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 Gaza e dopo - incontro con Jonatan Bassi
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Roberto Mahlab
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Inserito - 21/10/2005 :  22:56:25  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Il sei giugno del 1967 Israele reagì allo strangolamento delle vie marittime e al genocidio minacciato dalla mobilitazione dei paesi arabi con un conflitto lampo che nel giro di sei giorni portò alla vittoria contro l'Egitto, la Giordania e la Siria e alla conquista della penisola del Sinai egiziano, del Golan siriano, della striscia di Gaza amministrata dall'Egitto e dei territori Cisgiordani amministrati dalla Giordania.
In cambio della pace con l'Egitto, Israele qualche anno dopo si ritirò dal Sinai, mentre le altre nuove linee del cessate il fuoco, i territori di Gaza e della Cisgiordania, rimasero in mani israeliane, nell'assenza di interlocutori con cui trattare. L'insediamento israeliano di Yamit, nel deserto del Sinai, fu smantellato prima della sua restituzione al presidente Sadat da parte di Begin, gli insediamenti israeliani a Gaza e nei biblici territori cisgiordani invece crebbero fino a contare oltre duecentomila abitanti in fiorenti villaggi, a fianco e in contrasto con tre milioni di palestinesi. In trentacinque anni su quei territori contesi nacque e si rafforzò l'identità nazionale di un popolo che prima non esisteva perchè soggetto e sfruttato dagli altri paesi arabi, il popolo palestinese, e ugualmente si risvegliò e coltivò la memoria storica dell'esistenza del popolo di Israele nelle Terre di Giudea e Samaria. Esse in origine avrebbero dovuto rimanere come pedine di scambio per una pace che fu resa impossibile dalla testardaggine con la quale le organizzazioni terroristiche palestinesi si accanirono nell'ideologia razzista della distruzione di Israele e lo sterminio dei suoi abitanti mentre, come dichiarò un alto funzionario del ministero degli esteri di Gerusalemme, "Israele si innamorò delle pedine di scambio", della sua memoria storica.

Gli scontri con gli abitanti palestinesi di tali aree si trasformarono in guerra e dal settembre del 2000, dopo il fallimento degli accordi di Camp David, la situazione è apparsa senza via di uscita, i terroristi suicidi hanno fatto strage di migliaia di civili nelle strade di Israele e i palestinesi soffrono la doppia disdetta delle barriere difensive e dell'antiguerriglia israeliana e della incapacità della dirigenza palestinese di uscire dall'ambiguità tra il terrorismo stragista e il desiderio di raggiungere un accordo per ottenere uno stato indipendente.

Un uomo decise nell'estate del 2005 di interrompere il ciclo infernale, il suo nome : Arik Sharon, primo ministro di Israele. L'undici luglio scorso il premier convoca Jonatan Bassi, funzionario di altissimo livello del ministero dell'agricoltura e gli affida l'immane compito di organizzare e di mettere in pratica il disimpegno da Gaza e il ritiro degli abitanti ebrei israeliani dagli insediamenti nella striscia di terra a ridosso del Mediterraneo. Tempo : un mese, massimo due, per convincere le famiglie, ottomila persone, ad abbandonare comunità che abitavano ormai da due generazioni, le case e i giardini strappati al deserto, le terre coltivate, le serre che in vite di lavoro erano divenute fonti di esportazione in tutto il mondo, i cimiteri in cui riposavano i morti degli attentati dei terroristi.

Jonatan Bassi accettò e riuscì, ieri sera è stato prestigioso ospite della città di Milano, invitato dall'Associazione Italia Israele, e i redattori della Concerto News System hanno avuto l'onore di partecipare alla sua conferenza stampa.

Jonatan Bassi è nato con Israele, nel 1948, nel kibbutz di Sde Elihau, nel nord del paese, figlio di padre di Venezia e di madre di Ferrara, tiene la conferenza nel suo perfetto italiano. Ci racconta come in pochi giorni mise in piedi l'ufficio operativo e come si rese conto della tragedia per gli abitanti degli insediamenti e della contemporanea opportunità storica per Israele, il primo e unico paese al mondo a costringere suoi cittadini ad abbandonare le loro vite e le loro case per scommettere sulla capacità di un altro popolo di crearsi istituzioni statali. In uno storico discorso, Sharon osservò il dramma delle popolazioni palestinesi di Gaza e informò il mondo della sua decisione di sacrificare i suoi concittadini per abbattere la barriera dell'odio. Un sacrificio che serviva a mantenere le radici democratiche di Israele, l'unica alternativa allo sgombero sarebbe stata la concessione dei diritti di voto paritari ai palestinesi e gli equilibri di uno stato nato per essere il faro degli ebrei sarebbero stati travolti dalla trasformazione in stato binazionale. Il problema demografico dunque è stato la miccia della decisione. Sharon prese la decisione, a Jonatan Bassi il compito di esercitarla richiedendo il consenso dei cittadini e delle stesse vittime di tale scelta.

Un consenso che non arrivò mai, gli abitanti degli insediamenti si rifiutarono sempre di accettare il pur minimo contatto con le autorità e l'ufficio di Jonatan Bassi si trovò a navigare al buio, tanto solitaria fu la scelta unilaterale di Israele che nè i palestinesi, nè gli abitanti degli insediamenti collaborarono.
I problemi logistici della dislocazione di migliaia di famiglie sono non solo di ricerca di alternative abitative, ma anche di resistenza psicologica. Il sacrificio degli abitanti israeliani di Gaza doveva quanto meno essere ricompensato dall'offerta di scegliere la locazione delle zone dove desideravano rifarsi una vita, il governo stanziò fondi per i primi pernottamenti in camere di alberghi a cinque stelle e poi per l'acquisto dai cantieri di Hong Kong di tremila containers per permettere ai profughi forzati di trasportare tutti i loro possedimenti, furono creati villaggi interamente composti da camper, costruite centinaia di abitazioni non permanenti in Israele.
Un contingente di assistenti sociali fu incaricato di gestire le ovvie ricadute psicologiche delle famiglie e soprattutto dei più giovani.

Inutile fu la ricerca di un accordo con i palestinesi per la consegna delle case, si dovette procedere a distruggerle perchè ogni tentativo di intesa si scontrava con le divisioni in seno all'autorità palestinese. Le serre di fiori, verdure e frutta furono parzialmente risparmiate perchè la UsAid le comprò con lo scopo di girarle ai contadini palestinesi in un territorio in cui la disoccupazione raggiungeva il trenta percento. Le sinagoghe rimasero in piedi, alcune furono distrutte dai palestinesi, ma nessuno in Israele si volle prendere la responsabilità di abbatterle. Jonatan Bassi ci ha spiegato di rendersi conto che nella psiche degli ex abitanti ebrei di Gaza la ferita non si rimarginerà mai, ancora oggi, dopo vent'anni dagli avvenimenti, i coloni israeliani di Yamit, nel Sinai, fatti sgombrare dopo il trattato di pace con l'Egitto, non riescono a capacitarsi della inenarrabile violenza personale subita.

Il tecnico Jonatan Bassi, l'uomo che senza lo spargimento di una sola goccia di sangue è stato il protagonista di un avvenimento che rimarrà nella Storia, riconosce la drammatica tragedia umana dello sgombero, ci trascina nello sgomento degli sfollati, nella disperazione dei giovani, nella rabbia e nel pianto delle famiglie. Egli stesso deve vivere protetto da guardie del corpo dopo essere stato fatto oggetto di rancori e dopo essersi reso conto che nel suo stesso kibbutz di nascita i pareri sullo sgombero da Gaza erano due sponde divise da un abisso. Il disimpegno avvenne in pochi giorni, ma si prevede che per almeno due anni ancora i funzionari del governo dovranno seguirne gli sviluppi e compiere ogni sforzo perchè il sacrificio dell'estirpazione delle proprie radici venga ricompensato con la scelta di altri luoghi di destinazione scelti dalle stesse famiglie sgomberate. Jonatan Bassi ci rivela con orgoglio dell'acquisto di terre e di kibbutz in cui diversi profughi hanno potuto ricreare campi e serre, delle aree nel sud del deserto del Negev che ospiteranno stalle di mucche simili a quelle perdute.

Alla domanda se, dopo Gaza, sia possibile una ulteriore mossa di sgombero degli insediamentii di Israele dai territori contesi della Cisgiordania, Jonatan Bassi risponde che a suo parere questo è impossibile, si tratta di oltre duecentomila persone e lo scontro all'interno del paese tra gli strenui difensori dello status quo e gli assertori di ulteriori mosse unilaterali sarebbe troppo lacerante e forse incontrollabile. Ed è a questo punto che il plenipotenziario israeliano ha offerto una possibilità clamorosa, ha dichiarato che, se il prezzo della pace dovesse essere l'evacuazione di altri territori abitati da israeliani e la loro consegna allo stato palestinese, non esiste ragione logica e non sarebbe accettabile una posizione dell'autorità palestinese per la quale tali abitanti non possano divenire parte di tale stato come minoranza, così come oltre un milione di arabi sono cittadini dello Stato di Israele. Si tratta di una teoria che sconvolge le linee che si ritenevano prefissate, di scambio di territori oppure del tracciamento di confini che includano tutti gli insediamenti, una prospettiva del tutto rivoluzionaria.

Jonatan Bassi comunque non si dice ottimista per l'immediato futuro, la situazione all'interno del territorio di Gaza è di conflitto tra le organizzazioni palestinesi, Israele stesso, appena dopo il ritiro, è stato colpito da quaranta razzi sparati dal quel territorio e la presa dei settori moderati, come i gruppi di Dahlan, è debole e gli scontri interpalestinesi sono all'ordine del giorno.
La domanda, dopo lo sgombero di Israele, è se i palestinesi, ottenuto un territorio indipendente, sapranno coltivarlo, fondarne una nazione, compiere scelte e gesti che nel corso della Storia si sono dimostrati incapaci di attuare, quanto accadrà in futuro è tutto riposto nella risposta a tale quesito.

Dal pubblico una domanda a Jonatan Bassi sulla possibilità che nel territorio libero di Gaza, sguarnito dai controlli dei soldati israeliani, possano entrare armi dai canali clandestini del confine con l'Egitto. Il plenipotenziario ha affermato con fermezza che la responsabilità non è più neppure dell'Egitto, infatti i canali clandestini non hanno più senso di esistere dato che, e qui un'altra notizia clamorosa, le coste di Gaza sono libere da controlli, assolutamente indipendenti ormai e se i palestinesi lo vogliono possono fare entrare armi con navi intere e alla luce del sole. Jonatan Bassi ha osservato che per Israele diventerebbe relativamente più semplice controbattere militarmente ad una aggressione rispondendo da fuori, piuttosto che, come in precedenza, essendo presente all'interno di Gaza.

Più volte la voce di Jonatan Bassi si è piegata all'emozione delle vicende personali che ha dovuto risolvere, i bambini, le famiglie, le case, la ricostruzione altrove di generazioni la cui razionalità di vita è stata cancellata dalla decisione dello sgombero.
Sarà la Storia a ricordare queste vite, questi momenti, questi protagonisti, se il loro sacrificio verrà ricompensato dalla pace oppure se sarà stata una chimera. Tra questi nomi, la speranza di Jonatan Bassi è che venga ricordato anche il suo.

Roberto Mahlab
Cns - Concerto News System - @2005

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