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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 Il circo immaginario.
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riccardo resconi
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Inserito - 08/05/2009 :  19:44:19  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a riccardo resconi
Il circo immaginario


Rione Stazione.
Il quartiere dove ho vissuto da ragazzo.
Non ero nato li.
Ma neanche mi ero spostato di molto.
Da un quartiere popolare ad un altro non si notava esattamente quella grossa differenza.

I lunghi musi di treni impolverati color caco,con carrozze che avevano ancora la seduta in legno conducevano in città.
Quest’ultima poco considerata dalle rotte importanti.
Il treno che portava a Napoli era ed e’ ancora oggi ,a distanza di tanti anni,un pezzo di museo su rotaia che trasporta studenti assonnati,pendolari e ferrovieri ormai assuefatti e straripanti di cellulite, nella loro divisa lisa dal tempo.
L’unica nota olfattiva gradevole,la si aveva quando si imboccava il viale che portava in stazione.
Un odore inebriante di dolci e torrone, nel periodo che producevano prima dell’arrivo delle vacanze Natalizie.
Una fabbrica secolare,che iniettava nel cielo dai suoi altissimi comignoli,profumi di mandorle tostate miste a zucchero,con spunti di zenzero,cannella e spezie varie.
Il passante aveva un fremito al suo passaggio e la giornata sembrava quasi ti passasse con il buon umore addosso.

La convivenza con gli occupanti dei casermoni non fu facile per alcuni anni.
Avevamo quasi modificato radicalmente il nostro quotidiano vivere.
Orari da rispettare cercando di evitare incontri poco graditi e la consapevolezza che se avessimo subìto, sarebbe stata la fine.
Anche il volto del rione cambiò.
La gente divenne diffidente e scritte che imbrattavano i muri fecero la loro prima apparizione.
I furti aumentarono e sovente la notte pattuglie di polizia facevano carichi di pregiudicati su furgoni lampeggianti.
Anche lo spaccio di stupefacenti fece il suo ingresso.
Ragazzini molto giovani,comandati da un capetto che non superava i 17 anni,iniziarono a piazzare la loro merce in diverse parti della città, pur avendo come quartiere generale il mio Rione.
Insomma quella, che fino a poco tempo prima era una zona tranquilla, sembrava fosse diventata un girone dantesco.

accadde un fatto poco tempo dopo.
Era una giornata di Novembre e sembrava che il sole squarciasse le nuvole dopo un grosso temporale.
In maniera decisa,imponente,importante,significativa.
Quella mattina di Sabato,una fila di camion sfilò davanti a noi ragazzi, come una lunga colonna militare che si preparava ad andare in guerra.
Niente di tutto questo.
Raffigurati sul fronte dei camion, disegni di acrobati,clown,animali esotici e altro.
Sotto una scritta in francese “ Le Cirque immaginarie”.
Non fiatammo.
Li seguimmo con lo sguardo, fino a quando l’ultimo camion non imboccò la strada a destra che portava alla zona della vecchia ferrovia.
Una zona ormai dimessa,che aveva grandi spazi a disposizione.
Come una processione silenziosa, ci avviammo a piedi in quella direzione.
Il nostro cuore di ragazzi era inquieto.
Sembrava che in tutta quella grande confusione che regnava da tempo,fossero atterrati i marziani e tutto levitasse.
La fantasia fece il resto.
Questi due enormi tendoni circolari furono eretti con sorprendente velocità.
La loro altezza, con questa punta che mirava al cielo, sembrava una sorta di cattedrale nel deserto.
Il nostro deserto.
Mi ricordava, personalmente, anche le tende dei cavalieri medioevali.
Certo più grandi, ma tende che ospitavano cavalieri pronti a venirci in aiuto in battaglia.
Con i vessilli che sventolavano e le armi ordinatamente riposte su apposite strutture.
Si.
Avremmo avuto bisogno di una mano in tutto quel marasma.
Giunti di fronte ai tendoni cercammo l’ingresso ma non fu semplice trovarlo.
Sembrava davvero un’astronave pronta ad aprirsi solo quando lo avesse deciso.
Finalmente,dopo aver circumnavigato tutto il tendone trovammo un piccolo varco e ci infilammo in esso.
Chinando la testa entrammo in un ambiente alquanto buio.
Le mani erano poste in avanti cercando di evitare qualche capocciata e giungemmo verso quello che ritenevamo il centro del circo.
Ci si parò davanti all’improvviso un omone gigantesco, che sembrava uno di quei personaggi delle fiabe;“ i Troll”,proprio quelli.
Parandoci la mano davanti al viso ci chiese il biglietto.
Avevamo a stento trovato l’entrata,figurarsi se avevamo pensato al biglietto.
Con un colpo di tosse e adducendo qualche scusa riuscimmo a convincere l’omone,che ci indicò uno stretto percorso per arrivare alla parte alta del tendone,
Pensai fosse quella per i non paganti. Mi dovetti ricredere poco dopo.
Preso posto a fatica una luce iniziò a formarsi.
Si insomma,finalmente iniziammo a vederci.
Ed ecco apparire davanti a noi l’arena del circo.
Rotonda,quasi spoglia di attrezzi circensi,ma la sua base era argentea e sopra, se si alzava lo sguardo, il tetto sembrava un firmamento.
Un cielo stellato come nella notte di S. Lorenzo.
La cosa che mi parve, anzi ci parve strane visto che noi quattro eravamo gli unici spettatori. Guardandoci attorno notammo che tutti i sedili verdi erano vuoti.La cosa non ci spaventò ma ci fece pensare a tutto quello che stavamo vivendo e provammo una sensazione unica.
Una musica iniziò ad insinuarsi nel tendone.
Soave penso sia il termine adatto per definirla.
Ne lenta ne veloce,ne fragorosa ne lieve.
Le note rimbalzavano sulle pareti e iniziammo a vedere le prime figure muoversi con circospezione all’interno dell’arena.
Erano due uomini e due donne.
Con loro due gabbie di forma cilindrica come palloni.
Con queste iniziarono a roteare entrandone e uscendone con tale grazia e velocità che rimanemmo senza fiato.
Avvolti in tute argentate, sembravano davvero esseri magici folletti di chissà quale mondo fatato o creature di mondi lontani.
Il volto era dipinto con del cerone bianco.
L’unica cosa che risaltava del viso, erano gli occhi azzurri che spiccavano.
Altre figure entrarono all’interno della pista.
Due di loro salirono su di un filo talmente trasparente che ci domandammo come potesse sopportare il peso.
Lei aveva tra le mani un ombrello tutto rosso,mentre lui una asta nera che gli permetteva di mantenersi in equilibrio.L’effetto ottico era davvero magico.
Percorrevano in lungo e largo questo sottile filo come uccellini sui cavi della corrente.
Altre persone entrarono ancora.
Chi a cavalcioni di una bici altissima,chi con birilli e palline colorate che fluttuavano nel cielo.
Tutto questo ruotare in aria creava vortici che si riflettevano negli occhi degli spettatori.
Anche cavalli bianchi magnifici,con pennacchi posti davanti al capo percorsero la rotondità dell’arena.
Sembrava quasi spiccassero il volo come Mary Poppins con i suoi bambini nel loro elegante galoppo.
Sul finale entrò lei.
Era un Pierrot.
Insomma una donna truccata cosi.
Fu amore a prima vista.
Era bellissima.
Minuta.
Un caschetto biondo e posto su di esso un cappello a punta con palline colorate incollate.
Un buffo e largo vestito che la copriva e scarpe da ballerina bianche.
Il suo sguardo pur nella veste del Pierrot,non era triste.
Anzi.
Sembrava volesse dare amore a chi non si sottraeva al suo sguardo.
Mi sembrò di volare come solo come un ragazzo di 16 anni può fare al primo bacio che riceve.
Dopo essere disceso dalle nuvole e poggiato saldamente i piedi a terra,incrociai lo sguardo rapito dei miei compagni.
Li feci alzare non con poco sforzo.
Imboccammo ancora frastornati lo stretto percorso che ci aveva portato li.
La musica iniziò a diminuire, mentre i protagonisti si avviavano dietro le quinte.
Trovammo ancora il Troll, ma questa volta ci indicò l’uscita e le sue uniche parole furono:
-A presto ragazzi,quando ne avrete bisogno noi saremo sempre qui per voi.-
Uscimmo per strada.
La luce cel giorno ci accecò costringendoci a socchiudere gli occhi.
Ci incamminammo verso il nostro quartiere.
Nessuno di noi fiatò per un bel po’.
Quella sera quando mi addormentai pensai ancora a quella giornata.
Mi domandavo che se la mattina seguente avessi trovato ancora quel quartiere che non mi piaceva, avrei chiuso forte forte gli occhi.
Stretto i pugni e volato via da quel luogo.
Avrei sorvolato dall’alto tutto il mio rione.
E da li il mio cuore si sarebbe riempito di gioia al solo vedere ancora tanta brava gente, i bambini giocare felici ed i fidanzatini mano nella mano.
E’ vero.
Guardare le cose da altre angolazioni fa’ bene.
Presi anche consapevolezza che avrei fatto di più per la mia gente e che non sarei mai indietreggiato davanti alle difficoltà.
Dopo pochi anni il volto del rione cambiò.
Non rividi più quel circo, ma a distanza di tanti anni e’ ancora in me nella mia mente, nei miei ricordi, e mi sento felice.

patapump

   
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