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 Il Natale della 3° B
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Anna Herm
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Inserito - 19/12/2005 :  14:48:51  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Anna Herm Invia un Messaggio Privato a Anna Herm
Portati dal vento dei tintinnii arrivarono nella notte. Annunciavano una magia che da lì a poco sarebbe arrivata in un piccolo paese di provincia; Billy, il cane del custode della scuola, si svegliò, usci dalla cuccia, scodinzolò e verso il cielo si mise a ululare...

Mancavano pochi giorni alle vacanze di Natale. Nella scuola elementare “ Ada Negri” fervevano i preparativi per la recita natalizia, che si sarebbe tenuta il 24 dicembre sul sagrato della chiesa nella piazza principale di quel piccolo paese.


Per le buone riuscite delle recite, delle varie classi, tutti erano stati coinvolti: genitori, nonni, sorelle e fratelli, insomma qualsiasi elemento famigliare.
La classe 3° B aveva scelto come testo da recitare la favola della piccola fiammiferaia. Era stata proposta dalla maestra Verushka che, leggendola, entusiasmo tanto i bambini per la storia che narrava e fu subito presa come testo da recitare.
Quella mattina durante l’ora di matematica, piccoli fiocchi di neve scendevano dal cielo e coprivano con il loro candore il parco della scuola, la porta della classe si aprì e il preside entrò. I bambini, subito notarono che il preside teneva per mano un bambino che nessuno aveva mai visto prima in quella scuola.
Aveva un aspetto bizzarro e trasandato, sul viso c’era l’espressione da furbo e prepotente, il tutto era accentuato dall’abbigliamento che con pantaloni sgualciti e un maglione con degli enormi rammendi, faceva pensare ad un vero e proprio monello.
“Buon giorno sig. preside” disse la maestra.
“Buon giorno maestra Laura.”rispose il preside.
La maestra si rivolse alla classe e disse: “Salutate il preside”.
“Buongiorno sig. preside” risposero in coro.
“Buongiorno bambini, vi presento un vostro nuovo compagno. Si chiama Stefano, arriva dalla nostra capitale. Si è trasferito qui da poco. So che sarete gentili con lui e che diventerete oltre che suoi compagni anche dei buoni amici.”
“Salutiamo tutti insieme il nostro nuovo compagno Stefano” disse la maestra Laura.
“Ciao Stefano” dissero tutti i bambini.
Il preside uscì dalla classe salutato dagli alunni, la maestra si alzò dalla sedia, prese per mano il nuovo arrivato e lo accompagnò al banco.
“Ti siederai qui, vicino ad Elia” e rivolgendosi a lui disse “ Mi raccomando Elia, fai vedere a Stefano a che punto del libro siamo arrivati” disse la maestra.
I bambini incuriositi dal nuovo arrivato, mentre la maestra tornava alla cattedra, si girarono per osservarlo.
Il suono della campanella annunciò l’intervallo.
Gli alunni della 3° B e quelli delle altre classi uscirono dalle loro aule, si riunirono in piccoli gruppi nell’androne della scuola. Alcuni affacciati alla finestra osservavano la neve che nel parco cadeva, immaginando che appena quel giorno di scuola si fosse svolto al termine, sarebbero usciti a giocare divertendosi un mondo.
“Allora ragazzi siamo d’accordo, vero? Quando usciamo formiamo due gruppi e facciamo una sfida a palle di neve!” disse Marco al suo gruppetto d’amici.
“Certo, ma non penserai che sarete voi i vincitori?” disse Elia sorridendogli.
“Noi siamo più forti e vinceremo sicuramente!” disse Matteo stingendo i pugni e guardando Marco con simpatia.
“Se vincerete, sarà solo perché voi siete in tre e noi, purtroppo, solo in due” rispose Elia “Giusto Matteo?”
“Beh, potreste chiedere al nuovo arrivato se vuole unirsi a voi, così sareste in tre, no?” disse Matteo.
“Certo…sì potremmo chiedergli se vuole giocare con noi!” disse Luca ad Elia.
Elia e Luca raggiunsero Stefano che era seduto da solo su una delle panche in un angolo dell’androne della scuola
“Ciao Stefano” disse Elia
“Ciao ” rispose con aria insofferente.
“Senti, noi volevamo chiederti…se volevi, dopo la scuola, unirti al nostro gruppo per fare una sfida a palle di neve, sai noi siamo in due e quelli che vedi laggiù” indicando Marco, Matteo e Edoardo “sono in tre e … avremmo bisogno di un altro compagno. Che ne dici?” disse.
“No!” rispose Stefano senza neanche guardare Elia.
“Scusa…perché no?” disse Elia.
“Questi giochi sono da poppanti!” rispose Stefano con aria da duro.
Elia e Luca rimasero molto stupiti per la risposta e per il tono che Stefano aveva usato, guardandosi a vicenda si voltarono per tornare sconsolati dai loro compagni.
“Allora che cosa vi ha detto?” chiese Edoardo.
“Che lui non gioca con noi perché dice che queste sono cose da poppanti” rispose Luca.
“Certo che è proprio strano” disse Matteo guardando gli altri.
“Dai sono sicuro che troveremo qualcun altro” esordì Elia.
La campanella risuonò avvisando che l’intervallo era terminato. Gli alunni ritornavano nelle rispettive aule, Noemy passò davanti a Stefano con un gran sorriso, ma lui, invece di ricambiarle il sorriso, allungò la gamba e in un attimo Noemy si trovò per terra.
“ Ehi! Che ti prende?Perché mi hai fatto lo sgambetto?” disse Noemy.
“Sei tu che non vedi dove cammini, dovresti stare più attenta” disse Stefano.
“Non sono mica stupida, sono sicura che tu mi hai fatto lo sgambetto!” disse Noemy con voce arrabbiata “lo dirò alla maestra!”
“Fai pure…non ho paura della maestra…nessuno mi fa paura!” rispose con voce stizzosa Stefano.
“Che succede qui, bambini?” chiese la maestra Enrica avvicinandosi a loro.
“Maestra, Stefano mi ha fatto lo sgambetto!” disse Noemy.
“Stefano hai fatto tu lo sgambetto a Noemy?” chiese la maestra a Stefano.
“Io?” rispose Stefano “No!Maestra. Sarà inciampata!”
Perplessa la maestra diede una mano a Noemy a rialzarsi dicendogli“Forza Noemy andiamo in classe che dobbiamo iniziare la lezione.”
La maestra Enrica e Noemy perciò rientrarono nell’aula e dietro le loro spalle, un sogghigno si formò sul viso di Stefano.

Nella notte mentre tutto il paese dormiva tranquillo si udirono, trasportati dal vento, quei tintinnii…Din! Din! Din!… Billy si sveglio, uscì dalla cuccia e questa volta altri cani iniziarono ad ululare verso il cielo.

Il giorno seguente la neve aveva imbiancato tutto il paese. Le strade erano piene di bambini che si recavano a scuola a piedi, non potendo utilizzare la bicicletta e neppure l’autobus della scuola a causa dell’abbondante nevicata. Non che gli dispiacesse, anzi molti di loro incontrandosi, iniziavano a lanciarsi delle grosse palle di neve divertendosi un mondo.
Quando la prima campanella dell’inizio della scuola suonò, pochi alunni iniziarono ad avviarsi verso l’edificio. Molti di loro rimasero nel parco vicino continuando a giocare con la neve; fra di loro due bambine stavano costruendo un pupazzo.
“Uffa, dobbiamo già entrare in classe! Dai, poi ci troviamo qui a terminare il nostro capolavoro” Disse Roberta ad Eleonora.
“Certo! Magari lo chiediamo anche a Martina e a Giada. Potremmo chiederlo anche a qualche altro nostro compagno, se ci possono dare un aiuto. Che ne pensi?” disse Eleonora.
“Sì, basta che non lo chiediamo al nostro nuovo compagno Stefano. Mi sta proprio antipatico! Sai ieri ho parlato con Noemy; afferma che le ha fatto lo sgambetto così senza che lei non gli avesse fatto nulla. Ha pure negato alla maestra quando gli ha chiesto se fosse stato lui a farle sgambetto!”disse Roberta.
“Che cattivo! Non mi piace per niente, ha un’aria così strana.”disse Eleonora.
“La mamma mi ha detto che lui è orfano e la famiglia, con cui vive ora, l’ha preso in “affidamento temporaneo”. È già stato in parecchie famiglie perché nessuno di queste lo ha voluto adottare definitivamente… dice inoltre che dovrei fare amicizia con lui perché, secondo lei, è molto solo” disse Roberta.
“Sì anche la mia ha detto che dovrei fare amicizia con lui”
“Ciao Roberta. Ciao Eleonora. Di chi state parlando?” disse Giada arrivando.
“Ciao.” Disse Eleonora.
“Ciao. Stiamo parlando di Stefano…ti piace come compagno?” chiese Roberta.
“Sinceramente… lo trovo strano, non fa amicizia e sembra un vero monello” rispose Giada “Ho sentito quello che ha fatto ieri a Noemy!”
“Gia, e lo sai che è orfano?” disse Eleonora.
“Sì, me lo ha raccontato la mia mamma. Poverino però è brutto non avere una vera famiglia.” Rispose Giada.
Il suono della seconda campanella risuonò.
“Dobbiamo sbrigarci ad entrare se no ci lasciano fuori dalla scuola! Dai, ci troviamo qui dopo per terminare il nostro pupazzo.” Disse Roberta alle amiche.
“Ok, a dopo allora.” Rispose Eleonora.
“Peccato, io non posso fermarmi” disse Giada “ Devo andare con la mamma a comprare i regali di Natale, mi spiace”
“Non ti preoccupare, lo termineremo Eleonora ed io” disse Roberta “Ora entriamo…oggi dobbiamo fare i preparativi per la recita. Che bello!” disse Roberta tutta felice.
Mentre le tre bambine entravano dal portone della scuola, Stefano si avvicinò al loro pupazzo di neve e con dei grandi calci lo mandò in frantumi, lasciando solo un mucchietto di neve al suo posto.

“Bene, oggi bambini dovevamo fare la prova per la recita ma, prima, scriveremo la lettera a Babbo Natale come facciamo ogni anno, poi ci recheremo all’ufficio postale per imbucarle” disse la maestra Verushka.
“Che bello” disse Dario a Mateusz suo compagno di banco.
“Sì, però Dario mi dai una mano a scrivere, sai io non so scrivere bene in italiano!” disse Mateuz.
“Certo che ti do una mano! Però tu mi dai una delle caramelle alla fragola, che sono così buone!” rispose Dario.
“ Una caramella alla fragola…certo te ne darò anche due! Sei un buon amico Dario.” Rispose Mateuz.
Tutti iniziarono a scrivere sul cartoncino con l’immagine di Babbo Natale. Tutti tranne uno…Stefano. Giocherellava con la penna sul banco senza prestare nessun’attenzione.
“ Stefano perché non scrivi la lettera a Babbo Natale?” chiese la maestra Verushka.
“Perché credere a Babbo Natale è da stupidi!” rispose Stefano.
Tutta la classe smise di scrivere e iniziò ad osservarlo.
“Credere che esista Babbo Natale non è da stupidi, lui esiste ed esiste anche lo spirito del Natale che ci rende più buoni. Scrivere la letterina è un modo per fargli conoscere i nostri desideri ma soprattutto le promesse che gli faremo” disse la maestra.
“Io non voglio scrivere la lettera a Babbo Natale, non ho nulla da chiedergli né da promettergli, visto che so che non esiste e non mi porterà mai quello che desidero!” rispose egli con rabbia.
“Non è vero!” rispose Alberto rivolgendosi a Stefano “Babbo Natale esiste!”
“Taci sei solo un credulone!" disse Stefano ad Alberto.
“Vero maestra, che Babbo Natale esiste?” chiese Alberto
“ Sì Alberto è vero, Babbo Natale esiste; nessuno di noi lo ha mai visto, ma sono sicura che esista. Basta crederci! Ora calmatevi su.” Rispose la maestra, guardò verso Stefano e gli disse: “Prova anche tu a scrivergli, sono sicura che quest’anno ti porterà quello che desideri. Ora bambini mi devo assentare per un attimo, devo recarmi dal preside. Starà con voi la maestra Angela. Mi raccomando finite per bene la lettera che poi ci recheremo all’ufficio postale, ma soprattutto… comportatevi bene.”
In quel mentre si udì bussare alla porta. Era la maestra Angela che entrava nella loro classe.
“Buon giorno bambini” disse la maestra Angela.
“Buon giorno, maestra Angela” risposero in coro.
“Angela te li affido per circa mezz’ora. Devo andare a parlare al preside per il problema che sai.” Disse la maestra Verushka.
“Certo, non ti preoccupare. Vai pure tranquilla, starò io con loro” disse la maestra Angela.
La maestra Verushka uscì dalla classe, dirigendosi in presidenza mentre la maestra Angela si sedeva alla cattedra, osservò gli alunni e disse:
“Quando avrete finito di scrivere la lettera a Babbo Natale, mentre aspetteremo che la maestra Verushka sia di ritorno, leggeremo una bella storia.”
“Siiii!” risposero in coro tutti gli alunni…o meglio quasi tutti poiché Stefano stava ancora giocherellando con la penna.
I suoi pensieri erano ben altri, non avevano nulla a che vedere con Babbo Natale o per la storia che la maestra voleva leggere alla classe.
“Sono proprio degli idioti che credono all’esistenza di Babbo Natale. Stupidi creduloni! Sperano che scrivendogli delle promesse gli porterà in dono quello che desiderano. Babbo Natale non esiste, non esiste lo spirito del Natale che ci fa diventare buoni. Inoltre se Babbo Natale esistesse sarebbe cattivo e crudele, altro che buono e pronto ad esaudire i nostri desideri. Meno male che l’ho scoperto in tempo ed io invece, sono grande, non piccolo e stupido. Non voglio più aver nulla a che fare con lui!”

In quel mentre si udirono di nuovo i tintinnii…din! Din! Din!…leggeri, soavi, ma seppur impercettibili Billy iniziò a scodinzolare e ululò.

“Buon giorno signor preside” disse la maestra Verushka.
“Buon giorno maestra Verushka e maestra Linda” rispose il preside “ Ditemi che posso fare per voi”.
“Noi avremmo un problema nella classe 3° B…” disse la maestra Linda.
“Che problema avete?” chiese il preside osservandole.
“Vede il nuovo arrivato, Stefano, non è per niente un buon elemento. Si comporta in modo non idoneo nei confronti dei compagni, è svogliato, non sta attento alle lezione disturbando gli altri bambini.” Disse la maestra Verushka.
“So che è un elemento difficile ma dovete cercare di capirlo e aiutarlo. Purtroppo non siamo la prima scuola che frequenta. Inoltre sapete che è già stato affidato a quattro famiglie e tutte in luoghi diversi cambiando spesso scuola. Questo ha contribuito a renderlo così arrogante e presuntuoso. Quando si è iscritto ho letto il suo fascicolo delle altre scuole che ha frequentato e poi dobbiamo anche tener conto che i suoi genitori sono morti proprio nel periodo di Natale e più precisamente la vigilia. Questo lo rende ancora più irrequieto.”
“Sì certo sappiamo la sua storia triste, che dobbiamo cercare di aiutarlo, ma a volte è troppo cattivo nei confronti dei suoi compagni e vorremmo che lei ci parlasse, magari le sue parole potrebbero aiutarci a renderlo più disponibile.” Disse la maestra Linda.
“Sicuramente posso parlare con questo bambino e vedere di aiutarvi nel vostro lavoro” rispose il preside “ mandatemelo in presidenza. Cercherò di proferirgli un bel discorso e magari di riuscire a calmarlo!”
Entrambe le insegnati si guardarono speranzose e mentre uscivano dall’ufficio del preside speravano in un’eventuale buona riuscita nel comportamento di Stefano.In questo modo avrebbe potuto fare amicizia con gli altri compagni. Sapevano della sua storia triste e volevano fare qualcosa.


Il pomeriggio seguente Maddalena si recò con il papà sul sagrato della chiesa, lì trovò Martina e Ludovica.
“Ciao Martina, ciao Ludovica.” Disse Maddalena.
“Ciao.” Rispose Martina.
“Ciao, hai visto che bel palco stanno costruendo?” disse Ludovica.
“Sì è proprio bello, hanno anche messo l’abete per fare l’albero di Natale. Com’è grande…sarà ancora più bello con tutte le luci e le decorazioni!” rispose Maddalena “ anche voi avete portato il flauto per la prova che dobbiamo fare con il maestro Giovanni?”
“Sì certo, anzi ho portato anche il costume per la recita che la mamma ha finito di cucire!” rispose Martina.
“Voi che favola avete scelto?” chiese Ludovica.
“Quella della piccola fiammiferaia! “ rispose Maddalena.
“Attenti arriva!” disse Martina a bassa voce.
“Chi arriva?” chiesero in coro, ma sempre a bassa voce le due amiche.
“Stefano!” rispose Martina “ che antipatico, speriamo che non venga qua! Anzi spostiamoci se no sicuramente ci farà qualche dispetto!”
“Ma no, dai! Dobbiamo cercare di fare amicizia con lui!” disse Maddalena alla sua amica.
“Anche per me ha solo bisogno di fare amicizia con qualcuno” disse Ludovica.
“Sì certo io vorrei fare amicizia con lui ma non me la sento di invitarlo!” disse Martina “ fa scherzi troppo cattivi!”
“Sì hai ragione, però come dice la mia mamma, a nessuno piace star soli” rispose Maddalena.
“Allora che cosa facciamo lo invitiamo qui con noi?” chiese Martina.
Le amiche non ebbero il coraggio di rispondere alla sua domanda. Sapevano quello che Stefano combinava. “Scusate…io vado…devo raggiungere i compagni della mia classe, magari dopo ci troviamo per giocare assieme. Che ne pensate?” chiese Ludovica.
“Ciao Ludovica. Sì magari dopo ci fermiamo a giocare assieme!” rispose Maddalena.
“Io non posso fermarmi, mi spiace. Ciao Ludovica.” rispose Martina.
Mentre Ludovica raggiungeva i compagni della 3° A, Maddalena e Martina osservarono Stefano che nella piazza era appartato in un angolo vicino al muro, seduto su una panchina. Entrambe avrebbero voluto alzare la mano per salutarlo, ma quando videro quel suo sguardo da monello evitarono di fargli qualsiasi cenno.
“Guardale come mi osservano, speriamo non mi facciano nessun cenno quelle oche, altrimenti inizio a tirargli delle grosse palle di neve. Mi sono ripromesso di non voler amici. Io sto bene da solo…e poi questi sono tutti dei poppanti che credono ancora alla storia di Babbo Natale. Ridicoli! Però che albero di Natale grande stanno mettendo vicino al palco, con le luci e le palle colorate…bene allora tra poco avrò qualcosa con fare. Potrò provare la fionda che mi sono appena costruito.” Pensava Stefano mentre osservava le persone che stavano allestendo il palco e l‘albero di Natale.

Din! Din! Din! I tintinnii trasportati dal vento, che scosse leggermente i rami dell’albero di Natale, furono ancora impercettibili e nessuno li udì, inoltre nessuno vide che la neve posata sui rami era caduta al suolo…

Era appena iniziata la sera quando a casa di Samuel si udì lo squillo del campanello. Era Mattia con la mamma. Erano andati a trovarlo, visto che erano già due giorni che Samuel non si recava a scuola poiché si era ammalato.
“Ciao Mattia, ciao Paola. Entrate forza! Fa molto freddo questa sera!” disse la mamma di Samuel aprendo la porta.
“Ciao” disse Mattia.
“Ciao Anna” disse Paola, la mamma di Mattia “Caspita, fa un freddo incredibile! Per questa notte annunciano ancora neve.”
“Mattia, Samuel è di là in salotto sul divano. Ti stava aspettando.” Disse mamma Anna. “vai da lui mentre io faccio il caffè. Ti và un caffè Paola?”
“ Sì, grazie mille. Magari mi scalda un po’!” Rispose Paola
Mentre le mamme si recavano in cucina, Mattia andò in salotto dove c’era Samuel sdraiato sul divano che lo aspettava per giocare.
“Ciao Mattia” disse Samuel.
“Ciao Samuel” rispose.
“Allora che mi racconti di bello!” disse Samuel
“Nulla di particolare, anche se a scuola oggi Stefano ne ha combinata un’altra. Sapessi che ridere…ha messo un chewing-gum nella scarpa di Alice mentre stavamo facendo ginnastica con il maestro Franco. Quando lei ha messo il piede nella scarpa, il chewing-gum si è attaccato sulle calze. Ha! Ha! Ha!…dovevi vedere la faccia di Alice!” disse Mattia ridendo di gusto ricordandosi la scena.
“Chissà che risate…poi che cosa è successo?” chiese Samuel all’amico.
“Nulla, perché il maestro Franco non è riuscito a scoprire il colpevole anche se immaginava già chi potesse essere stato. So che è stato lui perché Matteo ed io lo abbiamo visto dallo spioncino di vetro che c’è nella porta degli spogliatoi.” Rispose Mattia.
“Dovevate dirlo al maestro!” disse Samuel.
“No, e poi il maestro ci ha detto che essendo un “scherzo sporadico”, non dirà nulla al preside; poi non mi piace fare la spia e se lo raccontavo, Stefano se la sarebbe presa con me!” rispose Mattia “e tu quando torni a scuola?” chiese.
“Domani…il dottore mi ha visitato e ha detto che domani posso tornare a scuola.” rispose Samuel.
“Bene così potremo fare una bella sfida a palle di neve con gli altri” disse Mattia “ Allora a cosa giochiamo?”
“A quello che vuoi!” rispose Samuel.
I due bambini iniziarono a giocare fra loro. Lontano da lì, più precisamente in una modesta casetta della campagna, si vedeva Stefano che si era addormentato sul divano del salotto con un sonno agitato. Stava facendo un brutto sogno.
In quel sogno, che spesso faceva, rievocava la mattina della vigilia di Natale di due anni prima, quando i genitori presero la macchina per recarsi all’ufficio postale per portare la letterina che Stefano aveva scritto a Babbo Natale e le parole con cui la mamma gli aveva fatto la promessa che appena sarebbero tornati, avrebbero addobbato l’albero e preparato il pranzo per il giorno dopo. Si vedeva seduto vicino al camino acceso mentre si udivano i rumori di una macchina che entrava dal vialetto di casa sua, ma quando si affacciò, dalla finestra del salotto, vide che non era la macchina dei suoi genitori, bensì una macchina della polizia. Si avvicinarono alla porta e suonarono il campanello. Parlarono con Silvia, la tata a cui era stato affidato Stefano. Vedeva Silvia che piangeva nel frattempo che uno dei due poliziotti raccontava. Quando finirono di parlare lei li salutò, chiuse la porta, prese fra le braccia Stefano e abbracciandolo forte gli disse:
“ Stefano questa sera dormirai a casa mia” disse lei asciugandosi le lacrime.
“Perché?” chiese lui. “Dobbiamo aspettare mamma e papa per preparare la festa di Natale!”
“Mamma e papà non torneranno per questa sera” disse Silvia “ quando sarai grande capirai”.
Stefano quella notte aspettò invano la mamma, il papà e Babbo Natale. Fu a casa di Silvia che sentì, per sbaglio, che cosa era successo. Silvia stava raccontando ai suoi genitori l’accaduto: i genitori di Stefano, mentre tornavano a casa, ebbero un incidente stradale; li avevano trovati morti. Inoltre, sulla macchina, trovarono un cagnolino morto purtroppo anche lui. Stefano, ascoltando il racconto, capì che il cagnolino era il regalo che aveva chiesto a Babbo Natale, lo aveva scritto nella letterina che i genitori avrebbero dovuto spedire. Da quel momento scoprì che Babbo Natale non esisteva. Fu così che nacque l’odio per il Natale. Stefano da quel giorno si fece una promessa: non avrebbe mai più creduto all’esistenza di Babbo Natale, lo avrebbe odiato con tutte le sue forze e sarebbe diventato cattivo e crudele.
Quando si svegliò era tutto sudato e con il fiato corto. Dai suoi piccoli e scuri occhi delle lacrime scendevano, lui le asciugò, prese con se la fionda e si recò alla piazza per rompere le decorazioni dell’albero di Natale.

Ancora una volta si udirono… Din! Din! Din! Questa volta i tintinnii e il vento, erano nel bosco della campagna vicino alla casa di Stefano. Nessuno come al solito li udì, solo due piccoli scoiattoli uscirono dalle loro tane e videro la scena.

Il giorno alla recita era arrivato. Tutta la scuola, gli alunni e il paese era in grande attesa per l’evento. La recita aveva veramente coinvolto tutti. Inoltre per i bambini, sapere che presto sarebbero iniziate le vacanze di Natale li rendeva molto felici. Per quasi tre settimane le scuole sarebbero state chiuse e loro avrebbero potuto giocare e trascorrere le feste in allegria.
Quella mattina Samuel e Alberto si incontrarono per recarsi assieme a scuola. Camminavano parlando del più e del meno verso la scuola. Quando arrivarono nella piazza allestita per la festa, a loro si presentò uno spettacolo incredulo. Quasi tutte le decorazioni dell’albero di Natale, erano rotte.
“Alberto, guarda che disastro!” disse Samuel immobile a osservare la scena.
“Che guaio! Dobbiamo avvisare subito la maestra di quello che abbiamo visto!” disse Alberto.
“Sì, corriamo a scuola e avvisiamola subito!” rispose Samuel.
I due bambini iniziarono a correre verso la scuola. Quando arrivarono vicino al cancello videro la maestra Laura che stava entrando nella scuola. Iniziarono a chiamarla a gran voce.
“Maestra Lauraaaaaaaa!” dissero i due bambini urlando a squarciagola.
“Che succede?” chiese lei con stupore nel vedere quei due suoi alunni che la chiamavano in quel modo.
“Maestra Laura…presto…deve venire con noi… a vedere quello che è successo!” rispose Alberto con il fiato in gola per la corsa che aveva appena fatto.
“Che cosa devo venire a vedere?” chiese.
“Qualcuno…ha rotto…le decorazioni dell’albero…di Natale!” disse Samuel anche lui affannato.
“Cosa? E chi sarà stato?” chiese.
I due bambini non risposero alla maestra, anche se avevano una vaga idea di chi potesse essere il colpevole.
“Ora vado a chiamare il preside, l’avviso di quello che avete visto, poi con lui andrò nella piazza per verificare albero di Natale. Intanto voi due entrate in classe e mettete ad asciugare i giubbotti che sono fradici!” disse la maestra entrando nella scuola e dirigendosi verso la presidenza.

E per magia…Din! Din! Din! Il vento che portava, da alcuni giorni, quei suoni impercettibili fece muovere i rami dell’albero di Natale. La scena che si stava compiendo in quel momento nessuno poteva osservarla, solo un gatto, raggomitolato sul davanzale della finestra, era l’unico testimone…ma anche lui non avrebbe potuto raccontare a nessuno.

La maestra Laura e il preside raggiunsero la piazza per verificare il fatto raccontato da Samuel e Alberto. Appena giunsero sul luogo però videro, contrariamente che le decorazioni dell’albero di Natale erano intatte, appese sui verdi rami luccicando del loro rosso acceso.
La maestra Laura, stupefatta, guardò il preside e disse:
“Non capisco.”
“Maestra Laura qui è tutto a posto!” disse il preside osservandola.
“Sì lo vedo anche io…purtroppo quello che le ho raccontato, sig. Preside, io non l’ho visto ma mi è stato riferito.” disse la maestra Laura mentre pensava al perché Samuel e Alberto avessero raccontato quella storia, inoltre le erano sembrati veramente sinceri nel racconto.
“Forse avranno visto male!” disse il Preside.
“Già, magari l’eccitazione per la recita li avrà fatto vedere delle cose inesistenti.” Disse lei.
“Ora ritorniamo a scuola, visto che qui è tutto a posto.”disse il preside.
“Sì torniamo a scuola” rispose la maestra Laura con voce molto dispiaciuta.


Durante l’intervallo la maestra Laura raggiunse Samuel e Alberto. Non le era piaciuto quello che si erano inventati. Voleva capire il perché, quei due bambini, le avessero fatto quello stupido scherzo. Furono loro invece a essere stupiti nell’ascoltare la versione della maestra. Non era possibile che sia lei che il preside non avessero trovato nulla della scena che le avevano descritto e visto quella mattina. Erano certi di aver visto le decorazioni rotte per terra e non avevano raccontato una storia “priva di fondamento” come stava dicendo loro la maestra. Quando lei si allontanò, Samuel disse a Alberto:
“Alberto, questa mattina io e te non abbiamo sognato, vero?”
“Certo le ho viste benissimo le decorazioni rotte per terra vicino all’albero” rispose Alberto preoccupato.
“Ciao ragazzi, che succede?” chiese Matteo.
“Ciao Matteo. Samuel ed Io oggi abbiamo visto…” Alberto iniziò a raccontare la storia all’amico.
“Uhm….ora è tutto a posto?” chiese Matteo.
“Sembrerebbe di sì!” disse Samuel.
“Magari avete visto male!” disse Matteo.
“Non è possibile…entrambi abbiamo visto la stessa cosa!” rispose Alberto.
“Io comunque, dopo la scuola, vado nella piazza a vedere l’albero!” disse Samuel “Vieni anche tu, Alberto?”
“Certo che ci vengo; non mi piace passare per uno che racconta storie…” rispose Alberto.
Con enorme stupore, i due amici avrebbero avuto, da li a poco, una spiacevole conferma riguardo quello che avevano visto quella mattina.

La sera della recita era giunta. Tutti gli alunni erano disposti in fila due a due pronti per partire dalla scuola, con le loro lanterne dove all’interno d’esse c’era una candelina accesa. Illuminava la carta velina rossa rendendo molto suggestiva la fiaccolata che li avrebbe portati dalla scuola alla piazza, dove i loro genitori li attendevano. Lì avrebbero recitato, cantato, scambiato gli auguri e mangiato assieme agli amici le varie leccornie preparate.
L’albero di Natale scintillava di luci rendendo ancora più suggestiva quella sera. I genitori, seppur infreddoliti, erano impazienti per l’arrivo dei loro figli. Anche il parroco, il sindaco e tutte le autorità attendevano pazientemente
l’arrivo degli alunni. Questi giunsero con le fiaccole accese, intonando le note di “Astro del ciel”, debitamente seguiti nel canto dal maestro Giovanni.
Gli alunni della 3°B, pur mancando il loro compagno Stefano, erano gli ultimi a dover recitare, ma attesero pazienti il loro momento e, quando questo giunse, salirono sul palco. Avevano appena dato inizio alla recita della favola della piccola fiammiferaia, quando quel vento magico iniziò a scuotere i rami dell’albero. Tutte le luci e le decorazioni iniziarono a muoversi. Con lui arrivarono anche i tintinnii e questa volta i tintinni li udirono tutti.
Gli alunni della 3°B smisero di recitare iniziando a osservare una scena che non avevano mai visto. Il vento stava creando un vortice luminoso vicino all’albero di Natale.
Quel vortice era così attraente che rapì non solo gli sguardi degli alunni della 3°B, ma anche quello di tutti i presenti.
Tutto durò pochi istanti. Il vortice, dopo aver incantato tutti, svanì verso il cielo portandosi con se anche i tintinnii.
Vicino all’albero, al posto di dove si era formato il vortice luminoso, era comparso un cagnolino con un grande fiocco rosso.
Alice scese dal palco, si avvicino al cagnolino, lo prese a se e vide che attaccato al fiocco c’era un biglietto, mentre lo leggeva, tutta la classe scese dal palco per raggiungerla. Iniziarono a parlare a bassa voce fra loro, poi si recarono dalla maestra Enrica. Le porsero il cagnolino e Mattia disse qualcosa all’orecchio della maestra Enrica che annuì.
La classe 3°B si incamminò velocemente verso la periferia del paese, dove abitava il loro nuovo compagno.

Stefano era affacciato alla finestra quando vide avvicinarsi, verso la casa, tutte quelle persone. Riconobbe subito i suoi compagni. Immaginò che venivamo per convincerlo a partecipare alla festa di Natale. Arrabbiato uscì di casa.
“Che cosa volete? Andatevene via io non partecipo alla vostra stupida festa di Natale!” disse Stefano con voce grossa
I compagni di Stefano però non si fermarono, anzi avanzavano fiduciosi verso di lui.
“Se non ve ne andate vi tirerò tanti sassi da spaccarvi la vostra zucca vuota.”disse Stefano iniziando a scavare nella neve per cercare i sassi.
D’un tratto il gruppo si fermò. Alice, che aveva con se il cagnolino, si fece avanti verso Stefano.
“Non vogliamo costringerti a festeggiare con noi il Natale ma questo cagnolino è per te!” disse Alice porgendogli il cucciolo.
Stefano osservava sia la compagna che quel cagnolino infreddolito. Lo prese a se.
“Come fai a sapere che è per me?” chiese scorbutico Stefano.
“C’è un biglietto, leggilo!” rispose Alice con un sorriso.
Stefano guardò il fiocco che vi era al collo del cagnolino, vide che c’era un biglietto lo prese e lesse quello che vi era scritto:
-A Stefano. Un regalo speciale a chi mi ha dimenticato, ma che ora ho ritrovato e non dimenticherò mai!-
“Credo che sia stata la magia del Natale a farlo comparire” disse Elia avvicinandosi a Stefano e Alice.
“Anche noi crediamo che sia stata la magia del Natale!” iniziarono a dire in coro gli altri compagni.
Stefano guardò il cagnolino. Era quello che lui avrebbe voluto tanti anni prima, come regalo di Natale. Quello regalo lo aveva scritto nella lettera che aveva dato ai suoi genitori ma che purtroppo, non aveva mai ricevuto. Ora quel cagnolino era lì nelle sue braccia, qualcuno lo aveva portato e voleva fargli capire che non era solo.
Iniziò ad avere un groppo alla gola con le lacrime che iniziavano a pungergli negli occhi. Guardò i suoi compagni mentre lo stavano circondando e per qualche istante nessuno parlò.
Dal cielo la neve iniziò a cadere.
“Guardate…nevica!” disse Samuel.
“Domani allora potremo fare una grande sfida a palle di neve tutti assieme!” disse Stefano asciugandosi le lacrime
Tutti i compagni lo guardarono felici. Ora era un compagno diverso. Sarebbero diventati grandi amici tutti insieme.

Din! Din! Din! Erano i tintinnii che si udivano nel cielo, sopra gli alunni della classe 3°B. Una slitta fatta di ghiaccio, trainata dalle renne sfrecciava nel cielo e una voce disse “Buon Natale a tutti!”


ANNA HERM

Elena Fiorentini
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" Din Din Din. I tintinnii trasportati dal vento....



Una slitta fatta di ghiaccio, trainata dalle renne sfrecciava nel cielo e una voce disse “Buon Natale a tutti!” "

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