Ieri sera abbiamo organizzato un picnic molto speciale. Niente tovaglie a quadretti o cesti di vimini colmi di focacce o meglio, anche quelli in un certo senso c’erano ma l’ospite d’onore era decisamente fuori dal comune: Dio.Era una di quelle sere in cui il cielo si mette d’accordo con la terra per creare bellezza. Una piccola collinetta, poco fuori dal paese, vicino a un vecchio pilone votivo con l’intonaco un po’ scrostato ma lo sguardo ancora acceso della Madonna. Il tramonto si stendeva morbido sull’orizzonte, e in quel chiarore arancione abbiamo cominciato il nostro Rosario. I misteri scorrevano tra le dita, le voci si fondevano come un coro improvvisato ma armonico. E nel frattempo, ognuno contribuiva con qualcosa di semplice ma essenziale.
C’era chi aveva portato il tavolo — un tavolino pieghevole, leggermente storto, che si reggeva più per fede che per stabilità. Ma era perfetto. C’era chi aveva pensato alle sedie: tutte diverse, recuperate chissà dove, traballanti ma dignitose. Qualcuno si era presentato con un vaso di fiori freschi, altri raccolti lungo il sentiero: margherite, papaveri e un paio di rametti di lavanda rubati con discrezione da un giardino distratto.
Poi sono arrivati il pane e il vino, semplici, veri. Nessuno ha detto nulla, ma tutti sapevamo che quello era il cuore: non solo il corpo e il sangue, ma anche la fame e la sete di senso che ci avevano spinti fin lì.
Quando è iniziata la Messa, il silenzio si è fatto dolce. Il sacerdote anche lui arrivato a piedi, con la stola nella tasca del talare ha celebrato con una gioia composta. Parlava piano, come se il vento avesse diritto anche lui di ascoltare.
Intorno a noi passavano le macchine. Alcune rallentavano, altre si fermavano per qualche secondo. Alcuni abbassavano il finestrino, altri facevano il segno della croce. Non era curiosità invadente, ma quel tipo di attenzione che si ha per le cose belle che non ci si aspetta. E noi, senza dire nulla, restituivamo uno sguardo, un sorriso, un pezzo di cielo. Perché in quel momento davvero Dio era lì, tra un tavolino storto e un cielo perfetto, tra un’Ave Maria e il rumore di un motore in lontananza.
È stato un picnic, sì. Ma non uno qualsiasi: un picnic con Dio. E non serviva altro.
Beppe Andrianò