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Title: la probincia querula

La provincia querula.

Ci ho vissuto per più di vent’anni e lì ho coltivato le mie passioni, consumato le mie prime esperienze e maturato ma ogni qualvolta ci ritorno faccio fatica a ritrovarmici.
Negli anni della mia gioventù ed adolescenza Caserta aveva in sé la capacità di far lievitare autonomamente fermenti ed era tutto un fiorire di iniziative anche se “steve ‘ntridece” lo strisciante scetticismo che accompagna solitamente chi tiene a coprire la propria inettitudine o a giustificare l’incapacità di tenere il passo dei più entusiasti.
Ora è avvolta la provincia in un manierismo liquido, simbolo inequivocabile della decadenza che procede inesorabilmente e che si spalma senza fatica sulle mura della città e tende a capovolgere i valori fondamentali dando la priorità assoluta alla forma.
In questo proliferare di segni esteriori ( legati ai segnali della moda che vengono anche rincorsi nei mercatini rionali) incapaci di alimentarsi adeguatamente ad un ceppo solido e ricco di linfa spicca l’impoverimento dei valori essenziali
Non ci sono più segnali di partecipazione ma solo di presenzialismo, niente più unicità ma pallidi stereotipi che fanno sentire nel gruppo e quindi lontani da attacchi predatori.
L’ossessione di essere visibili solo se ben compressi nella scatola che la piccola borghesia ha codificato come casa “dignitosa” spegne il desiderio di nuotare in un mare in tempesta ma popoloso di pesci variopinti e solletica solo l’acquattarsi in un stagno fangoso tutt’al più frequentato da rane e girini.
Caserta oggi è diventata periferia tout court.
Per avallare questa affermazione non basta segnalare il dato di fatto che molti napoletani l’hanno scelta come residenza per aggirare i problemi del traffico cittadino trasformandola in un’appendice della città partenopea.
Periferia è soprattutto uno stato d’animo, una predisposizione a collocarsi marginalmente alle novità, al cammino in avanti del mondo culturale e sociale, alla maturazione di coscienze civili come quella ambientalista e di salvaguardia del territorio.
Lo scempio del territorio ( basti pensare alla “decapitazione” di colline sacrificate in nome del pietrisco o del cemento) perpetrato con scientifica metodologia senza che nessuno, fino a quando non era più possibile ignorare, levasse la sua voce di protesta in termini accettabili.
La colata di cemento con un piano regolatore ballerino che ancheggiava dapprima verso Napoli e poi verso le colline a rimorchio d’interessi nemmeno tanto nascosti.
Per anni senza teatro e locali cinematografici e nessuno che sentisse la necessità di dimostrare ad alta voce il suo bisogno di cultura e ha vissuto per circa vent’anni in continuo nomadismo nei paesi limitrofi per tentare di non essere scusa del tutto dal mondo dello spettacolo.
Si avverte poi l’intolleranza verso progetti a lunga scadenza e l’imperativo categorico che impera indisturbato è l’essere-visibili-ora e per realizzare questo l’imperativo di distruggere tutto quello che c’era di grande, di buono ma che riproiettava ad impegni di contenuto e di assenza di fronzoli.
A sovrastare tutto però l’atteggiamento querulo dell’odierno casertano che è inesorabilmente attratto dalla mosca che si poggia sulla pepita d’oro tanto da ignorare del tutto l’oggetto luccicante e prezioso che gli si para davanti.
Forse la paura di apparire soddisfatti, il timore di mostrarsi appagati …
C’è un famoso test di psicologia che consiste nell’uscire con un taccuino e segnalare almeno 30 cose che ci hanno emozionato o piaciute tra le 100 che mediamente ci si presentano in un giorno.
Ebbene, nel novanta per cento dei casi, l’homo saticulae annoterà solo quel paio di cose che sono da aborrire.


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Inserito: 10/11/2003
autore/Fonte: enzo napolitano
email/sito web autore: n/a
Inserito da: Anonymous
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