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 UN PICCOLO UOMO UN GRANDE MAESTRO
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zanin roberto
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Inserito - 16/03/2007 :  23:35:06  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
LA MIA TERZA ELEMENTARE

I grembiuli neri, con il fiocco azzurro al collo, ci facevano sembrare un piccolo esercito che presidiava un'aula larga e dai finestroni enormi che si alzavano fino al soffitto, dotati di verdi tendoni oscuranti.
L'odore dell'inchiostro nero marcatamente ferroso impregnava l'atmosfera, le carte assorbenti si chiazzavano di continuo, le matite si appuntivano lasciando riccioli legnosi attorcigliati, le mani erano sempre in movimento.
La terza elementare del 1963 ci vedeva classe rigorosamente maschile, in quella scuola di Cordovado che si chiamava "Scuola Elementare Ippolito Nievo", a lui dedicata in onore del romanzo "Le Confessioni di un italiano" ambientato nel nostro territorio.
I ragazzi di terza, erano relativamente pochi, 14 e in quell'inizio anno scolastico, la novità era che avevamo cambiato maestro. Nelle prime due classi avevamo avuto una maestra, adesso era arrivato un maestro goriziano, piccolo, minuto, con un fare semplice ed educato, assomigliava a Rascel,si proponeva in punta di piedi, ma era molto attivo e moderno.
Dagli Stati Uniti, si era aggiunto un nuovo compagno, Paolo e uno Michele, che avrebbe fatto solo la terza con noi, per poi ripartire. Insomma le novità avevano movimentato quell'inizio con un ottimismo, una voglia di fare, una curiosità, rinnovate. La disciplina non ci pesava, era nella norma più assoluta,la nostra obbedienza era il minimo che dovevamo dimostrare.
Stavamo bene assieme, eravamo un gruppo di amici, giocavamo insieme, sognavamo simili utopie, ci perdevamo in uguali ingenuità, ci aspettavamo le stesse reazioni, ma sapevamo benissimo cos'era l'educazione, quali erani i nostri doveri e le nostre piccole responsabilità.
In terza si iniziava lo studio della storia, della geografia, delle scienze e il percorso informativo si arricchiva di nuovi racconti, ci sentivamo maturi, non più oggetti di condizione infantile, con tutte quelle aste, quadretti, lettere copiate, scritte a ripetizione, ora eravamo assurti a studenti, piccoli ma studenti, degni di ascoltare "cose difficili", complicate, si, c'era la geometria che era piena di formule e poi le scienze che spiegavano come funzionava il mondo.
Insomma noi eravamo ben disposti, e il maestro?
Il maestro si dimostrò l'uomo giusto al momento giusto, anche se alla fine gli costò il posto, in un paesino di campagna dove ogni innovazione doveva confrontarsi con una cultura della tradizione che non ammetteva cambiamenti.
Iniziò con l'indossare un camice nero che lo rendeva più simile ad un bidello che ad un insegnante, ci arringò con un discorso di inizio anno scolastico che toccò le corde del nostro orgoglio, programmò un giornalino di classe che avrebbe prodotto con un ciclostile ad alcool, dove noi fungevamo da giornalisti, una serie di filmini superotto su temi di scienza e storia, una serie di escursioni all'esterno e attività sportive nel cortile della scuola che comprendeva il fantastico gioco "ruba fazzoletto ".
Il dado è tratto, per la prima volta ho sentito la mia classe come un monolite indistruttibile.
Di quell'anno ho ancora, dopo quaranta anni, il profumo delle stagioni nella mente, ho ancora le immagini nitide di giornate fantastiche, di colori che cosi non ho più rivisto, di emozioni travolgenti, di un entusiasmo dinamico, di gioia della vita.
Quel giorno il sole era luminosissimo, la giornata era radiosa, quando entrammo nell'aula, in fondo c'era un tavolino con un proiettore, il nostro maestro tirò le tende e l'aula si oscurò poi iniziò la proiezione del filmato a colori. La televisione l'avevamo solo in pochi,in bianco e nero, e il cinema lo vedevamo un paio di volte l'anno,immaginate la esterefatta atmosfera di mistica magia che si era formata quel mattino. Non si fiatava, rapiti, incantati, ci lasciavamo condurre in un'estasi infinita.
Il documentario trattava di due società animali complesse, quella delle api e quella delle formiche, ma la nostra fantasia aveva creato mostri ed eroi, battaglie ed eroismi, cosi in trance come eravamo non ci accorgemmo che il tempo era volato, quando al suono della campanella nessuno balzò in piedi, per la prima volta sperammo che il maestro ci obbligasse a vedere una altro filmino.
Quando fu chiaro che era ora di uscire, molti di noi scodinzolarono intorno al maestro,lo circondarono come pulcini con la chioccia e lui timidamente ci invitava ad uscire, soddisfatto di aver catturato il nostro interesse ma soprattutto di aver toccato il nostro cuore.
Quando prima delle vacanze di Pasqua ci fece il punto sul nostro giornalino di classe, aggiunse alla tradiziomale "pagina del maestro", un commento morale, da libro Cuore, in cui educazione, impegno, onestà, nobiltà d'animo, erano raccomandate come l'ossigeno che respiriamo.
Non eravamo ne meglio, ne peggio, di tutti gli altri scolari del mondo, ma ci sentivamo guidati,capiti, assecondati, corretti,come in famiglia e il nostro studiare era un gioco, in cui il risultato era molto importante.
Molti genitori storcevano il naso,criticavano, non approvavano tutta quella "anarchia", dicevano loro, tutto quel tempo perso a fare "spettacolo", i loro figli dovevano esercitarsi a fare calcoli aritmetici, a memorizzare poesie, a scrivere dettati per migliorare la grafia.
Che ne sapevano loro che quando eri capo squadra, avevi la responsabilità di una pagina del giornalino, che dovevi coordinare i "pensierini-articolo" dei cinque componenti il gruppo, che si dovevano correggere in un italiano comprensibile gli scritti, che c'erano i disegni da eseguire a mano libera per commentare gli articoli, che ne sapevano loro che a turno,la nostra democrazia prevedeva che tutti si cimentassero a fare il capo gruppo, che ne sapevano loro delle lunghe discussioni alla fine della visione dei filmini con il maestro a completare le lacune eventuali?...che ne sapevano del nostro affetto per il maestro....no, loro non lo sapevano!
Quando a Giugno ci giunse notizia che se ne sarebbe andato, i suoi piccoli, intensi occhi sorridevano buoni, ci accarezzò i capelli uno ad uno, si raccomandò di continuare ad essere una classe brava e diligente, e quando lo vedemmo salire in una piccola Topolina Fiat e sparire chissà dove, avevamo perso un pezzo della nostra infanzia, forse un anno fondamentale che ci aveva resi più maturi e arricchiti di valori rari.
Di tanto in tanto, ripenso a quegli anni cosi lontani, a quelle atmosfere idiliache, al sorriso del nostro maestro di terza elementare e mi sono convinto che quello era il risultato di un insegnante che era in pace con la sua coscienza, sicuro di aver profuso il massimo del suo bagaglio culturale ed umano, contento che dei ragazzi lo avessero seguito entusiasti.
Chi lo criticò, non lo conobbe, forse non era il massimo insegnante ma era il massimo dell'onestà etica, e questo un adolescente lo sente.
Grazie maestro, se oggi cinquantenne, nel mio animo pesco della nobiltà, lo devo anche a lei, piccolo uomo dal grande cuore.

di Zanin Roberto

zanin roberto

   
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