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fairy dust
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Inserito - 19/06/2006 :  08:55:31  Mostra Profilo  Visita la Homepage di fairy dust  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a fairy dust
navigando su vari siti di balletto, mi è capitata sotto gli occhi questa dichiarazione sulla danza di Nureyev, fatta quando la malattia, che poco dopo l'avrebbe ucciso, era già nel pieno del suo corso.
Vorrei condividerla con tutti voi concertisti perchè possiate rendervi conto di, non solo chi era nella realtà Rudolf Nureyev, ma anche cosa anch'io penso circa quella splendida arte che è la danza classica! BUONA LETTURA

Non avrei mai fatto il ballerino, non potevo permettermi questo sogno, ma ero lì, con le mie scarpe consunte ai piedi, con il mio corpo che si apriva alla musica, con il respiro che mi rendeva sopra le nuvole. Era il senso che davo al mio essere, era stare lì e rendere i miei muscoli parole e poesia, era il vento tra le mie braccia, erano gli altri ragazzi come me che erano lì e forse non avrebbero fatto i ballerini, ma ci scambiavamo il sudore, i silenzi, la fatica. Per tredici anni ho studiato e lavorato, niente audizioni, niente, perché servivano le mie braccia per lavorare nei campi. Ma a me non interessava: io imparavo a danzare e danzavo perché mi era impossibile non farlo, mi era impossibile pensare di essere altrove, di non sentire la terra che si trasformava sotto le mie piante dei piedi, impossibile non perdermi nella musica, impossibile non usare i miei occhi per guardare allo specchio, per provare passi nuovi. Ogni giorno mi alzavo con il pensiero del momento in cui avrei messo i piedi dentro le scarpette e facevo tutto pregustando quel momento. E quando ero lì, con l’odore di canfora, legno, calzamaglie, ero un’aquila sul tetto del mondo, ero il poeta tra i poeti, ero ovunque ed ero ogni cosa. Ricordo una ballerina Elèna Vadislowa, famiglia ricca, ben curata, bellissima. Desiderava ballare quanto me, ma più tardi capii che non era così. Lei ballava per tutte le audizioni, per lo spettacolo di fine corso, per gli insegnanti che la guardavano, per rendere omaggio alla sua bellezza. Si preparò due anni per il concorso Djenko. Le aspettative erano tutte su di lei. Due anni in cui sacrificò parte della sua vita. Non vinse il concorso. Smise di ballare, per sempre. Non resse la sconfitta. Era questa la differenza tra me e lei. Io danzavo perché era il mio credo, il mio bisogno, le mie parole che non dicevo, la mia fatica, la mia povertà, il mio pianto. Io ballavo perché solo lì il mio essere abbatteva i limiti della mia condizione sociale, della mia timidezza, della mia vergogna. Io ballavo ed ero con l’universo tra le mani, e mentre ero a scuola, studiavo, aravo i campi alle sei del mattino, la mia mente sopportava perché era ubriaca del mio corpo che catturava l'aria.

Ero povero, e sfilavano davanti a me ragazzi che si esibivano per concorsi, avevano abiti nuovi, facevano viaggi. Non ne soffrivo, la mia sofferenza sarebbe stata impedirmi di entrare nella sala e sentire il mio sudore uscire dai pori del viso. La mia sofferenza sarebbe stata non esserci, non essere lì, circondato da quella poesia che solo la sublimazione dell'arte può dare. Ero pittore, poeta, scultore. Il primo ballerino dello spettacolo di fine anno si fece male. Ero l'unico a sapere ogni mossa perché succhiavo, in silenzio ogni passo. Mi fecero indossare i suoi vestiti, nuovi, brillanti e mi dettero dopo tredici anni, la responsabilità di dimostrare. Nulla fu diverso in quegli attimi che danzai sul palco, ero come nella sala con i miei vestiti smessi. Ero e mi esibivo, ma era danzare che a me importava. Gli applausi mi raggiunsero lontani. Dietro le quinte, l'unica cosa che volevo era togliermi quella calzamaglia scomodissima, ma mi raggiunsero i complimenti di tutti e dovetti aspettare. Il mio sonno non fu diverso da quello delle altre notti. Avevo danzato e chi mi stava guardando era solo una nube lontana all'orizzonte. Da quel momento la mia vita cambiò, ma non la mia passione ed il mio bisogno di danzare. Continuavo ad aiutare mio padre nei campi anche se il mio nome era sulla bocca di tutti. Divenni uno degli astri più luminosi della danza.

Ora so che dovrò morire, perché questa malattia non perdona, ed il mio corpo è intrappolato su una carrozzina, il sangue non circola, perdo di peso. Ma l'unica cosa che mi accompagna è la mia danza, la mia libertà di essere. Sono qui, ma io danzo con la mente, volo oltre le mie parole ed il mio dolore. Io danzo il mio essere con la ricchezza che so di avere e che mi seguirà ovunque: quella di aver dato a me stesso la possibilità di esistere al di sopra della fatica e di aver imparato che se si prova stanchezza e fatica ballando, e se ci si siede per lo sforzo, se compatiamo i nostri piedi sanguinanti, se rincorriamo solo la meta e non comprendiamo il pieno ed unico piacere di muoverci, non comprendiamo la profonda essenza della vita, dove il significato è nel suo divenire e non nell'apparire. Ogni uomo dovrebbe danzare, per tutta la vita. Non essere ballerino, ma danzare.

Chi non conoscerà mai il piacere di entrare in una sala con delle sbarre di legno e degli specchi, chi smette perché non ottiene risultati, chi ha sempre bisogno di stimoli per amare o vivere, non è entrato nella profondità della vita, ed abbandonerà ogni qualvolta la vita non gli regalerà ciò che lui desidera. È la legge dell’amore: si ama perché si sente il bisogno di farlo, non per ottenere qualcosa od essere ricambiati, altrimenti si è destinati all'infelicità. Io sto morendo, e ringrazio Dio per avermi dato un corpo per danzare cosicché io non sprecassi neanche un attimo del meraviglioso dono della vita…
(Rudolf Nureyev)

Cristina

Elena Fiorentini
Curatore


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Inserito - 19/06/2006 :  10:39:40  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Elena Fiorentini  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Elena Fiorentini
Sono belle e tristi le parole di uno dei grandi protagonisti della danza del XX secolo. Ricordo Rudolf Nureyev , al Teatro alla Scala a Milano.
Lo spettacolo a cui assistetti in loggione era lo Schiaccianoci, fiaba trascritta per balletto dal compositore russo Piotr Iljic Tciaikoski.
Alla Scala allora, sembra secoli fa, ora c'è poco per quello che riguarda la danza, arrivavano delle Etoiles di prim'ordine, ma come Nureyev non ricordavamo nessuno.
L'entusiasmo dei loggionisti era alle stelle. Non era solo la bellezza e la prestanza fisica, ma cuore e intelligenza.
A Miami un amico raccolse la sua testimonianza al termine di uno dei suoi ultimi spettacoli, prima di rientrare in camerino.
Il grande artista, ai complimenti dei fans, disse che non era più quello di una volta e si rammaricava che il direttore d'orchestra non avesse avuto riguardo per la sua debolezza, staccando tempi molto veloci,sottoponendo così il corpo a notevoli sforzi.

Gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza di Nureyev si perdono nella leggenda.
Aveva studiato in Unione sovietica o in Siberia durante gli anni del comunismo. Erano tempi in cui gli artisti nei paesi dell'est, se di talento, venivano fatti studiare gratuitamente e aiutati ad emergere.

Raggiunta la notorietà in campo internazionale si dovevano sottoporre a delle tournée sempre estenunanti, e se pur pagati bene, vivevano in un regime che non permettava loro la libertà di trattare gli ingaggi e i compensi. Appena potevano se ne andavano nei paesi occidentali, europei o altro.

Purtroppo la vita del grande Nureyev si concluse tristemente. L'AIDS concedeva ben poco da vivere dopo avere contratto la malattia.

Elena F.

siti:
alcuni anni fa c'era ben poco. Ora due sono i siti: www.rudolfnureyev.it
www.nureyev.org/

Si possono vedere le foto, la biografia completa e
un filmato.
E.F.
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fairy dust
Cittadino


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Inserito - 27/06/2006 :  09:43:38  Mostra Profilo  Visita la Homepage di fairy dust  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a fairy dust
grazie elena per la tua risposta... tengo molto al fatto che esista ancora qualcuno che attribuisce a Nureyev la gloria che gli spetta! purtroppo non ho avuto come te la fortuna di vederlo dal vivo, possso solo accontentarmi di alcuni filmati che ogni tanto trovo in giro...
Grazie ancora della replica: mi hai commossa!

CristinaVai a Inizio Pagina

   
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