta, prima di chiuderla si girò e disse:
- Divertitevi ragazzi – e mentre usciva udì chiaramente il generale Diaz, dalla penultima riga di pagina 422 rivolgersi al general Cadorna, situato all’inizio pagina, cantare a squarciagola.

…………….Il Piave mormorava calmo e placido il passaggio dei primi fanti il 24 maggioooo……..

… mentre una pallida luna attraverso le grandi finestre, sorrideva.… muto testimone, fin dal principio del tempo, delle umane vicende.


   
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