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 7 Riflessioni
 Una tazzurella ‘e caffè…al cianuro

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R A S S E G N A     A R G O M E N T I
emofione Il caffè io lo bevo amaro, è un abitudine che mi ha inculcato mia madre. Dice che così si sente meglio il sapore, l’aroma, e secondo me ha proprio ragione.
Ma, è innegabile, talvolta la miscela è proprio amara, da non riuscire a mandarla giù.
Con te accanto, poi, sarebbe veleno, di questi tempi.
Ma come puoi pensare, dico io, che abbia solo lontanamente voglia di bermelo con te?
E poi il caffè mi piace al vetro, non nella comune tazza. Il vetro mantiene il calore più a lungo, si sa, ed anche il sapore è peculiare.
Con te di questi tempi tratterrebbe solo il ghiaccio, diventerebbe shakerato. E io, lo shaker, lo uso per rimescolare pensieri, suggestioni, paure, consapevolezze, emozioni, pulsioni, passioni, dolori e gioie, non per fare un mix di qualche stupida bevanda. Quello lo lascio ai tanti barman…
Il caffè mi piace né troppo corto, che non riesco quasi a distinguerlo, né troppo lungo, che pare quello all’americana.
Con te di questi tempi sarebbe sempre mezzo vuoto, il bicchiere intendo.
Ma sei completamente demente? O credi per caso sia ammattito io?
Quando bevo il caffè ci fumo spesso dietro una Marlboro. Intossica, non v’è dubbio, ma dà soddisfazione.
Te non mi dai motivo di soddisfazione da una vita, e ti sembra normale, neanche te ne rendi conto, anzi rimani sbalordita nel constatare che la penso così. Ma come è possibile tutto ciò?
Io il caffè lo bevo da solo, o con gli amici, a tutte le ore.
Te di questi tempi non sei nemmeno lontanamente me stesso (lo eri, un tempo) e probabilmente non ti definirei nemmeno un’amica, non credo sarebbe giusto per gli altri.
Il caffè è come l’amore, una specie di droga: se ne senti l’odore, anche da lontano, non puoi resistergli.
Con te di questi tempi sento solo odore di naftalina, quella che mia nonna dà ai vestiti che tiene nell’armadio. Non si addice al caffè.
Il caffè, a ben vedere, non ti impegna più di tanto, nel senso che puoi bertelo con calma o anche tutto d’un sorso e se non fai un’indigestione non fa neanche troppo male.
Te hai impegnato molto del mio tempo, nel recentissimo passato, in riflessioni il più lontano possibile dalla faziosità e dalla parzialità, che mi hanno messo in discussione ripetutamente. e mi hai fatto male.
Adesso quel tempo è finito, di brutto, e non è sano dedicarci che qualche sporadico pensiero.
Ma che pensavi di poter ottenere col tuo comportamento? Stima, ammirazione, comprensione, affetto? Torni per chi? Ti faccio sapere se torno, ma quando, a Natale?
Il caffè è come me, scuro, da sempre, e lo rimarrà, come me, fino alla fine.
Te, di questi tempi, sei incolore.
Sto per lasciare Roma, lo sanno tutti ormai, così come sanno che, fra alterne vicende, mi sono dimenato senza rimanere profondamente rapito dalla città e dai suoi abitanti. Ma certi aspetti invece mi hanno colpito e rimarranno miei per sempre.
Come la tradizionale frase del romanista doc: “La Roma non se giudica, se ama”
Confermo, capovolgo la parola, parafraso e aggiungo :”L’amoR (in qualsiasi forma, anche di aRoma) non si giudica, si apprezza. E si dimostra il proprio, senza tante stupide dichiarazioni d’affetto”
Punto. E a capo…



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