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 UN ROMBO DI...SPERANZA
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zanin roberto
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Inserito - 15/08/2003 :  12:35:14  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
UN ROMBO DI...SPERANZA

L'aria, appena fresca, di quell'estate torrida sbatteva irriverente sulla faccia di Denis che perdeva lo sguardo tra le colline del Chianti, sopra la sua Honda 600 nera. La bandana rossa a pallini bianchi era ben stretta ai lunghi e incolti capelli, che fluttuavano sbattuti dal correre della moto, gli occhiali scuri ovattavano i colori accesi dei girasoli, del dorato frumento, inverdivano i filari di ulivi, fedeli custodi della terra di Toscana, i guanti di pelle nera lasciavano libere le falangi delle dita nude che assaggiavano il freddo metallico del manubrio.
Il giubbotto lacero e i blu-jeans, rotti in più punti, davano un'aria trasandata ma dignitosa a quel ragazzotto longilineo che scavava smorfie inconscie con la bocca larga.
La strada sempre uguale si faceva divorare dal centauro, canticchiava un ritmo dei Deep Purple, mentre ogni tanto salutava con la mano, animali o visioni tutte sue, di cui nessuno avrebbe osato chiedere.
Il sole riflesso sul serbatoio balzava ad accecare intorno mentre il rombo costante fino a quel punto, variò di tono, il piede felpato inseri una marcia inferiore e la mano sfiorò il freno, quella era una sinfonia per lui, un rituale eccitante,guidare una moto era un'arte, ogni movimento doveva essere elegante, l'espressione del dominio assoluto del pilota sulla creatura meccanica, una vibrazione e la velocità diminui fino a fermarsi.
Le gambe si distero in tutta la loro lunghezza e i piedi ancorarono la "bestia", c'era da fare rifornimento in quella stazione di servizio.
Scese, si guardò attorno, poi vide quell'animale di giovane ragazza, seduta su una Ducati rossa, mentre scioglieva i capelli biondi e posava il casco, ebbe un'impulso violento, non si trattenne e si avvicinò dondolandosi sulle sue alte leve,
Usciva, dallo squallido bar l'aroma del caffè che si mescolava all'intenso odore di benzina del distributore, il bidone colmo di lattine di birra si scosse e uno spennacchiato gatto fuggì spaventato.
- " Ehi, bella!...ti offro una birra!"
- " Ehmbè, ah Rambo...che se fa così?!"
- " Scusa pettirosso, me presento, sono Denis, Denis Welcom...con la w doppia..."
- " Ah Welcom, con la w doppia...me chiamano Angel...senza la o...chiaro? "
- " Mitica do vai ?...con sta rossa?...sei de qua pupa? "
- " Ohuuu...Welcom che me stai a fa l'interrogatorio? "
Entrarono nella topaia, si sorseggiarono due birre rosse e chiaccherarono per un'ora fittamente, trovando un particolare filling.
Il tramonto infuocato calava come una sinfonia cromatica sulle colline e le due moto sfrecciavano diffondendo quel tam-tam selvaggio del loro motore, Denis si era messo a "tirare" e Angel lo seguiva a una certa distanza, masticando una gomma con periodiche mascellate possenti.
L'odore dell'olio bruciato e la polvere fina s'insinuavano tra la pelle, Denis si grattò il petto, Angel si divertiva a zigzagare nei tratti di strada deserta.
L'Aurelia si stava avvicinando e anche il mare, a sera raggiunsero la spiaggia di Principina, scelsero un tratto ancora selvaggio, si accamparono con una tendina piccola e logora, accesero un fuoco e mentre il caffè bolliva, Denis si liberò dei vestiti e corse verso l'acqua salmastra, si tuffò e finalmente rinfrescato uscì, si tolse gli occhiali scuri e bagnato si inginocchiò vicino ad Angel, si guardarono a lungo poi la bella bionda si mise a ridere senza più fermarsi.
Denis era permaloso, si senti ferito, arrossì, si alzò e...solo allora si accorse che era completamente nudo, prese la bandana e se la legò a mò di slip.
- " Ah...Welcom... ce stai con l'attrezzo !"
- " Scusa Ang, fa un caldo boia...ah matta, che stai ancora a ride?..."
- " Chi ride, ah Marlon Brando...datte na calmata!"
Si addormentarono, complici d'una intesa mai stipulata,quella ragazza lo turbava ma non sentiva attrazione sessuale, lui che ne avrebbe già fatto un "boccone" si meravigliava del suo inattivismo.
Al mattino furono svegliati da un forte rumore di motori. C'erano tre centauri che scorazzavano nel bagnasciuga, schizzando acqua e sabbia ovunque. Finite le loro evoluzioni, il capo branco, detto Forcella chiese d'accendere a Denis, ammirò la sua Honda, sverginò con un'occhiata penetrante Angel e si misero a conoscersi, così come gli animali della savana, annusandosi e lasciando all'istinto di fare il resto.
C'era un lavoretto da fare, avevano bisogno di gente e c'era da guadagnare bene, non lontano un TIR pieno di casse di sigarette aspettava d'essere svuotato. Accettarono, anche se Angel volle che giurassero che era un lavoro pulito.
La fila di cinque moto si mosse, Forcella in testa seguito da Denis e Angel, a chiudere Manopola e Indio, due sgangherati ragazzi della periferia di Roma.
Il TIR abbandonato non si sa come, fu svuotato e il furgone che faceva la spola se ne andò con l'ultimo carico, Forcella divise il compenso poi si diressero al "Pirana", un locale fuori mano, dove i motociclisti avevano un loro "tempio".
Dovevano festeggiare, partirono con estrema determinazione, Forcella lasciò una scia gommata e un rivolo di fumo denso,Denis accelerò di rimando con un fuori giri pauroso, impennò l'Honda e lo segui, Angel calò la visiera e schizzò da par suo come un fulmine seguita da Indio, Manopola che s'era perso nell'aggiustarsi uno stivaletto, si accorse di essere rimasto solo, rise idiota e slittò via inseguendo le scie carboniose del gruppo, serpente senza veleno.
Il locale era una fattoria stile western, con un piazzale alberato grande , dove troneggiava una insegna lumisosa con due pesci pirana che avevano due ruote e un fanale, due enormi marmitte incrociate a mo di fucili del 7° cavalleggieri, salutavano nell'ingresso appese sopra il portoncino,vari motori erano impiccati ai lati nelle pareti laterali poi foto, poster, mappe, bandiere,di grandi imprese motociclistiche, in bella evidenza un paio di lerci guanti in pelle che forse erano appartenuti a qualche guru delle due ruote, con un foulard lindo chiusi in una teca vetrata, sul pavimento un tappeto dai colori persi nel tempo, salutava così gli avventori : "WELCOME BIKERS" -
Toni detta Macchia, per via della sua fobia per le perdite d'olio motore, era il titolare del "tempio", lui che aveva sposato la Herley quando ancora la sua Susy non conosceva i piaceri della coppia, salutò l'eterogeneo gruppo, spinò senza nessuna richiesta cinque bionde e le lanciò con un sorriso senza denti.
Il fumo dei sigari, i tanti clienti, il vocio a volte rotto dalle risate si miscolavano in un'atmosfera irreale e protettiva. Le pacche sulle spalle s'erano asaurite e l'ora del congedo arrivò fastidioso e indolente.
Denis salutò, aveva in mente di raggiungere un'amico di Assisi che forse gli aveva trovato un lavoro, si mise in sella accese la moto ma una mano lo sbloccò, afferrandogli il braccio, Angel con quell'aria così fragile e malinconica lo guardò intensa, gli passò una carezza sulla fronte con la delicatezza d'una mamma, gli fece cenno di aspettare, in un'attimo con la sua Ducati rossa era pronta a seguirlo.
Si mise davanti, prendendo di sorpresa Welcom e si diresse verso l'Umbria.
La notte stava arrivando ma le due macchie scure proseguivano a velocità sostenuta nel loro elemento naturale. Di colpo, un posto di blocco della polizia, furono fermati e nella perquisizione che segui ci fu una incredibile sorpresa. Nel vano bagaglio di Denis, un poliziotto trovò un pacchetto di droga, a nulla valsero le proteste d'innocenza che cercarono di argomentare.
Gli permisero di telefonare, avvisò il suo amico di Assisi che la polizia lo aveva messo in carcere per infrazioni gravi stradali, non se la sentiva di farsi passare per un drogato, cosi ottenne il suo strano interessamento.
Il giorno dopo,il suo amico, si presentò per pagare un avvocato, stranamente accomodante, chiese della moto, se era stata perquisita.
Denis che aveva gli occhi arrossati, iniziava a capire, Angel le era rimasta vicino, senza mai esprimersi ma si intuiva che credeva alla sua innocenza.
- " Amico di raduni, grazie d'esserti interessato a me,...grazie davvero, no...non hanno perquisito la moto...ma perchè me lo chiedi? "
- " Meno male, dov'è, dov'è la Honda?"
- " Ho lasciato Angel che la parcheggiasse, non so dove."
La cella aveva orecchie ed occhi, non sapevano di essere sotto stretta sorveglianza e così ingenuamente l'amico umbro si manifestò.
- " Pezzo d'imbecille, ma non hai capito ?...Dovevi fare il corriere per me! Cervello di gallina, meno male che ci sono quà io a recuperare la merce!"
- " Allora sei tu che hai organizzato sta sceneggiata, vile camera d'aria, io ti rovino...tu mi hai fatto mettere quella porcheria nella sacca della moto ! Senza dirmi niente, vigliacco!"
- " Come t'hanno beccato allora?...!!"
Non fece in tempo a reagire, già nel corridoio si affrettavano i poliziotti a mettere le manette al reo confesso.
Denis e Angel firmarono le loro deposizioni e lì che il destino si manifestò così strano e imprevedibile.
- " signorina Angel Carmine, nata a Vetulonia...."
Denis si irrigidì, non poteva credere a quello che aveva sentito, ma com'era possibile ?
- " Signor Denis Carmine, nato a Vetulonia....."
Angel sorrise, si girò verso il fratello, una lacrima trasparente scese a disegnare un meandro sulla guancia. Denis era paralizzato, dopo tanti anni, dopo l'orfanotrofio, dopo gli stenti di famiglie putative ecco riemergere sua sorella, sognata ma mai incontrata.
Le due moto correvano attraverso le dune del deserto, Denis era abbronzato e Angel metteva in mostra una pelle ambrata da modella, il sole qui incontrastato padrone d'ogni ritmo scandiva ogni tempo e nella Parigi-Dakar c'era da faticare ma adesso che erano assieme tutto sembrava facile.
Un foulard, con un teschio nero,sventolava irriverente dal sellino di Welcom, salutò strombazzando dei cammelli, rise mentre Angel alzata sui poggiapiedi faceva numeri d'equilibrio, mentre di lontano il fumo d'un fuoco, faceva presagire che anche quella sera avrebbero gustato dell'ottimo tè verde, in qualche accampamento, cittadini del mondo, liberi di suonare la sinfonia della moto ogni volta che la vita si faceva dura.


di Zanin Roberto

   
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