Concerto di Sogni
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Amorina
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Inserito - 17/04/2004 :  13:40:11  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Amorina Invia un Messaggio Privato a Amorina
Perchè mi guardi ,prete. Voglio partire per quel viaggio, non sono il demonio.Servono braccia e vigore,e sorrisi .Dammi quella divisa, anche usata, non posso pretendere all'ultimo istante. E ringraziami, prete, che mi aggiungo ad un esercito di derelitti stanchi. Qui avete bisogno d'aiuto, di sorrisi, di forza. No non mi confesso, che debbo dire a te che sei un uomo? Dimmi solamente la stazione, il treno lo riconosco da me, è quello rosso e blu, della speranza. Qui si vive di speranza, prete, beati voi.La stazione vicina, il giorno dopo,mattina prestissimo.La divisa larga, lunga sino a toccarmi i piedi, la cuffia col velo.Sembro un pagliaccio.Penso a chi me l'ha fatto fare, poi concludo che l'ho voluto io e mi dico della.... Ho la cucitrice a graffe, in albergo mi aggiusto stò pastrano. Ammesso che ci sia un albergo decente col guardaroba. Salgo sul treno e quasi cado.L'odore nauseabondo, un misto di minestrina e sporcizia,odore di treno e di toilette dove l'orina la fa da padrona.18 ore dentro a quel treno,allucinante.Cerco qualcuno che mi dica cosa debbo fare, ma lo scopro da sola.Una suora arcigna assegna gli scompartimenti,a me quello di coda, vicino alla latrina. Ho quattro ammalati, due enormi signore asmatiche con problemi all'intestino. Cancro la diagnosi.Due donnine, invece, che sgranano già il rosario. Vedo che una mentre parla fa uscire un filo di saliva dalla bocca, subito raccolta dal veloce fazzoletto dell'altra.La madre, credo.
Partiamo, e le 18 ore non passano mai. Accompagno alla toilette le mie donne, con fatica inenarrabile. Con una debbo stare incastrata dentro con lei. Ha le crisi d'asma. Da sola nn ce la fa. Per calmarla e sciogliere l'imbarazzo mi metto a cantare una canzoncina imparata al catechismo, sembra rallegrarla, mi guarda con gli occhi a palla, riconoscente.Con quello che posso la lavo, mi disincastro dal bagno e piano piano la riporto allo scompartimento.Ho voglia di vomitare, qualche conato. Ma passa subito.E il treno implacabile macina rotaie.La notte passa tra toilette e cuccetta, cuccetta e toilette. L'Ave Maria esce gracchiando da un altoparlante ed è la compagna imperterrita del buio.Qualche gemito, tossi catarrose, sospiri, parole sussurrate.L'odore mi segue, anzi ora sono parte di lui.La valigia è troppo incastrata nello scompartimento, poi noi dobbiamo stare in piedi. Cercavo una gomma da masticare, neanche fosse oro.Una signora viene in corridoio, è gentile e vestita bene, dice di esser venuta come accompagnatrice del marito, che ha la sclerosi a placche. Mi offre da bere, dell'acqua da una bottiglia . Il bicchiere è di plastica, io muoio di sete, al diavolo l'acqua calda io bevo.Guardo passare veloci i paesi, la costa azurra, il principato di monaco, tutto illuminato, e io qui, in un treno di disperati che cercano il miracolo, vestita da suora con tre taglie in più.Penso a quattro giorni prima, al mare, le mie vacanze fiume, tre o quattro mesi, il profumo di salsedine,la piadina con stracchino e rucola e la sera fuori, sino al mattino.Chissà cosa mi era balenato nella mente di partire così, dimpulso, senza neppur saper far nulla. Sì, le braccia buone, aiutare...o per caso il desiderio di cercarmi un posto in paradiso? A patto che esista, sto posto.Ultimamente avevo come un vuoto in questa mia vita divertente e dispersiva, agiata e senza pensieri,sensi di colpa qualche paura,là,in fondo all'animaccia .Se esiste l'inferno, mi dicevo, vado dritta dentro e non mi toglie nessuno.Ecco la molla che mi aveva spinta, c'ero arrivata, senzafatica lo ammetto, lo sapevo già.E intanto il mattino arrivava,lo sentivo dai movimenti svelti, odore di caffè, le solita tossi catarrose e la toilette, il mio incubo. Questa volta mi ero attrezzata, con garze e un pò di sapone. Ormai la meta si avvicinava.Canti a Maria gracchiati dal solito altoparlante sgraziato, la messa recitata dal prete, non capivo nulla, ma dicevo amen a comando. Arrivati, finalmente, a destinazione. Scendendo mi dissi che quel viaggio non me lo sarei dimenticato mai più, anche perchè sarebbe stato l'ultimo. Una corriera sbuffante aspettava gli ospiti, fatti salire con fatiche inenarrabili, alcuni in barella adagiati nel fondo, roba da matti. Noi avevamo una jeep, che avrebbe fatto alcuni giri. Lasciai partire le più gaie, sembrava andassero alle mauritius tanto erano garrule. Io aspettai sulla piazzetta, la valigia lo zaino e il pastrano. Una foto, ci voleva, sì. Avrebbero riso a crepapelle a casa. Cercai con lo sguardo qualcuno e lo trovai. Nel mio francese disperato gli chiesi di farmi una foto con la mia macchinetta. L'uomo gentile mi guardò, capì al volo cosa stavo aspettando, mi fece la foto e mi offrì un fiore, dicendo “merci merci”.Rimasi col fiore in mano la macchina al collo a guardarmi intorno. Montagne, tristezza, case vecchie, nient'altro. La jeep arrivò e fui portata all'albergo. Albergo.Ero davanti all'ospedale S:Bernadette, altrochè albergo, assegnata ad una camerata dove il mio letto era con loro diviso da una tenda. Volevo piangere. In ospedale, insieme agli ammalati, io, che rifiutavo il grasso del prosciutto perchè mi faceva schifo.Aiuto, qualcuno mi dica che sto sognando! Niente, solo gente frettolosa che correva ai propri posti, ormai avezza a queste cose. Io mi avviai dentro l'ospedale, col bigliettino in mano. Corsia b secondo piano. Entrai timidamente con le gambe che mi tremavano, con la consapevolezza che sarei stata contagiata da orrende malattie sconosciute. E fu lì, in quell'attimo,che la vidi Bionda, con i vapelli lunghi sulle spalle, non più di cinque anni, sulla carrozzina spinta da una nonna che a occhio e croce ne doveva avere 100. La mia domanda fu subito ovvia: cosa ci faceva una bambina piccola in un reparto dove c'erano terminali, paralizzati, gente che soffriva. Non c'era altro posto, disse la nonnina. Mi misi all'opera subito, del resto il piglio organizzativo ebbe il sopravvento. Dopo discussioni e richieste, riuscii a trovarle un letto in una camerata di gente medio giovane con problemi meno gravi. Gli occhi azzurri di Francesca, così si chiama, da gattina mi ringraziarono sorridendo. E cominciò la mia via crucis. Spiegare come si svolge la giornata e la notte in un ospedale di lourdes sarebbe lungo e inutile. Ognuno di noi sa cosa sia la sofferenza, sia perchè provata con i lutti inevitabili che ognuno prima o poi subisce, sia perchè le sofferenze che portano gli ammalati a lourdes sono inenarrabili.Mi accorsi di imparare presto, con gioia. Presto mi adattai a mangiare tutto, in ospedale, con loro. Francesca riempiva il mio tempo libero. Invece di riposare la portavo ad ossigenarsi in alto, nelle colline che costeggiano il Gave, il fiume che Bernadette atraversò scalza per giungere alla grotta. Pian piano venni a sapere il perchè Francesca si trovasse in carrozzina. E, insieme, cominciammo a frequentare i ragazzi down, che hanno una forza incredibile ma anche un amore immenso. Mi scoprii a mangiare con loro, e, a quelli che nn volevano, facevo il gioco di un cucchiaio a me e uno a te, mangiavamo nello stesso cucchiaio,il grasso del prosciutto dimenticato.Il tempo scorreva, tra inevitabili ore di soccorso e pulizia degli ammalati infermi a letto, con piaghe da decubito,e passeggiate con Francesca e altri bambini verso la collinetta sul Gave, da noi denominata il “teatrino”. Lì, al riparo da tutti, cantavo canzoni di cocciante baglioni battisti, facevo loro vedere come si ballano i”balli moderni” e loro ridevano e battevano le manine. Le notti erano interminabili, sempre alla notte qualcuno stava male da morire. Quasi che la notte fosse destinata alla sofferenza. Non dormivo quasi mai, perfortuna soffro d'insonnia, ma qualche volta, di giorno avevo qualche momento di sonno ad occhi aperti, m'incantavo come Fantozzi.E, come se il tempo avesse due dimensioni, in un baleno giunse il giorno della partenza. Ritornai sul treno, questa volta con la carrozzina e Francesca, sicura di quello che avrei fatto al ritorno. Avevo capito alcune cose. Altre meno, ma questa è un'altra storia. Francesca ora ha 27 anni, cammina, l'ultima operazione l'abbiamo superata a gennaio. Porta 5 centimetri di tacco, è un'incantevole signorina, che mi chiama mamma 2.Il viaggio era stato perfetto, avevo avuto il miracolo che aspettavo. E il miracolo vive lavora cammina.L'incontro era stato il miracolo. Dal 1982 mi reco a Lourdes tutti gli autunni.Non so ancora bene la molla che mi spinse allora, e non la voglio sapere. Sto aspettando il prossimo viaggio, perchè ora lo so.
   
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