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 La Torre di ghiaccio
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luisa camponesco
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Inserito - 30/08/2005 :  18:04:39  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco



La torre di ghiaccio


La slitta scivolava veloce sulla neve, la luce del giorno durava pochissimo e già nelle prime ore del pomeriggio il buio era fitto.
Ulrik guidava la muta di cani, era già in ritardo, il messaggio che portava per la reggente era di estrema importanza.
Ogni tanto controllava se qualcuno lo stesse seguendo. Le spie dell’imperatore dell’Emisfero Orientale potevano nascondersi dovunque.
Il mondo era cambiato parecchio, nessuno rammentava come poteva essere stato un tempo.
Il padre gli raccontava di una terra verde e rigogliosa, dove uomini e animali vivevano serenamente, cibandosi di frutti succosi e dolcissimi e di come il sole la riscaldasse.
Ulrik non riusciva ad immaginare una simile terra, non aveva mai visto il sole, nubi grigie avvolgevano ogni cosa. Da quando era nato il ghiaccio e la neve erano i soli elementi conosciuti. Ora non poteva soffermarsi su simili fantasie, una nuova e devastante guerra stava per travolgere ciò che rimaneva del genere umano.
I cani rallentarono improvvisamente l’andatura, fiutavano l’aria, Ulrik lanciò un urlo di incitamento, dopo un attimo di incertezza, la muta riprese la sua corsa.
Il vento si levò lieve, ma si trasformò, ben presto in una tormenta. La neve e il vento gelido spazzavano la landa ghiacciata, mille aghi colpirono il viso. Ulrik si aggiustò gli occhiali a lenti infrarosse e alzò il bavero della giacca termica. Il freddo era comunque intenso, le mani stringevano a stento le redini della muta che aveva accelerato l’andatura, come sapesse dove dirigersi. Ulrik non si accorse che la direzione presa dai cani non era quella giusta. La tormenta pareva accanirsi contro di lui, il messaggio che portava nella tasca interna della termo-tuta pesava come un macigno. L’invasione era imminente, l’esercito nemico si stava spostando verso il confine. La morte improvvisa e alquanto sospetta dell’imperatore, era il pretesto ufficiale, infatti, Re Cedrik vantava pretese sul trono, in realtà l’obiettivo era il controllo delle ultime riserve energetiche.
Selenia la giovane ed inesperta erede al trono, non sarebbe stata in grado di affrontare una simile situazione, inoltre Ulrik aveva i nomi delle spie che sotto falso nome si erano infiltrate a corte.
La tempesta era più intensa, l’uomo si riscosse dai sui pensieri e cercò di orientarsi mentre i cani proseguivano nella corsa verso una meta sconosciuta.

Gli igloo erano disposti a semicerchio, la slitta si fermò di colpo, i cani fiutavano l’aria che pareva immobile, la tempesta si era placata.
- c’è nessuno? - Ulrik urlò con quanta voce avesse in corpo - c’è nessuno? - ripeté
Il silenzio era rotto solo dal sibilo del vento, tutto pareva abbandonato da tempo.
Stava già risalendo sulla slitta quando se lo trovò dinnanzi. Alto di statura, avvolto in una candida pelliccia che contrastava col colore scuro della pelle.
- fermati straniero, lascia che la tormenta passi, domani all’alba vedrai la tua strada.
- ti ringrazio ma il tempo per me è prezioso e può valere la salvezza di molte vite umane.
- se attenderai l’alba potrai salvarne molte di più - rispose con tono serio
Ulrik soppesò quelle parole senza comprenderne il significato, ma il pensiero della imminente guerra lo fece rabbrividire.
Una donna apparve, pareva essersi materializzata dal nulla.
- mia moglie ha portato del cibo
Si accorse solo allora di essere affamato.
- vieni nella mia modesta casa – soggiunse

Ulrik lo seguì dentro l’igloo. Il tepore lo confortò, nel centro ardeva un fuoco le cui fiamme lambivano il soffitto di ghiaccio senza scioglierlo. Le pareti erano ricoperte da folte pellicce e rendevano l’ambiente molto accogliente.
- rifocillati forestiero! Poi incontrerai il tuo destino.
Un’altra frase enigmatica.
- cosa intendi? Non ti capisco!
Invece di rispondere, l’uomo gli porse una ciotola di un liquido fumante.
Ulrik bevve avidamente e sentì il sangue scorrergli nuovamente nelle vene.
- siete solo voi a vivere qui? - domandò Ulrik
- No siamo in tanti
- ma dove sono? Io non ho visto nessun’altro.
- ma loro sanno di te. Ora verranno a salutarti.
Non li sentì arrivare, ma in un attimo fu circondato, si domandò da dove fossero venuti. Nessuno di loro parlò, ma tutti insieme chinarono il capo in segno di saluto. Poi fra di loro si aprì un varco e comparve una donna molto anziana, tutta curva, sorretta da due giovani . Si avvicinò ad Ulrick gli posò l’indice sulla fronte.
- E’ lui!- disse ad alta voce.
Poi com’erano venuti si allontanarono.
- Cosa intendeva dire? - chiese rivolto al suo ospite - Da quando sono giunto in questo villaggio non riesco a comprendere il senso di tutto questo.
- Capirai e saprai agire. - uscì dall’igloo ed invitò Ulrik a seguirlo, poi, alzando il braccio, indicò il nord
- Segui questa direzione, troverai le risposte che cerchi.
- Mi spiace ma devo andare, sarei stato lieto di fermarmi ancora fra voi...
- Vai! – lo interruppe – ma un giorno ci rincontreremo. – poi sparì all’interno dell’igloo.

Ulrich, salito sulla slitta, schioccò la lingua ed i cani partirono. Appena fuori al villaggio, la tormenta di neve riprese vigorosa, cancellando la pista. Ulrik guardò nella direzione del villaggio, ma la nebbia lo nascondeva alla sua vista.

La muta seguiva un nuovo percorso, Ulrik, impotente, non riusciva a trattenerla.
Corsero i cani fino a quando giunsero in una candida distesa. Nel centro di essa si ergeva un pinnacolo di ghiaccio, Ulrik rimase colpito dalle dimensioni e dalla regolarità della sua fattezza. La curiosità fu tale da indurlo ad avvicinarsi, sceso dalla slitta lo ispezionò camminando lungo il perimetro e si convinse che non poteva essere opera della natura.
Preso un piccone iniziò a percuoterlo, scaglie ghiacciate volarono tutt’intorno.
Dopo l’ennesima picconata, un pezzo si staccò scoprendo una superficie argentea. Ulrik, preso da una improvvisa frenesia, colpì ripetutamente la parete portando alla luce un’ampia superficie. Ulrik non rammentava di aver veduto simili costruzioni in vita sua.
Lavorò per il resto della giornata, si delineava chiaramente una struttura metallica a forma di parallelepipedo. Nonostante i muscoli indolenziti continuò a picchiare sulla parete fino a scoprire una probabile apertura.
Le fessure erano appena percettibili, una sottile linea scura ne descriveva i contorni ma non c’era modo, almeno in apparenza, di poterla aprire.
Il colpo arrivò all’improvviso, un dolore acuto alla testa poi il buio.
Quando riprese i sensi incominciò a guardarsi attorno. Si trovava in una piccola stanza, una luce tenue proveniva dal soffitto, le pareti erano lisce e, a tratti, emanavano bagliori. Una apertura circolare si aprì e una persona incappucciata apparve. Ulrik pensò di avere una allucinazione o peggio di essere andato nella Terra degli Antichi ma quell’essere era troppo reale per essere un fantasma. Solo quando fu abbastanza vicino tentò una reazione colpendolo allo stomaco. Un gemito e cadde a terra, Ulrik gli fu sopra pronto a colpire di nuovo, l’abito si lacerò e allora si accorse che si trattava di una donna.

Rimase sorpreso.
- sei una spia? Ti hanno mandato per impedirmi di avvisare la mia regina?
La donna spalancò gli occhi senza parlare. Solo allora Ulrik si guardò attorno e si rese conto di essere all’interno della torre di ghiaccio. Ma come c’era entrato? Non ricordava di aver aperto la porta d’accesso, si convinse, perciò, di essere stato portato all’interno quand’era privo di sensi. Un’altra figura, fece la sua comparsa e con un cenno allontanò la donna.
- Vorrei sapere chi siete e perché mi trovo qui? – chiese Ulrik
- Ogni cosa a suo tempo - rispose il nuovo venuto. - Devi perdonare le nostre maniere, ma sai non abbiamo molti ospiti da queste parti.
- Almeno puoi dirmi dove mi trovo?
- Seguimi! – rispose
Attraversarono parecchie stanze piene apparecchiature e le persone che vi lavoravano aveva tutte la pelle bianchissima. Ulrik non aveva mai veduto uomini simili a loro.
Raggiunsero un’ampia sala, una mappa colorata ricopriva interamente una parete.
- Vedi? Questo era il nostro mondo molto tempo fa, prima dell’Evento! Noi ci troviamo qui, su questa penisola che si chiamava Florida e più precisamente a Capo Canaveral, questa macchia azzurra era…
- L’oceano Atlantico! – Ulrik si sorprese di quanto aveva detto
- Come fai a saperlo? – chiese incuriosito l’uomo della torre
Ulrik non sapeva cosa rispondere, ma tutti i presenti si fecero più attenti.
- Il mio nome è Raisa, sono il responsabile di questo luogo, ti chiedo di seguirmi, forse sei colui che stiamo aspettando.
Ulrik seguì Raisa dentro una cabina, appena la porta si chiuse uno scossone lo fece barcollare, capì che si stavano muovendo.
La porta si aprì su di un corridoio che percorsero con passo svelto per raggiungere una vasta zona circolare, al centro una impalcatura sosteneva una sfera dal diametro di due metri circa.
Ad Ulrik pareva famigliare eppure era sicuro di non averla mai vista.
- Non mi hai chiesto ancora il perché di tutto questo. – continuò Raisa – forse, inconsciamente conosci già le risposte.
- Anche tu parli come quell’indiano dell’igloo! –commentò Ulrik
- Quale indiano? Hai incontrato un indiano?
- Si e non era solo c’era anche la sua gente
- Allora la leggenda …
- Di cosa stai parlando? Quale leggenda?
- Si narra che un tempo un uomo salvò una tribù di indiani dalla distruzione. Il capo promise che un giorno avrebbe restituito il favore. Quell’uomo era un mio antenato. – Raisa sospirò - Credo sia giunto il momento di parlarti di questa struttura e del motivo per cui fu costruita.
Incominciò a raccontare di quando, secoli prima, fu avvistata una cometa che si avvicinava pericolosamente alla Terra. Tutte le potenze di allora si allearono nel tentativo di trovare una soluzione. Si poteva, infatti, deviare la sua traiettoria colpendola con un particolare esplosivo scoperto da uno scienziato tedesco, ma bisognava calcolare esattamente dove e quando colpire. Quando tutto fu pronto un generale impazzito scatenò una guerra e così perduta la possibilità di salvezza. La cometa attraversò il sistema solare, la Terra si spostò dalla sua orbita e mutando inclinazione scaraventò l’umanità in un’era glaciale senza fine.
Ci fu un istante di silenzio.
- E’ questa la bomba vero? Quella che doveva essere lanciata? –chiese ad un tratto Ulrik. Raisa fece un accenno di assenso.
- Può essere ancora usata per salvare la Terra. Il nostro mondo potrebbe tornare ad essere vivibile.
Questa rivelazione lasciò Ulrik interdetto.
- E cosa aspettate allora?
- Aspettavamo uno come te! Vedi Ulrik, non abbiamo razzi da inviare nello spazio, ma… - premette un pulsante e si aprì una voragine nel pavimento. – se la mandassimo nel centro della Terra potrebbe riaccendere, con una reazione a catena, il nucleo centrale. La Terra di riscalderebbe a poco a poco e anche il clima cambierebbe. Ma lo scienziato che l’ha costruita non si fidava, dei militari, allora ha escogitato un sistema davvero geniale, ha inserito una parte della sequenza di lancio nella mente di suo figlio in modo che potessero essere trasmessa anche ai discendenti. Io penso che tu sia uno di questi, allora, da qualche parte nella tua mente c’è la soluzione al problema.
- Sono confuso, sta per scoppiare una nuova guerra, dovrei avvertire la mia regina ed invece mi trovo qui.
- Possiamo scongiurare questo disastro sarà sufficiente mettere in funzione il congegno.
- Come faccio a sapere che dici il vero? Siamo sopravvissuti fino ad ora, chi mi dice che tu voglia davvero far rinascere la Terra!
- Questo lo capirai da solo ma il tempo stringe guarda!
Su di uno schermo comparve l’esercito nemico che avanzava con tutti i mezzi.
- Puoi fermarli se vuoi!
- Cosa devo fare? – la voce di Ulrik era rotta dall’emozione. Raisa gli strinse forte la mano.

Era come essere affacciato ad una finestra, vedeva tutto ciò che accadeva, l’uomo con il camice bianco controllava in continuazione la porta, un bambino era steso sul lettino, sorrideva, aveva un auricolare forse ascoltava musica. Poi si udirono colpi alla porta, qualcuno cercava di sfondarla. Allora l’uomo prese il figlio aprì un portello e lo fece entrare in un cunicolo, lo guardò con gli occhi colmi d’amore e sigillò l’apertura.

…era buio e freddo ma doveva andare, doveva uscire glielo aveva detto il suo papà e così e carponi strisciò. Sapeva cosa fare. Per un istante fu tentato di tornare indietro ma invece proseguì, aveva un tesoro da custodire, un tesoro che suo padre gli aveva consegnato.

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Si risvegliò con un gran mal di testa, si sentiva strano come fosse un’altra persona
- Tutti in postazione, prepararsi al lancio fra due ore quarantacinque minuti e trenta secondi – la sua voce era autoritaria, non la riconobbe. Raisa, seduto in un angolo, piangeva in silenzio.
Gli uomini della torre erano pronti. Da sempre si erano preparati per quell’evento.
- Inizio conto alla rovescia – gli occhi di tutti erano fissi sul grande schermo. La Torre vibrava.
- 45…44…43
Le mani di Ulrik tremavano sulla tastiera
-35…34..33
l’ansia era palpabile
- meno 10…9……………3..2..1..0 … ACCENSIONE.
un boato, alcuni pezzi del soffitto si staccarono e la Terra tutta …tremò.
Poi fu il silenzio.

°°°°

Un pallido sole si era fatto strada fra la coltre grigia delle nuvole, un indiano uscì dal suo igloo, guardò il cielo, sorrise e si chinò al suolo per accarezzare il primo bucaneve.





Luisa Camponesco

Edited by - luisa camponesco on 05/09/2005 15:34:54

   
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