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 Riflessi sull'acqua
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luisa camponesco
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Inserito - 25/01/2007 :  20:49:36  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco

Riflessi sull'acqua

Le colline proiettavano lunghe ombre al tramonto del sole ed i rami degli alberi disegnavano sagome fantastiche, Janina cavalcava nel vento della sera con la spensieratezza della gioventù. Simbad, il suo destriero nonché fedele compagno, assecondava i suoi desideri correndo veloce attraverso il sottobosco della contea di Dosàn.
- Bene Simbad ora al trotto fino al fiume!
Il padre di Janina era stato in oriente per questo motivo le aveva dato quel nome esotico e, in uno dei suoi ultimi viaggi aveva portato quel puledro figlio del deserto che Janina aveva chiamato Simbad, come il famoso marinaio.
Il fiume scorreva nei pressi di un bosco di aceri, un oasi tranquilla, le foglie rosse degli alberi donavano una sensazione di calore. Janina amava quel luogo, si sdraiava vicino all’argine e scrutava le nubi immaginando figure fantastiche che spesso si riflettevano sull’acqua.
Anche quella sera, dopo aver fatto abbeverare Simbad, si inginocchiò sulla riva giocando con la mano nell’acqua.
- Pensa Simbad se questa fosse un’acqua magica che mostrasse eventi futuri, magari proprio il mio avvenire.
Il cavallo brucava la tenera erbetta indifferente alle parole della sua padrona. Janina attese che il pelo dell’acqua tornasse tranquillo, voleva vedere il suo volto riflesso, ma quando si sporse, apparve il viso di una sconosciuta. Si ritrasse subito, impaurita, si guardò attorno per vedere se qualcun altro fosse nei dintorni. Nessuno, solo il cinguettio dei passeri e il sibilo del vento fra le fronde degli alberi. Cautamente si protese, un foglia caduta sull’acqua la increspò per un instante ma poi, di nuovo un volto sorridente e un’altro ancora e un carro trainato da buoi per una strada mai vista.
Janina pensò ad un fenomeno straordinario, qualcosa simile al miraggio nel deserto, alla fata Morgana, suo padre gliene aveva parlato quando raccontava le sue avventure.
Il sole era tramontato da un pezzo, doveva tornare a casa, il fiume ora aveva assunto una colorazione grigio cupo proprio come il cielo.

- Janina! Lo sai che non voglio che tu rincasi così tardi.
- Scusami papà ma quando io e Simbad cavalchiamo nel bosco perdo la cognizione del tempo.
Non disse nulla di quanto accaduto sul fiume, probabilmente avrebbero riso di lei ma quel fatto la tormentava, si stava forse ammalando?
Quella fu una notte insonne, l’attesa dell’alba interminabile, vedeva sempre quei volti …doveva trovare una spiegazione logica altrimenti non avrebbe avuto più pace.
- Tesoro stamattina sei pallida non ti senti bene?
Sua madre la guardava con preoccupazione.
- Stai tranquilla mamma non ho nulla.
- Mia cara, io credo che le corse con Simbad ti stanchino troppo, dovresti limitarti.
Pareva gli avesse letto nel pensiero, infatti era sua intenzione tornare al fiume proprio quella mattina, in ogni caso nessuno l’avrebbe fermata.

Andò a sellare Simbad
- Amico mio dobbiamo tornare al fiume. – il cavallo alzò di colpo la testa.
- Vedo che sei d’accordo. – accarezzò la criniera poi lo condusse fuori dalla scuderia.

Cavalcare al mattino era una novità per lei, gli alberi avevano sfumature diverse, l’aria profumava di terra umida e l’erba brillava di rugiada.
Il cavallo aumentò l’andatura sentendo l’odore del fiume, e il cuore di Janina prese a battere più forte.
Tutto era come la sera precedente a parte la luce diversa, la ragazza, titubante, si inginocchiò sulla riva.
L’acqua limpida mostrava il fondo ciottoloso, alcuni pesci nuotavano lenti e le fronde degli alberi si specchiavano donando sfumature verdastre, ma oltre a questo null’altro, nessun volto, nessuna strada, Janina era sollevata e nello stesso tempo delusa.
Pensò di fare una passeggiata dal momento che lei e Simbad erano fuori casa. Respirò profondamente prima di risalire in groppa al cavallo.
È proprio vero che al mattino le cose appaiono differenti e nonostante lei amasse le ore della sera, rimase ammirata da quella natura rigogliosa.
Un canto sommesso proveniva dalla vicina radura, Janina, incuriosita, si avvicinò. La donna aveva capelli candidi raccolti da un foulard colorato, raccoglieva erba.
- Cosa stai facendo? - chiese la ragazza incuriosita
- Lo vedi? Raccolgo erba medicamentosa. Questa è malva calma di dolori, questa è passiflora, questa è menta piperita. In questo prato c’è tutto quanto serve a lenire ogni dolore e guarire ogni male.
- Tu le conosci tutte?
- Certo ragazzina cosa credi! Faccio questo lavoro fin da quando ero bambina e la stessa cosa la faceva mia madre e prima di lei mia nonna. Tu invece cosa ci fai da queste parti?
- Passeggiavo lungo il fiume.
- Allora stai attenta al fiume ….Quando la luce cambia.
- Cosa vuoi dire?
In quell’istante Simbad si imbizzarrì, Janina fece per calmarlo ma quando si girò la donna non c’era più.
Con un senso di disagio si incamminò verso casa. Solo più tardi pensò alle parole della vecchia “attenta al fiume quando la luce cambia”, decise allora di tornare al calar del sole.
La giornata trascorse come sempre, fra lezioni, studio e strigliate ai cavalli.
- Qualcosa la assilla signorina?
Il giovane stalliere la guardava mentre metteva il foraggio nelle mangiatoie.
- Esce anche stasera?
- Come ogni sera! – Quasi non riconobbe il suono della sua voce, non era mai stata dura con i lavoranti della fattoria, ma era infastidita dalle domande anche se non erano dettate dalla curiosità ma dalla preoccupazione.
Finalmente giunse l’ora, il sole sfiorava la collina, a cavallo di Simbad galoppò verso il fiume.

Luci ed ombre giocavano fra i rami, sussurri di vento fra l’erba alta, Janina ora si accorgeva di tutto questo e si stupiva di non averlo notato prima. Il fiume come nastro argenteo si snodava maestoso formando un’ampia curva sotto uno sperone di roccia. La ragazza individuò il luogo della sera precedente e dopo aver legato il cavallo si avvicinò all’acqua.
Il guizzo di un pesce, un pezzo di legno alla deriva e null’altro, Janina si convinse di aver sognato, stava per andare via quando…le torri ondeggianti di un castello si delinearono chiaramente mostrando poi tutta la costruzione. Ben presto altre costruzioni si aggiunsero, capanne col tetto di paglia, altre con tegole rosse. Una donna attingeva da un pozzo e come per incanto i loro occhi si incontrarono. Si ritrassero consapevoli della reciproca presenza.
Solo più tardi Janina prese il coraggio di guardare nuovamente, l’altra donna fece altrettanto.
Stupore, incredulità, eppure erano lì con gli occhi sgranati. Janina tese un braccio e mosse l’acqua, quando tutto tornò tranquillo, la donna era là ancora ma stavolta muoveva le labbra senza alcun suono.
- Chi sei? In che luogo vivi? Sei un miraggio? – Janina urlava a più non posso ma l’altra scuoteva il capo.
Il sole tramontò e le immagini riflesse scomparvero, l’acqua divenne grigia, la ragazza comprese che solo in quel breve lasso di tempo era possibile avere la visione di quello strano luogo.
Comminò accanto a Simbad pensando a cosa fare.
- Torneremo domani ma per ora meglio non dir nulla. – Il cavallo scalciò.

La contea illuminata dal chiarore della luna si era addormentata, dalla finestra si vedeva il fiume in lontananza, un sottile filo d’argento. Quale mistero custodiva?
- Non riesci a dormire?
Sua madre si era affacciata alla porta.
- Questo paesaggio mi affascina sempre anche se lo vedo ogni giorno.
- In questo mi somigli, anch’io rimango incantata proprio come te. Ti faccio portare latte caldo e miele, dopo riposerai meglio.
- Mamma! Sei mai stata al fiume di sera?
- Non di recente.
- Hai mai visto niente di strano?
- Non ti capisco cosa avrei dovuto vedere?
- Nulla mamma era una domanda sciocca, tanto per parlare.
- Tua nonna lo diceva sempre che hai molta fantasia, buona notte cara dormi bene.
E così trascorse la notte, con gli occhi fissi al soffitto e molte domande senza risposta.

L’appuntamento al fiume era diventato una consuetudine nei giorni successivi. La donna riflessa nell’acqua non era più sola, accanto a lei altri si erano uniti e tutti faceva a gare per affacciarsi al pozzo e vedere Janina. Erano anche riusciti a trovare il modo di esprimersi attraverso i gesti.
Janina aveva capito che si trattava di un villaggio di una piccola comunità che viveva all’ombra di un turrito castello, ma dal loro abbigliamento, in stile medioevale, doveva trattarsi di un paese turistico situato in qualche altra nazione. Ormai era convinta che il fenomeno aveva una origine scientifica e non era frutto della magia. Quasi sicuramente le nubi, l’atmosfera, il vapore acqueo sospeso nell’aria avevano prodotto quella incredibile rifrazione ottica.

Janina non vedeva l’ora che giungesse la sera per incontrare quei nuovi straordinari amici.
Volti curiosi, sorridenti, con la voglia di comunicare. La ragazza si divertiva cercando di indovinare il luogo da dove provenivano, tante ipotesi alcune verosimili, altre meno, ma la gente del pozzo non riusciva a capire cosa volesse sapere.

Nei giorni che seguirono tutti si accorsero del buon umore della ragazza.
- Che bello vederti così allegra figlia mia! – esclamò il padre – Ti è accaduto qualcosa di nuovo?
- Ti voglio bene papà – e dopo un frettoloso bacio sulla guancia corse via, il sole stava calando e non poteva perder tempo.
Quella sera però avvertiva un certo senso di disagio ma non seppe spiegarselo, il fiume era sempre là, e quando si sporse sull’acqua incontrò lo sguardo sorridente di un giovane. Iniziarono a comunicare con i gesti, aveva acquisito una certa abilità ed i dialoghi si facevano più interessanti. Conosceva il loro modo di vivere, cosa mangiavano, come commerciavano ma non sapeva ancora in quale paese si trovassero.

Il sole stava per nascondersi dietro la collina quando, all’improvviso, il volto del ragazzo si illuminò avendo compreso la domanda di Janina, si scostò per mostrare il paesaggio alle sue spalle, in parte già noto però, ora, si arricchiva di nuovi particolari e il più sorprendere era che nel loro cielo brillavano ben nove lune. Il sole scomparve e tutto sfumò in un grigio cupo lasciando la ragazza sbigottita.

Dove mai poteva trovarsi un luogo con nove lune? Il fiume tornò ad essere quello di sempre con la vegetazione che gettava ombre scure sull’acqua.
- Non appariranno più per i prossimi diecimila anni.
La vecchia raccoglitrice d’erba medica la osservava e pareva ancora più vecchia in controluce.
- Come fai a saperlo?
- So molte più cose di quel che la gente crede.
- Dimmi almeno cosa ho visto!
La donna si chinò e raccolse dell’erba.
- Tarassaco! Ma non è questo che vuoi sapere.

Prese a camminare e Janina la seguì.
- Ci sono cose difficili da comprendere, vedi… - con un gesto indicò il cielo - ci sono stelle che vagano senza meta e alcune di essere passano vicino alla Terra e, come enormi specchi mostrano mondi lontani. Ciò che tu hai veduto in questi giorni era il riflesso di un mondo diverso, tanto lontano da non poterne contare la distanza. Ora la sua stella si è allontanata e sta viaggiando oltre il sole.
- Vuoi dire con vedrò più nulla?
- Tornerà un giorno, ma passeranno millenni e troverà un nuovo fiume per riflettersi e forse qualcun altro che parli con loro.
- Non ti credo – urlò Janina mentre la donna si allontanava.

La sera seguente mentre il cielo era un’esplosione rosea, la fanciulla corse verso il fiume, scrutò l’acqua ma vide era solo il riflesso tremulo del suo volto e improvvisamente si sentì …. molto più sola.

Luisa Camponesco

   
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