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 Le Fiamme di Zaporoze -Cap V- (parte II)
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mario dimitrio donadio
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Inserito - 09/01/2004 :  15:12:13  Mostra Profilo  Visita la Homepage di mario dimitrio donadio Invia un Messaggio Privato a mario dimitrio donadio
S’alzς in quel momento il vento che cominciς a far sventolare le insegne cosacche e le bandiere dello zar: - Perchι hanno tanta fretta di attaccare battaglia ? – continuς il polkovnek ascoltando il leggero rumore del gelido vento che gli sferzava il volto.
Un velo di nubi oscurava il sole e rendeva l’atmosfera ancor piω inquietante. Nella cupezza di quella mattina solenne e terribile, la neve riverberava facendo risaltare in lontananza nere figure d’uomini e cavalli in movimento: - Θ come se fossero sicuri di vincere - : - Non c’θ nulla di cui preoccuparsi – l’interruppe un altro dei russi, in un uniforme di capitano d’artiglieria: - Noi siamo tre volte piω numerosi di loro e abbiamo la fortuna di avere al nostro fianco il generale Gordon che conosce le piω moderne tecniche militari -.
L’ufficiale inglese dai capelli rossi abbassς lo sguardo e disse a voce bassa: - L’esperienza che l’esercito di Svezia ha acquistato nella guerra dei trent’ anni lo ha reso uno dei piω potenti in Europa; ha ragione il polkovnek Nis. Sarebbe un grave errore sottovalutarlo e in veritΰ anche a me fa molta paura la sua determinazione.
Dobbiamo ricordare che il Baltico lo hanno conquistato in quella dannata guerra settanta anni fa; perciς non avranno nessuna intenzione di lasciarci avanzare -.
L’ufficiale cosacco fece a Donekiev e Scevcenko un ampio cenno, continuando a fissare la mappa: - Ragazzi…- prese a dire – Avete fatto buona guardia. Adesso potete andare a schierarvi con i vostri compagni, ricordate tuttavia quello che vi ho detto ieri -.
I due abbozzarono un saluto marziale e rimontarono a cavallo. Galopparono verso la propria sotni, disposta sul fianco destro dell’esercito russo attraversando trincee animate da una grande confusione. Ogni tanto si sentivano degli ufficiali russi impartire ordini e si vedevano i carri e gli avantreni che trasportavano i pezzi d’artiglieria al di lΰ del fiume Narva.
I cosacchi della polki di Ivan Nis aspettavano in silenzio schierati, mentre i sotnek cavalcavano lentamente lungo le sponde del fiume osservando gli accampamenti e le truppe di Carlo.

Taras scrutava con preoccupazione il campo svedese, situato a meno di una versa dal punto in cui si trovava con la polki di Masiuk. Ascoltava i rulli di tamburi e gli squilli di tromba che provenivano dalle trincee: - Accidenti ai russi…- pensava il cosacco stringendo le redini del suo destriero.
Un leggero vento agitava il suo kaptan, mentre il ciub gli copriva quasi gli occhi, nonostante lo avesse assicurato sulla fronte con una fascia nera: - Proprio dinanzi ai loro battaglioni ci dovevano mandare. E se Carlo ci attacca da questa parte ce la vedremo brutta -.
I timori di Taras erano comuni a tutti i cosacchi di Masiuk. Un migliaio di facce smunte, intabarrate fino alla bocca e con le kuchme calate sulle sopracciglia, fissavano in silenzio le serrate file del re Carlo e i cannoni dalle oscure bocche da fuoco che parevano urlare gli orrori della battaglia in un funesto presagio, ma il cui senso si vanificava, poichι prive di tempo e di movimento.
Spalancate in eterno e immerse in una fredda immobilitΰ simile alla morte non riuscivano a cacciare una voce implorante e , invero, rimanevano in silenzio, pur tuttavia intente a mandare nell’animo di chi avesse saputo cogliere, oltre la materia, la forma metafisica e pulsante della Vita, il triste lamento, il messaggio di una imminente devastazione e scempio d’uomini. Solo i cosacchi e i loro ufficiali sembravano vedere nella rapiditΰ dell’esercito nemico una ferrea volontΰ di vittoria.
Gli svedesi si sentivano invasi, minacciati in quella che era diventata parte della loro terra dalla Guerra dei Trent’anni.
Molti sacrifici era costata la conquista del Baltico agli svedesi, anche sangue reale.
Gli zaporozi s’erano inconsciamente avveduti della loro condizione, che anch’essi sentivano l’oppressione e la continua minaccia dei russi, perciς erano preoccupati; sapevano di dover pure combattere contro un potente esercito.
Taras strinse gli occhi per un attimo. Molti pensieri discordi attanagliavano la sua mente: l’emozione di prender parte ad una battaglia, il timore della morte, il coraggio di battersi con onore, l’orgoglio e la gloria della vittoria o il disastro della sconfitta, la paura di perdere il padre e i compagni.
Il cosacco si volse verso Slipenciuk e gli disse: -Ci hanno messo qui per coprire l’avanzata di quell’inglese di Gordon, ma secondo me siamo troppo vicino agli svedesi. Guarda lμ. Quasi riesco a vederli in faccia -.
Il compagno non lo ascoltava. Continuava immobile e muto a fissare i pezzi d’artiglieria nemica che si distinguevano nei loro particolari piω insignificanti: i raggi delle enormi ruote di legno, un secchio appeso ad una catena che pendeva da una parte e che probabilmente serviva per agganciare i cannoni durante il trasporto : - Quando quelli faranno cantare la loro artiglieria contro di noi ci cancelleranno subito dal campo…- pensava Alessio a voce alta.
I lineamenti del suo volto erano contratti in una smorfia di sdegno: -Questi dannati ufficiali inglesi e tedeschi vogliono forse aiutare lo zar a distruggerci disponendoci proprio dinanzi al nemico ? -.


mario dimitrio donadio

   
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