Quando ci imbattiamo in una evidente mancanza di giustizia, ci meravigliamo che l'uomo non si decida a scegliere la via per riparare ai torti, per denunciare le prevaricazioni, per difendere l'offeso.
Ma al di là del giudizio immediato della magistratura, al di là della condanna morale, religiosa, al di là del pubblico disprezzo, c'è il tempo, un livellatore di idealità, un correttore della memoria, che giunge sempre puntuale.
Il torto, l'inganno, il raggiro, la colpa, non trova quasi mai rifugio nell'oblio, il tempo prima o poi ripulisce le coscienze e fa riaffiorare la verità, ristabilendo nella bilancia della giustizia il peso della colpa.
Galileo cieco è stato riabilitato, Giordano Bruno arso vivo è stato riconosciuto innocente, martire, che sono l'esempio più alto della sofferenza del cammino della cultura.
L'uomo da sempre si rifugia nelle pieghe del tempo ma se riesce in vita ad eludere la giustizia non inganna in eterno, il nostro operato di uomini è un indizio che il tempo scova, scava, cerca, indaga, l'illusione dell'impunità svanisce il più delle volte in un tormento interiore, in una infelicità inconscia, nella certezza che una condanna superiore sia comunque inevitabile.
Il tempo ci sfugge ma noi non lo fuggiamo, ha sempre vinto, per i perdenti, per le vittime, per coloro che ripongono l'estrema speranza in un arbitro maggiore, in un giudice inflessibile.
La giustizia è lenta, scorre con il tempo, sempre a inseguire, sempre a promettere di concludere, ma quando arriva, la luce della speranza brilla rinnovata ed è dolce ogni passata sconfitta.
Il tempo non perdona.
Rimane nella notte che s'avvicina la possibilità di chiedere perdono.

di Zanin Roberto