Oggi, grazie a un’omelia ispirata del mio parroco, ho iniziato a riflettere sulla Pentecoste con uno sguardo rivolto al nostro tempo, e in particolare agli occhi delle nuove generazioni.Io, di certo, non posso definirmi un luddista: il mondo digitale mi appartiene, lo frequento ogni giorno, lo studio, ci lavoro. Eppure, negli ultimi tempi, ho avuto anche la possibilità di avvicinarmi a una dimensione più spirituale, più intensa, che ha cominciato a convivere – non senza qualche attrito – con la mia quotidianità tecnologica.
A volte queste due prospettive sembrano in conflitto. Altre volte si sfiorano, si interrogano a vicenda, e da quel dialogo nasce qualcosa.
Come l’idea che oggi voglio condividere con voi.
𝐁𝐚𝐛𝐞𝐥𝐞, 𝐝𝐢 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐨. 𝐌𝐚 𝐢𝐧 𝐝𝐢𝐠𝐢𝐭𝐚𝐥𝐞.
Nell’antica Babele, l’uomo voleva costruire una torre per toccare il cielo.
Non era solo pietra su pietra: era un tentativo di autoaffermazione, un sogno di controllo, forse una sfida al Creatore. E fu confusione: le lingue si divisero, la comunicazione si ruppe, e l’umanità si disperse.
Secoli dopo, nel giorno di Pentecoste, lo Spirito scese sugli apostoli. E lì accadde il contrario: ognuno udiva nella propria lingua. Dove prima c’era divisione, ora c’era comprensione. Dove prima superbia, ora dono. Dio ridà unità, non cancellando le differenze, ma abbracciandole tutte in un solo amore.
Oggi, viviamo in un tempo in cui la tecnologia sembra realizzare un nuovo sogno di Babele. Con uno smartphone possiamo capire e farci capire in ogni lingua. Le macchine traducono, connettono, sorvegliano, imitano. Eppure… qualcosa manca.
Ho immaginato un'immagine: lo Spirito Santo che scende, ma non tocca più i cuori, tocca gli schermi. Fiammelle su tablet, cellulari, PC.
Come se anche lo Spirito fosse ridotto a un’app. Ma può davvero la potenza creatrice di Dio essere compressa in un algoritmo?
Forse l’uomo di oggi non costruisce più torri di pietra, ma innalza cloud e reti neurali. Sfida ancora Dio, non con mattoni, ma con codice.
Eppure, come allora, basterà poco a mostrare il limite di ogni ambizione umana: la verità non si traduce, si ama. Il cuore non ha lingua, eppure parla. L’amore sincero resta l’unico linguaggio universale, l’unica parola che non si confonde.
Buona Pentecoste.
Beppe Andrianò