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 Il Vascello Volante
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luisa camponesco
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Inserito - 08/02/2009 :  11:12:16  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco


Il vascello volante

Racconto (un po’ pazzo) di un viaggio impossibile

Il vecchio accanto al fuoco ravvivava le braci con il mantice. Fuori la bufera spazzava le strade del villaggio e il vento faceva vibrare i vetri della casetta. Nessuno ricordava una pioggia così intensa, nessuno tranne lui, Jacob.
Lo chiamavano il matto per le storie che raccontava e per i luoghi fantastici che diceva di aver visto. Solo i più piccini lo stavano ad ascoltare con le boccucce spalancate nel udire tutte quelle meraviglie.
Si, matto, ma matto non lo era, ma a pensarci bene era difficile credere alle sue avventure, a volte anche lui dubitava d’averle vissute.
Ora il tempo della promessa si avvicinava, i segni erano evidenti, il vento, la pioggia incessante e…. .quel silenzio improvviso.
- Ciao Jacob!
Jacob non si voltò sapeva bene qui era,
- Ciao Oren, puoi attendere un po’?
- Certo amico, facciamo due chiacchiere.
Oren sedette sul bordo in pietra del fuoco e si sfregò le mani.
Jacob lo guardò. Non era cambiato nonostante gli anni passati, il viso liscio e paffuto, gli occhietti vispi, e un sorriso birichino.
- Ne abbiamo passate di belle insieme, vero Jacob?
Come negarlo, che peccato che nessuno gli avesse creduto, tutti pensavano fossero favole frutto di immaginazione.
- Ti ricordi la prima volta Jacob?

Come poteva dimenticare quand’era un giovane sognatore con la voglia di conoscere e scoprire luoghi lontani. I compagni di giochi lo prendevano in giro e ben presto si ritrovò solo a contare le nubi, almeno fino al giorno del suo incontro con Oren, evento questo che avrebbe segnato per sempre la sua vita.

°°°

La pioggia scendeva fitta, fitta, talmente fitta che non si vedeva ad un palmo dal naso, nel camino il fuoco crepitava, una pentola di minestra fumante mandava per la casa profumo di verdure. Jacob alla finestra osservava il panorama o meglio quello che si poteva scorgere.
- Mamma! – escalmò ad un tratto. - c’è una nave sulle nuvole
- Devi smetterla Jacob di dire queste sciocchezze, sei diventato lo zimbello di tutti.
- Ma mamma è vero guarda anche tu!
- Vai nella tua cameretta, ti chiamerò quando la cena è pronta.
Jacob salì sbuffando la scala in legno, pestando di proposito i piedi. Giunto in camera corse alla finestra nella speranza di vedere la nave, ma vide solo la pioggia scrosciante. Forse era stato uno scherzo di luce, deluso, si gettò sul letto a contare le travi del soffitto.
Qualcosa colpì il tetto, un rumore secco ripetuto più volte, Jabob corse nuovamente alla finestra e l’aprì. Una fune penzolava dall’alto, tirò con forza.
- Eihhh , ma cosa fai? Perché non mi dai una mano invece di giocare!
Un cappellaccio apparve dal bordo del tetto, sotto il cappello un volto bagnato di pioggia.
- Aiutami, mi sono incastrato nel tuo camino, dovresti tirare la fune verso l’esterno.
- Ma tu chi sei? – chiese Jacob
- Le presentazioni le faremo dopo adesso sposta la fune!
Jacob uscì da casa e, afferrata la fune la tirò verso il prato. Con sua grande meraviglia apparve il vascello, con tanto di vela, che aveva visto prima.
- Ti ringrazio, non so come avrei fatto da solo, il vento mi ha spinto verso la tua casa e la fune si è impigliati nel camino, comunque io sono Oren e vengo da ForestaDiLuce.
- ForestaDiLuce? Ma che posto è mai?
- Beh è un po’ difficile spiegare è lontano oltre la linea dell’orizzonte
Jacob alzò le spalle ma aveva troppe domande da fare e poco tempo.
- La nave è tua?
- Emm, emm, l’ho presa in prestito. – balbettò Oren
- L’hai rubata - precisò Jacob – ma dove stai andando?
- Nella città dei giganti-nani. – rispose Oren sperando di non svelare altro.
- Giganti nani? Ma non prendermi in giro, se sono giganti non sono nani.
- Dipende dai punti di vista. – replicò Oren
- Allora verrò con te.
Incurante delle proteste di Oren, Jacob si arrampicò su per la fune.
- Torna subito giù! – urlò, ma proprio in quell’istante un colpo di vento gonfiò la vela e il vascello prese immediatamente quota.
Il villaggio divenne sempre più piccolo e all’improvviso si trovarono sopra le nubi. Il sole caldo riscaldò Jacob che smise di tremare, sia per il freddo che la paura.
- Bel guaio hai combinato- brontolò Oren - ora non posso tornare indietro
Jacob se la rideva felice di quel che aveva fatto. Sotto di loro il paesaggio mutava velocemente e al giorno si sostituiva la notte e così via fino a quando il vascello superò un massiccio montuoso altissimo. Jacob per un istante riprese a tremare.
- Siamo quasi arrivati!
- Dove?
- Lo vedrai presto.
In realtà Jacob non vide proprio nulla, ma a detta di Oren erano proprio sopra la città del giganti-nani.
Il vascello scese lentamente e planò su di un prato verde.
- Meglio muoverci prima che faccia sera!
Jacob obbedì senza chiedere spiegazioni, e si trovò davanti ad un portone alto almeno dieci metri.
- Come facciamo ad entrare?
- Come ti ho già detto è una questione di punti di vista. Devo solo arrampicarmi per un po’.
Oren , come un’abile rocciatore scalò la parete a fianco della porta e sparì alla vista di Jacob, ma poco dopo il portone si spalancò.
- Ma come hai fatto? – chiese stupito Jacob
- Beh questo è un posto strano, se ti trovi a livello del terreno tutto appare gigantesco, ma se ti sollevi da terra anche di poco tutto si ridimensiona.
- Vuoi dire che se salgo su di un gradino ……
- Prima dovrai riuscire a salire su di un gradino. - sghignazzò Oren
Camminarono sulla via principale evitando d’essere calpestati dai giganti.
- Non ce la faccio più ! – si lamentò Jacob
- Allora fai esattamente ciò che faccio io!
Oren spiccò un salto e Jacob lo imitò e con sua grande sorpresa i giganti assunsero una statura del tutto normale.
- Ma come è possibile questo?
- Più in alto riuscirai a saltare e più piccini li vedrai tornare. – prese a canticchiare Oren.
Jacob si divertì molto a saltellare e poi vedere come mutava la statura degli abitanti di quella città. Però, tutto quel movimento gli fece venir fame, poco lontano una bancarella colma di frutta sembrava volesse invitarlo.
- Non ti azzardare a toccare nulla. – esclamò Oren intuendo il pensiero dell’amico.
- Ma io ho fame!
- Ce ne andremo tra poco devo solo fare una commissione. Aspettami qui!
Oren scomparve in un vicolo, Jacon si guardò attorno deluso, ma quella mela succosa non poteva proprio lasciarsela scappare. Nessuno faceva caso a lui per cui la prese e la nascose in tasca.
Oren apparve trafelato.
- Presto, presto andiamo via!
- Ma cosa succede? – Un omaccione con un randello in mano inseguiva Oren..
Non c’era tempo per le spiegazioni, del resto quel randello ne dava anche troppe. I due, di corsa, raggiunsero il prato dov’era ancorato il vascello volante.
- Molla la corda! Aiutami con la vela!
Ordini su ordini, finalmente il vascello prese quota e la città dei giganti-nani rimpicciolì fino a scomparire.
- Mi dici cos’è accaduto?
- È una faccenda personale.
- Personale o no le stavamo prendendo.
Il vascello ora volava su di una verde vallata percorsa da un fiume azzurro. Jacob avvertì una strana sensazione di peso e con grande sorpresa si accorse che la mela che aveva rubato nella città dei giganti-nani stava aumentando di volume. Dopo aver lacerato la tasca della giacca, incominciò ad invadere il ponte del vascello facendolo ruotare su se stesso.
- Precipitiamo, ti avevo avvertito di non prendere nulla in quella città adesso dobbiamo liberarcene subito.
La mela era diventata davvero enorme i due ce la misero tutta per scaraventarla giù. Che fatica! Alla fine si lasciarono andare stremati.
- Non capisco come possa accadere una cosa simile.
- Ti avevo avvertito di non prendere nulla, per poco non ci ammazzavamo.
- Ma io ho fame!
- Se farai come ti dico potrai mangiare a crepapelle.
- Dove mi porti adesso?
- Se non mi aiuti ad orientare la vela non andremo da nessuna parte.
Il vento gonfiò le vele e il vascello mostrò la poppa.
Il paesaggio mutava velocemente alle pianure si sostituiva il mare e poi ancora la terra ferma.
- Ci siamo! Non dire nulla fin quando non te o dico io.
Il vascello si ancorò ad un’alta torre.
- Chi va là! – tuonò una voce dal basso
Oren mise l’indice sulle labbra invitando Jacob a stare zitto.
- Mi chiamo Radice Cubica e con me c’è il mio amico Superficie Piana
Un attimo si silenzio poi: BENVENUTI A CERVELLONIA
- Ma che razza di posto è mai questo?
- Non hai sentito? Questa è Cervellonia, qui la gente parla solo a numeri e se vuoi mangiare meglio tu sappia almeno le tabelline.
La città era veramente bella con si suoi palazzi i giardini a forma di otto e la gente sorrideva, sembravano tutti veramente felici. Un profumino delizioso si diffondeva nell’aria.
- Ecco siamo arrivati.
L’insegna era bella grande: TRATTORIA DEL TRE PER SETTE.
- Ma cosa vuol dire? – sussurrò Jacob
- Zitto e seguimi.
L’ambiente era accogliente i tavoli coperti da tovaglie davvero originali. Scelsero un tavolo in un angolo della sala abbastanza appartato.
- Le tovaglie sono tutte scarabocchiate!
- Zitto, quello che vedi scritto è il menù del giorno.
Una cameriera si avvicinò.
- Cosa posso portarvi?
- Mmmm, io prenderò un tre per otto tanto per cominciare. – disse Oren guardando con preoccupazione Jacob che cercava di capire cosa ordinare.
Jacob continuava a far scorre il dito su e giù dalla tovaglia senza decidersi. Ma la fame era davvero esagerata.
- Non ci sarebbe un dieci per dieci?
- Sono anni che non sento di una simile ordinazione. – esclamò la cameriera arricciando il naso.
- Ma sei impazzito! – bisbigliò Oren mentre la cameriera si allontanava . – vuoi farci scoprire?
L’ordinazione di Jacob occupò ben tre tavoli, ora la cameriere li guardava con sospetto.
- Soddisfatti? – chiese facendo roteare una penna.
- Soddisfatissimi – rispose Oren con enfasi – soprattutto per essere stati serviti da una fanciulla più leggiadra dell’area totale di un prisma.
La donna apprezzò il complimento e si allontanò ancheggiando.
Il pranzo era superlativo, ma nemmeno un elefante sarebbe riuscito a mangiare tutto, per cui pensarono bene di allontanarsi alla chetichella. Ma siccome anche il conto era proporzionato alla quantità la fuga era inevitabile. Si nascosero come poterono mentre i gendarmi, tutti regolarmente numerati, setacciavano le strade alla loro ricerca.
- Dobbiamo raggiungere il vascello!
- Lo faremo al calar della sera adesso sarà sorvegliato.
- Dimmi una cosa Oren, tuoi viaggi sono tutti così? Scappi sempre da qualcosa?
- Questa volta è colpa tua. – replicò
In effetti non aveva tutti i torti e Jacob pensò che prima o poi avrebbe saputo il motivo della fuga dalla città dei giganti-nani.
Col favore delle tenebre raggiunsero la torre. Le guardie era tutte intente a discutere di geometria analitica poi la discussione degenerò in rissa. I due ne approfittarono per raggiungere correndo a perdifiato il vascello.

La luna, al suo primo quarto illuminava il loro cammino e il rollio del vascello li fece addormentare.

Quello fu solo l’inizio, l’inizio di una serie di avventure a volte esilaranti più spesso disastrose ma consolidarono l’amicizia fra i due.

Ma le cose non durano sempre, prima o poi bisogna fare i conti con se stessi.
- Devi tornare a casa Jacob.
Jacob non rispose ma lo sapeva da tempo che quel momento sarebbe giunto.

Il paese era cambiato, nuove case, nuove strade. Faticò non poco per riconoscere la sua casetta.
- Dobbiamo salutarci amico mio.
- Me la dici una cosa Oren? Perché quel giorno nella città dei giganti-nani eri inseguito?
- Ahahahah, ero stato sorpreso in atteggiamenti sconvenienti con la figlia del proprietario della locanda.
- Per bacco, sei proprio una forza Oren. Ti rivedrò un giorno?
- In un giorno pioggia battente e vento forte, verrò a prenderti e rimarremo insieme per sempre.

°°°

Il fuoco si stava spegnendo mentre Oren e Jacob si cullavano ancora sull’onda dei ricordi.
- Dobbiamo partire Jacob tra un po’ tempesta si placherà.
- Dov’è il vascello?
- Proprio sopra il tuo comignolo come l’altra volta, ma ce la farai a salire?
- Ci puoi scommettere.

Il vascello ondeggiò poi prese quota.
- Allora amico Jacob quale rotta prendiamo?
- Nessuna rotta Oren andiamo dove ci porta il vento.

In quel momento, alla finestra della sua cameretta, un bambino osservava il cielo scuro.
- Mamma corri, vieni a vedere c’è un vascello che vola nel cielo.
- Per carità Peter torna subito a letto, non vorrai diventare anche tu come quel vecchio pazzo di Jacob?
- Ma mamma!!!
- Niente discussioni, fila a letto!
Peter obbedì, ma ora era sicuro; tutte quelle fantastiche storie che il suo vecchio amico raccontava erano vere e forse un giorno sarebbe tornato anche per lui. .. forse.

Con questa speranza il bambino si addormentò.


( Potrebbe esserci un seguito?Tutto è possibile nel mondo della fantasia)







Luisa Camponesco

   
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