Il nome ritrovatoNon avevo mai dato troppo peso al mio secondo nome, Giuseppe.
Era il più usato tra i due con cui fui battezzato, eppure, quasi per un gioco del destino, era rimasto per me un nome “vuoto”, non pienamente compreso. San Giuseppe lo conoscevo, certo: lo sposo di Maria, il padre terreno di Gesù. Figura discreta, silenziosa, quasi nascosta nelle pagine del Vangelo. Non mi ero mai soffermato davvero sulla sua importanza.
A Medjugorje, durante la visita alla Comunità Sollievo Yahweh, ho avuto invece una rivelazione inattesa. Seduto ad ascoltare quella testimonianza, mi sono sentito chiamato proprio attraverso quel nome che avevo sempre dato per scontato. Raccontavano di San Giuseppe con una freschezza nuova, parlavano dei suoi piccoli segni di presenza nella vita degli uomini. Segni semplici, ma carichi di amore e protezione.
Ho provato una sorpresa genuina, come se stessi ricevendo un dono dimenticato da tempo. Dentro di me è nato un piacere sottile ma intenso: scoprire che dietro quel nome, che mi apparteneva fin dall’infanzia, si celava un legame silenzioso con una figura grande, umile e fedele.
E così il mio “secondo nome” è diventato improvvisamente il primo, non per ordine anagrafico ma per importanza spirituale. In quel momento, a Medjugorje, mi sono sentito accolto da San Giuseppe come da un padre buono, e quella fu solo la prima meraviglia di una visita che avrebbe continuato a sorprendermi.
Beppe Andrianò
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