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 Ufficio oggetti smarriti
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luisa camponesco
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Inserito - 20/09/2005 :  09:06:14  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco


Ufficio oggetti smarriti

L’ambiente era buio e odorava di muffa, sugli scaffali polverosi ogni genere di merce era ammassata alla rinfusa, gli oggetti indistinguibili.
L’ufficio si affacciava su di uno stretto e cupo vicolo, anche il sole fuggiva da lì. All’ingresso campeggiava pomposa, a lettere cubitali, la scritta,

UFFICIO OGGETTI SMARRITI

La cosa strana era che quasi nessuno vi entrava. L’ufficio era gestito da un vecchietto che rimaneva quasi sempre nel retrobottega a leggere il giornale. Quel giorno pioveva a dirotto, Vanessa si trovava in strada senza ombrello e correndo con la borsetta sulla testa cercava riparo. Fu così che venne a trovarsi nel vicolo e l’unica porta aperta era proprio quella dell’Ufficio oggetti smarriti.
Vi entrò di corsa, un campanellino annunciò il suo ingresso, mentre con una mano si ravviava i capelli da dietro una porta apparve il vecchio.
- Ha perso qualcosa?
Solo allora Vanessa si accorse del tipo di negozio nel quale si trovava.
- Si. - balbettò – un ombrello.
- E’ sicura? – replicò l’uomo
- Sicurissima – mentì la ragazza
Il vecchio prese da uno scaffale un ombrello un po’ malandato e lo appoggiò sul bancone.
- E’ forse questo?
- E’ proprio questo! Ma che fortuna ho avuto nel trovarlo subito
Non le importava di chi fosse, ma ne aveva bisogno. Lo avrebbe riportato indietro non appena avesse potuto, in fondo era solo una piccola bugia.
- In questo caso lo prenda, ma si ricordi se non fosse il suo, l’ombrello lo saprà.
- La ringrazio. – Vanessa lo prese ed uscì.
Solo più tardi ricordò l’ultima frase detta dal vecchio, ma non aveva alcun senso, sorrise fra sé e sé, pensando a quanta gente strana ci fosse in giro.
Uno strattone, fu costretta a tenere l’ombrello con entrambe le mani, eppure non c’era un alito di vento, poi tutto tornò normale.
Quella sera fece il solito turno in ospedale, ma chissà perché aveva l’impressione di essere seguita..
La sensazione continuò anche nel suo appartamento e durante la notte udì rumori e scricchiolii che non aveva mai udito.
Pensò subito ad un topolino, prese una scopa e si avventurò in cucina. L’ombrello era lì, appoggiato sul tavolo, Vanessa era sicura di averlo riposto nell’ingresso.
Lo rimise al suo posto e tornò a letto, di nuovo rumori, come se qualcuno camminasse in casa.
Accese la luce e l’ombrello era ai piedi del letto. Vanessa incominciò ad impressionarsi era come se quell’ombrello avesse vita propria, allora rammentò le parole del vecchio.
- “ se non fosse suo, l’ombrello lo saprà”
Attese l’alba desta e non appena la città incominciò a prendere vita, si vestì in tutta fretta, prese l’ombrello per riportarlo in quell’ufficio.
Non ricordava esattamente l’indirizzo, ma si accorse che ogni volta che imboccava una via sbagliata avvertiva una leggera pressione sul braccio.

Ed ecco, finalmente, imboccò il vicolo ed entrò nel negozio . Il campanellino suonò al suo ingresso.
- C’è nessuno?
Nessuna risposta.
- C’è nessuno? – ripeté

Attese un po’ prima che un colpo di tosse le annunciasse l’arrivo del vecchio
- Ha smarrito qualcosa?
- Veramente ho riportato questo ombrello, credevo fosse mio ma…
- Si è accorta che non lo era. Vero?
- Proprio così.
Vanessa lo appoggiò sul bancone sul quale vi erano altri oggetti alcuni anche di gran valore.
- Ma lei si fida a lasciare queste cose preziose incustodite?
- Mi creda non c’è pericolo. - soggiunse l’uomo con una strana espressione.
- Beh, io la ringrazio ma ora devo proprio scappare.
- Allora buon lavoro, ma si ricordi se dovesse perdere qualcosa, questo è il posto giusto per ritrovarla.
Sparì dietro la porta accanto al banco, lasciando l’ombrello esattamente dove lei lo aveva appoggiato.
Riprese il lavoro, ma quel giorno niente andava per il verso giusto, un carrello si era rovesciato, un paziente era fuggito e una collega si era infortunata.
Vanessa non riusciva a togliersi dalla mente la faccenda dell’ombrello e di quello strano ufficio, una sensazione di disagio si impadronì di lei.
Passarono i giorni, ma le cose non cambiarono, anzi, peggiorarono. Discusse con la capo sala e poi con il medico di turno e spesso dimenticava le cose da fare. Il primario la convocò nel suo ufficio.
- Vanessa, lei ha lavorato troppo in questi ultimi tempi, mi creda si prenda una pausa, diciamo una settimana? Sono certo che dopo le cose andranno meglio – le strinse la mano e la congedò.
Quella sera non riusciva ad addormentarsi, mille pensieri le frullavano in testa, si sentiva diversa, ma quando era cominciato tutto questo? Forse il primario aveva ragione, aveva bisogno di riposo, un po’ di vacanza non poteva che farle bene.
Si procurò dei libri,si ripromise di fare solo attività rilassanti. Ma ben presto sopraggiunse la noia.
Anche le amiche la salutavano frettolose adducendo ad impegni famigliari e così Vanessa si trovò sola. Sfogliando la rubrichetta da borsa si soffermò sul suo nome, non lo sentiva ormai da un anno. Chissà, si domandò, come stava, se stesse lavorando ancora il quell’ufficio… provò a fare il numero un paio di volte, posando quasi subito la cornetta indecisa. Alla fine si fece coraggio.
- Ciao sono Vanessa.
- Vanessa che sorpresa! Dimmi come stai?
- Bene grazie! È un po’ che non ci sentiamo e non vorrei disturbare…
- Nessun disturbo anzi mi hai fatto piacere.
Chiacchierarono come se si fossero lasciati il giorno prima
- Dal momento che abbiamo un anno da raccontarci, perché non farlo a cena?
Quell’invito le parve cadere dal cielo e accettò senza indugio.
La serata sembrava perfetta, e lui era più affascinante che mai, si raccontarono storielle divertenti, le tornò il buonumore e sperò in un secondo incontro.
La cena era quasi al termine quando lei azzardò un invito.
- Dobbiamo proprio riprendere questo discorso, la prossima cena la offrirò io.
Un attimo di imbarazzo .
- Sai Vanessa, non te l’ho detto prima ma…mi sposo tra una settimana.
Le girò la testa per un istante, ma si riprese subito.
- Sono sorpresa, ma sono contenta per te – la delusione era cocente ma riuscì a mascherarla.
Quella notte fece il bilancio della sua vita, e i conti non tornavano.

Il mattino seguente, vagabondò senza una meta per le strade della città, e senza rendersene conto si trovò in quel vicolo.
La scritta era sempre li, pareva invitarla e così entrò.
Odore di muffa, scaffali polverosi, proprio come la prima volta. Si guardò attorno si soffermò ad osservare i vari oggetti riposti.
- Vedo che è tornata! – l’improvvisa apparizione dell’uomo la fece sobbalzare
- Si ma non ho perduto nulla.
- Ne è sicura?
Vanessa trovò strana la domanda e a dire il vero anche quel luogo era strano.
- Passavo solo da questi parti per caso…
- Nessuno passa da queste parti per caso. – rispose il vecchio
- Beh mi scusi, tolgo il disturbo.
- Aspetti! Credo di avere qualcosa di suo.
Vanessa lo guardò stupita, era certa di non aver smarrito nulla. Il vecchio scomparve nel retro e riapparve poco dopo tenendo fra le mani una vecchia bambola.
PATTY, la sua Patty, la bambola che gli aveva regalato suo padre perché non si sentisse sola di notte.
Quante volte l’aveva stretta a sé nel suo lettino e le aveva parlato, raccontato le sue pene e la paura spariva. L’aveva perduta un’estate tanti anni prima, l’aveva cercata invano per parecchio tempo. Non aveva più voluto altre bambole da allora, nessuna poteva sostituirla.
Ed ora eccola lì in un oscuro ufficio di oggetti smarriti.
- La prenda, credo ne abbia bisogno – disse l’uomo porgendogliela
Vanessa la strinse a sé e fu come se un raggio di sole sbucasse da una nuvola. Tornando verso casa, quasi correndo, si sentiva serena e tutto le pareva più semplice, si sentiva pronta a ricominciare.

°°°°

Il campanellino annunciò che qualcuno era entrato nel negozio
- Ha perso qualcosa?
- Non credo sono entrato per caso – il nuovo venuto si mostrava imbarazzato.
- Nessuno entra qui per caso – rispose il vecchio da dietro il bancone, con una misteriosa espressione dipinta sul viso.



Luisa Camponesco


Edited by - luisa camponesco on 21/09/2005 17:09:01

   
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