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 E' una vita che t'aspetto
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emofione
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Inserito - 10/09/2003 :  09:35:29  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a emofione
La seconda “opera” del fra le altre cose scrittore Fabio Volo merita, a mio avviso, di essere segnalata.
Se nella prima (“Esco a fare due passi”), infatti, l’autore operava una simpatica e molto veritiera descrizione della quotidianità di un 30enne medio, rimanendo però ancorato agli aspetti più superficiali della sua esistenza, in “E’ una vita che ti aspetto” egli riesce a condurre il lettore nei tortuosi e complicati meandri della mente di un altro trentenne (in entrambi i casi, peraltro, è palese che il buon Fabio descriva sé stesso e le vicissitudini della sua vita mutuandole leggermente ed attribuendole a due ipotetici suoi coetanei), cercando di risolvere il più classico degli enigmi legati a quella particolare fase dell’esistenza di ciascun essere umano.
Quella, cioè, in cui, una volta esauritosi, indipendentemente dalla volontà del soggetto, il periodo più spensierato della vita, che potremmo definire come quello della “scoperta del mondo in tutte le sue forme”, alla vita medesima bisogna dare una direzione ben precisa cercando di impostarla in modo tale da aver rispetto dei propri sogni e delle proprie convinzioni, che nel frattempo, passo dopo passo, avranno subito varie modificazioni e saranno state rimodellate di continuo, fino a raggiungere una forma definitiva o quanto meno non costantemente in divenire.
Il protagonista del libro, tale Francesco, che conduce una vita normale fatta di un lavoro che lo soddisfa abbastanza, una grande amicizia ed altre niente male, storie da single con ragazze diverse, etcetera, si rende improvvisamente conto, grazie all’aiuto di un amico medico, di essere affetto da un particolare ma abbastanza comune male: quello che lui aveva sempre interpretato come ipocondria e paura di morire e che è, invece, la “paura di vivere”.
Così, passo dopo passo, Francesco cercherà, non senza essere afflitto da ansie e qualche rimorso iniziale, di volersi un po’ più di bene, di pensare a se stesso e alla sua esistenza, di intervenire affinché tutto quello che ha intorno non gli debba scorrere accanto ma sia il risultato di scelte che lui, consapevolmente, e dopo aver scavato a fondo nella sua anima, ha infine operato.
Questo processo, pur portandogli innegabili giovamenti, rimarrà incompleto fino a quando Francesco non incontrerà, proprio in quel momento, cioè quando, a mente sgombra, avrà raggiunto una certa consapevolezza di sé e delle sue volontà (perché altrimenti non se ne sarebbe probabilmente neanche accorto, nda) una persona molto speciale, che renderà il tutto ancor più naturale e pieno di significato.
Ecco che "E' una vita che t'aspetto" può riferirsi contemporaneamente, a mio avviso, alla suddetta persona che entra a far parte del microcosmo di Francesco, ed alla coscienza di sè, del proprio essere, dei propri autentici desideri e bisogni, di una vera maturità, quella definitiva.
La diffusissima indecisione (più che insicurezza, che riguarda invece solo le persone deboli caratterialmente, a parer mio) dei ragazzi dell’età dell’autore (e della mia) si risolve così, come per magia, attraverso scelte coraggiose ed in parte impopolari da parte del protagonista del racconto.
Siamo sempre lì insomma, ad un certo punto arriva il momento del “choose one” (qui cito nuovamente il mitico Dave Eggers in quello che è già stato definito dai più come il suo secondo capolavoro ma in un certo senso alcune analogie sono riscontrabili anche nel già recensito Bambarèn) e bisogna aver l’ardire di prendere delle decisioni fondamentali: o lo si fa, o si accetta di essere trascinati dagli eventi.
Francesco/Fabio sembra aver scelto di poter scegliere, ma in che modo e secondo quali processi evolutivi della mente, dovrete scoprirlo voi…


   
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