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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 Mio Sire, mio Signore - 4° parte
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Mercedes
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Inserito - 03/07/2003 :  22:05:08  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Mercedes Invia un Messaggio Privato a Mercedes
E nella nebbia sottile che s’alzava dalla terra umida, nel buio della notte, lo vide svanire. Si coricò e dormi profondamente, un sonno popolato di figure minacciose e di ombre gentili. Fu una notte lunghissima, si svegliava a tratti per ripiombare di nuovo nel sonno profondo. Sapeva che sarebbe tornato e che doveva prendere una decisione. Era combattuta, sentiva l’animo lacerarsi, e il dolore diffondersi in tutto il corpo. Si alzò all’alba, madida di sudore e nell’umido freddo di quell’ora presta si bagnò nelle gelide acque della fonte. Si rivestì, raccolse a coda la lunga chioma bagnata, infilò i calzari e si incamminò lentamente verso Lot. Portava le ultime pelli che aveva da vendere, e sapeva che quanto ne avrebbe ricavato non le sarebbe durato a lungo. Ma aveva deciso. Sarebbe andata via di li, avrebbe cercato un altro luogo dove vivere. Il fruscio dei suoi passi e il leggero crepitio delle foglie secche che calpestava cammin facendo, erano gli unici rumori che si udivano nella foresta. Neppure gli animali facevano udire i loro versi. Il cielo cominciava a tingersi d’un colore rosato che rendeva la cima degli alberi luminosa, forse sarebbe stata una giornata piena di sole. Ma non radiosa per lei. No, tornata alla capanna avrebbe radunato le poche cose che aveva e sarebbe partita….non sapeva verso….dove. Ma che importanza aveva? La sua vita era finita, e li, la, dovunque, che differenza c’era? Era destinata a fuggire sotto il peso dei suoi affanni, sotto il peso di un dolore, nuovo e antico quanto il mondo, quell’:<amor che muove il sole e l’altre stelle>. Aveva cercato la pace, aveva trovato solo sofferenza. Era stata raggiunta, quasi inseguita dal fato. Non lo aveva cercato! Si era rifugiata in un bosco, aveva creato il suo giardino incantato per viverci i suoi ultimi giorni serena e si era ritrovata in un vortice di sentimenti che l’aveva travolta. Fuggire, lontano di li. Era l’unico suo pensiero. Giunse a Lot. La città si stava destando e, quando entrò nel corpo di guardia,fu accolta da un caloroso saluto. Ormai avevano imparato a conoscerla.
-<Dagmar – disse con cordialità il soldato – siete mattiniera voi! Prendete con noi una tisana calda? Fuori è freddo!>
-<Si – rispose con un’allegria simulata – grazie, accetto volentieri. Sono digiuna da ieri sera.>
-<Allora prendete questa fetta di ciambella. Su via, non fate complimenti – offrì generosamente il soldato mentre Dagmar cercava di rifiutare con garbo – l’ha fatta mia moglie! Quella santa donna cucina con mani magiche, e si – ridacchiò – mi prende per la gola!>
Dagmar cominciò a sbocconcellare la fetta di ciambella, bevve avidamente la tisana calda e poi con fare noncurante disse:<Adesso devo andare, ho tante cose da sbrigare, e devo tornare a casa presto.>
-<Già – rispose la guardia – avete dei figlioli.> La donna si girò sorpresa, aveva dimenticato.
-<Già si affrettò a rispondere – i miei figlioli….>
-<Siate cauta quando tornate indietro – disse la guardia abbassando la voce – So per certo che ci sarà una sortita della guardia ducale nel bosco. Sono stati avvistati degli armati. I nemici del Conte non trascurano occasione….Fate attenzione…>
-<Si, certo, grazie per avermelo detto – rispose concitatamente la donna – ora mi sbrigo e torno. Sono in pensiero….> Uscì quasi di corsa dal posto di guardia e vide che l’emporio, dove portava le pelli, stava aprendo i attenti. Si diresse sveltamente e disse:<Mastro Giusvà che fortuna che siate aperto, ho portato le pelli da vendere. E devo fare presto – soggiunse – ho sentito al posto di guardia che c’è…..maretta. Volevo dire allarme tra la guardia ducale. Voi ne sapete nulla? Il suo tono era falsamente disinvolto.
-<Si,ieri sera si vociferava che un gruppo di armati del Duca di Horsterran, cercava nel bosco. Pare che manchi un uomo all’appello, e voi sapete che il Duca è nostro fiero nemico. Insomma se quest’uomo è scomparso essi pensano che sia stato preso, oppure ucciso dalle nostre guardie ducali, e a questo punto tutto è lecito per darci battaglia.> Man mano che parlava il viso di Dagmar si sbiancava, sapeva solo lei che fine aveva fatto quell’uomo che cercavano. Giaceva nel bosco, sepolto tra le foglie, seppure qualche belva non ne aveva fatto scempio.
Trattenendo il tremore che l’aveva pervasa cercò di condurre le trattative più sveltamente che potè. Il sole intanto saliva alto nel cielo e illuminava le case di Lot. Fa presto pensava Dagmar, fa presto a darmi i soldi, io devo affrettarmi. Devo andare via subito, devo tornare alla capanna dove ho lasciato le armi di quell’uomo. Ma come aveva potuto pensare di passarla liscia? Ma dove aveva la testa! Concluse le trattative uscì e vide delle persone che parlavano concitatamente. Si avvicinò e senza farsi notare si mescolò nel piccolo gruppo e sentì frammenti di discorso.
-<Si certo sono già li – dicevano – sono partiti questa notte. Si un drappello. No, non sono solo cadetti, c’è anche….> Non ascoltò altro. Si diresse quasi corendo verso l’uscita della città, salutò con un cenno la guardia e cominciò a correre verso il bosco. Correva, ed il respiro sembrava uscire dalla sua gola come un rantolo. Cadetti! No, Dio no, Sono io quella che cercate sono io…..Loro no, non sanno nulla correva e sentiva i rami che le frustavano le braccia, che le strappavano i capelli caduti sulle spalle. Quei rami sembravano dita adunche che tentavano di trattenerla. Aldercor, Aldercor forse era li! Fa che non sia li, Themis, madre mia, fa che non sia li. Colpisci me, ma non lui, risparmialo, è colpa mia, mia soltano. Sentiva lontano un rumore di armi. Un cozzar di metalli, e si diresse stremata verso quel rumore. E li vide, in quello spiazzo circondato da alberi, in quello che era stato il giardino ei suoi sogni, li vide combattere, e lui era li. Urlò con quanto fiato le era rimasto. L’eco della sua voce rimbalzò sotto quella cupola verde e si spense in quello specchio d’acqua. E mentre il giovane pugnava lei s’avvide che un armato s’apprestava a colpirlo alle spalle. No! Quel no risuonò come uno squillo dal suono argenteo mentre la donna piombava con un balzo dinanzi alla spada assassina. La lama la trafisse in pieno petto e in quell’istante tutto s’arrestò. Sotto la volta degli alberi tornò il silenzio. Il mormorio dell’acqua sembrò accompagnare la caduta di Dagmar…e mentre cadeva stringeva le mani su quell’ampio squarcio dal quale, a fiotti, fuoriusciva la sua vita. Non aveva più forza, e quando si sentì sollevare la testa fissò quel volto amato piangente ed implorante: <No, vi prego no – singhiozzava – non mi lasciate, vi prego, vi supplico….>
-<Mio Sire…..mio signore – balbettò la morente – io…….> lo sguardò fissò quel volto. Il giovane si chinò e le sfiorò le labbra con un tenero bacio. Fu un lampo improvviso di gioia…e all’apice di quella felicità Dagmar scomparve, nel lieve soffio di un bacio.

-<Signora, signora, mi scusi, ma siamo arrivati. – la voce dell’autista la scosse – Aspetti prima di scendere. Vede come sta piovendo?>
Ma lei non aspettò, aprì lo sportello e scese. Si tirò su il bavero del cappotto e alzo gli occhi verso il cielo nero. Si, pioveva, e quella pioggia sottile mescolandosi alle sue lacrime sciolse quel nodo doloroso che aveva nel petto. Quando entrò nella hall dell’albergo il gallonato portiere la salutò con un inchino. Era tornata a casa.


Mercedesmarconi

   
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